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Sulla inutilizzabilità

Nel documento INDAGINI INFORMATICHE E PROCESSO PENALE (pagine 88-92)

6. VIOLAZIONE DEI PROTOCOLLI E CONSEGUENZE PROCESSUALI

6.3 Sulla inutilizzabilità

Seppur per motivi differenti, nessuna delle due tesi sopra esposte merita di essere condivisa, né quella che predica la nullità, né, tantomeno, quella che sostiene la mera irregolarità delle prove raccolte in violazione delle best practices. La prima non coglie nel segno poiché non tiene conto dell’esatta portata del principio di tassatività in tema di nullità. Da tale principio, infatti, deriva un vero e proprio divieto di analogia in tema di cause di invalidità degli atti. Quanto alla seconda tesi, l’equivalenza tra violazione del protocollo e inattendibilità del risultato non soddisfa fino in fondo le esigenze di garanzia delle parti coinvolte nell’accertamento.

In base ad un terzo, più rigoroso e corretto orientamento, la violazione del protocollo di acquisizione della prova digitale dovrebbe determinare, come conseguenza processuale, la

284 In qualità di elemento costitutivo di tali fattispecie, la imperfetta o la mancata adozione di uno stardard

adeguato impedirebbe a tali fattispecie di integrarsi. Cfr. G. CONSO, Il concetto e le specie d'invalidità, Milano, 1972, pp. 19 e ss.; P. MOSCARINI, Art. 184 c.p.p., in AA.VV., Commentario breve al codice di procedura penale, a cura di G. CONSO E V. GREVI, Padova, 1987, pp. 611 e ss.

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inutilizzabilità del materiale probatorio illegittimamente acquisito, ex art. 191, co. 1, c.p.p. A tale draconiana conclusione è possibile giungere percorrendo almeno due sentieri differenti: 1) quello della inutilizzabilità per violazione del dovere giudiziale di escludere, già in fase di ammissione della prova (art. 190 c.p.p.), l’evidenza digitale a causa della sua oggettiva inidoneità probatoria285; 2) quello della inutilizzabilità a causa della mancanza, in ipotesi di violazione/omissione del protocollo, del potere istruttorio in capo all’autorità inquirente286.

6.3.1 Sulla inidoneità probatoria

A mente dell’art. 190 c.p.p., «le prove sono ammesse su richiesta di parte. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti». Ebbene, a fronte di una prova scientifica, tipica o atipica che sia, il doveroso giudizio di rilevanza non può prescindere dalla valutazione dell’astratta idoneità probatoria dell’elemento/dato già in fase di ammissione. Tale criterio di idoneità probatoria è esplicitamente ribadito con riferimento alla prova atipica ex art. 189 c.p.p., laddove si richiede «l’idoneità ad assicurare l’accertamento dei fatti», ma «non può esservi dubbio che l’esistenza di questo presupposto sia implicito anche nel caso di prove tipiche»287. Con la seguente precisazione: nel caso di prove atipiche, l’idoneità va dimostrata in concreto e l’onere di tale dimostrazione grava sulla parte che ne richiede l’ammissione; nel caso di prove tipiche, l’idoneità è presunta, ma tale presunzione è solo relativa, al punto da poter essere smentita dalla scienza.

Ebbene, una prova scientifica priva di idoneità probatoria, perché fondata su criteri scientifici non attendibili, è inammissibile. Ma l’inammissibilità costituisce una regola di esclusione e non di valutazione della prova. Di conseguenza, si è affermato che

285 Infatti, il criterio dell’idoneità probatoria, espressamente indicato dall’art. 189 c.p.p. ai fini dell’ammissione

della prova atipica, è implicitamente riconosciuto come uno dei presupposti per l’ammissione anche della prova tipica, ex art. 190 c.p.p. In dottrina, cfr. BRUSCO, La valutazione della prova scientifica, in Dir. pen. proc., 2008, suppl. al n. 6, p. 27.

