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Pierangelo Gallo

Nel documento Cronache Economiche. N.009-010, Anno 1974 (pagine 49-54)

Anche ad una prima lettura sommaria e circo-scritta solo ad una parte dell'ampio materiale di documentazione, la posizione del problema e le indicazioni fornite in materia di servizi scolastici suscitano una notevole serie di annotazioni e di considerazioni sia sugli elementi del discorso sia sul problema scolastico come tale e sul suo inseri-mento nella organizzazione civile della nostra re-gione.

Diciamo subito che le presenti osservazioni non si propongono una analisi critica dello studio, ma prendono spunto dallo stesso per alcune riflessioni sugli aspetti generali e sulle esigenze di rinnova-mento e di ristrutturazione del sistema scolastico, esigenze che muovono lo sforzo di indagine e di elaborazione di questo lavoro.

Lo studio non ha per obiettivo una analisi completa e articolata di tutto il fenomeno scola-stico nei suoi vari aspetti funzionali, organizza-tivi, strutturali ecc. Esso mira a « verificare il grado e la struttura d'associazione spaziale » dei servizi scolastici con gli altri servizi, avendo pre-valentemente attenzione a quei « problemi di saldatura tra la programmazione economico-ter-ritoriale ed urbanistica e la programmazione sco-lastica » che oggi sono più che mai sul tappeto. Perciò i servizi scolastici vengono considerati, attraverso i loro insediamenti funzionali e strut-turali sul territorio, sotto l'aspetto della loro coe-sistenza o meno con altre strutture di servizio, come elementi che contribuiscono a qualificare l'assetto territoriale nel suo insieme e quindi a determinare le caratteristiche ed i livelli funzio-nali dei centri urbani, in cui si articola il sistema socio-demografico ed economico della Regione.

in rapporto a questa ipotesi di lavoro sono messe in luce, le caratteristiche e carenze proprie dei servizi scolastici in termini di organizzazione funzionale, di rete di impianti e di livello di ido-neità delle strutture fisiche: tali aspetti assumono un rilievo determinante per la definizione della

reale capacità e portata funzionale degli insedia-menti e quindi del dispositivo dei centri urbani di servizi.

In ragione di questo particolare assunto circa la rilevanza territoriale delle istituzioni scolasti-che — come « fattori di animazione e come fuo-chi di polarizzazione urbana » — , lo studio cir-coscrive il suo campo d'indagine all'impianto scolastico della scuola media inferiore e della scuola media superiore, concentrando l'attenzio-ne e dispiegando la propria analisi soprattutto sul secondo tipo di strutture in quanto « elemento caratterizzante la organizzazione regionale e sub regionale ».

A tale proposito mi pare che avrebbe servito meglio allo stesso obiettivo di analisi, una pre-sentazione generale, sia pur sommaria, dell'in-sieme della questione scolastica, che, come intro-duzione alla trattazione in oggetto, permettesse di meglio situare e cogliere i nessi e l'importanza delle verifiche e delle osservazioni più specifica-mente svolte, richiamando gli aspetti fondamen-tali di tutto il complesso problema e le interdi-pendenze esistenti o da riconoscere tra il modo di essere e di funzionare dei vari gradi di istruzione. Tanto più che il discorso nuovo, che si va aprendo con la costituzione ormai in atto dei distretti sco-lastici — a cui lo studio fa riferimento nelle ipotesi di trasformazione dell'assetto dei servi-zi — verte su tutto l'arco dell'istruservi-zione, dalla scuola materna a quella superiore e richiede che l'auspicato riassetto territoriale non rischi di esse-re stravolto al suo interno da malintese esigenze e prerogative della scuola media superiore.

Con queste osservazioni non si vuole però qui entrare né nel merito dello svolgimento dell'as-sunto di fondo del lavoro, né nel merito dell'ana-lisi e della elaborazione socio-territoriale della classificazione e qualificazione dei centri e dei relativi problemi connessi alle condizioni attuali ed alle prospettive di riassetto del sistema spaziale

dei servizi nel suo insieme. Non sarebbe né possi-bile né corretto farlo rimanendo nell'ambito del problema scolastico (')•

In proposito occorre però dire che si concorda qui pienamente sulla esigenza e sull'obiettivo di un sistema di servizi integrati e sulla necessità di adottare metodi e strumenti di analisi e di elabo-razione coerenti con tali presupposti, in riferi-mento ai quali lo studio si sforza appunto di approdare ad un approccio organico e ad una visione sistematica della realtà attuale del contesto socio-territoriale della regione. In questo tipo di sforzo stà, a mio parere, la novità ed il merito di questo lavoro cosi ricco di sollecitazioni al di là della validità stessa dei risultati ottenuti.

