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L’ARTE DI ABITARE: PROSPETTIVE EDUCATIVE

4.1 Sentirsi situati: per stare al mondo

Un primo rilancio che vorrei proporre riguarda il senso stesso dell’abitare, ossia la necessità dell’essere umano di esistere prendendo dimora e situandosi nel mondo. Lo spazio, infatti, è fondamentale per l’esistere umano, non solo perché offre una posizione e dei riferimenti oggettivi, ma perché è il medium attraverso cui l’uomo si colloca nel mondo.

Nell’analitica dell’esserci per M. Heidegger lo spazio vissuto diventa, attraverso l’abitare, la declinazione della possibilità di portare a compimento l’esistenza umana111. In Sein und Zeit, il filosofo lega etimologicamente l’infinito di “io sono” al significato di “abitare presso”112.

108 M. Vitta, Dell’abitare. Corpi, spazi, oggetti, immagini, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2008, p. 368.

109 C. Laneve invita a riscoprire “tutta la portata della cittadinità, dell’essere, cioè, cittadini capaci di attestare, di promuovere e diffondere la cultura della città”. C. Laneve (a cura di), Vivere in città. Linee di pedagogia urbana, Editrice La Scuola, Brescia, , p. 5.

110 Cfr. P. Bertolini, La città: un oggetto pedagogico?, in M. Gennari (a cura di), La città educante, SAGEP, Genova, 1989, p. 50.

111 M. Heidegger, Essere e tempo.

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Una disposizione che può concorrere a dar vita a un sentirsi situati è quella dell’intimità con gli spazi di vita, una sorta di “sentirsi dentro”. L’abitare necessita di tale condizione di prossimità con gli spazi, in modo da preservarli (e preservare l’esperienza dei bambini) dall’insignificanza.

Avvertire lo spazio come un luogo protetto, da cui non ci si sente esclusi, è un vissuto fondamentale per conferire senso al proprio abitare, tanto domestico quanto pubblico. Abitare, scrive V. Iori, “significa sentirsi ‘domiciliati’ in uno spazio-territorio relazionale, appartenere a un mondo e trovare in esso il senso per la propria storia”113.

Le caratteristiche fisiche degli spazi non esulano da una profonda implicanza con le relazioni, le sensazioni e i legami. La casa, ad esempio, può rappresentare il luogo dell’intimità se custodisce trame relazionali, incontri, condivisione, cura; tuttavia, in assenza di legami o in presenza di relazioni disfunzionali, essa non funge più da luogo della protezione e della prossimità.

Così pure gli spazi pubblici diventano un tessuto esistenziale significativo, se le emergenze architettoniche e gli assetti urbanistici sanno mantenere un alto valore simbolico e relazionale, permettendo alle persone (in particolare ai bambini) di sostare, giocare, attendere e perdere tempo: in altri termini, di abitare.

Le riflessioni svolte a partire dagli esiti della ricerca hanno più volte portato a considerare con preoccupazione il senso di estraneità di molti bambini rispetto agli spazi di vita. Spesso ci si è posti la domanda: cosa accade quando gli spazi di vita perdono la possibilità di accogliere le tracce dell’abitare e di generare esperienza? La denuncia di Derrida rispetto alla sempre più pervasiva estraneità della città postmoderna, in cui tutto sembra “esterno”114 e privo di intimità, ci permette di insistere su questo registro dell’intimità con i luoghi di vita, che veicola il senso di un sentirsi accolti dai luoghi.

Il sentirsi parte degli spazi di vita, senza cadere nell’intimismo, è un’esperienza simbolica prima ancora che architettonica, che designa la possibilità di non disperdersi ma di sentirsi parte dei propri contesti.

Lo spessore antropologico dei luoghi prende forma a partire da un sentire che è quello del chez soi, per dirla con le parole di Augé, ossia dell’essere a casa propria115. In questo situarsi avviene il riconoscimento dei luoghi come luoghi identitari, in cui è possibile instaurare legami significativi.

In prospettiva pedagogica è fondamentale lavorare nella direzione di offrire intenzionalmente ai bambini plurime possibilità di riconoscere i propri spazi come spazi di “intimità”, in cui incontrarsi con se stessi e con gli altri all’insegna del riconoscimento. L’attuale dispersione, o eccessiva dilatazione, del senso di radicamento nei luoghi, reclama il bisogno di far parlare i vissuti spaziali dei bambini, le memorie familiari e collettive, le esperienze di vita.

112 Cfr. V. Cesarone, Per una fenomenologia dell’abitare. Il pensiero di Martin Heidegger come oikosophia, Marietti, Genova 2008.