286 «Quando si tratta di forme essenziali, il mancato rispetto del modello legale [deve] essere equiparato ad una

carenza di potere istruttorio che comporta inutilizzabilità. Un’interpretazione "sostanziale", basata sull’interesse protetto, parrebbe condurre a conclusioni del genere». Così, C. CONTI, Annullamento per violazione di legge in tema di ammissione, acquisizione e valutazione delle prove: le variabili giurisprudenziali, in Cass. pen., 2013, vol. 53, fasc. 2, p. 485. V., amplius, C. CONTI, in P. TONINI – C. CONTI, Il diritto delle prove penali, cit., pp. 331 e ss. In giurisprudenza, a favore di quest’ultima interpretazione, cfr, Cass., sez. III, 22 aprile 2010, Fiorillo, in C.E.D. Cass., n. 246598. Contra, cfr.: Cass., sez. VI, 6 ottobre 2010, Drago, in C.E.D. Cass., n. 248527; Cass., sez. II, 1 gennaio 2012, Dabellonio, in C.E.D. Cass., n. 252796.

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«l’ammissione di una prova fondata su criteri scientifici non attendibili costituisce violazione di norma processuale [l’art. 190 c.p.p.] sia perché inidonea alla funzione probatoria sia perché irrilevante non potendo essere posta dal giudice a fondamento della sua decisione […] E se la prova è stata erroneamente ammessa, il giudice non la può utilizzare per la decisione trattandosi di prova acquisita in violazione di un divieto stabilito dalla legge (art. 191, co. 1, c.p.p.)»288.

Senonché, il filtro giurisdizionale di ammissibilità della prova, per espressa previsione codicistica, è composto da maglie piuttosto larghe, dovendo il giudice escludere dal processo le sole prove «manifestamente» superflue o irrilevanti. Un giudizio difficile da realizzare «senza ritardo con ordinanza» (art. 190, co. 1, c.p.p.). La conclusione appare davvero scontata: «se l’affidabilità della prova è […] dubbia non credo sia possibile parlare di regola di esclusione; del resto ovvie ragioni di prudenza consiglierebbero, in questi casi, di ammetterla e di riservare alla fase della decisione la soluzione del problema»289.

6.3.2 Sulla carenza di potere istruttorio

In base ad un’altra teoria, di matrice dottrinale290 ma che ha trovato riscontro, seppur isolato, nella giurisprudenza di legittimità291, è necessario distinguere tra forme essenziali e forme non essenziali degli atti, soprattutto quando questi si riferiscono a prove di natura scientifica.

Di regola, il mancato rispetto delle modalità di acquisizione di una prova è causa di inutilizzabilità solo se ciò è espressamente previsto come conseguenza esplicita di tale inosservanza modale: in tal caso si parla di inutilizzabilità speciale. Di inutilizzabilità generale, ex art. 191, co. 1, c.p.p. viceversa si può parlare solo con riferimento a violazioni che attengono all’an, e non al quomodo, ossia in presenza dell’esercizio di un potere istruttorio che in realtà non sussiste. Senonché, come ogni regola anche questa conosce delle eccezioni: «quando si tratta di forme “essenziali”, il mancato rispetto del modello legale [deve] essere equiparato ad una carenza di potere istruttorio che comporta inutilizzabilità.

288 Ibidem. V, inoltre, S. MAFFEI, Ipnosi, poligrafo, narcoanalisi, risonanza magentica: metodi affidabili per la ricerca processuale della verità?, in DE CATALDO NEUBERGER (a cura di), La prova scientifica nel processo penale, Padova, 2007, p. 417.

289 Così, C. BRUSCO, La valutazione della prova scientifica, cit., p. 27.

290 C. CONTI, in P. TONINI – C. CONTI, Il diritto delle prove penali, cit., pp. 331 e ss.

291 Cass., sez. III, dep. 27 aprile 2010, Fiorillo, in CED Cass., n. 246598, con riferimento, nel caso concreto, ad

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Un’interpretazione ‘sostanziale’, basata sull’interesse protetto, parrebbe condurre a conclusioni del genere»292.

Calata nel contesto digitale, tale teoria ha degli effetti dirompenti: ciascuna parte ha la possibilità di acquisire l’evidenza digitale esclusivamente rispettando l’imperativo codicistico della conservazione e della genunità di quanto appreso, con la conseguenza che la mancata osservanza di tecniche astrattamente in grado di garantire tale risultato dovrebbe comportare una carenza di potere istruttorio293. Agire comunque significherebbe violare un divieto nell’an che avrebbe, come conseguenza, l’inutilizzabilità di quanto acquisito ex art. 191, co. 1, c.p.p.

D’altronde, il giudice, in base al proprio “libero convincimento” (art. 192, comma 2, c.p.p.), potrebbe sì ritenere l’evidenza digitale mal raccolta priva di qualsiasi valenza dimostrativa in quanto inaffidabile294, ma, invocando il medesimo principio, potrebbe ritenersi autorizzato ad affermare l’esatto contrario, valutando comunque come attendibile la prova ove corroborata da ulteriori elementi di conferma295.

