• Non ci sono risultati.

Ipertesti e ipermedia

Nel documento Un modello di eBook per la lingua latina (pagine 149-162)

Capitolo 4. Gli Educational Hypermedia Systems

4.1. Ipertesti e ipermedia

Alla teoria dei grafi rimandano le nozioni di ‘nodi’, ‘link’, ‘rete’ che definiscono quella particolare strutturazione dell’informazione che, in opposizione alle nozioni di linearità e sequenzialità tipiche della testualità tradizionale, viene detta ipertestuale. Com’è noto i termini “ipertesto” e “ipermedia” furono coniati nel 1965 da Theodor Nelson, per indicare un testo a più dimensioni, in quanto non sequenziale, e tale da lasciare al lettore la possibilità di scegliere fra diversi percorsi di lettura: «Scrittura non-sequenziale, testo che si dirama e che consente al lettore di scegliere, e che si legge meglio su uno schermo interattivo. Così com’è comunemente inteso, un iperte-sto è una serie di brani di teiperte-sto tra cui sono definiti legami che consentono al lettore differenti cammini»154. Il termine “ipermedia” esisteva la nozione di ipertesto, indi-cando una tipologia di organizzazione delle informazioni non solo testuali ma multi-mediali (insieme di testi, audio, video e animazioni): comunque nella letteratura il termine ipertesto si è imposto su ipermedia e si è generalizzato.155 La definizione di

154 Theodor H. Nelson, Literary Machines 90.1. Il progetto Xanadu, traduzione italiana di Valeria Scaravelli e Walter Vannini, Muzzio, Padova, 1992. Scrive di sé Nelson nella pagina Who I am: «Best known for: coining terms "hypertext" and "hypermedia," 1963 (first published 1965) and as founder and pursuer of Project Xanadu». http://ted.hyperland.com/whoIam/.

155 Fra gli altri, Geroge Landow: «I do not distinguish between hypertext and hypermedia. Hyper-text denotes an information medium that links verbal and non verbal information», HyperHyper-text 3.0. Critical Theory and New Media in an Era of Globalization. 3rd ed., Baltimore: The Johns Hopkins

ipertesto data da Nelson è divenuta canonica nei decenni successivi; il concetto di i-pertesto si fa però risalire all’ingegnere Vannevar Bush, il quale nel 1945 descrisse in un celebre articolo visionario,156 un dispositivo elettronico, mai realizzato, battezzato Memex (“MEMory EXtender”), che doveva essere in grado di gestire informazioni. Bush definì questo dispositivo propriamente come un supplemento potenziato della memoria di un individuo che avrebbe potuto aggiungere commenti e creare collega-menti fra le diverse informazioni per facilitarne il loro ritrovamento. Il Memex era descritto come una scrivania dotata di schermi traslucidi, una tastiera, un insieme di bottoni e leve. All'interno, meccanismi motorizzati per la ricerca ultra-rapida in un vasto archivio di microfilm, che immagazzinava materiali a stampa di ogni genere (sia testi che immagini). Oltre a cercare e reperire informazioni in questo modo, il Memex avrebbe dovuto permettere al lettore di aggiungere note a margine e scrivere commenti sfruttando la fotografia a secco; avrebbe dovuto consentire altresì la crea-zione di collegamenti stabili tra documenti diversi, attraverso la loro semplice sele-zione e la pressione di un tasto da parte dell'utente. Nella descrisele-zione di questo di-spositivo, Bush propose la nozione di blocchi di testo, e usò parole come “link” e “network” per riferirsi alla sua nuova concezione di testualità. Elemento importante è che nella visione di Bush si coglieva già anche «una riconfigurazione delle pratiche di lettura e di scrittura, nella quale entrambe le attività tendono a convergere più stret-tamente rispetto a quanto sia possibile con il libro tradizionalmente inteso»157. Le i-dee di Bush, a distanza di un ventennio, influenzarono profondamente il già citato Theodor Nelson, il quale a partire dal 1960 si cimentò nella realizzazione del progetto Xanadu, un ipertesto pervasivo e globale158 mai interamente compiuto, e influenza-rono anche altri ricercatori che hanno contribuito significativamente alla

