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Ippocrate e la nascita della letteratura medica

CAPITOLO II – La medicina greca come modello di cura.

2.2 Ippocrate e la nascita della letteratura medica

Sin dai tempi di Omero, dunque, sembra che l'arte medica sia stata in Grecia oggetto di insegnamento orale nell'ambito familiare. Dalle informazioni che abbiamo sul ramo della

194 Cfr. ivi, p. 199.

195 E. and L. Edelstein, Asclepius, a collection and interpretation of the testimonies, Baltimore, 1945, citazione tratta da Vegetti, op. cit., p. 11.

196 Jouanna, Ippocrate, cit., pp. 199-203.

197 Di Macaone figlio di Asclepio Omero diceva “vale quanto molti da solo un medico esperto, /che dardi estrae, che pieghe lenisce con farmachi succhi (sic)”, Iliade, XI, vv. 514-515, citato da Vegetti, op. cit., p.12. 198 Nell'immagine dell'arte medica che emerge dall'Iliade è invece maggiore l'aspetto religioso: lì le ferite, in

quanto procurate dall'uomo, sono curabili per mano del medico, ma le malattie vengono ancora demandate a fonte e terapia divine. Cfr. Vegetti, ibidem.

famiglia Asclepiade di Cos cui apparteneva Ippocrate sappiamo che essa era già da tempo celebre, e ci sono riportati i nomi e le vicende di alcuni antenati che si erano distinti e per la sapienza medica e per il valore militare.199 Sembra che fu proprio all'incirca al tempo di

Ippocrate che cominciarono ad essere ammessi all'insegnamento dell'arte anche allievi non appartenenti alla famiglia. Non è possibile dire con sicurezza se tale apertura ad estranei fosse già iniziata prima di Ippocrate o meno. Di sicuro, come attestato da Platone nel Protagora (311b), l'insegnamento dietro pagamento a giovani esterni alla famiglia era praticato da Ippocrate stesso.

In tempi arcaici quindi, almeno per fini didattici, non c'era alcuno stretto bisogno di testi scritti. Ci sono anche altri elementi che ci fanno pensare che la pratica della scrittura medica in generale non dovesse avere una lunga e storia,200 e tuttavia il cosiddetto Corpus

Hippocraticum non rappresenta il punto d'inizio della letteratura medica greca: esiste infatti

notizia di una letteratura medica precedente quella raccolta nel Corpus. In particolare l'opera collettiva denominata Sentenze cnidie, che avrebbe anzi conosciuto già una prima revisione e riedizione prima della comparsa della letteratura tramandataci (Vict. Acut., 1).201 Tuttavia i

testi che ci sono giunti possono essere considerati una “prima fioritura” della letteratura medica greca.202 E d'altro canto si potrebbe invece parlare a proposito del Corpus

Hippocraticum di “nascita” della medicina, secondo Jouanna, qualora si volesse con ciò

intendere il costituirsi della medicina come techne (termine al tempo corrispondente alle due nozioni ancora indissociabili di arte e scienza).

La fioritura della letteratura così come della riflessione teorica sull'arte medica è probabilmente il frutto di un'esigenza di difendere razionalmente la propria pratica e le proprie opinioni, sentita dai medici a causa di congiunte circostanze storiche, sociali e culturali. Tra le circostanze storiche che costrinsero i medici ad una maggiore cautela nella pretesa che l'arte medica fosse stata già del tutto scoperta (Loc.Hom., 46), ed a dover rendere conto maggiormente del proprio operato di fronte alle città ed ai singoli pazienti, è probabile abbia avuto un ruolo determinante il clamoroso insuccesso che segnò per essi la pestilenza che colpì Atene durante la Guerra del Peloponneso (430-429 a.C.). Inoltre le obiezioni teoriche rivolte alle technai ad esempio da ambienti sofistici (Soph. 232 d-e) costrinsero i medici a sottoporre le proprie vedute teoriche ad una maggiore elaborazione (traccia di questa

199 Jouanna, Ippocrate, cit., pp.14-19. 200 Ivi, p. 20 e ss.

201 Abbiamo notizia altresì di opere scritte dal nonno di Ippocrate, suo omonimo (Suda). 202 Jouanna, La nascita..., p. 4.

polemica c'è soprattutto nello scritto Sull'Arte). Non è forse da escludere, in via del tutto ipotetica, che lo stesso elenchos socratico possa aver giocato il suo ruolo di stimolo ad una maggiore riflessione sui fondamenti dell'arte: lo spirito essenziale dell'interrogazione socratica consiste d'altronde nel costringere l'interlocutore a “rendere ragione” di come ha condotto la propria vita e, nel caso dei tecnici, della propria pretesa di sapere.203