Ed intanto è da rilevare come questa imposta-zione ribadisca la necessità di abbandonare una volta per tutte la visione a sé stante del problema della scuola, che sin'ora ne ha determinato il ruolo ed il tipo di inserimento nella società e che è il prodotto, oltre ché del particolare meccanismo generale di sviluppo settorializzato, di una ideo-logia che ha alimentato una concezione del mo-mento scolastico completamente avulsa dalla real-tà sociale e con risvolti addirittura sacrali.

Mi pare per intanto opportuno, con l'occasio-ne, soffermarci su alcune considerazioni che con-cernono più precipuamente i problemi dei due tipi di scuola contemplati nell'indagine e la situazione generale in cui si caratterizzano, seguendo i rife-rimenti forniti dallo studio integrati, nel caso, con elementi desunti da altre analisi.

Per entrambi i tipi di scuola l'analisi mette in rilievo l'esistenza di vistose incongruenze tra le esigenze della popolazione ed il dispositivo di servizio, determinate sostanzialmente da una si-tuazione di fatto che, se da un lato rende difficile « l'integrazione dei servizi scolastici con gli altri servizi urbani », dall'altro presenta ampi scom-pensi tra la domanda e l'offerta dei servizi stessi, con fenomeni di « sottodimensionamento e di sot-toutilizzazione dei plessi scolastici in termini di inadeguatezza didattico funzionale ».

Alla scuola media inferiore viene in partico-lare imputata una « forte dissociazione tra la fun-zione scolastica e la funfun-zione complessiva dei centri che la ospitano: molti centri che svolgono una importante funzione « locale » sono sprovvi-sti o dotati in misura inadeguata di scuole bligo, cosi come, al contrario, la scuola dell'ob-bligo è spesso presente in molti centri troppo

isolati o marginali per poter svolgere un efficace ruolo territoriale locale ».

L'osservazione in sé giusta sollecita però un ampio discorso su tutto l'insieme del ciclo dell'ob-bligo a partire dai corsi elementari (2) per evi-tare tra l'altro il rischio di isolarlo agli ultimi tre anni di completamento del ciclo. Si affaccia qui il problema di un dispositivo di servizio che, da una parte, dia maggior spazio a plessi integrati (scuole elementari e medie unificate), atti a per-mettere di meglio ovviare ai casi di esiguità della domanda e ad assicurare comunque una più am-pia possibilità di socializzazione degli alunni e, dall'altra parte, elimini comunque le situazioni di dispersione prodotte dall'esistenza di sedi di ri-dotte dimensioni, che spesso, nelle elementari, non realizzano neppure un numero di classi pari agli anni di corso. Ciò permetterebbe tra l'altro un mi-gliore impiego ed una più equilibrata utilizza-zione delle risorse, in specie del personale inse-gnante, agevolando per converso la soluzione dei problemi di sovraffollamento che caratterizzano la situazione scolastica di molti altri centri.

La riorganizzazione dell'intero sistema dell'ob-bligo appare in vero di notevole impegno se si pone mente alla dimensione del fenomeno, che nell'intera regione contava al 1972-73 (3) 510.100 alunni iscritti alla scuola dell'obbligo, di cui 541.500 nelle elementari e 168.600 nelle medie inferiori. Si aggiunga il notevole numero di inse-diamenti attualmente operanti — la sola scuola media inferiore insiste su più di un terzo dei 1200 comuni, mentre la scuola elementare si pre-senta frazionata anche all'interno di comuni rela-tivamente piccoli — , nonché il livello di idoneità delle infrastrutture, che, per l'intera regione, da-rebbe come ancora ammissibile una capacità ri-cettiva pari appena al 6 0 % dell'attuale popola-zione scolastica.

