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Influsso delle scelte urbanistiche e degli stili di vita sull’esperienza dell’abitare

Piano delle attività

LA PROSPETTIVA DEI BAMBINI E DELLE BAMBINE

3.3 Influsso delle scelte urbanistiche e degli stili di vita sull’esperienza dell’abitare

Così come la rappresentazione grafica dello spazio abitativo domestico costituisce un’incisiva espressione della vita privata dei bambini e delle loro famiglie, anche la rappresentazione iconica dello spazio urbano possiede una notevole eloquenza, facendosi manifestazione delle rappresentazioni infantili e degli stili di vita odierni.

Si può infatti rilevare una forte implicazione tra i modelli di vita familiare e quelli collettivi, tra le prassi domestiche e i modelli culturali diffusi, tra i progetti urbanistici e la biografia delle persone79. Nella strutturazione degli spazi domestici, così come nella pianificazione degli spazi pubblici, prende forma anche una sottile trama paidetica, che veicola significati identitari e condiziona le prassi relazionali. Vediamo come tutto ciò si esprime nei diversi contesti territoriali.

Città/zona industriale:

Per comprendere ciò che i bambini di città e della zona industriale hanno rappresentato, è importante richiamare l’evolversi di alcuni processi urbanistici. Dal secondo dopoguerra, in particolare nel contesto italiano, si è realizzato un processo di espansione edilizia senza precedenti, che ha portato le grandi città ma anche i centri urbani più piccoli a consumare porzioni estese di territorio. Lo skyline di numerose città italiane è segnato da tale espansione, ne porta le tracce nella distribuzione degli spazi e nella configurazione dei tratti urbani80.

Tale espansione ha coinciso con la realizzazione di aspirazioni prevalentemente private, corrispondenti in particolare con l’ideale di possedere case moderne e di proprietà. Gli stili di vita familiare risultano strettamente correlati con tale evoluzione, che ha prodotto un progressivo disinvestimento per il bene

79 Cfr. C. Ward, Il bambino e la città. Crescere in ambiente urbano, L’ancora del Mediterraneo, Napoli, 2000.

80 Cfr. F. De Peri, B. Bonomo, G. Caramellino, F. Zanfi (a cura di), Storie di case. Abitare l’Italia del boom, Donzelli Editore, Roma 2013.

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collettivo. Seguendo l’evoluzione di tali processi urbanistici, l’abitazione viene sempre più ad esaurire in sé i complessi significati dell’abitare.

Ciò che colpisce, nelle rappresentazioni che i bambini fanno degli spazi urbani, è una sorta di parcellizzazione degli spazi, specialmente nella zona industriale. Numerose rappresentazioni grafiche dei bambini, infatti, tratteggiano appartamenti, abitazioni chiuse, che costituiscono porzioni di complessi abitativi più ampi, ma dei quali non si ha una visione d’insieme.

La visione di questa rappresentazione grafica porta alla mente una profonda ed inquietante domanda che J.

Derrida consegna al lettore nel suo volume Adesso architettura: “che cosa potrà tenere insieme queste tracce disgiunte e sconnesse?81

L’ambiente più urbanizzato è fortemente contraddistinto da strade, automobili, negozi ed è comunque saturato da edifici. La densità edilizia emerge dai disegni dei bambini: scarsi sono gli spazi verdi o comunque gli spazi liberi.

I materiali che ci sono stati consegnati dai bambini ci narrano il progressivo deterioramento degli spazi urbani e delle periferie industrializzate (prolungamento della città), con pesanti ricadute sulla qualità di vita dei suoi abitanti, specialmente i bambini. L’inquinamento, la riduzione del suolo verde causata dalla cementificazione, i piani della mobilità sbilanciati a favore delle automobili, la sottrazione di spazi pubblici e di socializzazione spontanea si ripercuotono sui processi di conquista dell’autonomia, quindi sulle possibilità di muoversi liberamente negli ambienti urbani82.

Riduzione degli spostamenti, contrazione delle occasioni di socializzazione e aumento del senso di insicurezza incidono sulle rappresentazioni infantili degli spazi di vita, sulla formazione di reti relazionali,

81 J. Derrida, Adesso architettura, Scheiwiller, Milano, 2008, p. 124.

82 M. Amadini, Urban transformations and mobility: educational challenges, in M. Pezzagno (ed by), Living and walking in cities. Cultures and techniques for accessibility, EGAF Edizioni, Forlì, 2013, pp. 131 – 136.

