• Non ci sono risultati.

Parte III. Politica

2. Socievolezza e passioni sociali nella Fable II

2.3. La socievolezza come carattere acquisito

Il self-liking, istinto direttamente rivolto verso la propria persona, in una prima fase tende a complicare i rapporti tra gli esseri umani: prima di aver imparato a camuffarla, la preferenza nei confronti della propria persona è talmente manifesta da poter sfociare in una continua competizione e in aperte ostilità. Questo non deve far pensare che Mandeville abbracci la visione hobbesiana, che anzi rifiuta esplicitamente, affermando che «è indegno di un filosofo dire, come ha fatto Hobbes, che l’uomo nasce inetto per la società»332. L’osservazione empirica attesta che gli uomini si cercano l’un l’altro, contrariamente a quanto detto da Hobbes, il che non implica affatto che il motivo di questa ricerca siano simpatia e altruismo: si tratta invece di ragioni egoistiche. L’uomo, pur non essendo una creatura “socievole”, nel senso che non ha un istinto naturale per la compagnia, è tra tutti gli animali l’unico che ha dato vita a una società evoluta, di cui non è responsabile l’amore per la specie bensì la consapevolezza dei vantaggi che si traggono dall’associazione. Mandeville torna così sull’argomento ormai noto delle passioni: in questo caso è il self-liking quella che, contrariamente all’inclinazione naturale, fa diventare l’uomo socievole. Questa passione è automaticamente socializzante, nel senso che è ciò che genera i fenomeni sociali con la sua sola esistenza, e non necessita di interventi esterni di alcun tipo.

In qualche modo l’uomo diventa la creatura più di tutte adatta a vivere in società, senza che vi sia una sottomissione razionale e volontaria a un potere in vista di maggiori benefici.

331

Cfr. ivi, pp. 96-97: «è molto raro che gli inventori di qualche arte o quanti le perfezionano siano gli stessi che indagano per scoprirne i fondamenti. [...] L’invenzione e il perfezionamento sono da attribuirsi a uomini attivi, intraprendenti e laboriosi che mettono mano all’opera, fanno degli esperimenti e vi si dedicano completamente»; «They are very seldom the same Sort of People, those that invent Arts, and Improvements in them, and those that enquire into the Reason of Things […] whereas none succeed oftener in the first, than active, stirring, and laborious Men, such as will put their Hand to the Plough, try Experiments, and give all their Attention to what they are about», Fable II (3rd dialogue), cit., p. 144.

332

B. Mandeville, Dialoghi (IV dialogo), p. 120; «it is very unworthy of a Philosopher to say, as Hobbes did, that Man is born unfit for Society», Fable II (4th dialogue), cit., p. 177.

La socievolezza, in questo caso intesa come l’essere “adatti alla società”, è una caratteristica che si acquisisce nel corso del tempo e viene rafforzata dall’abitudine a essere progressivamente meno autosufficienti, infatti «più i popoli sono civilizzati e più hanno bisogno di vivere in società; e nessuno ne ha meno bisogno dei selvaggi»333. La novità di Mandeville è quella di ammettere l’esistenza di una spinta nei confronti della società, che egli stesso chiama socievolezza, rifiutandone però l’accezione shaftesburiana, senza farla cioè coincidere con la benevolenza e senza farla mai assurgere a principio su cui fondare una teoria della nascita della società334, ma descrivendola come qualità non naturale. Ben consapevole del rischio di essere frainteso adoperando l’aggettivo “socievole” come connotazione dell’essere umano, il filosofo olandese specifica:

quando la usiamo per designare una qualità particolare della nostra specie, la parola [socievole] implica solo una certa attitudine, nella nostra natura, grazie alla quale, cooperando, un gran numero di uomini può unirsi per formare un solo corpo. [...] Posso ammettere che tra i motivi che portano l’uomo a vivere in società vi sia un desiderio naturale di compagnia: ma egli ha questo desiderio per suo interesse, nella speranza di ricavarne i migliori vantaggi; e non desidererebbe né la compagnia né nient’altro, se non pensasse di ricavarne qualche vantaggio.335

Mandeville ammette che la natura umana è “bisognosa e indifesa”, e per questo cerca la società, tuttavia quello che vincola l’uomo a vivere all’interno di uno stato politico, e quello che rende questo stato evoluto e complesso, non è la necessità primitiva delle creature in cerca di protezione, ma una rete di desideri e bisogni che derivano da quella predilezione per se stessi che si è visto essere il self-liking. In questo modo il vivere in una società civile rende agli uomini sempre più impossibile viverne al di fuori, essendosi abituati alle comodità che solo la vita associata può procurare.

