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L'irreperibilità del dichiarante residente all'estero:

2.5. Lettura di dichiarazioni rese da persona residente

2.5.1. L'irreperibilità del dichiarante residente all'estero:

Cassazione n. 27918 del 25 novembre 2010.

Nella sentenza 25 novembre 2010 n. 27918, le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono tornate ad occuparsi dei presupposti necessari ai fini della legittima applicabilità dell'art. 512 bis c.p.p.

La vicenda riguarda la condanna, con sentenza 10 marzo 2006, per il reato di cui all'art. 609 bis, ultimo comma, c.p. a carico del custode di uno stabilimento pubblico, per avere questi costretto una studentessa danese a subire atti sessuali durante una visita guidata. Il Tribunale di Messina fondò il giudizio di colpevolezza sulla denuncia presentata

177C. CESARI, Dichiarazioni irripetibili e metodo dialettico: i problemi di una

alla polizia dalla studentessa, sul presupposto che di essa poteva darsi lettura ex art. 512 bis c.p.p., stante la ritenuta impossibilità di sentire la teste in dibattimento, dato che quest'ultima, cittadina straniera residente all'estero, nonostante fosse stata avvisata, non aveva ritirato il plico con la citazione, ciò che dimostrava la sua mancanza di volontà di tornare in Italia per rendere testimonianza. L'imputato propose appello avverso la sentenza di primo grado. La Corte d'appello di Messina confermò la decisione, ritenendo legittima l'applicazione nel caso di specie dell'art. 512 bis c.p.p. dato che erano state esperite le formalità di citazione della testimone previste dall'art. 727 c.p.p. ed era realisticamente impossibile ottenere la presenza della teste in dibattimento in tempi ragionevoli. L'imputato propose così ricorso per Cassazione. La Terza Sezione penale, cui era stato assegnato il ricorso, lo rimise alle Sezioni Unite.

La questione di diritto da risolvere era «se l'assoluta impossibilità dell'esame dibattimentale, richiesta per l'utilizzazione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini dalla persona informata sui fatti, consista o meno nella totale e definitiva impossibilità di ottenere la presenza del dichiarante». Un quesito, quest'ultimo, oggetto di contrasti giurisprudenziali.

L'orientamento prevalente interpreta l'art. 512 bis c.p.p. alla luce dell'art. 111, comma 5, Cost. ed afferma che l'impossibilità di comparire debba essere oggettiva ed assoluta. L'impossibilità, pertanto, presuppone che il giudice abbia esperito tutte le attività messe a disposizione dall'ordinamento al fine di superare l'ostacolo alla formazione dialettica della prova.

L'altro orientamento, minoritario, ritiene invece che il riferimento all'assoluta impossibilità dell'esame dibattimentale debba essere inteso non nel senso della totale e definitiva impossibilità materiale di ottenere la presenza del dichiarante, bensì nel senso della concretezza e

della ragionevolezza, con la conseguenza che la lettura è consentita allorquando appaia realisticamente impossibile ottenere in tempi ragionevoli la presenza del dichiarante in dibattimento oppure allorquando non vi siano strumenti idonei a vincere coattivamente la sua riluttanza a deporre. Da questo indirizzo (che peraltro è quello seguito nel caso di specie dai giudici di merito) si desume che è sufficiente che il teste sia stato citato e non sia comparso in dibattimento.

Ebbene, le Sezioni Unite avallano l'orientamento prevalente, più restrittivo e soprattutto compatibile con la disciplina costituzionale. L'impossibilità di realizzare l'esame dibattimentale deve pertanto essere oggettiva ed assoluta: essa non può cioè dipendere né da elementi soggettivi (quale la volontaria sottrazione del testimone al dibattimento) né da circostanze di ordine pratico (quali difficoltà logistiche, spese elevate o intralci burocratici) connesse alle procedure volte ad ottenere la ripetizione delle risultanze investigative in giudizio. A fronte di ciò, fermo restando che il presupposto per la legittima applicazione della disposizione in esame è una corretta, effettiva e valida citazione, il giudice, nel caso di mancata comparizione del dichiarante, ha l'onere di espletare tutte le attività necessarie per sottoporre il teste ad un esame nel contraddittorio delle parti: tra queste, la facoltà di disporre, ove possibile, una rogatoria internazionale “concelebrata” o “mista” del teste residente all'estero178.