L'esigenza di una razionalizzazione dei contenuti di insegnamento della scienza medica è inoltre legati all'inserirsi della pratica medica nel contesto delle poleis.204 Caso esemplare di

ciò è l'istituzione dei “medici pubblici”, eletti dall'assemblea, delegati dalle istituzioni cittadine ad affrontare i problemi di salute pubblica. Al fine di rendere manifesta la propria superiorità rispetto agli altri (medici o ciarlatani) che potevano aspirare a questa carica, i medici “ippocratici” si trovavano di frequente a doversi confrontare in vere e proprie competizioni oratorie volte a convincere i cittadini della propria padronanza dell'arte.205

Alcune delle opere appartenenti al Corpus, ed in generale la forma razionale sotto la quale sono esposte le dottrine in esso, vanno considerate quindi come il risultato di un certo mutamento sociale oltre che eventualmente di un progresso teorico rispetto alla medicina precedente, o in generale della medicina greca rispetto a quella dell'antico Oriente.206

Ma veniamo a parlare della figura di Ippocrate. Egli fu senz'altro uno dei medici più noti e riconosciuti sin da quando era in vita, ma non fu che uno tra i medici che contribuirono alla fioritura della medicina greca e della letteratura medica.207 Per quanto riguarda la vita di

Ippocrate ci sono giunti diversi resoconti e testimonianze che ci fanno supporre come egli dovette avere grande fama sin da vivo. Platone lo cita come medico per antonomasia, al pari di Fidia e Policleto per l'arte scultoria (Prot. 311b-c). Aristotele lo dice “grande non per statura ma per talento” (Pol., VII 4, 1326a 15).

203 Per il motivo del logon didonai il riferimento obbligato è a Lach.187e-188b. Cfr. P. Hadot, Elogio di

Socrate, trad. it. di E Giovanelli, Il Melangolo, Genova, 1999, p.27: “Mettere in discussione il discorso porta

di fatto a mettere in discussione l'individuo che deve decidere se assumere o meno la risoluzione di vivere secondo coscienza e ragione”; ed. orig. Eloge de Socrate, Edition Allia, 1998. Cfr. infra, passim.

204 Cfr. P. Pellegrin, Ancient medicine and its contribution to the philosophical tradition, in A companion to

ancient philosophy, a cura di M. L. Gill e P. Pellegrin, Blackwell, Oxford-Malden, 2006, p. 666.

205 Si veda per l'istituzione del medico pubblico Jouanna, Ippocrate, cit., p. 76-80, e in generale per l'aspetto teatrale e retorico della pratica medica, ivi, cap. I della Parte Seconda.

206 Cfr. Pellegrin, op. cit., p. 664, “[...] Egyptian doctors, for example, were not wanting in theoretic boldness and constructed systems, both physiological and nosological, that bear comparison with certain Hippocratic treatises”.

Quel che sappiamo per certo è che Ippocrate nacque intorno al 460 a.C. nell'isola di Cos, in una famiglia aristocratica che da tempo immemore coltivava e tramandava l'arte medica.208

Come era probabilmente uso esclusivo dell'epoca al momento della sua educazione, Ippocrate fu educato all'arte da suo padre Eraclide e da suo nonno Ippocrate. Come già accennato, infatti, fu forse proprio nel periodo di operatività di Ippocrate che l'insegnamento fu aperto anche a discepoli estranei alla famiglia.209 Conosciamo della sua vita solo alcuni aneddoti,

tratti da alcune Lettere spurie: come quello che narra di come Ippocrate si sarebbe recato ad Abdera per visitare Democrito, ritenuto erroneamente pazzo dai suoi concittadini poiché rideva di tutto (trovandolo però saggio in quanto rideva in verità della follia dei più). Mentre informazione più sicura è che dopo aver praticato nell'isola natale, l'avrebbe lasciata per recarsi nella Grecia settentrionale (sarebbe infatti morto in Tessaglia). Arrivò fino ad Atene, probabilmente in occasione di una pestilenza avvenuta tra il 419 ed il 416, passando per Delfi.210

