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Inquadramento generale della ricerca

Nel documento Cronache Economiche. N.009-010, Anno 1974 (pagine 38-43)

Riccardo Beilo - Luigi Chiara

La presentazione della « Ricerca sull'assetto

dei servizi nella Regione Piemonte » a cura del

Centro di Ricerca Polis e promossa dall'Unione Camere di Commercio Piemontesi, ripropone in termini globali un problema centrale dello svilup-po regionale. I servizi, oggetto di rivendicazioni sociali, di riforme sociali, di piani settoriali, sono un argomento estremamente complesso.

La proposizione di nuove metodologie di inda-gine può fornire una strumentazione più efficiente alla comprensione dei fenomeni in vista della formulazione di politiche di intervento ormai in-dilazionabili.

Affrontare il problema dei servizi, significa oggi entrare nel merito di uno dei problemi fon-damentali della società italiana. Lo sviluppo di-storto della nostra economia ha fatto si che il ter-ritorio, gli insediamenti e le loro attrezzature, fossero considerati come risorse da utilizzare in-discriminatamente in quanto economie esterne ai cicli produttivi.

Analogamente la mobilità territoriale della popolazione è stata considerata il mezzo ideale attraverso il quale riversare sulla collettività e sui singoli, costi sociali di ampiezza tale che, se messi in un bilancio sociale complessivo, certo ridurrebbero la portata del nostro sviluppo met-tendo a fuoco un quadro di fabbisogni sociali arretrati e quindi di carenza imponente di servizi.

L'occasione di ritornare sull'argomento è data dalla pubblicazione della « Ricerca sull'assetto dei servizi nella Regione Piemonte », curata dal Centro Ricerca Polis e promossa dall'Unione Ca-mere di Commercio Piemontesi. Bisogna subito dire come l'interesse di ricerca sia particolarmente indirizzata all'aspetto territoriale della distribu-zione dei servizi e tenda a proporsi come materiale operativo a una « politica regionale dei servizi ». I servizi, nell'accezione corrente sono in primo luogo quelli che si riferiscono a settori

istituzio-nali ben precisati: l'Istruzione, la Sanità, l'Assi-stenza, quelli cioè per i quali si può rilevare una struttura sistematica di redistribuzione sul terri-torio. Servizi sono quelli per il commercio sotto-posti più direttamente alla logica di mercato.

Servizio è anche la casa, intesa non più come bene fisico e di mercato, ma come elemento di promozione dello sviluppo sociale.

La suddivisione che viene fatta, all'interno del-la ricerca fra servizi pubblici e servizi privati dà spunto a due considerazioni importanti: la prima, relativa alla reciproca suddivisione della sfera di intervento fra settore pubblico e privato, la se-conda, relativa al tipo di evoluzione che tale rap-porto può avere nella società italiana, in special modo se riferito alla volontà di programmazione o di pianificazione delle risorse da parte dello Stato e dei livelli decentrati di gestione politica e amministrativa.

Il rapporto tra sfera pubblica e sfera privata per quanto riguarda i servizi, ha avuto in Italia due aspetti preminenti: il primo, nell'assunzione progressiva da parte della sfera pubblica dei ser-vizi improduttivi o quanto meno non più remu-nerativi (trasporti collettivi, energia elettrica, ecc.) il secondo, attraverso il rigonfiamento occupazio-nale dell'apparato pubblico per controbilanciare l'espulsione di addetti dal settore agricolo e dai settori industriali non trainanti. Per quanto ri-guarda invece l'evoluzione del rapporto fra set-tore pubblico e privato, la tendenza da parte del-l'operatore privato è stata quella di assicurarsi la gestione dei servizi remunerativi: il commercio in primo luogo e gli ambiti del settore terziario, e terziario superiore i quali hanno maggiori in-terconnessioni operative con i settori produttivi. 11 ruolo di salvataggio affidato allo Stato nell'at-tuale situazione di congiuntura non ha permesso e non permette allo Stato stesso di intervenire congruentemente nei settori dei servizi ormai istituzionalmente acquisiti quali: Scuola, Sanità,

Trasporti pubblici ecc., in modo da definire un quadro programmatico di intervento che tenga conto delle esigenze reali espresse dalle classi sociali che bene o male hanno prodotto il decollo economico nazionale.

La situazione piemontese è a tale riguardo paradigmatica per l'intera situazione nazionale. In Piemonte più che in altre regioni si sono create situazioni di squilibrio nel settore dei ser-vizi, indotte dall'accelerato processo di sviluppo industriale polarizzato verificatosi negli ultimi venti anni.

