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Introduzione alla categoria della irripetibilità nel sistema

L'irripetibilità ha la funzione di evitare che la separazione funzionale tra le fasi ed il conferimento della natura di prova unicamente agli atti di formazione dibattimentale compromettano le finalità cognitive del processo. Essa è infatti il principale criterio sul quale si fonda l'ingresso in giudizio di elementi ad esso precostituiti.

76 Le espressioni sono di C. CESARI, L'irripetibilità sopravvenuta degli atti di

Detto diversamente, il concetto di irripetibilità si riferisce all'esistenza nel nostro ordinamento di atti, qualificati dal codice di procedura penale come non ripetibili, per i quali il principio del contraddittorio nella formazione della prova non può trovare applicazione, poiché, in considerazione della loro natura, non è possibile limitare la portata della loro efficacia alla fase ed agli scopi delle indagini preliminari, pena la dispersione definitiva della prova.

Si ritiene che la necessità di salvaguardare il contraddittorio tra le parti e l'oralità del dibattimento, da un lato, e l'esigenza di evitare un insostenibile sacrificio per l'accertamento della verità processuale, dall'altro, siano state le principali ragioni che hanno indotto il Legislatore, nell'introdurre il concetto di irripetibilità77, a non

individuarne una nozione rigida ed un ambito applicativo ben delineato78, in tal modo riservando al giudice «la valutazione circa

l'effettiva non ripetibilità degli atti in concreto»79.

Difatti, il codice di procedura penale non contiene né una espressa definizione di irripetibilità né un apposito elenco di atti irripetibili; a ciò aggiungasi la mancata indicazione di criteri necessari per qualificare come tali alcuni atti del procedimento80.

77 Nel codice di procedura penale del 1930 la figura dell'atto irripetibile non compariva come categoria generale: le esigenze che poi ne hanno ispirato la creazione normativa nel vigente codice risultavano comunque tutelate attraverso singole norme che prevedevano la lettura di atti definiti come originariamente o accidentalmente irripetibili. Sul punto v. M. NOBILI, Art. 511 - Letture

consentite, in AA. VV., Commento al nuovo codice di procedura penale,

coordinato da M. Chiavario, Vol. V, Utet, Torino, 1991, p. 425; sottolinea gli elementi di continuità anche G. ICHINO, Gli atti irripetibili e la loro

utilizzazione dibattimentale, in AA. VV., La conoscenza del fatto nel processo penale, a cura di G. Ubertis, Giuffrè, Milano, 1992, p. 111.

78 A parere di M. ROSSI, La nozione giuridica dell'irripetibilità, in Arch. nuova

proc. pen., 1993, p. 5, con tale scelta il Legislatore ha gravemente violato il

principio di tassatività, che imporrebbe la determinatezza delle fattispecie penali. 79 Si veda Relazione al progetto preliminare, in CONSO, GREVI, NEPPI

MODONA, Il nuovo codice di procedura penale dalle leggi delega ai decreti

delegati, Cedam, 1989, p. 852.

80 Per una critica in tal senso, v. P. FERRUA, La formazione delle prove nel nuovo

dibattimento: limiti all'oralità e al contraddittorio, in Pol. dir., 1989, p. 243 s. V.

anche M. ROSSI, La nozione giuridica dell'irripetibilità, cit., 1993, p. 5; F.M. IACOVIELLO, Contro l'attuale teoria degli atti irripetibili, in Cass. pen., 1996,

A fronte di ciò, la dottrina ha offerto le soluzioni più disparate, legate a diverse opzioni di filosofia del processo. L'unico dato sistematico pressoché certo che la stessa ha ricavato sulla base della scarna previsione normativa, ed in particolare sulla base dell'analisi comparativa degli artt. 431 e 512 c.p.p., consiste in una classificazione di massima che distingue gli atti a seconda del momento in cui l'irripetibilità si manifesta81.