Ma veniamo ora ad una rapida descrizione dell'insieme di trattati che ci è giunto sotto il nome di Ippocrate. Sulle dottrine a lui attribuibili si è a lungo discusso, tanto che si parla, come per Socrate, di una “questione ippocratica”.211 Tuttavia il caso di Ippocrate è opposto a

quello di Socrate: se per il secondo possediamo infatti molte informazioni biografiche e dottrinali, ma nessuna opera, per il primo abbiamo un numero enorme di opere ma poche informazioni biografiche, e praticamente nessuna chiara informazione indipendente su quali fossero le sue teorie. Il Corpus è infatti costituito da circa sessanta scritti in cui sono rappresentate una vasta gamma di posizioni teoriche differenti e divergenti, che con tutta evidenza non sono dovute, né tutte né per lo più, al genio di un singolo autore. Disparati sono gli argomenti, così come i generi letterari: si va da accurate epideixeis di stampo sofistico, fino ad opere compilative contenenti citazioni spesso letterali da altri trattati.

Le principali testimonianze pre-alessandrine esterne al Corpus sono com'è noto quelli

208 Cfr, supra, n. 190.

209 Di ciò è testimonianza il famoso Giuramento, che veniva pronunciato dai discepoli esterni alla famiglia quando decidevano di consacrarsi a ricevere l'insegnamento del maestro. Cfr. infra,p. §3.3, e Jouanna,

Ippocrate, p. 49-50.

210 Spesso confusa, dagli antichi come dai moderni, con la più famosa “peste di Atene” del 430-429. Cfr. Jouanna, Ippocrate, cit., p. 33-35

211 Cfr. G. E. R. Lloyd, La questione ippocratica, in “Classical Quarterly”, 1975; riedito in Metodi e problemi

della scienza greca, Cambridge, 1991, trad.it. Laterza, Roma-Bari 1991. Il saggio di Lloyd, e l'Introduzione

dello stesso Lloyd nel volume citato, è stato preso come principale punto di riferimento per la ricostruzione della questione ippocratica. Si è fatto tuttavia riferimento anche a Vegetti, op. cit., pp. 61-72.

presenti in Platone, Aristotele e nell'Anonymus Londiniensis (V 35-VI 42, ed. Diels). Platone cita esplicitamente Ippocrate solo due volte: da Protagora 311b apprendiamo sostanzialmente solo che Ippocrate era al tempo già famoso, e che insegnava la medicina dietro pagamento. La testimonianza più importante è senz'altro quella del Fedro (270 c-d), ove si attribuisce ad Ippocrate un certo metodo d'indagine che consiste innanzitutto nel dedicarsi preliminarmente, per comprendere la natura del corpo umano, allo studio della “natura del tutto”.212 Da quanto

attribuito da Socrate in 270c9-d7 ad “Ippocrate e [a]l discorso veritiero”, si delinea inoltre un metodo che consiste innanzitutto nello stabilire se l'oggetto in questione sia semplice o complesso; nel caso sia semplice, domandarsi quale sia la sua capacità di agire e di essere influenzato; nel caso sia complesso, enumerare le parti e poi porsi le stesse domande per ciascuna di esse.

Poco ci dice invece la citazione aristotelica in Politica VII, 1326a- 15-16. La scoperta verso la fine dell'Ottocento del papiro riferito convenzionalmente ad un Anonimo Londinese riporta citazioni da una “storia della medicina” redatta da Menone, allievo di Aristotele. In essa infatti viene attribuita ad Ippocrate una teoria dei “venti” interni al corpo che può corrispondere nel Corpus solo ad opere che sappiamo per altra via essere periferiche.213 Oltre

a quelle già nominate, siamo in possesso di altre testimonianze pre-alessandrine attraverso le citazioni di autori successivi, per lo più Galeno. Anch'esse tuttavia non hanno aiutato a raggiungere alcuna conclusione definitiva a proposito delle teorie mediche di Ippocrate.214

Già i commentatori alessandrini si posero il problema dell'attribuzione dei trattati del

Corpus. In epoca moderna la questione è stata riaperta da Emile Littré, che usava come

criterio principale la testimonianza del Fedro applicandola ad Antica Medicina. La sua lista comprendeva: Antica Medicina, Prognostico, Aforismi, Articolazioni e Fratture, Epidemie I e

III, Regime nelle malattie acute, Arie Acque Luoghi, Strumenti di riduzione, Ferite nella testa,

212 Tuttavia il significato di questo riferimento al “tutto” è stato interpretato variamente, senza poter concludere in modo certo a cosa debba esser riferito. Esso può stare a significare: il tutto della natura e dell'universo; il tutto del corpo; il tutto come complesso anima-corpo; il tutto dell'oggetto in discussione. Lloyd, op. cit., p. 343.