Univerity Press, 2006, p. 3. Di parere opposto Antinucci, che ha affermato:«Ipermedia non è sempli-cemente un ipertesto cui sono stati aggiunti altri media, né un multimedia che presenta legami iperte-stuali. È qualcosa di più e insieme di specifico rispetto a queste cose: l'ibrido è una nuova specie, in cui le parti componenti non si sommano ma, restando nella metafora, si moltiplicano», Sistemi

iperme-diali per l’apprendimento. Fondamenti psicologici e didattici.

www.tiziana1.it/eBooks/Risorse/sis_iperm_.PDF.

156 Vannevar Bush, “As we may think.” Atlantic Monthly 176 (1945): 101-108. http://www.theatlantic.com/magazine/archive/1945/07/as-we-may-think/3881/2/.

157 Landow, Hypertext 3.0, cit., p. 12.

158 http://www.xanadu.com/. Per maggiori dettagli sul progetto, si può leggere la presentazione dell’autore pubblicata su ACM Computing Surveys 31.4 (dicembre 1999), disponibile al seguente indi-rizzo: http://www.cs.brown.edu/memex/ACM_HypertextTestbed/papers/60.html.

ne del concetto di ipertesto, realizzando i primi sistemi ipertestuali alla fine degli an-ni ‘60: tra questi Douglas Engelbart, che ian-niziò a lavorare al suo progetto Augment nel 1962 e realizzò all’interno di esso il sistema NLS (oN-Line System), e Andries van Dam159 che presso la Brown University realizzò fra il 1967 e il 1968 l’Hypertext Edi-ting System (HEP), il primo sistema ipertestuale funzionante al mondo.160 Dalla fine degli anni sessanta per un ventennio si assiste a un fiorire di software per la creazio-ne di ipertesti più o meno sofisticati creazio-nella strutturaziocreazio-ne (propriamente detti ‘Hyper-text systems’, fra i quali Ipermedia, HyperCard, Toolbook, ed altri), che hanno con-dotto alla realizzazione di una moltitudine di ipertesti ‘possibili’, sia rispetto all’organizzazione strutturale sia rispetto alle interfacce sia rispetto alle loro funzioni e fruizione: infatti, sono da considerarsi ipertesti tanto le pagine Web161 e i wiki162 (i cosiddetti “ipertesti on-line”), quanto gli ipertesti su CD-ROM e su DVD, come per esempio le Enciclopedie o i materiali didattici in formato digitale (i cosiddetti “iperte-sti off-line”); parimenti i libri digitali (gli eBook) e i sistemi di aiuto on-line dei vari software. Parallelamente si amplia il concetto di ipertesto, declinato in differenti de-finizioni, e si tentano anche classificazioni in tipologie ipertestuali definite, in base al-la funzione (ipertesti strumentali alal-la conoscenza vs. ipertesti creativi), all’origine dei materiali (ipertesti compilativi vs. ipertesti nativi), o alle modalità fruitive (per esem-pio esplorazione; consultazione; ricerca; leggere per imparare; costruzione del testo; gioco del labirinto).163 Ma dinanzi alla complessità del fenomeno “ipertesto”, un solo

159 Allo stesso van Dam si fa risalire il primo impiego del termine ‘e-book’: Roncaglia, La quarta ri-voluzione, cit., p. 61.

160 Per una storia dell’ipertesto e dei sistemi ipertestuali, che convenzionalmente si fa partire pro-prio dal Memex di Vannover Bush, si legga Jacob Nielsen, Multimedia and Hypertext. The Internet and Beyond. Boston: Academic Press, 1995.

161 A questo proposito J. David Bolter ha affermato: «Nel bene e nel male, oggi per noi il Web è l’ipertesto, nel senso che tutte le precedenti applicazioni ipertestuali sembrano in confronto sperimen-tali o provvisorie.» Lo spazio dello scrivere: computer, ipertesto e la ri-mediazione della stampa, trad. it. di Stefano Galli, Milano: Vita e Pensiero, 2002, XI. Sul grafo del Web si può leggere il paragra-fo 3.2.