Si fa riferimento alla distinzione tra irripetibilità originaria ed irripetibilità sopravvenuta82. La prima rinviene il suo fondamento nei

connotati intrinseci degli atti ed è legata alla scelta del materiale destinato al fascicolo per il dibattimento ai sensi dell'art. 431 c.p.p. La seconda è caratterizzata dal sopravvenire di accadimenti che compromettono la possibilità di rinnovazione dibattimentale di un atto e consente così il recupero delle risultanze di indagine, generalmente escluse dalla base decisoria, mediante il meccanismo della lettura ai sensi dell'art. 512 c.p.p. E' possibile notare come tra le due disposizioni normative citate sussista, pertanto, un rapporto di stretta complementarità e reciproca esclusione: la prima postula l'inserimento

ab initio nel fascicolo dibattimentale di atti definiti irripetibili in

astratto; la seconda comporta il recupero a posteriori di atti rimasti esclusi dal suddetto fascicolo in quanto in astratto originariamente suscettibili di ripetizione.

p. 3001; C. CESARI, L'irripetibilità sopravvenuta degli atti di indagine, cit., X- XII. L'ultima Autrice citata nota come l'irripetibilità sia una scelta di metodo, legata ad una precisa volontà di selezione e conservazione delle conoscenze processuali. Essa deve essere dunque interpretata in modo da renderla strumento funzionale a tale scopo: se ci si sforza di ricostruirla sul piano filosofico, come categoria ontologica, rischia di non essere utile per eccesso di astrattezza; se ci si adegua alle esasperazioni della casistica, il pericolo è quello di consentire al giudice un'arbitrarietà di fatto che, in assenza di criteri unificanti, non offrirebbe alcuna garanzia sul metodo di formazione della base decisoria, con un serio problema di compatibilità con il principio di certezza del diritto.

81 M. NIGRO, Atti irripetibili e limiti ai poteri probatori del giudice, in Dir. pen.

proc., n. 9, 2007, p. 1169.

82 Il binomio viene talora descritto altrimenti: si parla di irripetibilità ex ante ed ex

Entrambe le disposizioni costituiscono elementi di indebolimento del sistema di separazione funzionale tra le fasi, che fa da baluardo ai principi di oralità e contraddittorio, sui quali si fonda il vigente processo penale. Ciò significa che le due species di irripetibilità sono riconducibili ad un unico genus, rinvenendo entrambe il loro fondamento nella non rinnovabilità. L'effetto finale è infatti il medesimo: l'utilizzabilità, ai fini decisori, di elementi nati per sciogliere l'alternativa tra azione ed inazione.

Dal canto suo, la giurisprudenza ha prodotto un'ampia casistica, priva di ogni sistematicità. Essa, in particolare, ha contribuito a delineare il concetto di irripetibilità in base a due direttrici interpretative.

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, nel novero degli atti irripetibili rientrerebbero «quelli mediante i quali la p.g. prende diretta cognizione (…) di fatti, situazioni o comportamenti umani dotati di una qualsivoglia rilevanza penale e suscettibili, per loro stessa natura, di subire modificazioni o, addirittura, di scomparire in tempi più o meno brevi», ossia quegli atti che contengono una constatazione la quale, una volta avvenuta, «non potrà mai più essere ripetuta (…), ma potrà soltanto essere descritta e riferita»83.

Dunque l'irripetibilità, seguendo questa prima impostazione, non concerne le peculiarità dell'atto procedimentale, bensì le caratteristiche del contesto fattuale che fa da sfondo all'atto stesso: l'impossibilità di ripetizione di un atto deriva, cioè, dalla inevitabile instabilità della situazione in cui esso si colloca o dalla naturale variabilità dell'oggetto su cui esso incide.

Questo primo contributo giurisprudenziale è stato oggetto di critiche da parte della dottrina. Si è infatti posto in rilievo come esso comporterebbe il venir meno di una qualsiasi utilità pratica della

nozione stessa di atto irripetibile: qualunque atto di indagine risulterebbe di per sé irripetibile, stante la volatilità ed irriproducibilità di qualsivoglia contesto. Tra gli atti originariamente irripetibili dovrebbero dunque annoverarsi non solo i mezzi di ricerca della prova, bensì anche querele, denunce, individuazioni, riconoscimenti di oggetti posti sotto sequestro, verbali di arresto o di fermo, verbali di appostamento e pedinamento: si tratta, infatti, di atti che si concludono nel momento stesso in cui vengono posti in essere, essendone ripetibile successivamente la sola documentazione. Risulterebbero irripetibili persino gli atti dichiarativi, generalmente ricondotti alla schiera degli atti suscettibili di rinnovazione, data la fisiologica irriproducibilità dibattimentale della situazione psicologica di colui che rende una deposizione al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su fatti cronologicamente prossimi al loro verificarsi. La tesi in esame incontra pertanto il suo punto di maggiore cedevolezza nell'eccessiva ampiezza della nozione di atto irripetibile.