113 V. Iori, Nei sentieri dell'esistere: spazio, tempo, corpo nei processi formativi, Erickson, Trento, 2006, pp. 81-82.

114 J. Derrida, Adesso architettura, Scheiwiller, Milano, 2008, pp. 109-110.

115 M. Augé, Tra i confini. Città, luoghi, integrazioni, Bruno Mondadori, Milano, 2007, p. 42.

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Richiamiamo con forza, pensando ai disegni della casa prodotti dai bambini, la riflessione di Bachelard:

“Ogni grande immagine semplice è rivelatrice di uno stato d’animo. La casa, ancora più del paesaggio, è

‘uno stato d’animo’, anche riprodotta nel suo aspetto esterno, essa rivela un’intimità”116. Un pensiero corre in questo senso all’abitare domestico, che si configura specialmente nei contesti urbani come sfuggente e frammentario, il quale nella voce dei bambini reclama invece il bisogno di un maggior radicamento. Vivere il dentro della propria casa, insieme agli affetti familiari, ci fa sentire di possedere un “posto al mondo”.

L’interno è il “nostro angolo del mondo”, “se nell’educazione manca questo luogo fisico e interiore il soggetto non ha ‘dove’ stare”117.

Permettere ai bambini di costruire tane negli angoli dell’abitazione, capanne improvvisate, rifugi sotto e tra i mobili sono esperienze dall’inestimabile valore simbolico: più questi rifugi sono piccoli più corrispondono al bisogno di protezione e di raccoglimento. Il senso del luogo si prefigura a partire dalla percezione di appartenere ad un ambiente, generando una disposizione di consonanza con gli spazi di vita.

La casa, come luogo privilegiato dell’intimità, non può tuttavia diventare il luogo dell’intimismo, e quindi della separazione dal mondo. Come osserva Lévinas, “Il ruolo privilegiato della casa non consiste nell’essere il fine dell’attività umana, ma nell’esserne la condizione e, in questo senso, l’inizio”.

E così la soglia di casa non dovrebbe essere una barriera che tiene il mondo fuori e concentra il senso solo su ciò esiste dentro. La soglia dovrebbe costituire il confine a partire da cui qualcosa di nuovo comincia ad esistere. L’intimità della casa, in altri termini, dovrebbe essere la condizione per aprirsi al mondo e situarsi nel mondo. Continuando con Lévinas, ci “si pone all’esterno partendo da un’intimità”118.

Anche rispetto agli spazi pubblici va riconosciuto un sentire fatto di intimità e di radicamento. Si possono immaginare percorsi educativi che permettano ai bambini di elaborare storie comuni rispetti agli spazi pubblici, ma anche di raccogliere (e fare proprie) le tracce di storie passate. In questo modo, si può promuovere un mutamento di funzione dello spazio urbano: da luogo del consumo e dell’attraversamento fugace, a luogo che custodisce elementi identitari e vissuti significativi, che danno forma al senso di appartenenza e al riconoscimento in vissuti comuni.

A titolo esemplificativo, riportiamo la suggestiva sintesi delle piste che P. Bertolini ha proposto per un accostamento pedagogico alla città: (vedi Tab. 1)

116 G. Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975, p. 95.

117 V. Iori, Nei sentieri dell'esistere: spazio, tempo, corpo nei processi formativi, p. 73.

118118

E. Lévinas, Totalità e infinito. Saggio sull’esteriorità, Jaca Book, Milano, 2000.

81 Tabella 1. Tre piste per un uso pedagogico della città

Città come… Parole chiave Tecniche in generale Tecniche in specifico Risultati attesi Ottiche di valutazione

… fonte e contenitore

Tratto da P. Bertolini, “La città: un oggetto pedagogico?”, in M. Gennari (a cura di), La città educante, SAGEP, Genova, 1989, p. 54.

E’ importante sottolineare che, nel pensiero pedagogico di Bertolini, le tre piste non sono l’una alternativa all’altra, ma vanno perseguite tutte e tre dialetticamente.

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L’agire educativo dovrebbe promuovere occasioni ed esperienze di consolidamento del senso dell’abitare, generando significative appartenenze e senso di radicamento: disposizioni imprescindibili per rafforzare quel vincolo che lega le identità personali e collettive ai luoghi in cui accadono. I bambini, per crescere, hanno bisogno di dare un luogo agli eventi che via via segnano la loro storia, sedimentando vissuti e significati attinenti al proprio Sé, un Sé che si avvera in profonda connessione con il mondo di cui fa parte119.