162 Nel 1995 fu ideato da Ward Cunningham il primo wiki, idea, nome e tecnologia che sono alla ba-se dell’attuale Wikipedia: «Un Wiki è una pagina (o comunque una collezione di documenti iperte-stuali), che viene aggiornata dai suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che vi hanno accesso» http://it.wikipedia.org/wiki/Wiki.

163 Queste le categorie identificate dalla Gasparini sulla base del «tipo di azione compiuta dal fruito-re più che nell’ambito del contenuto», Gianfranco Bettetini, Barbara Gasparini e Nicoletta Vittadini, Gli spazi dell’ipertesto. Milano: Bompiani, 1999, p. 122. Secondo il medesimo criterio, Monica

Lando-criterio classificatorio alla volta scelto fra i tre fondamentali si è rivelato comunque insufficiente.164

Gli anni novanta, che vedono l’esplosione di Internet e del Web, sono stati animati, dunque, da un ricco dibattito teorico sull’ipertesto, che si è nutrito dei contributi di aree di ricerca distinte, oltre all’informatica; all’interno di queste l’ipertesto è stato considerato sotto aspetti diversi in concomitanza all’angolo visuale adottato: per e-sempio, in campo umanistico, secondo quanto evidenziato da Barbara Gasparini,165 gli studiosi della storia della scrittura hanno considerato «l’ipertesto propriamente come tecnologia di scrittura» (fra questi si situano gli studi importanti di Bolter sulla rimedi azione);166 una parte degli studiosi della teoria della letteratura lo hanno con-siderato perlopiù «come supporto per la diffusione e circolazione delle conoscenze», al pari del libro (fra questi Landow, Vandendorpe);167 un’altra parte degli studiosi di teoria della letteratura e di semiotica hanno considerato l’ipertesto «come costrutto testuale» (fra questi Giovanna Cosenza).168 Da parte di alcuni studiosi è stato sottoli-neato che a un livello d’astrazione diverso l’ipertesto si configuracome “rete semanti-ca e concettuale attorno a un argomento”.169

In ambito informatico, l’attenzione si è concentrata particolarmente sull’architettura dei sistemi ipertestuali e sulle loro applicazioni. Premesso, dunque, il carattere estremamente interdisciplinare della ricerca che ha riguardato l’ipertesto, e la conseguente ampiezza ed eterogeneità della letteratura esistente sull’argomento, di seguito verranno presentate alcune definizioni elaborate all’interno di ambiti

ni identifica le seguenti tipologie di lettura: Intrattenimento; Studio/Apprendimento; Ricer-ca/Esplorazione; Lavoro (Work); Informazione (Instruction): “Books in Digital Libraries.” In E-Publishing and Digital Libraries: Legal and Organizational Issues, ed. Ioannis Iglezakis, Tatiana-Eleni Synodinou and Sarantos Kapidakis. Hershey, PA: IGI Global, 2011: 131-140.

164 Per un’interessante ipotesi di classificazione e, più in generale, per una sintesi densa sul dibattito sull’ipertestualità, si legga Maria Teresa di Pace, Il dibattito sull’ipertestualità in ambito letterario. http://www.labcity.it/Strumenti/Materiali/Ildibattitosullipertestualit%C3%A0/tabid/65/language/en -US/Default.aspx.

165 Bettetini, Gasparini, Vittadini, Gli spazi dell’ipertesto, cit., p. 29.

166 Jay David Bolter, Richard A. Grusin, Remediation. Competizione e integrazione tra media vec-chi e nuovi. 2a ed. Milano: Guerini Studio, 2006.

167 Christian Vandendorpe, From Papyrus to Hypertext. Toward the Universal Digital Library. Chicago: University of Illinois Press, 2009.

