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Rilievi e accertamenti urgenti su materiale digitale: per una corretta interpretazione della

Nel documento INDAGINI INFORMATICHE E PROCESSO PENALE (pagine 75-79)

4. INDAGINI TECNICHE SU MATERIALE DIGITALE

4.2 Rilievi e accertamenti urgenti su materiale digitale: per una corretta interpretazione della

Di regola, la polizia giudiziaria è il primo soggetto che interviene sulla scena criminis realizzando il primo contatto con le fonti di prova. Ciò, evidentemente, è espressione dell' id

248 Cfr., per degli scritti recenti sul tema, M. BARGIS, Note in tema di prova scientifica nel processo penale, in Riv. dir. proc., 2011, pp. 47 e ss.; C. CONTI, Il processo si apre alla scienza. Considerazioni sul procedimento probatorio e sul giudizio di revisione, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, pp. 1204 e ss.; S. LORUSSO, Investigazioni scientifiche, verità processuali ed etica degli esperti, in Dir. proc. pen., 2010, pp. 1345 e ss.; P. TONINI, Informazioni genetiche e processo penale ad un anno dalla legge, ivi, 2010, pp. 883 e ss.; Id., La prova scientifica, in Trattato di procedura penale, AA.VV., diretto a G. SPANGHER, vol. II, t. 1, Le prove, a cura di A. SCALFATI, Torino, 2009, pp. 88 e ss.; G. CANZIO, Prova scientifica, ragionamento probatorio e libero convincimento del giudice, in Dir. pen. proc., 2003, p. 1194.

249 Così, D. CURTOTTI NAPPI - L. SARAVO, L’approccio multidisciplinare nella gestione della scena del crimine,

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quod plerumque accidit in un sistema processuale in cui a tale organo investigativo si assegna

la funzione di «prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale» (art. 55, co. 1, c.p.p.).

La polizia giudiziaria, intervenuta sul luogo dove è stato commesso il reato, deve «curare che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell'intervento del pubblico ministero» (art. 354, co. 1, c.p.p.), il quale deve essere informato «senza ritardo» (art. 347, co. 1, c.p.p.) dell'avvenuta acquisizione della notizia di reato. Anche dopo tale tempestiva informativa, la polizia giudiziaria deve raccogliere «ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole» procedendo, fra l'altro «alla ricerca delle cose e delle tracce pertinenti al reato nonché alla conservazione di esse e dello stato dei luoghi» (art. 348, co. 1 e 2, c.p.p.).

Quindi, il primo e fondamentale compito della polizia giudiziaria consiste nella "conservazione" dello status quo, al fine di evitare la dispersione delle tracce e delle cose pertinenti al reato. Ad esempio, la polizia giudiziaria può circoscrivere il luogo del delitto, impedendo l’accesso a terzi e svolgendo attività di sorveglianza per evitare la sottrazione di elementi rilevanti o, comunque, l’alterazione dello stato dei luoghi. Peraltro, tale attività, necessariamente atipica, può comportare anche la effettuazione di accertamenti e rilievi, nonché il sequestro, di iniziativa, del corpo del reato e delle cose ad esso pertinenti, «se vi è il pericolo che le cose, le tracce e i luoghi pertinenti al reato si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente» (art. 354, co. 2, c.p.p.). Per la polizia giudiziaria, l’urgenza legittima dunque, oltre alla conservazione, anche la possibilità di compiere sulla scena del crimine atti di indubbia valenza investigativa e probatoria.

Il legislatore individua il fine della conservazione, ma non i mezzi per raggiungere tale scopo, cosicché l'attività di polizia giudiziaria finalizzata ad evitare manipolazioni e inquinamenti della scena criminis originaria può essere svolta in piena libertà di forma, purché idonea allo scopo250. Anche gli atti destinati ad avere valenza probatoria –rilievi e

250 Cfr. Cass., sez. I, 4 maggio 1994, Ferraro, in Giust. pen., 1995, III, c. 479; Cass., sez. III, 30 luglio 1994,

Zanazzo, in CED Cass., n. 199417. In dottrina, v. G. TRANCHINA, Le attività della polizia giudiziaria nel procedimento per le indagini preliminari, in D. SIRACUSANO – A. GALATI – E. ZAPPALÀ (a cura di), Diritto processuale penale, II, Milano, 2011, p. 97.

