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Morte, infermità, irreperibilità del dichiarante:

2.3. Lettura di atti per sopravvenuta impossibilità d

2.3.3. Morte, infermità, irreperibilità del dichiarante:

Si è visto come l'irripetibilità debba avere carattere assoluto. La natura assoluta dell'irripetibilità implica che non si possa fare ricorso ad alcun mezzo processuale per procurare il contraddittorio sulla fonte di prova, sicché il recupero tramite lettura degli elementi da essa ricavati appare in concreto come l'unica via praticabile per non rinunciare ad acquisirli. Ciò comporta la preliminare ed infruttuosa verifica del giudicante sull'esperibilità di soluzioni processuali alternative, finalizzate comunque a garantire il previo contraddittorio nell'acquisizione della prova126.

Ne deriva che l'irripetibilità non può risolversi in una mera difficoltà di assunzione della prova in dibattimento, come la

124V. Cass., Sez. II, 18 ottobre 2007, n. 43331, Poltronieri, in Dir. pen. proc., n. 7, 2008, p. 878 s.

125A. FOTI, In quali casi è ammissibile la lettura delle dichiarazioni rese durante le

indagini da persone informate sui fatti?, in Dir. giust., fasc. 1, 2014, p. 9 s.

126G. CONSO, G. ILLUMINATI, Commentario breve al codice di procedura

temporanea assenza dal territorio dello Stato, la mancata presentazione del testimone, un'infermità che impedisca l'abbandono del domicilio: in simili casi, infatti, l'escussione del teste non è inattuabile, data la possibilità di ricorrere a strumenti processuali alternativi, quali la sospensione del dibattimento, le nuove ricerche, l'esame a domicilio, la rogatoria internazionale o l'accompagnamento coattivo127.

Con specifico riferimento alle prove dichiarative, l'irripetibilità di un atto di indagine deriva da accadimenti che colpiscono la fonte di prova, decretandone il decesso o la scomparsa o compromettendone la capacità fisica o psichica a deporre. A tale proposito, rileva l'art. 195, comma 3, c.p.p. che prevede la morte, l'infermità e l'irreperibilità del teste quali cause dell'impossibilità di ottenerne la deposizione. Dalla lettura di tale norma in combinato disposto con l'art. 512 c.p.p. si ricava che i casi di sopravvenuta irripetibilità che comportano la lettura di dichiarazioni predibattimentali sono il decesso, l'infermità e l'irreperibilità della fonte di prova dichiarativa.

L'ipotesi del decesso della fonte di prova, da intendersi anzitutto come morte biologica, non comporta particolari difficoltà interpretative: la sua semplice constatazione integra il presupposto della lettura128. Da notare che la morte del dichiarante è ritenuta idonea

a consentire la lettura delle dichiarazioni, ma solo qualora non sia stata

127P. FERRUA, Il “giusto processo”, cit., p. 180. V. anche Cass., 14 ottobre 1999, Di Noia, in Cass. pen., 2001, p. 1516 («Perché possa darsi lettura in dibattimento di verbali contenenti sommarie informazioni testimoniali sono necessarie due condizioni, consistenti nella sopravvenienza di una situazione imprevedibile nel momento in cui l'atto è stato assunto e nella non reiterabilità dell'atto in dipendenza di una situazione non ordinariamente superabile; avuto riguardo al chiaro tenore letterale della norma e al suo carattere eccezionale rispetto al principio dell'oralità del processo, ad integrare tale seconda condizione non è sufficiente la mera difficoltà di ripetizione dell'atto, in quanto ciò comporterebbe una estensione della deroga oltre i limiti compatibili con le linee fondamentali del processo accusatorio»).

128Rientra nel potenziale ambito di applicazione della norma anche il decesso dovuto a suicidio: quest'ultimo non può essere valutato alla stregua della volontaria sottrazione all'esame di cui all'art. 526, comma 1 bis, c.p.p. (v. Cass., Sez. I, 22 novembre 2002, n. 2596, in C.E.D. Cass., n. 223252).

prognosticamente prevedibile sulla base dei suddetti criteri129.