La concentrazione degli investimenti indu-striali e immobiliari nell'area metropolitana to-rinese ha influito in modo determinante sulla di-sgregazione di comportamenti territoriali storici, inducendo nuove relazioni fondate sul predomi-nio assoluto del capoluogo piemontese, motore dello sviluppo regionale.

La formazione di fasce di sottosviluppo all'in-terno della regione mostra come in effetti sia stato alto il prezzo pagato per l'espansione di un reddito globale che poi non si è redistribuito ter-ritorialmente ma è andato sempre più a consoli-dare l'area centrale già forte.

La ricerca in oggetto si pone di fronte a tali problemi con intenti oggettivi: analizzare e mi-surare territorialmente il fenomeno della distri-buzione e della gravitazione dei servizi, mettendo a punto degli strumenti scientifici in grado di spiegare i fenomeni da un punto di vista geogra-fico e funzionale.

In primo luogo essa si riferisce all'intera regione come unità territoriale organica e stori-camente consolidata, ed anche come unità poli-tica e amministrativa destinata a giocare un ruolo fondamentale nel processo di programmazione e pianificazione.

La determinazione della domanda e dell'offerta di servizi a livello regionale dà certamente una verifica al processo di sviluppo economico regio-nale, in quanto relazionata alla evoluzione della tendenza insediativa, ed alla maglia dinamica come fattore incentivante o disincentivante del-l'accessibilità dei centri urbani.

La complessità strutturale del settore dei ser-vizi in generale non permette induzioni inesatte sul comportamento del singolo servizio, soprat-tutto in un periodo come il nostro in cui i servizi sono oggetto di una revisione istituzionale di vasta portata (si pensi solamente alla istituzione dei di-stretti scolastici resi operanti da quest'anno); la

ricerca interdisciplinare (centralità su un proble-ma e contributo nel merito delle diverse disci-pline) è un passo obbligatorio per le ricerche di questo tipo che tendono ad inserirsi in un clima culturale di efficienza operativa.

Un altro problema che rimane aperto è quello della necessità di correlare a livello strutturale l'andamento dei settori di servizio all'andamento economico in generale; ciò significherebbe rispon-dere nel merito dell'allargamento o della contra-zione della domanda di servizi in rapporto alla redistribuzione dei consumi fra consumi indivi-duali e consumi collettivi, individuando le possi-bilità reali dell'espansione di una domanda so-ciale, di una maggiore redistribuzione del reddito e forse anche di un mutamento sostanziale degli indirizzi produttivi.

Ma questi problemi esulano dagli intenti di-chiarati dalla ricerca, pur costituendo a nostro parere il nodo fondamentale a cui bisogna rispon-dere per una corretta politica dei servizi.

Lo sforzo maggiore è quindi quello metodo-logico ed operativo, svolto nella piena coscienza dei problemi che stanno a monte del tema in oggetto.

Il processo di formazione dei bisogni e quindi dei consumi viene giustamente individuato come fase complessa della formazione di una « cultu-ra » e quindi di un comportamento a livello dei servizi.

Il riferimento a « fattori oggettivi » (il reddito, le strutture demografiche e i modelli culturali) e a « fattori soggettivi » (i fenomeni che influiscono sul comportamento del « consumatore

-utente ») viene specificato nella sua matrice

uni-taria di condizionamento complessivo della con-dizione umana ad una concon-dizione di sviluppo pilotato. Il territorio quindi come immagine fìsica di tale processo di condizionamento è sottoposto oggi ad un aggiornamento strategico delle scelte localizzative: si cerca di rescindere la storica coincidenza fra città e attività produttive per la-sciare spazio ad una riorganizzazione del terzia-rio e delle strutture di potere.

Tali rapporti devono ancora essere spiegati alla scala piemontese, per cui risulta di notevole interesse il tentativo fatto a livello scientifico dalla ricerca.

La messa a punto di un modello interpretativo risulta quindi essere il nodo centrale. Tale mo-dello interpretativo è formato da modelli

opera-tivi parziali concatenati che le fasi del modello sono:

a) classificazione dei servizi; b) classificazione dei centri;

c) distribuzione della domanda di servizi sui centri di offerta.

Tale modello interpretativo può essere a sua volta utilizzato come « modello di simulazione » al variare delle variabili considerate indipenden-temente o in modo correlato. Ciò ha permesso di misurare gli effetti indotti sulle situazioni di squilibrio rilevate, dando indicazioni sulle possi-bili tendenze da incentivare o disincentivare.

