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LA RIPARTIZIONE DELL'ONERE DELLA PROVA DIGITALE

Nel documento INDAGINI INFORMATICHE E PROCESSO PENALE (pagine 82-84)

L'art. 27, co. 2, Cost. introduce nel nostro sistema processuale una presunzione, seppur relativa, di innocenza261 a favore del soggetto imputato. Come noto, in un'unica formula convivono una regola di trattamento ed una regola probatoria: la prima impone che l’imputato non sia assimilabile al colpevole se non dopo una condanna definitiva, il che si traduce nel divieto di anticipazione della pena; la seconda, letta in combinato disposto con l'art. 2728, co. 1, c.c.262, prescrive che nel processo penale l'onere della prova circa la reità dell'imputato grava sulla parte che accusa. La parte su cui grava tale onere deve convincere il giudice della esistenza del fatto storico affermato attraverso gli elementi di prova acquisiti263. Va da sé che la parte su cui incombe l’onere della prova subisca poi, dal punto di vista processuale, le conseguenze svantaggiose derivanti dal non aver soddisfatto l’onere medesimo264.

Nel processo penale, l’onere della prova grava quindi sul pubblico ministero, il quale deve dimostrare il fatto addebitato all’imputato, provandone la reità in modo da eliminare ogni ragionevole dubbio265. La difesa, invece, ha l’onere di provare la mancanza di credibilità delle fonti o l’inattendibilità delle prove raccolte dall’accusa, con la possibilità di fornire ricostruzioni alternative del fatto, in modo da insinuare un ragionevole dubbio sulla prospettazione offerta dall’accusa.

La mancata soddisfazione dell’onere della prova da parte dell’accusa ha come conseguenza, dal punto di vista processuale, l’assoluzione dell’imputato, ex art 530, co. 2, c.p.p.

In altre parole, dalla presunzione, seppur relativa, di innocenza dell’imputato, si ricava che è onere della parte che accusa acquisire fonti di prova genuine da cui estrapolare elementi di

261 La dottrina tradizionale utilizza comunemente l’espressione “presunzione di non colpevolezza”, che ha una

palese connotazione negativa. Parla, più correttamente, di “presunzione di innocenza” P. TONINI, in C. CONTI – P. TONINI, Il diritto delle prove penali, cit., p. 69, interpretando - secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, sentenze gemelle n. 348 e 349 del 2007 - la ambigua formula di cui all’art. 27, co. 2, Cost., alla luce dell’art. 6, co. 2, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, secondo cui «ogni persona accusata di un reato è presunta innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata».

262 «Le presunzioni legali dispensano da qualunque prova coloro a favore dei quali esse sono stabilite».

263 Ex art. 2697, co. 1, infatti, «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono i

fondamento».

264 L’onere è definibile come la situazione giuridica attraverso la quale l’ordinamento impone ad un soggetto di

comportarsi in un determinato modo, se questi vuole ottenere un qualche vantaggio.

265 Ex art. 533, co. 1, c.p.p., così come modificato, nel 2006, con la legge n. 46. Ragionevole significa

“comprensibile” da una persona razionale e “oggettivabile” in motivazione da parte del giudice attraverso gli elementi a disposizione. Cfr. C. CONTI, Al di là di ogni ragionevole dubbio, in AA.Vv., Novità su impugnazioni penali e regole di giudizio. La legge 20 febbraio 2006, n. 46, coordinato da A. SCALFATI, Milano, 2006, pp. 102 e ss.

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prova attendibili, mentre la difesa può limitarsi a dimostrarne esclusivamente il deficit di attendibilità per ottenere il vantaggio processuale connesso a siffatta ripartizione dell’onere della prova.

Il nodo interpretativo da sciogliere, quindi, consiste proprio nel comprendere fino a che punto si debba spingere la difesa per dimostrare la mancanza di attendibilità delle prove offerte dall’accusa.

In particolare, è legittimo chiedersi se a fronte della violazione delle best practices da parte degli inquirenti la difesa abbia l’onere di provare l’avvenuta manipolazione dei files introducendo elementi concreti da cui desumere il tipo di alterazione o possa limitarsi ad allegare il mancato rispetto del protocollo. Se la regola probatoria fosse la stessa del processo civile266, la risposta sarebbe scontata: è onere della difesa provare il tipo di manipolazione lamentata. Senonché, nel processo penale esiste la regola probatoria della presunzione di innocenza che, letta insieme alla regola di giudizio del ragionevole dubbio, impone alla difesa un onere molto meno gravoso. Il ragionevole dubbio circa l’attendibilità della prova offerta dall’accusa ben si pone allegando esclusivamente il mancato rispetto di quel protocollo che la legge impone proprio a garanzia della genuinità della prova di natura digitale.

Ragionando diversamente, si imporrebbe alla difesa un onere della prova che non solo non le compete ex art. 27, co. 2, Cost., «ponendosi al di fuori dell’architettura sistematica del nostro ordinamento processuale267», ma che rasenta la c.d. “prova diabolica”, non essendo possibile individuare ex post il tipo di alterazione subita dal file. Una simile prova sarebbe possibile, da parte della difesa, solo attivando quel contraddittorio anticipato ex art. 360 c.p.p., che, tuttavia, in sede di indagini informatiche non sempre è praticabile268. Il controllo successivo del verbale, ex art. 366, co. 1, c.p.p. e l’assistenza del difensore senza preavviso, ex art. 356 c.p.p., non consentono, infatti, di verificare e dimostrare tesi alternative, ma solo di sollevare eventuali difformità tra l’operato dell’autorità inquirente ed il protocollo desumibile

ex lege.

Ed allora, il rispetto della procedura rappresenta l’unica ma fondamentale garanzia della corretta acquisizione della prova informatica nel processo penale, con la conseguenza che è

266 Ex art. 2697, co. 2, c.c., infatti, «chi eccepisce l'inefficacia [dei fatti costitutivi del diritto] ovvero eccepisce

che il diritto si è modificato o estinto, deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda». Medesimo standard probatorio, dunque, tra attore e convenuto, in ragione del fatto che nel processo civile i diritti sui quali si controverte si equivalgono.

267Così, A. E. RICCI, Digital evidence e irripetibilità delle operazioni acquisitive, in Dir. pen. proc., 2010, 3, p.

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onere dell’accusa osservare il protocollo così come è onere della difesa contestarne la corretta applicazione; ma nulla di più269.

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