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accertamenti- sono sicuramente atipici, anche se tipica è la situazione di urgenza che li giustifica: 1) modificazione inevitabile delle cose o dei luoghi dovuta al semplice trascorrete del tempo; 2) impossibilità di un tempestivo intervento del pubblico ministero251. In altre parole, al sussistere dei presupposti normativi qualificanti la situazione di urgenza, la polizia giudiziaria ha piena libertà organizzativa sia di ricerca, sia di assicurazione e conservazione delle tracce, delle cose e dei luoghi pertinenti al reato. La necessaria atipicità di tale attività è fuori discussione ed emerge sin dalla Relazione al progetto preliminare del codice del 1988, ove traspare la volontà di non vincolare la polizia giudiziaria252, lasciandola libera di muoversi all’interno di una cornice di legittimità i cui contorni, tuttavia, meritano di essere precisati.

In particolare, il nodo problematico da sciogliere è il seguente: a fronte di tale incontestata atipicità, quali sono gli accertamenti e i rilievi urgenti che la polizia giudiziaria può legittimamente effettuare durante il primo accesso sul luogo del delitto e quali sono, invece, quelli che le sono preclusi? In altre parole, si tratta di calcolare l’ “area” di legittimità dell’attività unilaterale urgente di polizia giudiziaria, destinata ad avere rilevanza investigativa e probatoria nel corso del processo. Ebbene, volendo utilizzare una metafora geometrica potremmo dire che la “base” e l’ “altezza” del “rettangolo” degli atti urgenti sono rappresentate, rispettivamente, dall’ “urgenza” e dalla “ripetibilità”. Sicché, dalla combinazione di queste due misure dipende la vastità dell’aera di legittimità dell’atto unilaterale posto in essere dalla polizia giudiziaria in sede di sopralluogo ex art. 354, co. 2, c.p.p. Con la seguente precisazione: in una scena criminis informatica l’ “urgenza” è in re

ipsa, rimanendo dunque una sola variabile, la ripetibilità o meno dell’atto.

In ambito digitale, a parere di chi scrive e con buona pace della quasi unanime giurisprudenza, la risposta all’iniziale interrogativo (area di legittimità dell’intervento urgente di polizia giudiziaria) non passa attraverso la tradizionale distinzione tra rilievi e accertamenti tecnici, ma deriva, piuttosto, dalla contrapposizione fra rilievi modificativi e rilievi non modificativi degli elementi di prova. Spostando l’attenzione su quest’ultimo aspetto (la

251 La possibilità di svolgere unilateralmente atti aventi valenza probatoria deve essere considerata come extrema

ratio, quando risulti «improcrastinabile il suo compimento al fine della salvaguardia delle fonti di prova, suscettibili di repentina ed inevitabile dispersione o alterazione». Così, G. BELLANTONI, Sequestro probatorio e processo penale, Piacenza, 2005, p. 323.

252 Cfr. Nuovo codice di procedura penale, a cura di G. CONSO – V. GREVI – G. NEPPI MODONA, IV, Padova,

1989, p. 829. In giurisprudenza, cfr. Cass., sez. II, 27 marzo 2008, Gori, in CED Cass., n. 239774. In dottrina, v. D. CURTOTTI NAPPI, I rilievi e gli accertamenti sul locus commissi delicti nelle evoluzioni del codice di procedura penale, in D. CURTOTTI NAPPI – L. SARAVO (a cura di), Manuale delle investigazioni sulla scena del crimine. Norme, tecniche, scienze, Torino, 2013, pp. 49 e 50.