(') È chiaro che una osservazione del genere richiede di con-siderare tutto l'insieme della ricerca: il ruolo, la collocazione ed il peso riconosciuti ai vari servizi (anche a quelli non particolar-mente ed autonomaparticolar-mente trattati come le attività dell'assistenza sociale e del tempo libero) oltre che il quadro di riferimenti teorico-empirico, la metodologia, gli strumenti tecnici, i parame-tri ecc., che presiedono alla ricerca, ne condizionano lo svolgi-mento e ne qualificano i risultati. Tutti aspetti che, data anche la complessità del lavoro, non è pensabile di cogliere adeguata-mente ad una prima lettura di massima, stante anche una ogget-tiva difficoltà per una rapida comprensione dei vari elementi trattati.

(2) I quali vanno per altro strettamente legati a monte al

sistema della scuola materna.

(3) Per questi ed altri dati sul fenomeno scolastico facciamo

riferimento al rapporto dell'IRES per il piano regionale 1974-1978.

Circa il rapporto tra gli insediamenti scolastici (in questo caso quelli più pertinenti alla scuola media inferiore, che consentono l'espletamento dell'intero ciclo dell'obbligo) e la qualificazione funzionale dei centri che li ospitano, merita os-servare che la dissociazione riscontrata va si giustamente attribuita in parte al sistema setto-rializzato di interventi ed in parte ad un processo storico di degradazione delle funzioni socio-terri-toriali di alcuni centri, ma va anche vista come il risultato di una carenza propria degli altri dispo-sitivi di servizio (sanitari, socio-assistenziali, ecc.) conseguente ad un loro sviluppo quanto mai ina-deguato, in termini qualitativi e quantitativi, ri-spetto ai bisogni reali. Perciò il problema del riassetto del sistema scolastico si propone e va visto, anche a questo livello, in concomitanza con quello del dispiegamento e del riassetto delle altre funzioni. Si tratta qui in sostanza di esaminare se l'ambito territoriale di una scuola dell'obbli-go, dimensionato secondo un sufficiente livello di funzionalità, possa (o meno) normalmente offrire un riferimento adeguato per la costituzione di un microsistema integrato di servizi sociali, con l'in-serimento di strutture di servizi socio-sanitari di base di tipo residenziale (assistenza sanitaria e sociale domiciliare ecc.). Mi pare che una tale verifica sia di notevole interesse in quanto è in linea con la esigenza di individuare, come artico-lazione interna dell'Unità Locale dei servizi so-ciali integrati, il nucleo elementare minimo di offerta integrata di servizi a livello territoriale, in ordine al quale possa già innescarsi e diretta-mente esplicarsi il processo di partecipazione de-mocratica capace di realizzare la costante rispon-denza dei servizi alle caratteristiche dei bisogni della popolazione.

Analoghe osservazioni sono suscitate dai pro-blemi della scuola media superiore, che ovvia-mente assumono forme e livelli diversi per qualità e consistenza. Anche per le strutture inerenti a questo campo di istruzione, a cui pur va ricono-sciuta una maggior coerenza nei riferimenti ai centri urbani di sostegno — che si individuano tendenzialmente a livello « comprensoriale » — lo studio registra una ampia dissociazione tra in-sediamenti scolastici ed il sistema socio-territo-nale: « soprattutto se si considera necessaria, a questo livello, la simultanea presenza di più indi-rizzi di studio, tali da garantire l'offerta relativa-mente « completa » d'istruzione secondaria supe-riore, va infatti notato che molti dei centri urbani

di « base » (...) che già svolgono o potrebbero svolgere un rilevante ruolo di livello « compren-soriale », sono centri scolastici « incompleti », e molti dei sub centri dell'area metropolitana sono addirittura sprovvisti di scuole secondarie riori. Inversamente molte scuole secondarie supe-riori cadono in centri inabilitati a svolgere un'effi-cace funzione territoriale ».