Ragionare in questi termini, a ben guardare, significa far rivivere, in ambito di prova informatica, la teoria della “convergenza del molteplice” 296, propria della prova critica o indiziaria. Tuttavia, a seguito della sentenza Franzese297, tale orientamento non merita di essere condiviso, né con riferimento alla prova per indizi298, né, tantomeno, con riferimento alla prova rappresentativa di tipo reale, dove, a fortiori, il deficit rappresentativo di ciascun elemento di prova non può essere colmato attraverso una co-valutazione globale degli altri elementi a disposizione299.

292 Così, C. CONTI, Annullamento per violazione di legge in tema di ammissione, acquisizione e valutazione delle prove: le variabili giurisprudenziali, cit., p. 493.

293 Si tratta, volendo utilizzare una terminologia di matrice anglosassone, della inutilizzabilità per unreliability. 294 Soluzione accolta, ad esempio, da Tribunale di Chieti, 2 marzo 2006, in Dir. dell'internet, 2006, p. 572, con

nota di F. CAJANI, Alla ricerca del log (perduto).

295 Soluzione accolta da Tribunale di Bologna, 22 dicembre 2005, in Dir. dell'internet, 2006, p. 153, con nota

critica di L. LUPARIA, Il caso “Vierika”: un’interessante pronuncia in materia di virus informatici e prova penale digitale. I profili processuali, cit., p. 152.

296 In dottrina, cfr.: V. RUSSO – A. ABET, La prova indiziaria e il “giusto processo”. L’art. 192 c.p.p. e la legge 63/2001, Napoli, 2001, p. 37; E. GIRONI, La prova indiziaria, in AA.VV., La prova penale, trattato diretto da A. GAITO, vol. III, Torino, 2008, pp. 139-141; C. ZAZA, Il ragionevole dubbio nella logica della prova penale, Milano, 2008, pp. 118 e ss. In giurisprudenza, v. Cass., sez. I, 5 marzo 1991, Calò, in Cass. pen., 1992, p. 1010.

297 Cass., sez. un., 11 settembre 2002, Franzese, in Guida dir., 2002, n. 38, p. 62.

298 In dottrina, cfr.: P. TONINI – C. CONTI, Il diritto delle prove penali, cit., pp. 91-95; F. M. MOLINARI, Dubbio sull’attendibilità della chiamata in correità ed attribuzione alla stessa di un valore indiziante, in Cass. pen., 1996, p. 1918; S. BATTAGLIO, “Indizio” e “prova indiziaria” nel processo penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, p. 375; E.M. CATALANO, voce Prova (canoni di valutazione della), in Dig. disc. pen., agg. II, 2008, p. 794. In giurisprudenza, v. Cass., sez. I, 16 giugno 2008, Di Tella, in C.E.D. Cass., n. 216181.

299 Concetto chiaro sin dal 1764, anno in cui Cesare Beccaria scriveva: «Quando le prove di un fatto sono

dipendenti l’una dall’altra, cioè quando gl’indizi non si provano che fra di loro, quanto maggiori prove si adducono tanto è minore la probabilità del fatto, perché i casi che farebbero mancare le prove antecedenti fanno

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Peraltro, «un simile ragionamento […] oltre a sovrapporre indebitamente due differenti fasi del procedimento probatorio (assunzione e valutazione), pare costituire il frutto di un’inversione metodologica, giacché il giudice è chiamato a valutare –sia pure con cautela- proprio ciò che la legge avrebbe voluto sottrarre a siffatto sindacato. Le regole poste a tutela dell’attendibilità servono proprio ad evitare che al giudice sia consegnato un elemento la cui idoneità accertativa non è “accreditata” ex ante dalla lex probatoria. Pertanto, confidare in un recupero della tutela al momento della valutazione significherebbe affidare la giudice un elemento il cui impiego avrebbe dovuto essergli per legge escluso. In tal modo, le regole di esclusione finiscono per snaturarsi tornando al meccanismo, di sapore inquisitorio, in base al quale il libero convincimento è un passpartout idoneo a superare qualsivoglia limite»300.

In un campo spinoso e irto di insidie come quello tecnico-digitale, la “valvola di sfogo” del libero apprezzamento giurisdizionale rischia di vanificare lo sforzo del legislatore, svilendo l’importanza della riforma del 2008.

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