Maggiori incertezze suscitano i casi di morte presunta (artt. 58 ss. c.c.) e di assenza (artt. 48 ss. c.c.). La dichiarazione di morta presunta è assimilabile dal punto di vista giuridico al caso del decesso naturale. La dichiarazione di assenza, che presuppone che una persona non sia più comparsa nel luogo dell'ultimo domicilio o dell'ultima residenza e non se ne abbiano più notizie da almeno due anni, è invece equiparabile all'ipotesi dell'irreperibilità130.

Rilevante è la casistica della sopravvenuta infermità del testimone. Non è sufficiente che la patologia psicofisica dia luogo ad una mera difficoltà di acquisizione dell'atto in dibattimento, ma essa deve tradursi in un effettivo impedimento all'assunzione dibattimentale della prova. Ne deriva una maggiore discrezionalità in capo al giudicante (fatto salvo il caso della morte cerebrale, facilmente equiparabile alla morte biologica), fermo restando ovviamente l'obbligo di una adeguata motivazione sul punto.

Quanto ai casi di infermità fisica, la patologia che comporti la mera inamovibilità del teste non è sufficiente a decretare l'impossibilità dell'esame dibattimentale: conferma questa impostazione l'art. 502 c.p.p., che consente l'espletamento dell'esame a domicilio o comunque

129In tal senso A. MARI, Acquisizione mediante lettura e regole sovranazionali di

valutazione delle dichiarazioni ormai irripetibili, in Proc. pen. e giust., n. 4,

2015, p. 154. L'Autore citato afferma che particolare attenzione deve essere prestata al dichiarante qualora questi, al momento dell'assunzione dell'atto, sia affetto da postumi di lesioni personali. In dottrina si è affermato che la morte del testimone costituisce fattore rilevante di sopravvenuta irripetibilità della prova solo se “inaspettatamente” prematura: l'avverbio è «idoneo a sottolineare quanto l'imprevedibilità dell'evento debba cogliere impreparati» (S. BUZZELLI, Le

letture dibattimentali, cit., p. 95).

130Nelle due ipotesi delineate, ai fini dell'operatività dell'art. 512 c.p.p., è necessaria la produzione dibattimentale ex art. 238 bis c.p.p. della sentenza del giudice civile che dichiara la morte presunta o l'assenza. Laddove al contrario, in sede civile, non sia ancora intervenuto alcun provvedimento, non è sufficiente la mera pendenza di un procedimento volto alla dichiarazione di morte presunta o di assenza: l'art. 238, comma 2, c.p.p. prevede il trasferimento della prova civile nel giudizio penale solo quando il procedimento a quo sia stato definito con sentenza passata in giudicato.

al di fuori del contesto dell'aula di udienza.

Per quanto concerne l'infermità mentale quale evento pregiudicante l'assunzione dibattimentale delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari, connesso a tale tematica è l'art. 196 c.p.p., che tratta della capacità di testimoniare. Il comma 2 della menzionata disposizione stabilisce la possibilità per il giudice, anche d'ufficio, di ordinare opportuni accertamenti qualora, al fine di valutare le dichiarazioni del testimone, sia necessario verificarne l'idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza. Accertamenti i cui risultati, ai sensi del comma 3 della norma in esame, non hanno però efficacia preclusiva dell'assunzione della testimonianza. Dall'art. 196 si può pertanto desumere che l'eventuale accertata inidoneità fisica o mentale del teste a deporre incide sulla credibilità della deposizione, ma non impedisce l'assunzione della testimonianza, dato che l'incapacità naturale non pregiudica la capacità giuridica di assumere l'ufficio testimoniale. Ciò non significa, tuttavia, che la norma si spinga fino al paradosso di imporre l'esame dibattimentale di chi non sia in grado di esservi sottoposto: solo una malattia che impedisca il materiale svolgersi dell'esame, precludendo totalmente la possibilità di porre domande e ricevere risposte, dà luogo all'irripetibilità131, con

conseguente operatività dell'art. 512 c.p.p.132.

