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Le industrie creative: origine del termine, definizione, settori di at tività

PREMESSA: Industrie Creative o Industrie Artificate?

1. Le industrie creative: origine del termine, definizione, settori di at tività

Il concetto di industrie creative fu usato per la prima volta in Australia all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso. Ma la sua ampia diffusione si deve al primo ministro inglese Tony Blair quando, nel 1997, avviò la Creative Industries Task Force (CITF) all’interno

del Department for Culture, Media and Sport (DCMS) (Dipartimento Governativo della cultura, dei Media e dello Sport), identificando la loro origine nella creatività e nel talento individuale e riconoscendo loro la po-tenzialità di creare ricchezza e lavoro attraverso l’uso della proprietà intellettuale.

Si legge, infatti:

“Le industrie creative sono quelle che hanno origine dalla creatività individuale, abilità e talento. Esse hanno un potenziale di creazione di ricchezza e posti di la-voro attraverso lo sviluppo della proprietà intellettuale. Le industrie creative in-cludono pubblicità, film e video, architettura, musica, arte e mercati antiquari, spettacolo dal vivo, computer e videogame, editoria, artigianato, software, design, televisione e radio, moda.”

Questo momento rappresenta l’inizio della ridefinizione del settore culturale, compiendo un primo passo verso la definizione di una nuova economia della cultura. (Ariane Ber- thoin Antal, 2011)

Si tratta di un settore in forte crescita per quanto riguarda l’economia capitalista postindu- striale, in Europa e nel mondo, dal forte potenziale per lo sviluppo eco-nomico e sociale. Grazie all’affermarsi di nuove tecnologie digitali, le industrie creative sono diventate la continuazione, in una sorta di evoluzione naturale, dell’industria culturale in quanto tale. (Lazzaretti, 2009).

Ciò ha significato anche un’ aumentata capacità di intervento nella politica pub-blica es- sendosi in effetti riscontrata una relazione tra il tasso di crescita occupa-zionale in questo specifico settore e quello della crescita economica in generale (Flew 2012).

Sta di fatto che il concetto stesso di creatività e il modo di approcciarsi alla cultura come veicolo di sviluppo economico e sociale sta rapidamente evolvendo ed inte-ressando non solo gli economisti, ma anche coloro che studiano i processi della società umana e l’arte di organizzare sia razionalmente che esteticamente gli ag-gregati urbani. (Lazzaretti 2009) La creatività, inoltre, rompe gli schemi, le convenzioni ed il comune modo di pen-sare; porta ad aprirsi all’ immaginazione e ad avere un approccio diverso, nuove percezioni e nuove idee che portano ad un nuovo prodotto.

E’ un processo che unisce idee, abilità, conoscenza e talento con tecnologia e cul-tura. La cultura in questo senso viene utilizzata come imput creativo per lo svilup-po di nuovi prodotti . (KEA, 2006)

Serve, però, una comunione di intenti, una sinergia con il contesto sociale e le for-ze economiche perchè la creatività, per poter dar risultati, ha bisogno di capacità umane individuali unite a risorse tecniche ma deve, altresì, essere inserita in un tessuto sociale che la assecondi e la favorisca e di un sistema economico che su di essa impieghi capitali finanziari .(KEA, 2009).

L’intero processo, dunque, è di fatto stimolato da elementi umani, sociali, culturali ed istituzionali (KEA 2009) e se, artisticamente parlando, la creatività sostenuta dall’imma- ginazione è la capacità di inventare, di produrre cose nuove, originali e straordinarie nella loro novità, dal punto di vista economico essa si basa sul rin-novamento in un processo incessante, dotato di grande energia e dinamismo che unisce creatività artistica, innova- zione economica e tecnologica (KEA 2006)”

Proprio questa ambivalenza del concetto di creatività tra artistico ed economico rappre- senta la peculiarità delle industrie creative, che si trovano ad essere costan-temente sospe- se tra due imperativi apparentemente in opposizione. Innanzitutto, manager e imprendito- ri devono trovare il modo di far conciliare l’espressione del valore artistico con l’aspetto economico della produzione e della fruizione di massa.

In secondo luogo, le industrie creative devono cercare continuamente novità che possano differenziare i loro prodotti e servizi, rendendoli unici e riconoscibili ri-spetto ad altri beni dello stesso settore. Terzo, devono costantemente analizzare la domanda di consumo ma, allo stesso tempo, trasformare i bisogni del mercato grazie alla creatività e all’immagina- zione. Quarto, è necessario bilanciare una struttura ad integrazione verticale delle attività con la necessità di mantenere viva ed attiva la creatività attraverso dei processi di specia- lizzazione flessibile. Ultimo ma non meno importante, la responsabilità di creare un siste- ma che possa sostenere la domanda di beni creativi sul mercato, senza però sopprimere la naturale ispi-razione individuale. (Joseph Lampel, Theresa Lant e Jamal Shamise, 2000). E’ bene sottolineare come le industrie creative, nonostante il nome fuorviante, non ri- guardino solo i settori che producono beni culturali in senso stretto, definiti come quei beni “non materiali”, diretti ad un ampio pubblico di consumatori i quali solitamente li ricercano per le loro caratteristiche estetiche o espressive, piuttosto che per la loro funzio- nalità. (Joseph Lampel, Theresa Lant e Jamal Shamise, 2000). Esse, infatti, comprendono nel loro ampio ambito anche il nuovo settore dell’economia digitale come i software e le attività informatiche (Lazzaretti, 2009).