Soltanto laddove l'autorità giudiziaria abbia inutilmente esperito tali attività, e quindi abbia inutilmente citato il teste a comparire e abbia altresì esperito infruttuosamente il tentativo di assumere la prova mediante rogatoria internazionale, potrà dirsi pacificamente verificata un'assoluta impossibilità di assumere la prova in contraddittorio.

178Si tratta di un istituto previsto dall'art. 4 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, ratificata dall'Italia in data 23 agosto 1961 e resa esecutiva con l'art. 2 della legge 23 febbraio 1961, n. 215.

Di qui, il Supremo Collegio ha affermato il seguente principio di diritto.

«Affinché, ai sensi dell’art. 512 bis c.p.p., possa disporsi la lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all’estero è, tra l'altro, necessario: a) che vi sia stata una effettiva e valida notificazione della citazione del teste, secondo le modalità previste dall'art. 727 c.p.p. per le rogatorie internazionali o dalle convenzioni di cooperazione giudiziaria, e che l'eventuale irreperibilità del teste sia verificata mediante tutti gli accertamenti opportuni e necessari in concreto, non essendo sufficienti la mancata notificazione o le risultanze anagrafiche o verifiche meramente burocratiche; b) che l'impossibilità dell'esame dibattimentale del teste sia assoluta ed oggettiva, non potendo consistere nella mera impossibilità giuridica di disporre l'accompagnamento coattivo né in circostanze dipendenti dalla libera volontà del dichiarante o in situazioni temporanee o in difficoltà logistiche o economiche; c) che sia stata inutilmente richiesta, ove possibile, la escussione del dichiarante attraverso una rogatoria internazionale “concelebrata” o “mista” del tipo di quella prevista dall'art. 4 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959».

2.6. Cenni alla lettura delle dichiarazioni degli imputati

in procedimenti connessi o collegati: art. 513,

comma 2, c.p.p.

L'art. 513, comma 2, c.p.p. consente il recupero, mediante lettura ai sensi dell'art. 512 c.p.p., delle dichiarazioni rese nelle fasi antecedenti al giudizio dalle persone indicate nell'art. 210, comma 1, c.p.p. laddove non sia possibile ottenere la presenza del dichiarante ovvero quando

non sia possibile procedere all'esame in uno dei modi prescritti dall'ordinamento (quali l'accompagnamento coattivo, l'esame a domicilio, la rogatoria internazionale o l'esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contraddittorio), e ciò nel caso in cui tale impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni.

Per questa parte, dunque, l'art. 513 c.p.p. appartiene all'area dell'impossibilità sopravvenuta di ripetizione, ponendosi in rapporto di specialità rispetto all'art. 512 c.p.p. Di quest'ultimo, in particolare, condivide le sorti sul piano dei rapporti con le garanzie processuali di cui all'art. 111 Cost., così che «l'impossibilità oggettiva ed accertata di realizzare il contraddittorio, che è fondamento legittimo di una categoria di possibili deroghe alla dialettica per la prova, giustifica la lettura ed il conseguente uso probatorio di dichiarazioni raccolte unilateralmente dagli inquirenti, anche da fonti in sé poco credibili, come i soggetti ex art. 210 c.p.p.»179.

La disposizione prevede in capo alla parte interessata alla prova l'onere di attivarsi per la realizzazione della dialettica. Affinché l'esame dibattimentale risulti irripetibile, e possa dunque trovare applicazione la disciplina di cui all'art. 512 c.p.p., non è sufficiente la mera assenza del dichiarante, essendo necessaria la dimostrazione dell'impossibilità di procurarne la presenza per il tramite di una delle modalità alternative all'escussione dibattimentale prescritte dalla norma in esame.

Sul punto, il Legislatore esemplifica in maniera puntigliosa i possibili rimedi alla difficoltà di realizzare la dialettica processuale.

In particolare, unitamente all'accompagnamento coattivo, all'esame a domicilio e alla rogatoria internazionale, la norma richiama «l'esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contraddittorio».

179C. CESARI, “Giusto processo”, contraddittorio ed irripetibilità degli atti di

La formula rappresenta una “trasparente allusione” al meccanismo previsto dall'art. 147 bis disp. att. c.p.p.180, che disciplina l'esame degli

operatori sotto copertura, delle persone che collaborano con la giustizia e degli imputati di reato connesso. La norma attribuisce quindi il rango di prova assunta in contraddittorio all'esame in videoconferenza: ne deriva la priorità dell'esame a distanza rispetto alla lettura delle precedenti dichiarazioni.

L'enumerazione puntuale di tali strumenti rappresenta un monito per l'organo giudicante, il quale ha l'onere di subordinare il ricorso alla lettura delle dichiarazioni rese in fase di indagine al previo controllo sull'effettiva e assoluta impossibilità di ripetizione delle stesse in giudizio.