Da notare l'impossibilità di una coesistenza tra gli artt. 196 e 512 c.p.p. L'art. 196 c.p.p. consente di riscontrare l'esistenza di un'infermità

131T. CAVALLARO, L'applicabilità dell'art. 512 c.p.p. al caso in cui la salute

psicologica del teste minorenne sia a rischio, cit., p. 1067.

132Alla base di tale ragionamento vi è la distinzione tra idoneità a testimoniare e possibilità di rendere testimonianza: si tratta di due concetti profondamente diversi. L'idoneità a testimoniare fa riferimento alla capacità di percepire, ricordare e riferire i fatti. La possibilità di sottoporre il teste all'esame è connessa ad un'infermità tale da determinare condizioni o comportamenti incompatibili con lo svolgimento stesso dell'esame: si pensi, ad esempio, all'incapacità di stare fisicamente in udienza, di ascoltare le domande o di comprenderne il significato, all'inconsapevolezza di sé o delle circostanze esterne, all'impossibilità di elaborare un qualsiasi tipo di risposta o di comunicare con il mondo esterno in qualunque modo (vengono in rilievo casi di atonia, forme di autismo, crisi di incontrollata violenza, ipotesi di gravi paralisi, coma, amnesia).

tale da ostacolare l'assunzione della testimonianza dibattimentale, facendo attivare così il meccanismo della lettura di cui all'art. 512 c.p.p.; tuttavia, laddove gli accertamenti sulla capacità condotti dal giudice consentano l'esame testimoniale, questo preclude l'operatività dell'art. 512 c.p.p.

Il problema è particolarmente delicato nell'ipotesi di patologia che alteri la capacità di ricordare. Vengono qui in rilievo fenomeni di deterioramento mnestico che impediscono il rinnovo dibattimentale della dichiarazione resa dal teste in fase di indagini preliminari. In linea generale, la labilità della memoria umana è un fatto naturale, di per sé prevedibile: si tratta dunque di fattori che non consentono il recupero delle dichiarazioni precedentemente rese, fatti salvi i casi in cui diano luogo ad evenienze che inibiscano in maniera assoluta la riassunzione della prova.

Così, la Corte costituzionale ha ricondotto all'art. 512 c.p.p., e dunque al novero delle cause di irripetibilità sopravvenuta, l'evenienza della sopravvenuta alterazione patologica che aveva determinato nel teste «un'assoluta amnesia sui fatti del giudizio», di guisa che la ripetizione dell'esame risultava inutile: un'infermità, ovviamente, «da verificarsi sulla base di accertamenti che spetta al giudice del dibattimento valutare»133.

Questa linea interpretativa è stata avallata, più di recente, anche dalla Corte di cassazione, che, nella sentenza 26 novembre 2010 n. 3315, ha avuto modo di affermare la possibilità di acquisire al dibattimento mediante lettura, ricorrendo un'ipotesi di sopravvenuta impossibilità di ripetizione dell'atto ai sensi dell'art. 512 c.p.p., le dichiarazioni accusatorie rese nel corso delle indagini preliminari dal teste, persona offesa, «stante l'impossibilità di confermarle in dibattimento a seguito della perdita della memoria in ragione di un

forte trauma subito dopo essere stato vittima della rapina in questione»134. Considerata la documentata perdita di memoria, la

Suprema Corte constata come nel caso di specie sia stata fatta applicazione del principio in base al quale il concetto di impossibilità di ripetizione, che l'art. 512 c.p.p. eleva a presupposto della lettura di dichiarazioni in precedenza rese, non è circoscritto solo alla non praticabilità materiale di reiterazione della dichiarazione medesima, che si verifica ad esempio in caso di morte o di irreperibilità accertata, ma si estende anche alle ipotesi in cui una dichiarazione non può essere utilmente assunta per le peculiari condizioni del dichiarante che lo rendono non più escutibile.