Le imprese culturali, invece, nel comune intendere sono associate ai settori più tradizio- nali come il patrimonio culturale, le arti visive, dello spettacolo, l’editoria, la musica, il cinema, la radio, la televisione, la stampa, la fotografia (Valentino 2013, B)

Sono tredici i settori dell’industria creativa secondo il report della task force inglese del 1998:

• Architettura

• Artigianato • Design • Editoria

• Film, video e fotografia

• Mercato dell’arte e dell’antiquariato • Moda

• Musica • Pubblicità

• Servizi informatici di software e computer

• Software di intrattenimento interattivi (videogiochi) • Televisione e radio

Ogni impresa inserita in ciascuno di questi settori utilizza processi che si basano sulla generazione di idee creative che, applicate a prodotti o servizi, producono valore sul mercato.

S.Cunningham e J. Hartley nelle loro opere sostengono che la denominazione “industrie culturali” debba essere sostituito da quella di “industrie creative”, perchè queste ultime riescono a connettere e a collegare fra loro le arti creative e dello spettacolo con i media e le industrie di comunicazione e divulgazione in un contesto di economia basata sulla conoscenza digitale, nella quale spesso i consumatori diventano co-creatori grazie ai con- tenuti online (Flew, 2012).

Tale tesi, inoltre, include il contenuto creativo nei settori delle arti, dei media, del design e riconosce il valore degli imput creativi nella cosiddetta “New Economy” connesso alle tendenze di crescita e innovazione (Cunningham, 2005).

Soprattutto in Italia la produzione culturale e creativa rappresenta un’attività di no-tevole importanza economica, con un numero di imprese attive ed un brand, quello del Made in Italy (soprattutto nel settore moda, design ed enogastronomia), ri-conosciuto nel mondo, a rappresentare la cultura e l’economia italiana con ele-menti e caratteristiche distintive a livello internazionale.

In questo campo assumono particolare importanza le conoscenze basate sulle tradizioni artigianali che vanno ad integrarsi con il sistema industriale e rappresentano una fonte di competitività per l’impresa italiana. L’attenzione alla tradizione non significa ritornare agli antichi mestieri, ma fare propria la passione dell’artigiano per il suo lavoro, l’espe- rienza acquisita negli anni e, soprattutto, l’attenzione alla qualità e alla cura del prodotto. L’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel 2007, sottolinea come il punto di forza dell’Italia sia “la cultura della creatività, che deve far considerare grande il po-

tenziale delle nostre imprese e del nostro lavoro”. Sempre più spesso, infatti, la creatività

diventa il motore dell’economia e fonte di vantaggio competitivo per le aziende.

Il Veneto è caratterizzato dalla presenza di PMI, specializzate in diversi tipi di produzio- ne, in cui la creatività gioca un ruolo importante. Alcune di queste in par-ticolare sono organizzate in distretti specializzati, presenti per la maggior parte nel Nord-est del Paese, definiti come “una comunità di persone e di imprese che opera su un territorio limitato,

dove la presenza di economie esterne alle imprese ma interne al territorio sollecita la for- mazione e lo sviluppo di un apparato produt-tivo specializzato, in cui le imprese minori hanno un ruolo assai rilevante.” (Seba-stiano Brusco e Sergio Paba, 1997).

Possiamo, dunque, analizzare l’impatto della produzione creativa sul tessuto socio-eco- nomico del territorio veneto, la cui incidenza è sempre maggiore soprattutto nei settori del design, architettura, artigianato, della comunicazione, del fashion e del lusso (settori nei quali la creatività, intesa come talento creativo, si mostra come l’elemento fondante

della produzione). Più delle altre, le industrie creative necessitano di tutelare il nucleo del loro vantaggio competitivo e, per questo motivo, le imprese venete si mostrano sempre più attente a temi quali la ricerca di autenticità unita a connotazioni fortemente estetiche, la creazione di esperienze e la sostenibilità ambientale, al fine di ottenere un impatto po- sitivo nel tessuto socio-economico in cui sono inserite.

Le cosiddette industrie creative hanno inciso non poco sul fatturato delle imprese venete, toccando il 4.7% del fatturato totale nel 2015 con un indice di occupazione del 5.1%, dati in crescita del 0.9% e dello 0.6% rispetto al 2012. In termini di fatturato, punte di presen- za delle industrie creative si rilevano nella provincia di Venezia con il 5.4%, Treviso con il 5.2% e Vicenza con il 5%.

Secondo i dati rilevati nel 2015, le imprese creative venete sono per il 36% di piccola dimensione e per il 46% di media, dunque con un’incidenza minima delle grandi imprese. Le imprese sono, per la maggior parte, artigiane ed attive nel settore manifatturiero dove il rapporto con i materiali rappresenta l’eccellenza nella produzione, soprattutto per quan- to riguarda abiti e tessuti, pelletteria, arredo e autovetture, vetro e ottica, editoria e stam- pa, design del prodotto e della comunicazione e, più in generale, tutta la produzione d’alta gamma.

La creatività applicata alle aziende, con il conseguente sviluppo delle industrie creative è, dunque, un terreno di sviluppo imprenditoriale tra i più fertili in Veneto negli ultimi anni. (MACLab, 2016).