• Non ci sono risultati.

Prova atipica e riserva di giurisdizione

Nel documento INDAGINI INFORMATICHE E PROCESSO PENALE (pagine 114-117)

2. IL PUNTO DI VISTA TECNICO-GIURIDICO

2.3 Prova atipica o prova incostituzionale?

2.3.2 Prova atipica e riserva di giurisdizione

Quando lo strumento investigativo atipico non coinvolge diritti protetti da riserva di legge rinforzata367, il principio di proporzionalità impone la massima cautela, in nome della necessità di un equo ed imprescindibile bilanciamento degli interessi coinvolti: nella fase delle indagini preliminari, il suo svolgimento rientra tra le facoltà previste dagli artt. 55, 347 e 370 c.p.p.368, con la necessità, tuttavia, di un previo e congruamente motivato provvedimento dell’autorità giudiziaria (quindi, anche del p.m.); in dibattimento, i suoi risultati possono essere utilizzati nel rispetto dei requisiti sostanziali di cui all’art. 189 c.p.p., previa ammissione da parte del giudice, il quale dovrà sentire le parti in contradditorio sulle modalità di assunzione369.

366 Così, C. CONTI, Annullamento per violazione di legge in tema di ammissione, acquisizione e valutazione delle prove: le variabili giurisprudenziali, cit., p. 487. Amplius, C. CONTI, Accertamento del fatto e inutilizzabilità nel processo penale, cit., p. 172.

367 Si tratta di beni giuridici sì previsti in Costituzione, ma non tutelati dalla riserva di legge circa i casi e i modi

di una loro possibile compressione (e tuttavia “coperti”, per così dire, dall’art. 2 Cost.).

368 Cfr. Cass., sez. IV, 29 gennaio 2007, Navarro Mongort, in Cass. pen., 2008, p. 1137.

369 Come noto e già detto, l’art. 189 c.p.p. consente l’ammissibilità della “prova atipica” nel processo penale al

sussistere dei seguenti presupposti sostanziali: a) idoneità ad assicurare l’accertamento dei fatti; b) rispetto della libertà morale della persona fonte di prova. Occorre, inoltre, dal punto di vista procedurale, che il giudice senta le parti sulle modalità di assunzione della prova prima di decidere con ordinanza sulla richiesta di ammissione. Quanto al primo dei due requisiti sostanziali, la prova atipica deve essere in concreto capace di fornire elementi attendibili e di permettere una valutazione sulla credibilità della fonte di prova. Rispetto della libertà morale della persona, significa evitare influenze ab extra sul processo volitivo della persona, cioè garantire la facoltà della persona di determinarsi liberamente rispetto agli stimoli. Quanto, infine, al requisito procedurale, qualora si tratti di “mezzi di ricerca della prova” atipici, anziché configurare un contraddittorio anticipato sulla ammissione nel corso delle indagini, si potrà [rectius, si dovrà] svolgere un contraddittorio successivo sulla utilizzabilità degli elementi acquisiti, che dipenderà dalle modalità di svolgimento del mezzo atipico sfruttato

110

In questi casi, in assenza di stretti vincoli costituzionali ed in mancanza di precise regole codicistiche, il bilanciamento tra opposti interessi –pur doveroso- spetta all’autorità giurisdizionale. Tutto deve essere bilanciato, in ossequio al principio di proporzionalità; solo che nella prima ipotesi –diritti coperti da riserva di legge- l’ago della bilancia è in mano al legislatore, mentre nella seconda –diritti non coperti dalla riserva di legge rinforzata- è prerogativa del giudice.

Nel nostro ordinamento giuridico, l’atto motivato dell’autorità giudiziaria rappresenta quel “livello minimo di garanzie” necessario ma anche sufficiente per garantire un giusto equilibrio tra la tutela dei diritti dei soggetti coinvolti nel procedimento penale e l’esigenza di accertamento del fatto di reato e di punizione dei colpevoli. In particolare, la teorizzazione del “livello minimo di garanzie”, come vera e propria “tecnica di risoluzione dei conflitti”, trova uno sviluppo progressivo nella giurisprudenza della Corte costituzionale. Punto di partenza è la importantissima sentenza n. 81 del 1993, relativa al giudizio di costituzionalità dell’art. 266 c.p.p. in riferimento all’art. 15 Costituzione. Nel caso specifico, nel corso di un procedimento penale per molestie o disturbo alle persone a mezzo del telefono, il giudice si era trovato a dover decidere circa l’ammissibilità dei tabulati contenenti informazioni relative alle telefonate effettuate dalla persona imputata a quella offesa, con specifica indicazione dei giorni e delle ore delle telefonate stesse, in considerazione del fatto che tali tabulati erano stati acquisiti, presso il gestore, con provvedimento del pubblico ministero durante le indagini preliminari senza l’osservanza delle particolari cautele assicurate dal codice di rito alle intercettazioni telefoniche. Nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale posta dal giudice remittente, la Consulta ha chiarito che, «ferma restando la libertà del legislatore di stabilire norme di attuazione dei principi costituzionali, il livello minimo di garanzie […] –che esige con norma precettiva tanto il rispetto di requisiti soggettivi di validità in ordine agli interventi nella sfera privata relativa alla libertà di comunicazione (atto dell’autorità giudiziaria, sia questa il pubblico ministero, il giudice per le indagini preliminari o il giudice del dibattimento), quanto il rispetto di requisiti oggettivi (sussistenza e adeguatezza della motivazione in relazione ai fini probatori concretamente perseguiti)- pone un parametro di validità che spetta al giudice a quo applicare direttamente al caso di specie, al fine di valutare se l’acquisizione del tabulato, contenente l’indicazione dei