Il riferimento teorico alla fase c) è la teoria delle località centrali (centrai place) enunciata da Cristaller ed affinata in interventi successivi tra cui quelli particolarmente qualificati di W . Garrison, B. Berry, B. Garner, M. Dacey, G. Olsson, e L. Curry.

I concetti introdotti di soglia, portata, rango e ordine permettono di spiegare in modo suffi-cientemente rigoroso il formarsi del comporta-mento territoriale in rapporto alla distribuzione dei servizi e al loro funzionamento dal punto di vista dell'economia spaziale.

La classificazione dei servizi attuata con la tecnica della analisi fattoriale tende alla enuclea-zione dalle « associazioni spaziali » sia di tipo « specializzato » che « gerarchizzato ».

I gruppi di servizi « spazialmente associati » individuati sono 7, tre gerarchici e quattro spe-cializzati C).

La classificazione dei centri è in prima analisi gerarchica, vista la correlazione esistente fra cen-tri e gruppi di servizi gerarchici, corretta attra-verso la tecnica della analisi discriminatoria (2).

Alla classificazione gerarchica dei centri si affianca la comprensione del processo di « specia-lizzazione » dei centri calcolato attraverso un

in-dice di specializzazione costruito ad hoc (3).

Si giunge così ad evidenziare particolari distor-sioni dovute a fenomeni quali la specializzazione turistica ecc. Ulteriore analisi viene eseguita sulla

« tendenza arteriale » secondo la quale certi tipi

di servizi si strutturano in relazione a nodi di traffico o lungo importanti canali di flusso.

La correlazione fra offerta di servizi e doman-da è mediata doman-dalla struttura delle comunicazioni, l'assunzione del concetto di accessibilità come misura complessa della interconnessione fra i poli,

considerata dal punto di vista dell'utente, per-mette di definire una qualità complessiva delle strutture di trasporto.

Viene presa in considerazione l'accessibilità

con mezzi privati, in quanto riferita al

consoli-damento recente della maglia stradale piemon-tese e fattore di ulteriore polarizzazione del ca-poluogo.

La determinazione delle isocrone è ritenuto il mezzo per visualizzare l'accessibilità privata sui (i) I 7 gruppi sono emersi dall'esame della distribuzione dei 90 servizi considerati nella ricerca nei 1289 centri. Tali gruppi sono:

F,: un gruppo di 38 servizi di vario tipo (artigianali, commerciali, scolastici) poco correnti, presenti mediamente in 60 dei 1289 centri;

F,: un gruppo di 24 servizi di vario tipo (artigianali, commerciali, ricreativi, scolastici e professionali), più correnti, presenti mediamente in 242 centri-,

F3: un gruppo di 8 servizi specializzati (presenti

media-mente in 45 centri), scindibile in due sottogruppi;

Fja: servizi ospedalieri di livello zonale e provinciale;

F3B: servizi scolastici (medie superiori) pubblici;

F4: un gruppo di 5 servizi specializzati, tutti appartenenti

al settore alberghiero-ricettivo e della ristorazione;

Fs: un gruppo di S servizi molto rari e specializzati ma di

vario tipo (ospedalieri, di livello regionale, ricreativi...) presenti

mediamente in 11 centri;

F6: un gruppo di 3 servizi poco diffusi, di vario tipo

(pre-senti mediamente in 39 centri);

F,: un gruppo di 3 servizi, tutti sanitari ambulatoriali. presenti mediamente in 73 centri.

(2) Tale classificazione, operata con l'ausilio dell'analisi discri-minatoria, viene cosi espressa:

classe VI di liv. metropolitano: 1 centro (Torino) classe IV di liv. subregionale: 4 centri (Novara, Ales-sandria + 2 subcentri torinesi)

classe IV di liv. subregionale: 6 centri (Cuneo, Biel-la, Asti, Vercelli + 2 subcentri torinesi)

classe III sup. di liv. comprensoriale: 5 centri (Torto-na, Casale, Alba, Ivrea, Pinerolo)

classe III di liv. comprensoriale: 28 centri (di cui 11 subcentri torinesi)

classe III inf. di liv. comprensoriale: 8 centri (di cui 1 subcentro torinese)

classe li sup. di liv. locale: 42 centri (di cui 4 sub-centri torinesi)

classe II di liv. locale: 78 centri classe II inf. di liv. locale: 167 centri classe I o inf. di liv. vicinale: 183 centri

(3) La specializzazione del centro espressa da un indice I definito come:

Pr log Pr

Dove P rappresenta l'incidenza degli addetti del centro, con la convenzione che,

per h = 0, h log h = 0. Il valore dell'indice 1 varia tra:

1 = quando tutti i gruppi di servizi sono rappresentati in quel centro nella stessa quota che si rileva a livello regionale; e 0 = quando tutti gli addetti appartengono ad un solo gruppo.

centri urbani, relativamente ad una classificazione preventiva della rete viaria.