Un secondo orientamento giurisprudenziale, invece, ritiene che l'irripetibilità coincida con la «impossibilità materiale e ontologica di rinnovare nel giudizio il medesimo atto compiuto nella fase delle indagini preliminari, come si verifica, ad esempio, con riguardo ad atti quali le perquisizioni, i sequestri, le intercettazioni di comunicazioni, le rilevazioni urgenti in luoghi ovvero su cose o persone»84.

Un importante contributo in materia è pervenuto più di recente dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite85.

Preso atto della carenza definitoria, le Sezioni Unite hanno tentato di fornire una chiave di lettura del concetto di irripetibilità idonea a porre fine alla proliferazione di interpretazioni contrastanti. La Corte rileva come «ciò che giustifica l'attribuzione della qualità di non ripetibilità ad un atto della polizia giudiziaria, del pubblico ministero o

84 Cass., Sez. I, 23 ottobre 2002, Marucci, in Cass. pen., 2003, p. 3508.

del difensore è la caratteristica di non essere riproducibile in dibattimento». Sin qui si tratta di una tautologia: è irripetibile ciò che non è ripetibile in dibattimento. Ciò, tuttavia, non è sufficiente. La Corte prosegue, affermando che, poiché qualificare un atto come irripetibile significa sacrificare il principio costituzionale del contraddittorio nella formazione della prova in favore dell'interesse alla ricerca della verità processuale, sorge l'esigenza di effettuare un bilanciamento tra i due valori: in tale bilanciamento «è necessario che l'atto abbia quelle caratteristiche di genuinità e affidabilità che possono derivare soltanto da quell'attività di immediata percezione cristallizzata in un verbale che inevitabilmente andrebbe dispersa ove si attendesse il dibattimento»86.

86 Nella citata sentenza le Sezioni Unite rilevano come, non avendo il Legislatore provveduto ad individuare gli atti non ripetibili né ad indicare i criteri necessari per qualificare come tale un atto del procedimento, spetti all'interprete rinvenire tali criteri, mettendolo in guardia da due errori in cui è possibile incorrere. Il primo errore è quello di fare riferimento al contesto in cui l'atto è stato compiuto: in tal caso, infatti, non esisterebbe atto ripetibile in dibattimento, non essendo mai possibile riprodurre il contesto in cui questo è stato formato (anche le sommarie informazioni rese dal possibile testimone sarebbero sempre irripetibili, mentre in realtà, se un punto fermo pare essere stato individuato sia in dottrina che in giurisprudenza, esso consiste proprio nell'incompatibilità concettuale tra atti dichiarativi ed irripetibilità originaria). Il secondo errore consiste nel fare esclusivamente riferimento alla possibilità di descrizione delle attività compiute: in questo caso, sarebbe ben difficile ritenere non ripetibili quegli atti che, fino ad oggi, dottrina e giurisprudenza hanno concordemente ritenuto tali (perquisizioni, sequestri, arresto, fermo, ecc.). La Corte esclude che le dichiarazioni possano essere considerate originariamente irripetibili: esse costituiscono il tipico esempio di atto ripetibile con modalità narrative. Afferma, di seguito, l'irripetibilità originaria dei mezzi di ricerca della prova e dell'arresto: ciò che rende irripetibili tali atti è l'esistenza di un risultato ulteriore ed estrinseco rispetto alla mera attività investigativa, che può essere descritto ma non riprodotto. Ciò appare evidente nel caso delle intercettazioni telefoniche: l'ufficiale che le ha eseguite potrebbe, astrattamente, riferirne il contenuto, ma non potrebbe riprodurne i dialoghi captati, con conseguente perdita della genuinità delle espressioni utilizzate dai conversanti. Le stesse considerazioni valgono per l'apprensione materiale in cui si concretizza il sequestro, la ricerca materiale del corpo di reato che si svolge nel corso della perquisizione, la concreta privazione della libertà personale nei casi di arresto o fermo: tutte attività ulteriori, cristallizzate in un verbale, che gli operanti possono descrivere in dibattimento, ma col rischio della perdita della genuinità e immediatezza che caratterizza la redazione del verbale che riproduce tali attività. Diversa, afferma la Corte, è la nozione di non ripetibilità riguardante la descrizione di luoghi, cose o persone soggetti a modificazione per il decorso del tempo: essa non deriva dalla perdita di genuinità