111

riferimenti soggettivi, temporali e spaziali delle comunicazioni telefoniche intercorse, possa essere considerata legittima e, quindi, ammissibile» 370.

Questo modo di procedere non è rimasto un caso isolato. Sempre con riferimento all’acquisizione di tabulati telefonici per fini di indagine, nella successiva sentenza n. 281 del 1998 la Corte costituzionale, pur auspicando «che il legislatore provveda a disciplinare in modo organico l’acquisizione e l’utilizzazione della documentazione relativa al traffico telefonico, in funzione della specificità di questo particolare mezzo di ricerca della prova, che non trova compiuto sviluppo normativo nella disciplina generale prevista dal codice in tema di dovere di esibizione di atti e documenti e di sequestro», precisa che nel caso de quo «il livello minimo di garanzie […] risulta allo stato rispettato per l’aspetto specificatamente dedotto della autorizzazione del pubblico ministero all’acquisizione dei tabulati»371. Tale “livello minimo di garanzie”, chiarisce la Corte, consta di due fondamentali requisiti: un requisito soggettivo, consistente nella necessità che l’attività atipica sia stata preventivamente autorizzata attraverso un atto del pubblico ministero o del giudice; un requisito oggettivo, che si traduce nell’obbligo che tale atto autorizzativo abbia un’adeguata motivazione in relazione ai fini probatori concretamente perseguiti attraverso lo strumento atipico di indagine.

La teoria che fa leva sul concetto di “livello minimo di garanzie” deriva da una interpretazione sistematica delle norme del codice di rito dedicate specificatamente ai mezzi di ricerca della prova. Basti pensare all’artt. 253 c.p.p. (oggetto e forma del sequestro), laddove, per l’assicurazione degli elementi di prova (corpo del reato e cose pertinenti al reato) ai fini dell’ “accertamento del fatto”, prevede una delega in bianco all’autorità giudiziaria, la quale è tenuta, tuttavia, a motivare con decreto la limitazione dei diritti dei singoli su tali oggetti (in particolare, le ragioni della privazione fisica o anche soltanto giuridica del bene sequestrato). Con lo stesso decreto, l’autorità giudiziaria ordina l’esibizione di atti e documenti coperti da segreto d’ufficio o professionale (art. 256 c.p.p.). Non esistono “casi” e “modi” dettagliatamente descritti dal legislatore, ma solo la previsione che l’incidenza sui diritti soggettivi connessi all’espletamento di tali atti sia gestita attraverso un provvedimento giurisdizionale congruamente motivato. Quando, invece, ad essere incisi sono diritti coperti da riserva di legge rinforzata, lo standard qualitativo delle norme del codice sale

370 Questo è il ragionamento seguito dalla Corte costituzionale con riferimento alla acquisizione dei tabulati

telefonici prima della entrata in vigore del codice della privacy che ne ha compiutamente disciplinato l’utilizzazione per fini investigativi. Cfr., Corte costituzionale, sentenze n. 81 del 1993 e n. 366 del 1991, in www.giurcost.org.

112

vertiginosamente: basti considerare gli artt. 273 e ss. in tema di limitazione cautelare della libertà personale, gli artt. 244 e 247 in tema, rispettivamente, di ispezioni e perquisizioni, nei quali è in gioco l’inviolabilità della persona e del domicilio, nonché gli artt. 266 e ss., dedicati alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, lesive della libertà e della segretezza della corrispondenza.

Da quanto appena esposto, si può trarre una conclusione: non esiste un’unica misura di tutela; la tutela apprestata dal codice varia in ragione del bene giuridico compresso per fini investigativi; da una tutela massima (riserva di giurisdizione e riserva di legge) si passa ad una tutela attenuata (minimo livello di garanzie) realizzata attraverso il provvedimento motivato dell’Autorità giudiziaria.

Nel documento INDAGINI INFORMATICHE E PROCESSO PENALE (pagine 114-117)