180G. ILLUMINATI, Lineamenti essenziali delle più recenti riforme legislative del

codice di procedura penale, in G. CONSO, V. GREVI, Profili del nuovo codice di procedura penale, 4ª ed., Seconda appendice di aggiornamento, Cedam,

Capitolo III

L'IMPIEGO PROBATORIO CONTRA REUM

DELLE DICHIARAZIONI IRRIPETIBILI

NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE

E.D.U.

SOMMARIO: 3.1. Premessa generale. – 3.2. L'art. 6, par. 3, lett. d) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali: il diritto di esaminare o far esaminare i testimoni. – 3.3. Il precedente orientamento espresso dalla Corte europea in materia di utilizzabilità di dichiarazioni raccolte in carenza di contraddittorio: la c.d. sole or decisive rule. – 3.3.1. I leading cases Bracci e Majadallah c. Italia. – 3.3.2. Gli ulteriori elementi disponibili a sostegno dell'accusa e la loro relazione con le dichiarazioni raccolte unilateralmente. – 3.4. Il temperamento della c.d. sole or decisive rule: la sentenza Al-Khawaja e Tahery c. Regno Unito. – 3.4.1. Il “nuovo corso” della giurisprudenza europea avviato dalla sentenza Al- Khawaja e Tahery c. Regno Unito: innovazione o continuità con il passato?. – 3.4.2. Gli sviluppi successivi del nuovo orientamento. – 3.4.3. La sentenza Schatschaschwili c. Germania del dicembre 2015. – 3.5. Cenni a pronunce del 2017.

3.1. Premessa generale.

A questo punto dell'analisi, esaminati i presupposti di applicabilità dell'istituto della lettura degli atti di indagine per sopravvenuta irripetibilità di cui all'art. 512 c.p.p. e delineata la sua coerenza con il dettato costituzionale, è necessario soffermare l'attenzione sui canoni sopranazionali del fair trial consacrati nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali181.

181Firmata nel 1950 dal Consiglio d'Europa, la Cedu è un trattato internazionale volto a tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali in Europa. L'Italia ha dato ad essa ratifica ed esecuzione con la legge 4 agosto 1955, n. 848.

Viene in rilievo l'art. 6, parr. 1 e 3, Cedu. L'obiettivo è verificare la compatibilità tra tale disposizione ed il menzionato istituto codicistico.

In bilico tra l'esigenza di garantire il diritto di difesa e l'insofferenza verso la dispersione di conoscenze rilevanti, l'impiego probatorio contra reum di elementi carenti dal punto di vista dialettico è questione che ha interessato spesso la Corte europea182.

Invero, in tema di “equo processo”, una delle questioni in cui si registrano con maggior forza punti di frizione fra l'ordinamento processuale interno e i principi europei è rappresentata dalla disciplina, accolta nel nostro sistema, del principio del contraddittorio nella formazione della prova orale183.

La normativa convenzionale non contiene alcun espresso riferimento né al metodo del contraddittorio nella formazione della prova né a regole di esclusione probatoria per il caso della relativa inosservanza. Ebbene, secondo quanto risultante dalla consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, la tutela del contraddittorio delle parti, pur non espressamente enunciata all'interno della Cedu, viene considerata in essa implicita: emerge, infatti, dalla nozione di hearing (impiegata nella versione inglese della Convenzione) il profilo concernente la necessità che l'interessato sia posto nella condizione di “farsi sentire”, ovverosia di poter esporre le ragioni proprie e controbattere quelle avversarie184.

Con riguardo all'utilizzo, quali elementi decisivi posti a fondamento di sentenze di condanna, di elementi conoscitivi sottratti al contraddittorio, reiterate nel corso del tempo sono state le sentenze con cui la Corte di Strasburgo ha condannato il nostro Paese per violazione

182M. BIRAL, L'overall examination: nuove frontiere sul diritto a confrontarsi con i

testimoni, in Arch. pen., n. 1, 2013, p. 2.

183S. LONATI, Il contraddittorio nella formazione della prova orale e i principi

della C.E.D.U.: una proposta de iure condendo, in www.penalecontemporaneo.it,

p. 4.

del diritto al confronto, sancito dall'art. 6, par. 3, lett. d) della Cedu. Di qui, come avremo modo di vedere successivamente, la necessità di comporre simile contrasto tra la normativa interna e i principi sovranazionali, resa ancora più impellente in ragione di due esigenze: da un lato, quella di fronteggiare il rischio di ulteriori condanne europee a nostro carico; dall'altro, l'opportunità di dar seguito ad un'interpretazione conforme alle norme convenzionali, stante l'acquisito rango da parte di queste ultime di parametri interposti di legittimità delle norme interne.