Queste evidenti carenze a livello di impianto socio-territoriale, sono il segno di una profonda inadeguatezza del servizio che si esprime sia nel ritardo e nello squilibrio subito dalla diffusione della scolarizzazione — non ancora ricuperati dalla esplosione della domanda avvenuta nell'ul-timo decennio — , sia nella eccessiva differenzia-zione degli indirizzi e dei tipi di studio, che mette in causa gli stessi contenuti formativi e didattici e il modello istituzionale, che ha sinora presie-duto agli interventi in questo campo scolastico. A questo proposito giova ricordare come le com-petenze in materia siano tuttora suddivise tra ministero della pubblica istruzione per gli aspetti didattici e le provincie e i comuni per le iniziative concernenti l'impianto delle strutture e la loro ge-stione amministrativa. Inoltre va osservato come il processo di settorializzazione, che ha caratte-rizzato l'evoluzione dei singoli gradi di istruzione, abbia qui operato anche all'interno stesso della media superiore, determinando un modo di orga-nizzare e gestire i singoli indirizzi di studi decisa-mente frazionato ed a compartimenti stagni, con-tribuendo in misura rilevante alla registrata disor-ganicità degli insediamenti sul territorio.

I problemi di riassetto di questo campo scola-stico, in presenza dell'obiettivo di integrazione dell'intero sistema dei servizi sociali, si prospet-tano oltremodo vari e pressanti: da quelli più di fondo di ordine istituzionale, didattico, formativo ed organizzativo — riassunti tutti nella inderoga-bile esigenza di riforma, a livello nazionale, di tutto il sistema della scuola media superiore — a quelli più particolari della riorganizzazione del-l'impianto scolastico in rispondenza alle peculiari esigenze del contesto regionale.

Va da sé che i secondi non possono essere che concepiti in relazione alle impostazioni ed agli assunti della riforma, dalla quale derivano deter-minanti implicazioni per il modello di impianto territoriale. Basti pensare a due punti cardine che sembrano ormai acquisiti: quello della costitu-zione in biennio unico dei primi due anni di corso dei vari tipi di scuola (la provincia di Torino nel

nuovo anno scolastico ha avviato in proposito alcune prime sperimentazioni) e la riduzione e semplificazione degli indirizzi di studio con l'ac-centuazione dei contenuti formativi di base e l'agevolazione degli eventuali passaggi tra gli in-dirizzi stessi.

A livello di organizzazione territoriale ne con-segue una diversa e più flessibile modalità di im-pianto, che può consentire, con un potenziamento dell'efficenza, una maggior diffusione dell'offerta di servizi, in cui è da verificare, tra l'altro, la possibilità e l'opportunità di realizzare una arti-colazione della rete di impianti per il biennio maggiormente collegata al dispositivo della scuo-la dell'obbligo (facilitando l'estensione a non lun-ga scadenza dell'arco dell'obbligo sino ai 16 anni). È chiaro che in questa prospettiva va riconside-rato tutto il discorso della qualificazione dei cen-tri urbani di servizio, a cui si lega quello delle possibilità di ricupero, nell'ambito del nuovo si-stema, del patrimonio di dotazioni oggi in uso.

I problemi aperti sono molteplici e di notevole impegno sia per la portata degli obiettivi di rifor-ma, sia per le caratteristiche funzionali e struttu-rali attuali messe in luce dallo studio nelle loro linee essenziali e qui sommariamente ricapitolate. Anche l'entità stessa assunta dal fenomeno del-la scodel-larizzazione, che ha portato il servizio or-mai ad una dimensione di massa, contando in complesso, nell'anno scolastico 1972-1973, 126 mila e 400 allievi (di cui il 18,5% scolarizzati però in istituzioni private), sottolinea il rilevante peso sociale che questa problematica riveste nella nostra regione. Peso che tende consistentemente ad estendersi sia per la dinamica propria della domanda determinata dalle condizioni del conte-sto socio-culturale ed economico, sia perché l'am-pliamento progressivo della scolarizzazione costi-tuisce un obiettivo di fondo della politica socio-culturale del nostro paese.

In proposito il possibile traguardo individuato dagli studi dell'IRES per la nostra regione è dato dal conseguimento, all'inizio degli anni '80, di una scolarizzazione territorialmente equilibrata che si aggiri sul 6 0 % della classe di età dai 14 ai

18 anni, il che porta ad una previsione al 1978 di una popolazione scolastica intorno ai 160.000 allievi. Secondo i dati dell'anno scolastico 1972-1973 il tasso teorico di scolarizzazione si attestava per l'intera regione sui 4 7 , 1 % (4), presentando però rilevanti differenziazioni tra le diverse aree ecologiche. In particolare nel Biellese, nel

Nova-rese e nell'area di Saluzzo-Savigliano-Fossano il tasso di scolarizzazione, calcolato sul numero de-gli allievi ospitati nelle scuole locali, si rivela di più di dieci punti inferiore al valore medio re-gionale.