168 Giovanna Cosenza, Semiotica dei nuovi media. Roma-Bari: Laterza, 2004.

169 La definizione è attribuita a Gianfranco Bettetini da Giuseppe Alessandri, Dal desktop a second life. Tecnologie nella didattica. Perugia: Morlacchi, 2008. p. 180.

sciplinari diversi, con l’obiettivo di isolarne gli elementi comuni e, dunque, quelli che possono essere considerati costitutivi.

Nel 1995 Jacob Nielsen, nella seconda edizione del suo libro Multimedia and Hypertext, parte dalla definizione più semplice e, si può dire, basilare formulandola per opposizione al libro tradizionalmente inteso: «L’ipertesto è non sequenziale; non c’è in esso un unico ordine che determina la sequenza di lettura [...] esso consiste di pezzi di testo (o altra informazione) interconnessi [...] ogni unità di informazione si chiama nodo; quale che sia la granularità di esso, ognuno deve avere dei puntatori ad altre unità, e questi vengono chiamati link. Il numero di link non è normalmente fis-sato in anticipo, ma dipende dal contenuto di ciascun nodo. Alcuni nodi vengono cor-relati a molti altri e dunque avranno numerosi link, altri nodi invece servono solo come destinazione di link, ma non presentano a loro volta link in uscita; a volte nodi di questo tipo, privi di link, vengono chiamati foglie»170.

George Landow, studioso dell’ipertesto letterario, propone le seguenti definizioni a distanza di alcuni anni l’una dall’altra: «L’ipertesto è un testo composto da blocchi di parole (o immagini) connesse elettronicamente secondo percorsi molteplici in una testualità aperta e perpetuamente incompiuta descritta dai termini di collegamento, nodo, rete, tela, percorso»171. Successivamente lo stesso autore formula una defini-zione nella quale emerge come elemento di novità il tentativo di fondere insieme il concetto di ipertesto, che era andato affermandosi nella teoria letteraria strutturalista e post-strutturalista, e quello che era stato espresso dai ricercatori di ambito informa-tico: «Ipertesto [...] denota un testo composto da blocchi di testo, quelli che Barthes chiama lexia (=lessia), e link elettronici che li legano fra loro. La parola “ipermedia” semplicemente estende la nozione di testo tipica dell’ipertesto, includendo informa-zioni visive, suoni, animainforma-zioni e altri tipi di dati»172.

L’ultima definizione proposta è quella formulata nel 2004 da Giovanna Cosenza in uno studio intitolato “Semiotica dei nuovi media”:173 «Un ipertesto è un testo

170 Jacob Nielsen, Multimedia and Hypertext, cit., pp. 1 - 2.

171 George Landow, Ipertesto. Il futuro della scrittura. Trad. it., Bologna: Baskerville, 1993, p. 92.

172 «Hypertext [...] denotes text composed of blocks of text – what Barthes terms lexia – and elec-tronic links that join them. Hypermedia simply extends the notion of text in hypertext by including visual information, sound, animation, and other forms of data», Hypertext 3.0, cit., p. 3.

le, e oggi nella maggior parte dei casi è un testo sincretico (dal sincretismo più sem-plice alla multimedialità piena ...); è composto da più parti (nodi), a loro volta testi digitali, a loro volta sincretici oppure no (un nodo può ad esempio contenere solo te-sto verbale o solo un’immagine); le parti dell’ipertete-sto sono organizzate e connesse fra loro da link elettronici, secondo una struttura che può essere non sequenziale e/o sequenziale; questa struttura determina il modo in cui l’ipertesto può essere sfoglia-to-navigato sullo schermo di un computer dai suoi lettori-utenti empirici; la struttura dell’ipertesto è progettata dalla stessa istanza di enunciazione, cioè dallo stesso auto-re o gruppo di autori empirici (e dai loro «alleati»: team di progettazione, editori multimediali, software house, ecc.) che hanno scritto-prodotto i contenuti delle parti dell’ipertesto, o li hanno assemblati e adattati da altre fonti».