A questo punto dell'analisi possiamo tirare le somme sulla nozione di irripetibilità.

In primo luogo, dal dettato normativo è dato ricavare che possono rientrare nella nozione di atti irripetibili soltanto gli atti procedimentali di natura probatoria: l'irripetibilità è cioè connotato che riguarda unicamente il prodotto di attività compiute nel contesto procedimentale e volte al reperimento o alla formazione di elementi di prova.

In secondo luogo, non può ritenersi irripetibile il complesso delle attività svolte in un dato contesto, trascurando di analizzare i singoli atti in cui esse si sono tradotte. L'irripetibilità non si espande “per contagio”: essa è una caratteristica dell'atto e non concerne tutti gli atti o le operazioni contestuali, collegati o connessi, malgrado siano riportati in un unico verbale87.

Da ultimo, la nozione di irripetibilità deve essere intesa nella sua accezione più semplice: l'irripetibilità consiste nella impossibilità assoluta ed attuale di reiterare l'atto una seconda volta. L'atto, cioè, non è suscettibile di un secondo espletamento che, dalla medesima fonte e con le stesse modalità, conduca ad un analogo risultato conoscitivo. E l'impossibilità di ripetizione deve essere insita nell'atto nel momento stesso in cui questo viene posto in essere88. Di qui, la differenza

rispetto all'irripetibilità sopravvenuta, relativamente alla quale si prendono in considerazione gli accidenti verificatisi dal compimento

nella descrizione delle situazioni osservate, ma dalla perdita di informazioni dovuta al possibile mutamento dell'oggetto di osservazione. Tale ricostruzione trova conferma negli accertamenti tecnici irripetibili del pubblico ministero (art. 360), negli accertamenti urgenti della polizia giudiziaria (art. 354, commi 2 e 3), negli atti non ripetibili compiuti dal difensore durante gli accessi ai luoghi e negli accertamenti tecnici non ripetibili (art. 391 decies, commi 2 e 3).

87 In questi termini C. CESARI, L'irripetibilità sopravvenuta degli atti di indagine,

cit., p. 66.

88 E' opportuno precisare che l'impossibilità di un nuovo compimento dell'atto deve prescindere dalla maggiore o minore attendibilità dei risultati, questione che riguarda piuttosto l'ambito della valutazione della prova. In caso contrario, se cioè si ritiene che l'atto probatorio irripetibile è quello che fornisce conoscenze inattendibili in caso di reiterazione, si giungerebbe ad affermare presuntivamente la credibilità delle relative risultanze.

dell'atto fino al momento in cui la rinnovazione avrebbe dovuto collocarsi.

A questo proposito, sono stati individuati due fattori quali tratti salienti del concetto di irripetibilità. Il primo è l'elemento “naturalistico”: “non ripetibilità” significa “impossibile rinnovazione”, ossia inidoneità di un atto ad essere rinnovato a seguito di vicende che, in via fisiologica o eccezionale, hanno inciso sui dati materiali che l'atto deve prendere a riferimento. Il secondo è l'elemento “processuale” o “tecnico-giuridico”: la categoria degli atti irripetibili è stata coniata al fine di evitare che le peculiari caratteristiche di determinati atti o le evenienze eccezionali che li colpissero potessero pregiudicare le esigenze dell'accertamento giudiziale, a causa della impossibilità di conversione di un atto di indagine nel mezzo di prova corrispondente suscettibile di fornire un equivalente apporto conoscitivo, ponendo di fronte all'opzione tra l'utilizzo dello stesso atto predibattimentale per la decisione o la rinuncia alle conoscenze che esso potrebbe offrire89.