Discutibile, invece, l'orientamento della Corte di cassazione in virtù del quale «rientra, tra le circostanze che legittimano, ai sensi dell'art. 512 c.p.p., la lettura delle dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari, il blocco psicologico-emotivo del teste che, del tutto imprevedibilmente al momento delle indagini, inibisca allo stesso di deporre al dibattimento»135. Non sembra potersi affermare che un

semplice “blocco psicologico-emotivo” del teste possa rappresentare una causa patologica di inabilità a deporre tale da giustificare il recupero delle dichiarazioni precedentemente rese: il caso sembra riconducibile, più che ad un'impossibilità di natura oggettiva rilevante agli effetti dell'art. 512 c.p.p., ad una mera incapacità di ricordare i fatti, da fronteggiare in primis con la lettura delle precedenti dichiarazioni in aiuto alla memoria, ferma restando la loro inutilizzabilità in chiave probatoria136.

Da ultimo, occorre considerare che vi sono una serie di situazioni nelle quali l'esame in contraddittorio non è impossibile, bensì tale da comportare un rischio per la salute psichica o fisica del testimone: si

134Cass., 26 novembre 2010, n. 3315, in www.penalecontemporaneo.it. 135Cass., 10 ottobre 2007, Pallotta, in Cass. pen., 2009, p. 1626.

136P. FERRUA, La prova nel processo penale, Vol. I, Struttura e procedimento, Giappichelli, Torino, 2015, p. 148.

pensi a minori, soggetti dalla personalità fragile, vittime di gravi reati che siano già state esposte a forti sofferenze anche nella rievocazione dei fatti. La soluzione ideale, in simili eventualità, sarebbe l'espletamento dell'incidente probatorio. Laddove ciò non avvenga, si pone la necessità di scegliere tra l'escussione orale del teste ed il recupero delle precedenti dichiarazioni. Mancando nel codice una precisa indicazione su come risolvere il conflitto tra il diritto all'integrità del testimone e il diritto dell'imputato al confronto con chi sostiene accuse a suo carico, la giurisprudenza è nel primo senso: il risultato è un'estensione del concetto di impossibilità oggettiva, che fa leva su una valutazione di opportunità fondata sulle ipotetiche conseguenze negative dell'esame orale. Così, a titolo esemplificativo, si è ritenuta oggettivamente impossibile l'escussione del minore, affetto da forte stress, di origine non organica, ma destinato prevedibilmente ad aggravarsi con danni irreparabili in caso di esame dibattimentale137.

Nel quadro fino ad ora delineato, un caso interessante è rappresentato dal contributo conoscitivo dell'anziano. La peculiare situazione della persona di età avanzata, maggiormente esposta al rischio di una sopravvenuta infermità ovvero di un decesso legato al naturale decorso del tempo, può comportare nei fatti, tenuto conto delle tempistiche di sviluppo del processo, il rischio della dispersione del contributo alla ricostruzione dei fatti da questa fornito e, per conseguenza, il rischio della vanificazione della funzione cognitiva del processo. Di qui, l'esigenza di valutare l'opportunità dell'utilizzo di meccanismi di salvaguardia del sapere dell'anziano. Ai fini dell'operatività dell'art. 512 c.p.p. occorre preliminarmente considerare che, nel giudizio di prognosi postuma affidato al giudice, l'età

137Cass., 25 settembre 2000, Galliera, in Cass. pen., 2002, p. 615, con note di S. ARDITA, La prevedibilità ex art. 512 c.p.p. dei fatti impeditivi della ripetizione

della testimonianza in dibattimento. Il caso del minore affetto da grave forma di stress, e di T. CAVALLARO, L'applicabilità dell'art. 512 c.p.p. al caso in cui la salute psicologica del teste minorenne sia a rischio, ibidem, p. 1060 s.