In modo diverso o per certi aspetti marginale il trasporto pubblico determina un sistema di ac-cessibilità pubblica estremamente rigido legato a una funzione di servizio pendolare su alcuni cen-tri escludendo possibilità di relazione ormai in-stauratesi con il trasporto privato.

Obiettivo del calcolo dell'accessibilità riman-gono:

la valutazione dell'accessibilità (relativa e integrale) dei nodi;

la valutazione comparativa della connetti-vità e dell'accessibilità fornite da ciascuna rete nelle diverse parti del territorio regionale;

le valutazioni comparative della connetti-vità e dell'accessibilità fornite dalle diverse reti in ciascuna parte del territorio regionale.

Il modello gravitazionale usa delle precedenti analisi per determinare in forma sintetica: 1) la domanda espressa dalla popolazione residente, tenendo conto in sede di correttivo delle domande aggiuntive (fluttuanti), della popolazione turisti-ca, 2) la forza di attrazione dei centri di servizi in rapporto alle capacità di offerta opportuna-mente misurate, 3) la funzione di accessibilità per determinare la probabilità di gravitazione.

Una questione generale correttiva del modello è il calcolo della gravitazione extraregionale.

La probabilità di gravitazione dei centri di domanda sui centri di offerta è teoricamente illi-mitata; da

ciò è derivata la necessità, durante la ricerca, di preselezionare i centri realisticamente e logicamente passibili di interrelazioni recipro-che oltre una certa soglia dimensionale. Il mo-dello nella sua forma analitica finale è stato usato per definire la gravitazione rispetto ai differenti gruppi di servizio, le loro caratteristiche di fun-zionamento e la ripartizione analitica della do-manda (").

Esso è stato usato con un'attenzione specifica in merito al calibramento della misurazione e della manipolazione dei dati; ha consentito di porre in evidenza le distorsioni del rapporto tra domanda e offerta di servizi senza avere la pretesa di rile-vare gli aspetti evolutivi dei diversi sistemi di servizio proposti dalla attuale situazione di revi-sione istituzionale.

A tale riguardo è da rilevare il carattere statico delle relazioni contenute nel modello.

L'evoluzio-ne della struttura dei servizi specie per quelli legati alla funzione commerciale, non è deter-minata da una perequazione « discreta » della offerta alla domanda; per tali servizi vale un siste-ma di relazioni dinamiche che legano l'evoluzione del settore a variabili che determinano l'organiz-zazione interna, l'interdipendenza dalle scelte ma-croeconomiche ed i condizionamenti subiti dalla redistribuzione della funzione da parte di pre-cise situazioni territoriali.

Tali tipi di modelli recentemente usati a livello piemontese permetterebbero di verificare le dina-miche evolutive del settore attraverso prospe-zioni di ordine qualitativo e quantitativo lascian-do che le varie scelte politiche vengano verificate simulandone le ripercussioni sulle variabili in gioco.

La determinazione del modello gravitazionale è comunque una fase necessaria per verificare il comportamento territoriale dei vari sistemi di servizi e la sua validità dipende in larga misura dal tipo di affinamento nella misurazione delle variabili e dall'attenzione posta alla concretezza delle relazioni sul territorio.

La ricerca in oggetto costituisce un notevole passo avanti in ordine a questi problemi.

Le risultanze sono una verifica puntuale e do-cumentata sugli squilibri regionali indotti a livello dei sistemi di servizi.

In primo luogo viene documentata la polariz-zazione del concentrico torinese al quale viene attribuita una quota della domanda regionale in-feriore alla quota dei servizi che vi sono concen-trati. Ciò significa concentrazione di servizi e di conseguenza una struttura di accessibilità rispetto

(4) Il modello gravitazionale è stato usato in questa forma

definitiva:

I W • Cj • C<-"F'd,'J>

| p" = £ " Wj£ • C£ • o - » ' '1 , l k> ( mi; - pfl • mf

dove nf rappresenta il numero delle alternative disponibili per

i per ciascun gruppo di servizi F.

cj' è la capacità d'offerta espressa in « addetti equiva-lenti » per ciascun gruppo di servizi F;

WjF 6 il coelficiente di ponderazione fissato, distintamente

per ciascun gruppo di servizi F, in misura differenziata per i vari livelli di centri;

il coefficiente ap è fissato, in seguito al « best fitting » sui

dati empirici, differenziato per i vari gruppi dì servizi;

dM è la distanza « virtuale » risultante dalle indagini, che

tiene conto del livello di servizio (per condizioni fisiche e di traffico) di ogni (ratio stradale;

ni, è la domanda espressa in « popolazione residente » in ogni centro.

al contesto regionale che tende sempre più a pri-vilegiare il contesto torinese.

