4. IL CASO TOD'S
4.3 Intervista al Dott Diego Della Valle
Tod's si è quotata in Borsa il 6 Novembre 2000.
Quali sono le principali motivazioni, elementi di natura esogena ed endogena che più hanno influenzato la decisione ed il timing della quotazione? Quanto invece hanno inciso convinzioni e intuizioni di carattere personale, eventualmente anche svincolate da una logica di convenienza economica?
La scelta fu legata alla volontà di realizzare investimenti specifici o al raggiungimento di obiettivi particolari, altrimenti non perseguibili?
La quotazione in Borsa si colloca nella fase di sviluppo del Gruppo in cui i marchi, grazie ad un’attenta e mirata politica di gestione della loro immagine, hanno ormai acquisito prestigio e notorietà internazionale presso i consumatori dei prodotti di lusso.
Alla fine degli anni ’90, erano quindi presenti le condizioni per realizzare l’internazionalizzazione del Gruppo, attraverso un’espansione orientata su tre principali drivers: i) espansione geografica dei ricavi, ii) controllo della 160 L'intervista è stata condotta personalmente in data 02 Ottobre 2015.
distribuzione attraverso lo sviluppo del network di punti vendita a gestione diretta iii) ulteriore diversificazione dei prodotti.
La quotazione in Borsa ha fornito a Tod’s gli strumenti per competere sui mercati internazionali, ovvero una solida struttura finanziaria e uno stabile canale di finanziamento, notorietà e prestigio dell’immagine aziendale, attrattività nei confronti di manager motivati e qualificati.
L’intuizione personale ha avuto un ruolo nella scelta del momento in cui quotarsi, ma chi guida un Gruppo importante ed è responsabile per migliaia di lavoratori, alla fine deve sempre lasciar prevalere l’imprenditore.
Lo sviluppo che Tod's ha avuto in questi 15 anni, sarebbe stato conseguibile senza il ricorso al mercato borsistico? Perché?
Quali sono i principali vantaggi e benefici, attesi e non, di cui Tod's ha goduto in seguito alla quotazione?
Difficile rispondere in un senso o nell’altro, vi sono molti esempi di aziende che si sono sviluppate e affermate anche senza il ricorso alla Borsa.
Per quanto riguarda Tod’s, oltre ai benefici già citati, la quotazione ha determinato una profonda trasformazione dell’impresa: focus sulle strategie, tensione al rispetto degli obiettivi, adozione di sistemi di gestione più efficienti, adozione di regole di governance, trasparenza verso il mercato e gli azionisti, hanno sicuramente dato un contribuito al successo del Gruppo e, di riflesso, alla crescita della redditività.
In sostanza, abbiamo potuto e dovuto aggiungere alla dialettica interna, già molto dinamica e sfidante dell’era ante-quotazione, un permanente confronto verso l’esterno, che, ha stimolato la spinta competitiva ed il miglioramento delle prassi interne aziendali.
Il tutto nell’ambito di un equilibrato confronto con gli interessi della Borsa, degli analisti, degli investitori, mantenendo una visione di medio-lungo
termine anche a dispetto dell'orizzonte trimestrale con cui sono comunicati i dati.
L'iter procedurale necessario ad accedere alla Borsa risulta lungo e complesso, oltre a richiedere il sostenimento di costi elevati, sia per l'accesso che per la permanenza sul mercato. Ciò sembra rappresentare un freno alla quotazione, soprattutto per le PMI.
Nel Vostro caso, la complessità dal punto di vista burocratico dell'operazione ed i costi ad essa connessi hanno mai rappresentato un freno? Quali sono stati i costi più significativi che Tod's ha dovuto sostenere per quotarsi?
Sicuramente l’iter procedurale per accedere alla quotazione non è né semplice né economico, così come è impegnativa la gestione della permanenza nel mercato borsistico, sia in termini di professionalità interne necessarie (corporate governance e investor relations) che di costi vivi legati alla quotazione del titolo.
In linea generale sono i costi (troppo elevati) che, chi intende sollecitare il pubblico risparmio, deve “pagare” alla necessaria trasparenza verso il mercato e gli investitori.
Per quanto riguarda i costi finanziari sostenuti da Tod’s, sono stati quelli tipici di ogni quotazione: compensi al Consorzio di collocamento, spese legali, corrispettivi di quotazione (Borsa Italiana/Consob), costi per road-shows per la presentazione del progetto alla comunità dei più grandi investitori.
Altrettanto significativi sono stati gli oneri legati agli impatti organizzativi, sia nella fase della quotazione, sia in quella successiva della gestione ordinaria, con servizi implementati ad hoc e/o rafforzati di conseguenza.