In questa materia, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha espresso una serie di indicazioni innovative, le quali conducono a ripensare il significato profondo delle garanzie insite nel principio del contraddittorio nella formazione della prova. Nella giurisprudenza europea, in una visione unitaria della dinamica processuale volta a tutelare adeguatamente i diritti fondamentali di tutti i soggetti coinvolti, il contraddittorio vede ridotta la sua efficacia di “regola di esclusione” della ammissibilità di determinate tipologie probatorie e, al contempo, vede potenziata la sua incidenza sul terreno della valutazione della prova: la maggiore estensione del materiale dimostrativo a disposizione del giudice del dibattimento è controbilanciata dall'affermazione di un metodo di ricostruzione dei fatti che privilegia il valore determinante delle fonti di prova sottoposte al controesame della difesa185.

185A. BALSAMO, A. LO PIPARO, Principio del contraddittorio, utilizzabilità delle

dichiarazioni predibattimentali e nozione di testimone tra giurisprudenza europea e criticità del sistema italiano, in AA. VV., Giurisprudenza europea e processo penale italiano, a cura di A. Balsamo e R.E. Kostoris, Giappichelli,

3.2. L'art. 6, par. 3, lett. d) della Convenzione europea dei

diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali: il

diritto di esaminare o far esaminare i testimoni.

Come anticipato, la questione riguarda l'utilizzo in dibattimento delle dichiarazioni accusatorie rese nelle fasi preliminari del procedimento in assenza di contraddittorio.

Nell'ambito delle situazioni soggettive derivanti dal diritto ad un processo equo, l'art. 6, par. 3, lett d), della Cedu riconosce il diritto di ogni accusato di «esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico»186.

Quanto deve essere garantito, in linea di massima, è che ogni accusato sia titolare del diritto ad ottenere che, prima di una pronuncia a lui definitivamente sfavorevole, la fondatezza dell'accusa avanzata nei suoi confronti sia esaminata attraverso la celebrazione di un processo equo, la cui nozione, rientrando in quella più ampia di giusto processo, denota che l'attività procedimentale è stata posta in essere secondo le caratteristiche delineate dall'art. 6 Cedu187.

Dal riconoscimento del diritto dell'accusato al confronto con le fonti di accusa e all'acquisizione degli elementi dimostrativi a discolpa è dato trarre implicitamente che la Corte europea, nonostante non intenda imporre la scelta per un determinato modello processuale

186Sul tema v. R.E. KOSTORIS, Il diritto di “interrogare o far interrogare” i

testimoni: Convenzione europea dei diritti dell'uomo e processo penale italiano,

in Riv. it. dir. e proc. pen., 1980, p. 806 s. L'Autore citato ravvisa come la formula d'esordio della disposizione in parola “interrogare o far interrogare” i testimoni a carico sia espressione di un diritto assoluto di difesa, il quale si estrinseca, per un verso, nel diritto al contraddittorio, e, per altro verso, nel diritto, di portata più ampia, di “difendersi provando”, sia per confutare affermazioni rese precedentemente dal testimone sia per contribuire a far emergere circostanze diverse che potrebbero tradursi in un contributo non trascurabile all'accertamento della verità.

187In tal senso G. UBERTIS, Giusto processo e contraddittorio in ambito penale,

(inquisitorio o accusatorio), limitandosi piuttosto ad affermare l'esigenza che la disciplina processuale sia conforme ai requisiti del “giusto processo”, mostra una maggiore preferenza verso un sistema processuale ispirato al principio del contraddittorio nella formazione della prova (pur se, come avremo modo di precisare più oltre, non necessariamente attuato nel momento genetico della prova).

Osservando il tenore letterale della disposizione in parola, due precisazioni si rendono preliminarmente necessarie.

In primo luogo, nonostante la lettera della disposizione induca ad affermare che il diritto all'ammissione e all'assunzione della prova in contraddittorio sia riferibile unicamente alla fattispecie della testimonianza, la Corte di Strasburgo ha da tempo precisato che il precetto convenzionale risulta applicabile ad ogni tipo di prova188.