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potenziale modifica unilaterale della scena), è possibile apprezzare la seguente tesi: durante la fase di assicurazione delle fonti di prova (tracce, cose o luoghi pertinenti al reato), la polizia giudiziaria è legittimata a compiere tutte quelle attività che si rendano necessarie per garantire la conservazione della scena criminis, ad eccezione di quelle che sono di per sé lesive dell’obiettivo della preservazione della fonte originale. D’altronde, se i rilievi e gli accertamenti urgenti di cui all’art. 354, co. 2, c.p.p. hanno come obiettivo la conservazione delle prove, sarebbe contraddittorio e paradossale che fossero proprio questi la causa della alterazione dei reperti. Tutto ciò che è potenzialmente in grado di modificare la scena criminis originale necessita del contraddittorio con la controparte, da instaurarsi nelle forme dell’art. 360 o dell’art. 392 c.p.p., a seconda dell’urgenza della situazione concreta. Ragionare diversamente significherebbe ammettere l’esistenza di una irragionevole disparità di trattamento tra polizia giudiziaria, da un lato, e pubblico ministero e difensore, dall’altro, giacché in una simile situazione di urgenza alla prima sarebbe consentito di agire sacrificando la genuinità mentre ai secondi ciò sarebbe precluso. E’ ovvio che non è così: anche se sollecitata dall’urgenza del provvedere, la modifica delle fonti di prova, per tradursi in un atto avente valenza probatoria deve essere sempre svolta in contraddittorio; l’intervento unilaterale urgente intanto può dar luogo a risultati probatori utilizzabili, in quanto dia garanzia di inalterabilità dell’originale.

In conclusione, le regole di utilizzabilità sono le stesse sia per i rilievi che per gli accertamenti tecnici: la ripetibilità dell’atto consente l’intervento unilaterale; la non ripetibilità impone il ricorso alla bilateralità, con il coinvolgimento della controparte in occasione del compimento di un’attività unica e finalizzata alla formazione della prova.

A ben guardare, quindi, i due istituti –rilievi e accertamenti tecnici- si influenzano a vicenda, integrando una disciplina valevole per tutti gli atti di indagine di natura tecnica, a prescindere dal nome e dal soggetto che li ponga in essere.

In particolare: 1) gli accertamenti tecnici attingono dai rilievi l’obbligo di conformità al protocollo desumibile ex art. 354, co. 2, c.p.p.; 2) i rilievi traggono dagli accertamenti tecnici il divieto di modificare unilateralmente la prova in assenza di contraddittorio, ex artt. 360 c.p.p. e 117 disp. att. c.p.p.

Quanto al primo aspetto, laddove in relazione alle particolarità delle circostanze concrete all’estrazione della copia forense provveda il pubblico ministero, ex artt. 359 c.p.p., o il difensore privato, a norma dell’art. 391-sexies c.p.p., la diversa qualificazione giuridica dell’attività (da rilievo ad accertamento tecnico) non affrancherebbe le parti dal dovere di

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garantire conservazione ed integrità di quanto acquisito. Quindi, in ambito digitale, sia che si accerti, sia che si rilevi, il minimo comun denominatore è sempre il rispetto del protocollo, quale garanzia di conservazione e immodificabilità del dato.

Quanto al secondo aspetto, appare opportuno differenziare, all’interno della vasta categoria dei rilievi, quelli modificativi da quelli non modificativi della prova: questi ultimi possono senz’altro essere svolti unilateralmente in sede di sopralluogo, così come in occasione del compimento di atti a sorpresa, da ciascun soggetto e ciascuna parte in base alle rispettive attribuzioni e competenze; i rilievi modificativi, invece, sottostanno alla disciplina desumibile dal combinato disposto degli artt. 360 c.p.p. e 117 disp. att. c.p.p., senza alcuna eccezione. Ciò significa che è vietato ad una parte -sia che rilevi, sia che accerti- modificare unilateralmente l'elemento di prova senza instaurare il previo contraddittorio con la controparte.

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