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PRIMI MATTONCINI NEL MONDO DEL GIOCO

Giocare per esplorare e so-stare autenticamente nello spazio

PRIMI MATTONCINI NEL MONDO DEL GIOCO

COMPETENZE ATTESE: 1. Ampliare le competenze comunicative (gestuali, verbali…), il rispetto dei tempi d’attesa, del turno.

2. Implementare l’intenzione e l’emozione condivisa, l’attenzione congiunta.

3. Apprendere la capacità di giocare in piccolo gruppo con l’altro da sé

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per generalizzare le competenze apprese con altri giochi, in altri ambienti e con altre persone.

ETA’: Il gioco può essere svolto dalla scuola dell’infanzia fino al termine della scuola primaria.

MATERIALI: Il materiale scelto varia a seconda dei bambini. Il gioco può iniziare solo dopo aver attentamente osservato l’alunno e aver fatto un assessment delle sue preferenze. I materiali scelti per giocare con i compagni, per favorire la relazione, sono i giochi preferiti dal bambino con autismo e che valgono come rinforzo positivo. I giochi preferiti divengono il mezzo per avvicinare l’altro e iniziare a instaurare una relazione di fiducia. Solitamente i bambini con autismo prediligono giochi semplici, senza regole complesse, che favoriscono l’esercizio, l’esplorazione, la stimolazione sensoriale: automobiline, giochi sonori, giochi ad incastro, costruzioni. Per il tipo di attività illustrata si consigliano le costruzioni Lego.

DESCRIZIONE: Il gioco si svolge a coppie di due bambini, supervisionati e guidati dall’educatore, che spiega le regole del gioco e struttura i materiali. Viene preferibilmente scelto un gioco particolarmente gradito dal bambino autistico affinché il gioco “condizioni” positivamente la relazione con il bambino (paring positivo). I bambini a coppie si posizionano uno di fronte all’altro ai lati opposti di un tavolino. 1°variante: Il compagno del bambino con disturbo dello spettro autistico tiene tutte le costruzioni le passa al bambino, chiamandolo per nome. Il bambino le prende e le incastra sul piano di lavoro secondo l’ordine che più preferisce, che gli chiede l’adulto o secondo l’opera che vuole realizzare. Successivamente è il bambino con autismo che passa le sue costruzioni al compagno chiamandolo per nome o con un gesto condiviso.

2°Variante: le costruzioni sono equamente divise tra i due giocatori che a turno incastrano una costruzione per volta per costruire ciò che decidono o ciò che gli viene richiesto (torri, ponti,…). Terminato il lavoro l’educatore gratifica entrambi i giocatori.

SVILUPPI: Quando il bambino ha raggiunto buone competenze nello svolgimento del gioco con un compagno si può svolgere il gioco in piccolo gruppo (con 2-3-4 compagni). Si possono gradualmente inventare ed aggiungere varianti al gioco (ampliare i materiali, gli elementi da costruire, aggiungere segni comunicativi concordati o parole). Si possono anche cambiare i setting di gioco, presentandoli e organizzandoli anticipatamente. Il gioco, infatti, potrebbe essere svolto anche in uno spazio aperto (preventivamente esplorato e conosciuto) e gli incastri potrebbero essere materiali sensoriali di recupero trovati e manipolati nell’ambiente esterno (ES: sassi, gusci di noci, pigne….)

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SPAZI: Spazio familiare (l’aula scolastica, la cucina, la cameretta), non troppo rumoroso o caotico, con la presenza di un tavolino. I due bambini si devono posizionare esattamente uno di fronte all’altro preferibilmente ai lati opposti del tavolino.

TEMPI: Sarebbe preferibile dedicare ogni giorno alcuni minuti (10 -15 minuti) al gioco a coppie con i compagni.

ACCORGIMENTI DIDATTICI (CRITICITA’-PUNTI DI

FORZA): Nelle prime sessioni di gioco è importante scegliere il compagno, i materiali, i tempi, e gli spazi adatti prestando particolare attenzione a tutte le variabili.

Successivamente, dopo le osservazioni, è possibile apportare modifiche per complicare e arricchire il gioco. Tutte le modifiche vanno anticipate con le parole e se necessario con immagini, esempi e guida verbale e fisica.

VALUTAZIONE: Si valuta attraverso l’osservazione l’interesse per il gioco e il materiali, la capacità di effettuare il gioco (rispetto delle regole, strategie, coordinazione oculo-manuale), la dimensione sociale del gioco (interazione con i compagni).

Si consiglia all’educatore di tenere un diario di bordo e di annotare le osservazioni sulle variabili proposte ogni volta che il bambino effettua una sessione di gioco; in tal modo sarà possibile monitorare gli apprendimenti e rilevare punti di forza (sviluppo di competenze e progressi) e punti di debolezza per rimodulare il lavoro. Sarebbe importante proporre a tutti i partecipanti un’autovalutazione con le immagini (ES: smile felici-tristi…) da dare all’educatore in base a come si sono sentiti i bambini durante il gioco.

Rousseau scriveva: “Tanto più siamo stati bambini” - e quindi quanto più si è giocato - “tanto meglio riusciremo come uomini”. È un dato di fatto che il gioco, per il bambino, sia una ‘palestra’ alla vita adulta. Il gioco, infatti, è un’azione che richiede un particolare habitat ludicus e che permette di conferire a quell’habitat ludicus un valore inestimabile, proprio perché lo si è conosciuto, vissuto e amato. Giocando, sin dall’infanzia, in ambienti di apprendimento sicuri, motivanti, carichi di stimoli i bambini potranno divenire uomini sempre più consapevoli del loro “posto nel mondo” in quanto avranno affinato la capacità di guardarlo e attraversarlo più profondamente.

Vorrei concludere con una citazione di Papa Francesco, tratta dal discorso con il mondo del lavoro e dell’industria (5 luglio 2014); il Papa afferma di fare spesso questa domanda ai genitori: “Dimmi tu giochi con i tuoi bambini? Stiamo perdendo questa capacità, questa saggezza di giocare con i nostri bambini. Per favore, perdere il tempo con i nostri bambini!”231 In prospettiva educativa, è importante che gli adulti perdano tempo con i bambini, per ascoltarli, comprenderli, farli ridere e divertire, farli giocare, correre,

231 Papa Francesco, La famiglia. Messaggi, discorsi, omelie, Edb, Bologna, 2014, p.63.

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saltare, sporcare; affinché adulti e bambini nello spazio, con lo spazio e per lo spazio possano “dare insieme un nome e un’identità al mondo”232 per riscoprire e assaporare l’arte dell’abitare con senso i propri spazi esistenziali. In tal senso, è auspicabile che nelle scuole si utilizzi in modo sempre più diffuso una didattica che parta dall’esperienza del gioco con l’altro da sé nell’ambiente e che stimoli ad una riflessione condivisa sulle emozioni provate giocando.

232 P. Freire, Pedagogia degli oppressi, Mondadori, Milano, 1970.

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Nadia Bassano