Le caratteristiche fondamentali della forma ipertestuale che si possono dunque i-solare confrontando anche solo queste definizioni, sono le seguenti:

1. L’ipertesto è un sistema e una forma di comunicazione che ha bisogno

dell’ambiente digitale. Non c’è dubbio che, sebbene forme di ipertestualità siano presenti nella tradizione della cultura scritta (è noto che enciclopedie, dizionari, testi didattici ma anche tutto un filone di letteratura di avanguardia, ricorrono a modalità che si possono definire ipertestuali), gli strumenti informatici hanno contribuito a una crescita sia quantitativa sia qualitativa degli ipertesti: infatti, i link elettronici consentono di creare e visualizzare istantaneamente e senza limi-tazioni di estensione o di complessità, legami con testi e altri materiali multime-diali.

2. La caratteristica strutturale più marcata è la non linearità, in opposizione al testo tradizionalmente inteso: se quest’ultimo, infatti, presenta un’organizzazione dei contenuti rigidamente unidimensionale e unidirezionale, nel senso che si può leg-gere in una sola direzione lineare che va da sinistra a destra, in quanto modellata sulla concatenazione temporale (prima-poi), l’ipertesto, invece, presenta

un’organizzazione reticolare: i contenuti, infatti, frammentati in unità di dimen-sione variabile, in quanto interconnessi fra loro da legami, possono essere esplo-rati secondo molteplici cammini.

In base alla strutturazione dei contenuti (nodi) e dei link, si possono individuare tre strutture tipiche: la struttura multisequenziale (multipath), quella gerarchica e quella a rete,174 come esemplifica la Figura 4.1:

Figura 4.1 Le tre principali strutture di un ipertesto.

La struttura ‘multisequenziale’ (‘multipath’ nella precedente Figura 4.1) è una struttura che si presenta in larga parte lineare, ma offre possibilità di scelta di cam-mini alternativi. Questa struttura ipertestuale si presta bene a inglobare contenuti che vanno letti in sequenza (per lo più ricostruzioni storiche) e che offrono delle di-gressioni su certi eventi; o ancora a organizzare contenuti informativi che possono

174 Le categorie e le relative immagini sono tratte da David K. Farkas, “Hypertext and Hypermedia.” W.S. Bainbridge (ed.), Berkshire Encyclopedia of Human-Computer Interaction, Berkshire Publish-ing 2004, vol. 1: 332-336. http://faculty.washPublish-ington.edu/farkas/HCDE510-Fall2012/Farkas- http://faculty.washington.edu/farkas/HCDE510-Fall2012/Farkas-HypertextHypermedia-WGraphics.pdf.

essere selezionati e sequenzializzati secondo le preferenze e/o i livelli di conoscenza dell’utente. Essa appare, dunque, è particolarmente idonea a contesti didattici.

La struttura ‘gerarchica’ (‘hierarchy’ in Figura 4.1) è formata da nodi connessi in modo gerarchico, ossia per i quali è possibile definire una relazione padre-figlio o discendente-antenato. Questa struttura presenta il vantaggio di poter ordinare i bloc-chi informativi su vari livelli che, dall’alto verso il basso, diventano sempre più speci-fici.175 Alla struttura gerarchica base, per così dire, se ne può accostare una arricchita, in cui si prevedono dei link secondari o trasversali fra nodi dello stesso livello, o più padri per uno stesso nodo (come nella struttura gerarchica contenuta in Figura 4.1), che consentono quindi una maggiore liberà di navigazione all’interno dell’ipertesto. Ciò si rende necessario quando si devono realizzare ipertesti con molti nodi: in que-sto caso è sicuramente più vantaggiosa una struttura gerarchica che si sviluppa in larghezza, piuttosto che una che si sviluppa in profondità, cioè su più livelli. Va da sé che una forma estrema di gerarchia è quella rappresentata con un cammino linea-re:176 in essa si permettere lo scorrimento della struttura in modo rigidamente se-quenziale, come nel caso della forma-libro.