anagrafica avanzata del dichiarante non rende automaticamente prevedibile l'impossibilità sopravvenuta di assumere le dichiarazioni in contraddittorio, ma è di per sé elemento neutro, laddove non sia affiancato da ulteriori elementi che consentano di presagire una futura infermità preclusiva o addirittura la morte del soggetto in questione. In linea generale, il recupero tramite lettura delle dichiarazioni rese nelle fasi antecedenti al giudizio risulta ammissibile nei casi di sopravvenute ed imprevedibili patologie invalidanti, di natura non esclusivamente motoria, che abbiano colpito la persona di età avanzata, impedendo l'esame dibattimentale: si pensi ad una amnesia totale o al decesso, accadimenti peraltro di non rara verificazione, tenuto conto del dato anagrafico. Per contro, la mera incapacità dedotta dal teste, anche adducendo l'età avanzata, di ricordare il contenuto delle dichiarazioni precedentemente rese non legittima l'operatività del meccanismo acquisitivo mediante lettura, in quanto non qualificabile come oggettiva impossibilità di ripetizione dell'atto138.

138In tal senso G. MAGLIOCCA, Il contributo conoscitivo dell'anziano, tra

principio del contraddittorio ed esigenze di non dispersione della prova, in Giur. merito, fasc. 12, 2011, p. 3053B s. L'Autore nota come, nel caso di acquisizione

tramite lettura del contributo conoscitivo dell'anziano, sorga in capo al giudice l'onere di valutare tali risultanze secondo criteri rigorosi, codificati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. La Corte europea statuisce la regola aurea secondo cui la sentenza di condanna debba fondarsi su risultanze probatorie assunte alla presenza dell'imputato e in pubblica udienza: regola, questa, che risulta suscettibile di essere derogata, mediante il recupero delle dichiarazioni assunte unilateralmente nel corso delle indagini, nel caso in cui risulti impossibile l'esame dibattimentale del teste, a condizione che all'imputato sia stata concessa almeno una volta nel corso del procedimento un'occasione adeguata di confrontarsi con il teste a carico, a prescindere poi dal fatto che ne abbia effettivamente usufruito; peraltro, laddove ciò non avvenga, la procedura risulterebbe comunque equa laddove la sentenza di condanna non si fondasse in maniera esclusiva o determinante sulle dichiarazioni rese dal soggetto con cui l'imputato non ha potuto confrontarsi. Da ciò consegue, nota l'Autore citato, che, ai fini di un'interpretazione convenzionalmente conforme della norma codicistica, pur in presenza delle condizioni di operatività dell'art. 512 c.p.p., le risultanze istruttorie formatesi al di fuori del contraddittorio non possono costituire il fondamento esclusivo di una declaratoria di colpevolezza: esse devono essere corroborate da ulteriori elementi di riscontro, e ciò soprattutto in quelle situazioni nelle quali sorge l'esigenza di salvaguardare la genuinità dell'accertamento giurisdizionale a fronte di contributi conoscitivi per loro natura deboli stante la peculiarità della fonte di riferimento.

Terza ed ulteriore causa di irripetibilità sopravvenuta di una dichiarazione testimoniale, che assume particolare rilievo nella prassi, può ravvisarsi nell'irreperibilità del teste. Non è inusuale e comunque fatto di per sé non imprevedibile in astratto che un soggetto, sentito nell'ambito delle indagini preliminari, non compaia al dibattimento e che, anzi, non si possa rintracciarlo per poterlo accompagnare avanti al giudice per essere escusso nel contraddittorio delle parti139.

Dopo la modifica dell'art. 111 Cost., la giurisprudenza ha affermato pacificamente che possono essere lette ed acquisite al fascicolo del dibattimento ai sensi dell'art. 512 c.p.p. le dichiarazioni rese da un teste nella fase delle indagini qualora questi, per cause imprevedibili, risulti successivamente irreperibile, in quanto tale situazione configura un'ipotesi di oggettiva impossibilità di formazione della prova in contraddittorio140.