Al contrario gli altri poli principali piemontesi rilevano una debolezza nella struttura dell'offerta in relazione alla domanda che su di essi poten-zialmente graviterebbe. Viene inoltre rilevata la condizione di marginalità dei centri locali, spe-cialmente per quelli che potrebbero svolgere un ruolo di riequilibrio per le zone sottosviluppate (centri di fondovalle) in cui l'espansione dell'of-ferta è ritenuta auspicabile.

Se Torino è un problema rispetto alla regione, l'area metropolitana connessa lo è soprattutto nel rapporto fra centro e cinture. L'individuazione di centri secondari che contrastino l'eccessiva terzia-rizzazione della città di Torino dovrebbe essere oggetto di una analisi più approfondita; a tale proposito è bene ricordare le iniziative in atto a livello urbanistico ed in particolar modo, il piano dei servizi, promosso dal Comune di Torino, e il Piano Territoriale per l'area metropolitana tori-nese promosso dalla Giunta Regionale ed attual-mente allo studio.

L'analisi dell'accessibilità a livello regionale mostra la particolare segregazione di molte aree dai servizi sia correnti che qualificati, special-mente in riferimento ai trasporti pubblici. Al con-trario l'infrastrutturazione dell'area metropoli-tana tende a rafforzare il divario in termini di gravitazione sul polo torinese.

Molto spesso nella regione piemontese accade che nei centri cosiddetti incompleti, pur essendo presenti per esempio una struttura sanitaria e scolastica non si accompagni ad una ulteriore of-ferta di servizi, producendo una scarsa gratifica-zione alla domanda assorbita; per essi viene in-dicato necessario un potenziamento nel senso del completamento dell'offerta.

L'individuazione fatta delle « aree

gravitazio-nali » è un momento di confronto con altri studi

prodotti a livello regionale e nazionale, ed in particolare quelli del Tagliacarne e quelli del-l'IRES (5). I risultati di tali studi sono confermati nella sostanza. Vengono infatti determinati i cen-tri completi a gravitazione preminente, per i quali viene data una schedatura in riferimento ai se-guenti concetti: 1) domanda e offerta di servizi per i vari gruppi, 2) extragravitazione in entrata per i soli servizi del gruppo F I , 3) grado di con-centrazione della popolazione, della domanda e dell'offerta dei servizi del gruppo F I , 4) struttura della domanda in senso demografico e

socioecono-mico, 5) condizioni di accessibilità alla domanda del gruppo Flf<6) dinamica dell'area.

Le aree gravitazionali sono individuate rispet-to ai seguenti poli: Torino, Ivrea, Pinerolo, Asti, Acqui, Novi Ligure, Ovada, Tortona, Alessandria, Casale, Fossano, Saluzzo, Alba, Bra, Cuneo, Mon-dovi, Savigliano, Borgosesia, Biella, Vercelli, Arona, Borgomanero, Domodossola, Omegna, No-vara, Verbania.

Le ipotesi di riequilibrio della struttura dei servizi si misurano con una realtà funzionale del territorio che deve essere integrata a considera-zione di carattere generale-politiche e socioeco-nomiche.

Ma è possibile agire nel senso del riequilibrio territoriale facendo fede sulla possibilità ritenuta oggettiva di agire sulle dotazioni fisiche? È il senso della domanda che la ricerca si pone « Squi-libri del sistema o sistema degli squiSqui-libri? ».

Si tratta certamente dell'una e dell'altra cosa. In primo luogo è necessario fare riferimento ai fabbisogni di servizi in rapporto alla domanda esistente legata all'andamento della popolazione, tenendo presenti le difficoltà nel breve periodo di invertire la tendenza insediativa in atto.

È logico pensare al piano dei Servizi del Co-mune di Torino (Variante 17), piano che, nato sotto la spinta delle rivendicazioni sociali, tende a far passare una politica di riconversione e di consolidamento terziario del capoluogo piemon-tese, non riuscendo nemmeno a fornire uno stan-dard adeguato di servizio alla popolazione

Nel documento Cronache Economiche. N.009-010, Anno 1974 (pagine 38-43)