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Parte III. Politica

3. Ragione, passioni e la nascita della società civile

3.3. La teoria dell’ordine spontaneo

3.3.1. L’interpretazione di F.A von Hayek

Quando si parla della teoria denominata “dell’ordine spontaneo” si utilizza un’espressione che ricorre, in modo particolare, negli scritti di Friedrich August von Hayek, e ripresa in seguito da tutta la letteratura che al suo pensiero si è ispirata. In The Constitution of Liberty, un’opera del 1960, troviamo un passo espressamente dedicato al concetto di ordine spontaneo, cui egli si riferisce con queste parole: «such an order involving an adjustment to circumstances, knowledge of which is dispersed among a great many people, cannot be established by central direction. It can arise only from the mutual adjustment of the elements

373

Ivi, p. 227; «if Virtue, Religion, and future Happiness were sought after by the Generality of Mankind, with the same Sollicitude, as sensual Pleasure, Politeness, and worldly Glory are, it would certainly be best, that none but Men of good Lives, and known Ability, should have any Place in the Government whatever: But to expect that this ever should happen, or to live in hopes of it in a large, opulent and flourishing Kingdom, is to betray great Ignorance in human Affairs […]. The best of all then not being to be had, let us look out for the next best, and we shall find, that of all possible Means to secure and perpetuate to Nations their Establishment, and whatever they value, there is no better Method than with wise Laws to guard and entrench their Constitution, and contrive such Forms of Administration, that the Common-Weal can receive no great Detriment from the Want of Knowledge or Probity of Ministers, if any of them should prove less able or honest, than they could wish them. The Publick Administration must always go forward; it is a Ship that can never lie at Anchor: The most knowing, the most virtuous, and the least self-interested Ministers are the best; but in the mean time there must be Ministers», Fable II (6th dialogue), cit., p. 335.

374

B. Mandeville, Liberi pensieri, cit., p. 238; «to expert Ministries without Faults, and Courts without Vices is grosly betraying our ignorance of human Affairs», Free Thoughts, cit., p. 355.

and their response to the events that act immediately upon them»375. Per chiarire meglio un concetto che potrebbe prestarsi a fraintendimenti, Hayek cita un passo di The Logic of

Liberty di Michael Polanyi, che dedica una sezione della sua monografia ai sistemi di ordine

spontaneo, dove leggiamo: «when order is achieved among human beings by allowing them to interact with each other on their own initiative – subject only to laws which uniformly apply to all of them – we have a system of spontaneous order in society. We may then say that the efforts of these individuals are co-ordinated by exercising their individual initiative and that this self-co-ordination justifies their liberty on public ground»376.

La teoria dell’ordine spontaneo ha preso forma tra i filosofi scozzesi del XVIII secolo, secondo cui le istituzioni sociali e politiche sono il frutto delle azioni degli uomini, ma non direttamente delle loro intenzioni: esse sarebbero una sorta di effetto a lungo termine, non previsto né perseguito di proposito, di azioni il cui scopo principale si esaurisce nel breve termine. Adam Smith è l’esponente di spicco di questa “corrente”, e Hume, e prima ancora Mandeville, ne sono considerati precursori377. Negli scritti di Mandeville si intravedono solo delle linee guida che conducono a quella che poi diventerà la teoria detta dell’ordine spontaneo, che nel nostro filosofo assumono il carattere della critica all’idea che le istituzioni provengano dall’arbitrio di uno solo o di pochi uomini, che siano il prodotto di una deliberazione intenzionale.

Un primo collegamento di Mandeville a questa teoria lo ritroviamo nel saggio

Individualism: True and False378, tratto da una lezione che Hayek tenne nel 1945, dove lo studioso contrappone l’idea che l’ordine sociale sia frutto di un disegno razionale dell’uomo all’idea che esso sia l’effetto non previsto delle azioni umane. L’elemento cardine della differenza tra queste due prospettive viene fatto risalire al ruolo che la ragione gioca in questo processo, e, più in generale, negli human affairs: il rifiuto del principio del disegno razionale si basa sulla convinzione che la ragione sia debole e limitata, e che non abbia il controllo sugli effetti a lungo termine delle azioni, il che produce un atteggiamento che Hayek definisce di “umiltà” nei confronti dei processi sociali, cui si riconosce un’origine

375

F.A. von Hayek, The Constitution of Liberty, Routledge & Keagan Paul Ltd, London 1960; p. 160. 376

M. Polanyi, The Logic of Liberty. Reflections and Rejoinders, Routledge and Keagan Paul Ltd., London 1951; p. 159.

377

Cfr. N. Barry, The tradition of spontaneous order, «Literature of Liberty», vol. V, No. 2, 1982. 378

Questo saggio, frutto di una lezione tenutasi presso lo University College, Dublino, il 17 dicembre del 1945, prima di essere inserito nel volume (già citato) Individualism and Economic Order, che è del 1948, è stato pubblicato nel 1946 da Hodges, Figgis & Co., Ltd., Dublin, e da B.H. Blackwell Ltd., Oxford.