Nella prospettiva del riassetto occorre tener conto quindi di rilevanti esigenze di crescita e di riequilibrio della offerta di servizi, che sono poi cospicuamente incentivate dal livello di idoneità delle dotazioni oggi utilizzate. Quest'ultimo in-fatti è stimato in linea di massima dall'IRES in una capacità ricettiva pari a poco più della metà (54,6%) negli allievi presenti al '72-'73, mentre la più specifica e puntuale verifica esposta nello studio porterebbe dal canto suo ad individuare nel patrimonio scolastico attuale un 6 2 % di scuo-le non idonee.

Altre interessanti annotazioni sono poi riferite sulla carenza delle attrezzature integrative e sulle caratteristiche della collocazione urbanistica e delle condizioni ambientali degli insediamenti scolastici, ma ci pare ovvio rinviare per questi ed altri aspetti più particolari alla diretta lettura dello studio e ad un più esteso esame dei materiali annessi.

In rapporto alle prospettive di riassetto dei ser-vizi scolastici e di tutto il sistema dei serser-vizi so-ciali è però necessario soffermarsi ancora breve-mente sulla particolare emergenza dei problemi posti dalla prescritta costituzione dei distretti scolastici.

Non si può far a meno di notare come ancora una volta si sia in presenza di una iniziativa pro-mossa e svolta secondo una stretta logica setto-riale. Al momento la definizione dell'ambito ter-ritoriale dei distretti è ancora allo studio della

(•») Lo studio delle Camere di Commercio, riferisce per l'anno '71-72 un tasso di scolarizzazione medio-regionale del 43,9%. A parte la sfasatura temporale, la differenza deriva anche da un diverso accertamento della consistenza della popolazione scola-stica, determinata dalle difficoltà oggettive di usufruire tempesti-vamente di informazioni complete ed attendibili. Similmente nei confronti della scuola privata i dati dell'IRES registrerebbero nel 7 2 - 7 3 un peso leggermente superiore a quello (17,9%) riportato dallo studio per il 1971-72. Tali differenze appaiono però tra-scurabili per la caratterizzazione generale del fenomeno.

Di altro rilievo appare invece la diversità delle indicazioni concernenti il livello di scolarizzazione e la pendolarità scola-stica medio-superiore riferita all'area di Torino, dove l'IRES indicherebbe un tasso di scolarizzazione (sia apparente: 48,9%,

sia reale: 47,2t?ó') superiore al valore medio-regionale e una

gra-vitazione di allievi dall'esterno maggiore di quella in uscita, men-tre qui sia per il tasso di scolarizzazione, sia per i movimenti pendolari viene prospettata una tendenza opposta. A parte la ovvia approssimazione dei dati a confronto, il contrasto non pare dovuto né alla sfasatura temporale né alla diversa estensione del-l'area considerata nelle due analisi, esso va certamente imputato al livello ed alla rispondenza delle informazioni.

Regione. Non resta che augurarsi che in questa fase di elaborazione regionale si colga l'occasione di dar vita ad un dispositivo territoriale che

— sia per sé atto a cogliere ed affrontare nella sua interezza tutta la problematica della scuola, come richiede l'unità del processo forma-tivo, che si attua dalla scuola materna sino al-l'istruzione media superiore;

— consenta la realizzazione dell'obiettivo di integrazione dei servizi e si ponga quindi — come primo fatto di riorganizzazione sistema-tica del territorio — in modo da prefigurare un quadro organizzativo che possa progressivamente essere esteso alle altre funzioni e costituisca cosi

la base territoriale unitaria valida per l'articola-zione dell'intero sistema di servizi integrati.

È inutile sottolineare come la pubblica ammi-nistrazione, anche partendo da un'istanza setto-riale, abbia qui in mano una possibilità concreta di muoversi in modo veramente corrispondente all'obiettivo di riassetto globale del sistema di servizi sociali ed alle esigenze di decentramento e di crescita della partecipazione democratica (as-sunzione formale dello statuto regionale), tanto più che con la proposta di legge di riforma

Nel documento Cronache Economiche. N.009-010, Anno 1974 (pagine 49-54)