In secondo luogo, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha preso le distanze dalle specifiche qualificazioni giuridiche attribuite alla persona del dichiarante dai singoli ordinamenti nazionali e, per esigenze di certezza del diritto e di semplificazione del regime giuridico di tali soggetti, ha fatto propria una definizione autonoma ed ampia della figura di testimone. Tale nozione è attribuibile a qualsiasi persona che renda dichiarazioni all'autorità procedente destinate ad essere utilizzate dal giudice per la decisione189. L'espressione, utilizzata

dunque in senso a-tecnico, comprende, oltre al testimone in senso stretto, anche il coimputato, l'imputato di reato connesso, gli informatori della polizia, la fonte di riferimento del teste de relato, la vittima del reato, la parte civile, gli esperti (periti e consulenti tecnici) ed altre figure similari. Peraltro, ai fini dell'attribuzione di tale qualifica, è sufficiente che il soggetto abbia fornito una dichiarazione

188Tale indirizzo interpretativo è stato enunciato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza emessa il 6 maggio 1985 nel caso Bönisch c. Austria ed è stato confermato da numerose decisioni successive.

189V. Corte e.d.u., 19 febbraio 1991, Isgrò c. Italia, serie A, n. 194-A; Corte e.d.u., 20 novembre 1989, Kostovski c. Paesi Bassi, serie A, n. 166.

che sia stata presa in considerazione dal giudice nella valutazione della prova, non essendo necessario che il dichiarante sia stato esaminato davanti all'autorità giudiziaria o che le dichiarazioni da lui rese siano state lette in udienza. Una scelta interpretativa, questa, di fondamentale importanza, in quanto volta a rendere irrilevanti le qualificazioni giuridiche accordate a livello nazionale, evitando così che l'applicazione del diritto al confronto di cui all'art. 6, par. 3, lett. d) della Cedu possa essere limitata dalle scelte discrezionali degli Stati membri.

Nell'interpretazione delle garanzie offerte dalla disposizione in esame, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo prende le mosse dal riconoscimento del principio per cui è auspicabile, in linea di massima, che le dichiarazioni destinate ad un impiego determinante ai fini decisori vengano rilasciate in un'udienza pubblica, alla presenza dell'imputato, in vista di un confronto nel rispetto del metodo del contraddittorio190. Così, allorquando le dichiarazioni vengono rese

«pubblicamente, sotto giuramento, da un soggetto la cui identità è resa nota all'accusato, in presenza di quest'ultimo e del suo difensore oltre che del soggetto incaricato di esprimere il giudizio sulla responsabilità penale e, infine, sottoposte al confronto dialettico con le ragioni della difesa», il diritto ex art. 6, par. 3, lett. d) raggiunge la sua massima attuazione191.

Tale schema processuale, tuttavia, non delinea una regola assoluta. Esso, cioè, non ha trovato traduzione in una rigida applicazione del principio della separazione funzionale delle fasi, volto ad escludere l'utilizzabilità come prove in dibattimento degli atti delle indagini preliminari. E difatti, qualora risulti impossibile assumere la testimonianza in sede dibattimentale, i Giudici di Strasburgo sono ben

190Corte e.d.u., 26 aprile 1991, Asch c. Austria, serie A, n. 203.

191Così S. MAFFEI, Prova d'accusa e dichiarazioni di testimoni “assenti” in una

recente sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, in Cass. pen., 2001, p.

consapevoli dell'esigenza per le autorità giudiziarie di fare ricorso a deposizioni risalenti alle fasi preliminari del procedimento. In questo senso, la Corte europea dei diritti dell'uomo non pone nemmeno astrattamente in dubbio la recuperabilità in dibattimento di atti formatisi in violazione del diritto al confronto. Essa considera teoricamente ammissibile che un ordinamento nazionale contempli eccezioni alla dialettica processuale, tra le quali, per l'appunto, trovano piena cittadinanza le ipotesi di “irripetibilità sopravvenuta” previste dal nostro ordinamento processuale: eccezioni al contraddittorio che risultano però accettabili unicamente nella misura in cui siano rispettati i diritti della difesa192.

La Corte di Strasburgo, pur negando la legittimità di un mero contraddittorio “sulla prova”, ovvero di un confronto volto esclusivamente al vaglio di un elemento di prova già acquisito da una delle parti in assenza dell'altra nella fase preliminare, non ritiene essenziale l'instaurazione di un contraddittorio diretto all'introduzione nel processo dell'elemento di prova. Tra un contraddittorio “debole”, limitato agli aspetti argomentativi del fenomeno probatorio, e un contraddittorio “forte”193, esteso sino a comprendere necessariamente i