indipendente dalla diretta pianificazione umana379. In quest’ultima corrente di pensiero viene inserito Mandeville, in veste di precursore:

The antirationalistic approach […] regards man not as a highly rational and intelligent but as a very irrational and fallible being, whose individual errors are corrected only in the course of a social process, and [...] is probably the most characteristic feature of English individualism. Its predominance in English thought seems to me due largely to the profound influence exercised by Bernard Mandeville, by whom the central idea was for the first time clearly formulated.380

La teoria dell’ordine spontaneo getta le basi nell’antirazionalismo. Ronald Hamowy, nel saggio The Scottish Enlightenment and the theory of spontaneous order, illustra alla perfezione il motivo di questo legame, quando afferma che «the epistemological underpinning of this theory rests on the notion that there exist certain social rules that are so complex that they are beyond the comprehension of any mind and hence are not discernible by reason»381. L’antirazionalismo è ben visibile anche in Mandeville382, nelle sue riflessioni sulle potenzialità della ragione, in cui propende verso un certo scetticismo; alla fiducia nel potere della razionalità umana di controllare e pianificare, succede la convinzione che le azioni siano solo in parte limitata dettate dalla ragione, e il ruolo principale nell’influenzarle spetti alle passioni, mutevoli, orientate verso l’interesse del momento, e fonte di effetti imprevedibili.

Nei Nuovi studi in filosofia, politica, economia e storia delle idee, una raccolta di saggi e lezioni uscita per la prima volta nel 1967, ma riedita, con qualche aggiunta, nel 1978, Hayek approfondisce la questione dell’ordine spontaneo e chiarisce il contributo di Mandeville con il già citato saggio, a lui espressamente dedicato, dal titolo Il dottor Bernard Mandeville383. Hayek si mostra qui consapevole di uno dei problemi principali che avvolge la fama di Mandeville, ovvero quello di stabilirne con una certa precisione meriti e contributi, cosa tutt’altro che facile, con un pensatore così poco sistematico. Uno dei punti in cui il filosofo olandese è infatti più attaccabile, quello su cui hanno insistito molti dei suoi avversatori, è la

379

Cfr. F.A. Hayek, Individualism: True and False, in Individualism and Economic Order, cit., p. 8. 380

Ivi., pp. 8-9. 381

R. Hamowy, The Scottish Enlightenment and the Theory of Spontaneous Order, Southern Illinois University Press, Carbondale and Edwardsville 1987; p. 6.

382

Sul legame di Mandeville con antirazionalismo e teorie dell’ordine spontaneo vedi anche F.A. von Hayek,

Dottor Bernard Mandeville in Nuovi studi, cit., pp. 283-284; R. Hamowy, cit., p. 7; N. Barry, The Tradition of Spontaneous Order, cit.

383

Anche questo saggio è il frutto di una lezione, tenuta da Hayek il 23 marzo 1966 presso la British Academy (Londra), dal titolo “Lecture on a master mind” e pubblicata già nel 1967 nel volume LII dei Proceedings of the

mancanza di una fase costruttiva presentata in termini chiari e precisi: pur non essendo privo di una spinta propositiva, Mandeville mantiene sempre, anche negli scritti dell’ultimo periodo, che sono quelli più “seri”, o meglio, meno provocatori, uno stile descrittivo e talvolta canzonatorio, che costituisce la sua peculiarità, ma che è stato l’arma impugnata da chi voleva screditarlo. Hayek, da estimatore di questo filosofo, riconosce che, sebbene l’influenza che Mandeville ha avuto sui suoi contemporanei e successori sia innegabile, e sia generalmente condiviso che molti spunti su cui si sono sviluppate riflessioni dagli esiti importanti provengano da lui, sia un compito meno facile stabilire i termini esatti di questa influenza384. Quello che è certo è che il filosofo olandese è stato, prima di tutto, un profondo conoscitore della natura umana. Con le parole di Hayek:

[Mandeville] acquisì chiaramente, con l’amdare del tempo, una conoscenza del modo in cui funziona la mente umana che è davvero notevole e a volte sorprendentemente moderna. Egli si gloriava chiaramente di questa conoscenza della natura umana più che di qualsiasi altra cosa. Che noi non sappiamo perché facciamo quello che facciamo, e che le conseguenze delle nostre decisioni sono spesso molto diverse da quelle che immaginiamo debbano essere, sono due motivi fondamentali di quella satira sulle presunzioni di un’età razionalista che costituì il suo scopo iniziale.385

Per spiegare al meglio in che cosa consiste la tradizione di pensiero che viene denominata teoria dell’ordine spontaneo, e in che modo Mandeville vi rientri, Hayek discute la divisione, fatta già dai Greci, tra processi naturali e processi artificiali, dove i primi sono quelli che avvengono indipendentemente dal volere e dalle azioni dell’uomo, e i secondi sono invece frutto dei suoi programmi386. L’errore di questa distinzione, afferma l’economista austriaco, è stato perfettamente dimostrato dalla filosofia britannica del diciottesimo secolo, che ha messo in luce l’esistenza di un altro tipo di processi che, pur non derivando da un piano razionale stabilito in precedenza, tuttavia sono il risultato dell’interazione tra gli individui; a tale categoria questi filosofi fanno appartenere la nascita della società civile, che, sulla base della definizione data, non si può chiamare un processo naturale, avendo un rapporto molto stretto con gli uomini e le loro azioni, ma non è nemmeno artificiale, non dipendendo da un loro disegno. Anche Mandeville dà un contributo significativo a questa idea:

384

Cfr. F.A. Hayek, Dottor Bernard Mandeville in Nuovi studi, cit., p. 271: «Sebbene non ci possa essere alcun dubbio che le sue opera abbiano avuto una enorme diffusione e che abbiano fatto riflettere molta gente su problem important, è meno facile spiegare cosa abbia contribuito esattamente a farci comprendere».