La socievolezza di cui parla Mandeville viene descritta, nella seconda parte della Fable, da Orazio, che chiede conferma dei suoi pensieri a Cleomene, come «un composto di cose

333

Ivi, p. 123; «The most civiliz’d People stand most in need of Society, and consequently none less than Savages», Fable II (4th dialogue), cit., p. 181.

334

Cfr. ivi, p. 125; Fable II (4th dialogue), cit., p. 183. 335

Ivi, pp. 124-125 (traduzione rivista); «But when we speak of a Quality peculiar to our Species, and say, that Man is a Sociable Creature, the Word implies no more, than that in our Nature we have a certain Fitness, by which great Multitudes of us cooperating, may be united and form’d into one Body. […]I am willing to allow, that among the Motives, that prompt Man to enter into Society, there is a Desire which he has naturally after Company; but he has it for his own Sake, in hopes of being the better for it; and he would never wish for, either Company or any thing else, but for some Advantage or other he proposes to himself from it», Fable II (4th dialogue), cit., p. 183.

diverse e non una sola qualità particolare di cui noi siamo dotati e i bruti sono privi»336. Essa sta all’uomo come il vino sta al grappolo d’uva: come non si può dire che vi sia del vino in ogni grappolo, dal momento che il succo che ne viene estratto ha bisogno di una fermentazione, così nel singolo uomo non c’è un istinto alla società. Quest’ultima è ciò che si ricava mettendo insieme un certo numero di individui: così come il vino è il risultato della fermentazione, l’associazione è quello che si ottiene dall’interagire degli uomini e delle loro caratteristiche, soprattutto delle loro passioni egoistiche. Infatti «se esaminiamo ciascuna facoltà e qualità in virtù della quale e per la quale giudichiamo e sosteniamo che l’uomo sia una creatura più socievole degli altri animali, troveremo che la maggior parte di queste qualità, per non dire tutte, sono acquisite e nascono nella moltitudine come conseguenza dei reciproci rapporti tra gli individui»337: Mandeville si riferisce, ad esempio, alla ricerca di compagnia, che, se presa attentamente in esame, risulta una caratteristica acquisita, che senz’altro non si riscontra nell’uomo in uno stato pre-sociale. L’errore di Shaftesbury e degli altri filosofi sostenitori della socievolezza come carattere innato della natura umana è quello di fermarsi all’analisi dell’uomo contemporaneo, senza arrivare a indagare gli effetti che lo stesso relazionarsi degli individui può aver avuto nel lungo termine, senza distinguere qualità innate da altre che provengono da abitudini contratte nel corso dei secoli. Afferma infatti Mandeville: «Al fine di provare che siamo nati per vivere in società ci sono state attribuite qualità delle quali saremmo stati privi, se non fossimo stati allevati in una società, in un ordinamento civile, vecchio di parecchi secoli. Ma gli adulatori della nostra specie ce lo nascondono accuratamente; e invece di separare e distinguere le qualità acquisite da quelle naturali, si sforzano di unirle e confonderle»338.

336

Ivi, p. 128; «this Sociableness, is a Compound, that consists in a Concurrence of several Things, and not in any one palpable Quality, that Man is endued with, and Brutes are destitute of», Fable II (4th dialogue), cit., p. 188.

337

Ibidem (traduzione parzialmente rivista); «if we examine every Faculty and Qualification, from and for which we judge and pronounce Man to be a sociable Creature beyond other Animals, we shall find, that a very considerable, if not the greatest Part of the Attribute is acquired, and comes upon Multitudes, from their conversing with one another», Fable II (4th dialogue), cit., p. 189.

338

B. Mandeville, Dialoghi (VI dialogo), p. 204; «alledging as the Causes of Man’s Fitness for Society, such Qualifications as no Man ever was endued with, that was not educated in a Society, a civil Establish-ment, of several hundred Years standing», Fable II (6th dialogue), cit., p. 301.