L'irreperibilità consiste nell'impossibilità di rintracciare il testimone in modo da ottenerne la comparizione, spontanea o coatta, in dibattimento141. Esclusa la riconducibilità a tale ipotesi del caso di teste

non identificato (in cui quest'ultimo, più che irreperibile, risulta essere ignoto) e del caso di mera difficoltà di reperimento del testimone (per il quale il sistema contempla una serie di appositi rimedi processuali finalizzati a superare simili ostacoli), la nozione comprende le ipotesi in cui risulta impossibile notificare al testimone la citazione a comparire in giudizio nei modi previsti dalla legge e le ipotesi in cui, pur notificata validamente la citazione (o, comunque, pur consapevole dell'udienza dibattimentale), il testimone non compare senza addurre legittimo impedimento e non venga reperito ai fini

139A. DE FRANCESCO, E se il “futuro” testimone, escusso prima del

dibattimento, non si presenta al processo?, in Dir. giust., fasc. 29, 2016, p. 30 s.

140V., fra le tante, Cass., Sez. III, 22 aprile 2004, p.g. in c. Hasa, in C.E.D. Cass., n. 229424; Cass., Sez. I, 30 aprile 2001, Bentouiza, in C.E.D. Cass., n. 219918; Cass., Sez. I, 13 novembre 2002, Hamdi, in C.E.D. Cass., n. 223153; Cass., Sez. VI, 10 ottobre 2002, Mazzeo, in C.E.D. Cass., n. 224091.

dell'accompagnamento coattivo ai sensi dell'art. 133 c.p.p.

L'imprevedibilità risulta particolarmente ardua da valutare con riguardo a situazioni di fatto dalle quali sembrerebbe di poter desumere presuntivamente una sorta di “instabilità” del dichiarante, tenuto conto delle sue condizioni personali. A questo riguardo, per consolidata giurisprudenza, non può dirsi prevedibile l'irreperibilità in dibattimento del soggetto dichiarante per il solo fatto che questi sia un cittadino extracomunitario privo di permesso di soggiorno142 ovvero che lo

stesso sia un soggetto straniero esercitante l'attività di meretricio143.

Il profilo di maggiore problematicità concerne l'entità delle ricerche da effettuare per ritenere integrata l'ipotesi impeditiva in esame. A tal riguardo la Corte di cassazione ha adottato un indirizzo interpretativo particolarmente attento alle esigenze di salvaguardia dei principi fondamentali del processo accusatorio.

Nella sentenza 25 febbraio 2011, n. 9665144, la Corte di cassazione,

inserendosi nel solco di un orientamento già tracciato, fissa alcuni punti fermi circa le condizioni necessarie ai fini del recupero in dibattimento mediante lettura di dichiarazioni rese in fase preliminare da un teste divenuto poi irreperibile, soffermandosi in particolare sulla verifica da compiere ai fini della valutazione circa il sussistere della causa impediente la reiterazione della dichiarazione testimoniale145.

Nel caso di specie, la sentenza di condanna, sia in primo che in secondo grado, si fondava sulle dichiarazioni rese da un teste nel corso delle indagini preliminari e successivamente recuperate e ritenute utilizzabili secondo il meccanismo della lettura di cui all'art. 512 c.p.p. dato che il soggetto dichiarante, nonostante le ricerche effettuate, non

142V. fra le tante Cass., Sez. I, 19 maggio 2009, Dumani, in C.E.D. Cass., n. 244294; Cass., Sez. II, 4 marzo 2009, Del Gaudio, in C.E.D. Cass., n. 244055.

143V. fra le tante Cass., Sez. I, 12 novembre 2008, Tavanxhiu, in C.E.D. Cass., n. 242052; Cass., Sez. III, 3 settembre 2007, De Los Santos, in C.E.D. Cass., n. 237633.

144Cass., Sez. VI, 25 febbraio 2011, n. 9665, in www.archiviopenale.it.

era stato reperito ai fini dell'esame testimoniale146. Una scelta,

quest'ultima, che non ha riscontrato il consenso della Corte di