Applicando il parametro dell'irripetibilità così delineato, è possibile osservare che la disciplina codicistica offre alcuni indizi consistenti su quali atti debbano essere ritenuti ab origine irripetibili, e dunque da inserire nel fascicolo per il dibattimento, e quali, invece, sono da considerarsi ripetibili.

Vi sono atti la cui concreta attuazione ne comporta la fisiologica impossibilità di rinnovazione e dei quali, pertanto, si afferma l'irripetibilità in astratto. Sono ritenute, ad esempio, originariamente

89 Non è necessario che il risultato probatorio sia identico a quello ottenuto in fase di indagine: l'atto, cioè, non è irripetibile se non produce un risultato uguale al precedente. E' sufficiente la possibilità di ottenere, per il tramite di un'operazione dibattimentale corrispondente a quella compiuta nella fase antecedente, un apporto conoscitivo della medesima natura, operando sulla stessa fonte. Pensiamo, a titolo esemplificativo, alla deposizione di un testimone o all'analisi su un dato campione: non è rilevante che il teste dica esattamente le stesse cose e che l'analisi abbia gli stessi risultati, poiché ciò riguarda non le caratteristiche del mezzo, bensì il concreto atteggiarsi della prova e la sua valutazione.

irripetibili le perquisizioni volte al reperimento di cose o tracce pertinenti al reato, sia condotte dal pubblico ministero sia affidate alla polizia giudiziaria o da questa compiute di propria iniziativa: in questo caso, l'irripetibilità deriva dalla modificazione dell'oggetto della perquisizione, per cui un luogo perquisito non è più quello iniziale90.

Viceversa, vi sono atti di per sé rinnovabili, in quanto consistono in operazioni che possono compiersi più volte senza trasformare la fonte, la quale potrà dunque essere oggetto di ulteriore escussione in giudizio. E' il caso, ad esempio, delle prove dichiarative: l'assunzione di dichiarazioni in fase di indagini preliminari dalla persona informata non impedisce il successivo esame dibattimentale di quest'ultima91.

La disciplina codicistica lascia tuttavia irrisolta la questione circa la ripetibilità o irripetibilità di alcune tipologie di atti di indagine, in ordine alle quali sorgono pertanto alcune difficoltà di inquadramento. In linea generale, si può affermare che, laddove il dato normativo risulti equivoco, la soluzione consiste nell'analizzare le caratteristiche della singola fattispecie di atto di indagine: dall'esame delle concrete modalità operative di quest'ultima è possibile ricavare la qualità di atto ripetibile o meno.

90 Del pari irripetibili sono i sequestri, l'apertura di plichi sigillati, le intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni (queste, peraltro, non solo vengono captate, ma subiscono anche un procedimento di trasformazione nel momento in cui vengono registrate, passando dalla immaterialità alla concretezza della documentazione), le attività di appostamento e di pedinamento svolte dalla polizia giudiziaria (sono attività che, una volta compiute, si esauriscono e, se reiterate, sono altre; peraltro, tali operazioni consistono in un accertamento occulto su comportamenti umani: una fonte, come tale, non suscettibile di conservazione per un ulteriore espletamento).

91 Normalmente ripetibili sono le attività ispettive, quali ispezioni ed accertamenti: queste consistono infatti in attività di mera osservanza e descrizione dello stato di luoghi, cose o persone, senza che su di essi vengano compiuti interventi modificativi. In tal caso, potrà parlarsi di irripetibilità sopravvenuta, con la conseguente necessaria lettura del verbale dell'ispezione svolta in corso di indagine, laddove nel periodo intercorrente tra le indagini e il giudizio intervengano modificazioni che comportino una sensibile alterazione dell'oggetto (distruggendolo o eliminandone le caratteristiche essenziali ai fini dell'accertamento giudiziale). L'irripetibilità originaria potrà invece predicarsi, volta per volta, solo nel caso di distruzione dell'oggetto dell'accertamento in conseguenza dell'attività di indagine.

2.3. Lettura di atti per sopravvenuta impossibilità di