385

Ivi, p. 272. 386

quando parliamo delle opere della natura, per distinguerle da quelle dell’arte, diciamo che esse sono compiute senza il nostro consenso. Così è la natura che produce i piselli nella stagione adatta; ma non è possibile averne di verdi in Inghilterra, a gennaio, senza arte e cure infinite. La natura esegue da sé i suoi disegni. Ci sono creature che, con ogni evidenza, sono state destinate dalla natura a vivere in società; e le api, che hanno ricevuto dalla natura degli istinti per raggiungere quel fine, come si può vedere dagli effetti, ne sono la prova tangibile. Noi dobbiamo la nostra esistenza e ogni altra cosa al grande Autore dell’universo; ma se le società non possono sussistere senza la sua protezione, non potrebbero però esistere se la saggezza umana non vi concorresse.387

Da quanto si legge sopra, Mandeville risulta consapevole che la società è sia il frutto delle qualità naturali dell’uomo – pur diverse da quelle delle più socievoli api -, che, in qualche misura, un prodotto “dell’arte”, cui anche la saggezza umana concorre in qualche misura, seppure non preponderante.

Questa interpretazione dell’origine delle istituzioni socio-politiche si oppone apertamente alla scuola di pensiero, di stampo razionalista (Hayek, per evitare le possibili ambiguità del termine “razionalismo” preferisce parlare, in questo campo, di costruttivismo), che sostiene che la società civile sia stata “costruita” secondo un proposito razionale dell’uomo. Fanno parte di questa corrente coloro che pongono alla base della costituzione di uno stato una sorta di contratto, stipulato in un momento a partire dal quale l’uomo rinuncia a parte della libertà di cui gode nello stato di natura e si associa agli altri sotto il dominio di un potere sovrano. Questa è stata l’ipotesi di Hobbes e di Locke, ad esempio, anche se i due filosofi avevano idee diverse sul modo in cui era stato sancito questo patto, poiché il primo lo aveva pensato più come a una sottomissione al potere di un sovrano, mentre il secondo vedeva il contratto come un sottoporsi a delle leggi.

Il primo capitolo dei Nuovi studi è un saggio dal titolo “Gli errori del costruttivismo”388, dove Hayek struttura la sua critica all’idea che l’uomo abbia “creato” le istituzioni sociali servendosi di argomentazioni che ritroviamo anche nel pensiero di Mandeville. Per prima cosa mette in evidenza il fatto che l’assunto costruttivista presuppone un’idea della

387

B. Mandeville, Dialoghi (IV dialogo), cit., p. 126; «when we speak of the Works of Nature, to distinguish them from those of Art, we mean such, as were brought forth without our Concurrence. So Nature in due Season produces Peas; but in England you cannot have them green in January without Art and uncommon Industry. What Nature designs, she executes herself: There are Creatures, of whom it is visible, that Nature has design’d them for Society, as is most obvious in Bees, to whom she has given Instincts for that purpose, as appears from the Effects. We owe our Being, and every thing else, to the great Author of the Universe; but as Societies cannot subsist without his preserving Power, so they cannot exist without the Concurrence of human Wisdom», Fable II (4th dialogue), cit., p. 186.

388

Questo saggio è, di nuovo, il testo di una lezione presentata il 27 gennaio 1970 alla Paris-Lodron University di Salisburgo, e inizialmente pubblicata col titolo Die Irrtümer des Kostruktivismus und die Grundlagen

razionalità umana che egli stesso definisce opinabile: l’uomo infatti, a suo avviso, prima di essere civilizzato non possedeva la ragione, che si è evoluta nel corso della civilizzazione stessa389.

Il costruttivismo pretende di identificare le istituzioni sociali con un effetto, al quale affiancare con sicurezza la razionalità umana in qualità di causa. I filosofi britannici sostenitori dell’idea che l’ordine si crei in modo autonomo si oppongono a questa concezione prima di tutto perché essa conferisce all’uomo e al suo intelletto molto più potere di quanto egli non abbia390, attribuendogli delle capacità che non possiede, cosa che già Mandeville è stato ben lungi dal fare. Un’osservazione più attenta e meno concentrata sull’apporto strettamente intenzionale, come quella lasciata da Mandeville, e poi, soprattutto, da Hume e Smith, ha trovato che molte di queste istituzioni scaturiscono in modo del tutto inaspettato da azioni il cui scopo era differente.