La quotazione comporta dei significativi cambiamenti, sia per quanto riguarda l'assetto proprietario che aspetti organizzativi e strategici. Quali sono i principali e più significativi cambiamenti che hanno caratterizzato Tod's in termini di:
a. assetto proprietario
b. strategie economico-finanziarie c. strategie competitive
d. strategie organizzative e. strategie sociali
f. valori culturali aziendali
Sicuramente, come già accennato, la quotazione ha determinato in Tod’s una significativa trasformazione: la necessità di dotarsi di regole di governance e la trasparenza richiesta dal mercato hanno prodotto importanti cambiamenti nelle strutture organizzative e nei processi aziendali.
Minore, invece, l’influenza sulla formulazione delle strategie aziendali e sui valori culturali, che da sempre costituiscono i principali asset del Gruppo e che, al contrario, dalla quotazione hanno trovato motivo di visibilità, con l’esaltazione di principi forti e storici, come il rispetto per le maestranze, per i clienti e per i fornitori, quali fattori comuni del successo aziendale.
Dal punto di vista competitivo, l'accesso al mercato borsistico rappresenta un passo necessario per competere con i grandi gruppi del lusso, per esempio i francesi Lvmh e Kering?
Lvmh e Kering rappresentano poli del lusso con una molteplicità di marchi e tipologie di prodotti in portafoglio. Competere con questi grandi gruppi è possibile, e Tod’s, nel proprio core business, ne è un esempio.
rappresentare uno strumento per crescere e competere a livello globale, in particolare sui mercati emergenti, per superare i confini nazionali.
Tra gli azionisti di Tod's sono presenti Oppenheimer Funds e Delphine Sas. La presenza di un fondo di investimento e di Groupe Arnault nella compagine azionaria apporta valore e know how in azienda? Quanta importanza ha l'attività di investor relations all'interno di una società quotata e nella gestione dei rapporti con gli azionisti più rilevanti?
Oppenheimer Funds e Delphine Sas sono due tra i principali azionisti di Tod’s, ma molti altri sono gli investitori istituzionali che hanno deciso di investire sulle azioni del Gruppo. Gli azionisti, al pari di ogni stakeholder, indubbiamente rappresentano per Tod’s uno stimolo al costante miglioramento;
Per quanto riguarda l’importanza dell’attività di investor relations, nei rapporti tra società quotata e azionisti assume un ruolo fondamentale, in quanto dall’efficacia e dalla tempestività con le quali le informazioni sono comunicate dipendono le valutazioni effettuate dal mercato e dagli investitori.
Da una ricerca svolta dall'Università Bocconi e da Borsa Italiana, sembra che portando a 1000 le società quotate a Piazza Affari si realizzerebbe un aumento del Pil, un incremento consistente del gettito fiscale e la creazione di un elevato numero di nuovi posti di lavoro. Il fenomeno a cui assistiamo invece con sempre maggiore frequenza è quello del delisting, anche da parte di società importanti.
Come crede che le Istituzioni possano incentivare la quotazione in Borsa da parte delle imprese italiane in possesso dei requisiti formali e sostanziali?
Le Istituzioni possono incentivare le scelte di quotazione delle aziende italiane serie. La ricetta è semplice: poche regole, anche rigorose, ma chiare
ed applicate alla stessa maniera per tutti.
Un iter di accesso al mercato altrettanto chiaro, realmente percorribile e soprattutto con costi più contenuti: le Istituzioni devono vedere la quotazione non come un punto d’arrivo, ma come l’inizio di un percorso da fare insieme con l’azienda quotata, che possa produrre e distribuire ricchezza ed occupazione.
La decisione di un imprenditore di quotare la propria azienda in Borsa dipende comunque da molti fattori, principalmente di natura strategica, non da ultimo l’esistenza dei presupposti per sostenerne il successo nel lungo termine.
In questo senso, la possibilità di poter essere supportati da investitori impegnati a restare nel capitale di un’impresa nel medio periodo, potrebbe consentire agli imprenditori di preparare le proprie aziende al “salto” della quotazione. Ovvio che per attrarre gli investitori occorrono idee.
Come si spiega invece la scelta del delisting?
La decisione di uscire dalla Borsa può dipendere da molti fattori, di solito non legati al mercato borsistico in sé per sé. Crisi aziendali, deludente performance del titolo, cambi di controllo che determinano modifiche delle strategie imprenditoriali, sicuramente sono alcuni tra i più comuni motivi alla base di una decisione di delisting.
Certamente, gli elevati oneri del mantenimento della “macchina organizzativa”, richiesta dagli adempimenti connessi alla quotazione, non aiutano a mitigare le spinte al delisting. Un imprenditore serio comprende poco e male la necessità di mantenere un apparato costoso di uomini e mezzi, dedicato soltanto a dover fornire in ogni momento informazioni e spiegazioni su quello che fa la propria azienda. Se, lui e la sua dirigenza, passano molto tempo a raccontarla, finisce che viene trascurato il lavoro per l’azienda.