La struttura ‘a rete’ (‘Web-like’ nella Figura 4.1), è una struttura di nodi nella quale uno qualunque di questi può essere raggiunto da un qualunque altro nodo at-traverso dei link. Non esistono vincoli nella strutturazione dello spazio informativo, per cui essa offre la massima libertà di navigazione fra molteplici percorsi. A questa struttura ci si riferisce come alla forma classica di ipertesto.

175 Così David K. Farkas, Hypertext and Hypermedia, cit., p. 4.

176 Per questa visione in cui le diverse tipologie di ipertesti si vengono a situare in un continuum fra forma testuale e ipertesto vero e proprio, si legga Giovanna Cosenza, Semiotica dei nuovi media, cit.

Figura 4.2 Schematizzazione di un ipertesto.

Nella figura di sopra si rappresenta un ipertesto in cui i link sono evidenziati in rosso e disegnati come frecce unidirezionali (sono, dunque, archi orientati); i nodi del grafo ad uno sguardo superficiale potrebbero apparire le pagine: in realtà a ben vede-re solo in un caso c’è corrispondenza fra un’intera pagina e un nodo del grafo; in altri casi i nodi sono porzioni più piccole di testo, propriamente stringhe, oltre che la pa-gina intera; in altri casi ancora il link riguardo solo due stringhe di pagine diverse. Questa immagine sintetizza, insomma, alcuni dei possibili link di un ipertesto, che George Landow177 ha classificato in ben nove tipologie, rappresentate e dettagliate come segue:

1) Collegamento unidirezionale da lessìa a lessìa

In questo schema la freccia indica che da un punto qualsiasi di un documento (o nodo) si può passare a un altro, in un’unica direzione e senza che il link punti a un particolare elemento del testo di arrivo. Questa tipologia di collegamento è molto semplice, richiede poca pianificazione, ma è svantaggiosa nel caso di documenti lun-ghi, laddove non è facile rendersi conto delle relazioni stabilite fra i due documenti sorgente e destinazione del link.

2) Collegamento bidirezionale da lessìa a lessìa

Due interi documenti sono collegati l’un l’altro in modo bidirezionale. Dunque, giunti a una pagina, con simili tipologie di link è consentito al lettore di tornare indie-tro, riconsiderando i passi fatti e recuperando i documenti di suo interesse.

3) Collegamento unidirezionale da stringa (parola o frase) a lessìa

Questa forma di collegamento mette in relazione una porzione di documento, che si definisce ‘testo ancora’, con un altro documento. Il fatto che il link abbia un punto di partenza preciso, orienta il lettore che già può prevedere su cosa verterà il docu-mento correlato, prima di arrivarci. Inoltre, simili tipologie di link consentono di la-vorare su lessìe estese, ricorrendo magari a forme di annotazione e tipizzazione dei link stessi, per renderli più perspicui.

Si tratta della medesima forma di relazione illustrata al punto 3) qui realizzata in forma bidirezionale, per consentire al lettore di tornare indietro.

5) Collegamento unidirezionale da stringa a stringa

Questo tipo di collegamento fra due porzioni circoscritte di due documenti è il più perspicuo ed orienta immediatamente il lettore. Per l’autore, la progettazione dell’ipertesto è però molto più laboriosa: bisognerà infatti avere chiaro il criterio con cui si creano di volta in volta i collegamenti.

6) Collegamento bidirezionale da stringa a stringa.

Si tratta di una variante della tipologia descritta la punto 5: il collegamento da stringa a stringa va da sinistra a destra e da destra verso sinistra.

Questa forma di collegamento crea una struttura ipertestuale più ricca, poiché da una porzione di testo se ne possono raggiungere diverse altre in differenti testi. Il let-tore, dunque, è incoraggiato a esplorare i testi seguendo liberamente i collegamenti che esistono. Come svantaggio di una simile tipologia si può indicare il senso di frammentazione o atomizzazione eccessiva dei documenti.

8) Collegamento da molte stringhe a una stringa

L’ottava tipologia di link collega molte stringhe a una sola stringa: essa è usata per

Nel documento Un modello di eBook per la lingua latina (pagine 149-162)