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sulla conoscenza della città, sulla costruzione di mappe mentali e di vissuti emotivo-affettivi. Nel prendere tra le mani le mappe dei bambini viene a volte in mente la nozione di “non-luogo” di Marc Augé, coniata dall’antropologo francese proprio per designare quei luoghi di passaggio che non si riesce ad abitare.

Utilizzati solo come spazi di transito, questi non-luoghi non favoriscono l’instaurarsi di una relazione significativa e non possono diventare, in questo caso agli occhi dei bambini, “universi di riconoscimento”83. Essendo inoltre l’esplorazione degli spazi vincolata ad attività adulte, non emergono movimenti liberi e autonomi. Sono assenti rappresentazioni e narrazioni di momenti di gruppo e di socializzazione tra pari;

non vengono messe in scena le amicizie e i giochi. La città e i suoi luoghi pubblici appaiono sempre più lontani dalla mediazione esperienziale infantile. Gli spazi di esplorazione sono prevalentemente spazi chiusi, precludendo possibilità di gioco e di socializzazione extradomestiche84.

Un tema che balza all’occhio, soprattutto osservando i disegni dei bambini del paese industrializzato, è l’incidenza del traffico automobilistico, che allontana i bambini dagli spazi e rende sempre più lontani gli spazi dalle esperienze dei bambini: “mentre le città si diffondono a macchia l’olio, una sempre più diffusa mobilità impone sistemi di vita di costante sradicamento”85.

I bambini, però, ci raccontano che la città offre ancora opportunità esperienziali, soprattutto i bambini stranieri, che portano al ricercatore numerose esperienze di vita urbana. La dimensione di una città “viva”

emerge dalle mappe psicogeografiche dei bambini stranieri. Si tratta di semplici ma suggestive scene quotidiane: camion che raccolgono la spazzatura, elicotteri che volano, persone che si incontrano, viaggi e mezzi di trasporto pubblico (treni, bus, metropolitana). Tanto nei disegni come nei racconti dei bambini di

83 M. Augé, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano, 2009.

84 Cfr. P. Bertolini- R. Cardarello (a cura di), Da casa a scuola. Gli indicatori soggettivi della qualità della vita infantile, La Nuova Italia, Firenze, 1989.

85 F. La Cecla, Mente locale. Per un’antropologia dell’abitare”, Elèuthera, Milano, 2011, p. 35.

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altre culture abbiamo scoperto una vivacità di esperienze, favorite dai frequenti spostamenti a piedi o con i mezzi pubblici, da maggiori possibilità di movimento autonomo, da forme più spontanee di relazioni tra pari e di scoperta della città. Là città trova un rinnovato dinamismo attraverso i loro occhi e diventa lo scenario di storie ed episodi di vita.

Ma i dati di problematicità non possono lasciare indifferenti e i bambini stessi ci rivolgono un appello, come possiamo cogliere in questo testo scritto da un bimbo di città: “La mia città mi piace molto, però è anche molto sporca come per esempio che la rende sporca c’è lo smog, le industrie, le cicche [ndr. “mozziconi di sigaretta”] per terra e molte altre cose. La mia città ha anche molti negozi come gelaterie, edicole, pizzerie, bar, ristoranti e molti altri. Ma la cosa che vorrei di più sarebbe di avere una città più pulita e con meno negozi”.

Un rilievo paradigmatico è assunto dai grandi centri commerciali, in cui si staglia in modo evidente l’abitudine del consumo: lo shopping! Le attività descritte riguardano l’andare per negozi, acquistare, consumare, prendere. La città e le periferie vengono presentate come luoghi che erogano qualcosa e non in cui si può fare/portare qualcosa. L’idea che emerge in modo diffuso è quella del “consumo della città” o della “città come luogo del consumo”. I bambini non sembrano fare esperienze, ma vanno a prendere cose.

Anche indagando il registro più narrativo, abbiamo rilevato il fatto che non sono quasi mai stati descritti o rappresentati spazi esterni (giardini, cortili …), nemmeno balconi o terrazze. I verbi riferibili all’abitare sono prevalentemente statici e soprattutto descrittivi: c’è, ci sono. Sono pochi i verbi di movimento.

Montagna/pianura:

Se da un lato abbiamo una manifestazione evidente della saturazione degli spazi, nei disegni dei bambini di montagna e del paese di pianura gli spazi liberi e le aree verdi occupano invece una porzione rilevante.

Tutto ciò trova corrispondenza anche nelle verbalizzazioni dei bambini.

Riportiamo, a titolo

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esemplificativo alcune suggestioni che abbiamo raccolto dalle narrazioni scritte e orali

dei bambini