Occorrerebbe che i momenti di informazione al mercato e agli investitori fossero definiti e, quindi, limitati, con calendarizzazioni precise tali da non dover essere gestiti da costose sovrastrutture dedicate.
Ha mai pensato di quotarsi su un mercato estero? Alcune importanti aziende hanno optato per questa scelta, cosa pensa a riguardo?
Per noi, nel 2000, come Gruppo profondamente italiano, per cultura e senso di appartenenza, è stato naturale quotarsi in Italia, a Milano.
Va ammesso che oggi, 15 anni dopo, quello dei capitali è ormai un mercato globale, forse tra tutti il più globalizzato, e le principali Borse internazionali oggi hanno regolamenti di governance molto simili tra loro, per cui quotarsi a Milano, Londra, piuttosto che a New York o Hong Kong non ha grande rilevanza. Situazioni contingenti del momento possono far propendere per una scelta piuttosto che per un’altra.
Nel settore Moda sono presenti molte aziende, di grandi dimensioni, ritenute quotabili.
E’ comunque presente anche un elevato numero di imprese di dimensioni ridotte.
Lei ha sempre sottolineato l'importanza ed il valore della Piccola impresa, come crede che una PMI che opera in questo settore possa competere con imprese di maggiori dimensioni, senza accedere alla quotazione in borsa? Quali potrebbero essere le alternative?
La dimensione di un’impresa non pregiudica la capacità di competere, eventualmente ne condiziona la dimensione del mercato dei propri prodotti. L’Italia, in tutti i settori industriali, è piena di esempi di piccole aziende che, facendo leva sulle idee, la creatività e l’artigianalità delle proprie produzioni, si sono ricavate nicchie di mercato in cui competono con i grandi brands e talvolta, in quelle nicchie, hanno conquistato un’assoluta leadership.
Certo, se un’azienda vuole darsi prospettive di una crescita veloce e di ampia internazionalizzazione, la quotazione è una via da considerare, soprattutto in assenza di reali alternative. Ci sarebbe bisogno del supporto di banche, capaci di valutare un progetto industriale e di fare il proprio mestiere, cioè di saper assumere e gestire un rischio finanziario d’impresa.
Secondo Lei esistono possibili innovazioni nel settore Moda che possano dare origine a business promettenti?
Nel settore in cui compete Tod’s, quello dei beni di lusso, il concetto di “innovazione” assume una particolare connotazione. Innovazione è sinonimo di creatività, combinata con tradizione, alta qualità e modernità. Sono questi gli elementi che, in un’ottica di lungo periodo, guidano Tod’s nella creazione dei propri prodotti.
Come si immagina che cambierà il settore nel medio-lungo periodo?
Nel medio- lungo periodo, pur tra alti e bassi di natura congiunturale, non ci si aspettano grossi mutamenti strutturali nel settore del lusso. Con specifico riferimento alle imprese ed ai marchi italiani, non possono che essere buone le prospettive per chi continuerà ad interpretare bene i concetti del Made in Italy, quelle che sono le eccellenze italiane della qualità, dell’artigianato e dello stile di vita che al mondo piace.
Negli ultimi anni molte aziende italiane sono state acquistate da gruppi stranieri. Perché, secondo Lei si è affermata questa tendenza?
L’interessamento degli investitori per le aziende italiane, che spesso mantengono sedi e produzione in Italia, dimostra come il Made in Italy, il know how accumulato da generazioni di imprenditori, artigiani, lavoratori, siano valori che al di fuori dei nostri confini sono riconosciuti come assoluti. Ovviamente, poi, se ci si riferisce a modelli di aziende a conduzione
familiare, ogni azienda deve considerare, anche previsionalmente, la propria attitudine a gestire la continuità imprenditoriale, in termini di capacità e anche di volontà di mantenere l’impegno proprio, e quello familiare, in azienda.
Quali sono le prospettive di Tod's per il futuro?
In un contesto attuale caratterizzato da una persistente volatilità, soprattutto su alcuni mercati importanti per i beni di lusso, come quello cinese, Tod’s sta proseguendo con la consueta ottica industriale di medio lungo periodo, continuando ad investire in risorse umane ed in capacità produttiva, nonché in una espansione della rete distributiva diretta, ovviamente ancora più attenta e ponderata, come impone la situazione attuale di tensione dei mercati.
Ogni marchio procede nello sviluppo internazionale, con prodotti di alta qualità, riconoscibili e coerenti con il proprio DNA.
Ci aspettiamo per gli anni a venire ampi margini di miglioramento, in considerazione del fatto che il Gruppo ha potenzialità di crescita a livello di marchi, di aree geografiche e merceologie.