213 La causa delle malattie sarebbero, secondo questa testimonianza, i residui (perissomata) dei cibi mal digeriti, dai quali deriverebbero venti o flatulenze (physai) che ostacolano la circolazione del pneuma, elemento fondamentale per la vita, in direzione di un caldo od un freddo eccessivo. I testi del corpus in cui trova corrispondenza questa teoria sono: i Venti, che è probabilmente uno dei riferimenti polemici di un altro trattato invece spesso incluso tradizionalmente tra quelli più vicini ad Ippocrate, ovvero Antica Medicina; la

Natura dell'uomo, che Aristotele cita attribuendolo esplicitamente a Polibo, allievo e genero di Ippocrate; ed

infine forse il Male Sacro.

Giuramento, Legge. Già nel 1899 tuttavia Carl Friedrich metteva in dubbio le conclusioni del

Littré, giungendo a considerare il Corpus come un insieme di opere senza autore, affermando quindi che “Ippocrate è un nome senza un supporto di opere”.215 Da allora molti altri tentativi

sono stati fatti di decidere, sulla base delle testimonianze esterne, quali trattati potessero essere attribuiti realmente ad Ippocrate, ma senza che questi sforzi potessero condurre ad un accordo tra gli studiosi. Negli anni '30 Jaeger poteva già affermare che “la rassegnazione ad ignorare sembrava essere il frutto finale di tutta quell'enorme misura d'industria e di acume che si è spesa in questi tentativi”.216 Nel 1953 tuttavia Bourgey arrivava ad individuare sulla

base di un'analisi interna al Corpus una “dislocazione cronologica” ed una differenziazione in “scuole” (medicina italica, Cos e Cnido).217

Nonostante la forza con cui la tesi scettica è stata ripresa nel 1975 da Lloyd, in seguito, ancora negli anni '70 e '80, nuovi tentativi sono stati fatti per individuare un certo numero di trattati del Corpus da poter attribuire ad Ippocrate, giudicati da Lloyd, ancora nel 1991, inconcludenti.218 Una delle contro-obiezioni più interessanti di Lloyd consiste nell'osservare il

carattere peculiare dei trattati medici. In essi infatti il primo problema è che, al contrario di quanto si verifica con il Corpus platonico o con quello aristotelico, non siamo in grado di individuare alcun nucleo principale di opere di sicura attribuzione sulla base delle quali dedurre la paternità delle altre. In secondo luogo molti dei trattati sono chiaramente frutto della mano di differenti autori: numerosi sono i casi in cui con tutta evidenza sono riconoscibili citazioni più o meno letterali da altri trattati, ed in molti casi sono evidenti interpolazioni, integrazioni e correzioni del testo originale. Il problema della paternità delle opere e la preoccupazione per la conservazione del testo originale (e questa è la conclusione che forse più ci interessa trarre da questa digressione) in sostanza non doveva essere tra gli interessi principali dei medici, che utilizzavano queste opere nel V e nel IV sec. come manuali pratici. Molti trattati possono essere considerate opere collettive o comunque contenenti passi aggiunti, interposti o rappresentanti opinioni prese a prestito da altri autori.

Nonostante queste grandi difficoltà che si oppongono ad una schematizzazione di massima interna al Corpus Hippocraticum, altri studiosi come Jacques Jouanna ritengono plausibile almeno operare una suddivisione di massima tra opere riferibili all'ambiente ippocratico, altre

215 Citato in Vegetti, op. cit., p. 65. 216 Paideia, III, 14.

217 Posizione in certo senso accolta ad esempio da Vegetti, il quale ritiene di poter individuare degli “strati temporali” e dei “campi di gravitazione concettuale” all'interno del Corpus, op. cit., passim.

riferibili alla “scuola” di Cnido, ed infine un gruppo di trattati di varia altra natura.219 L'unità

del Corpus sta tuttavia secondo Jouanna quantomeno nello “spirito di una medicina liberata da ogni richiamo alla magia.” Per i nostri scopi, non avendo evidentemente i mezzi né l'interesse ad assumere una posizione in questo dibattito, è prudente in linea di principio accettare una posizione scettica. Tuttavia per quanto qui interessa non è tanto l'attribuzione ad Ippocrate o meno ad essere rilevante, quanto il fatto che certe posizioni siano state presenti nell'ambito del dibattito ateniese della seconda metà del V sec.

Nel seguito del presente capitolo si farà riferimento ad alcune delle più importanti opere del Corpus Hippocraticum per cercare di offrire una chiarificazione, nei limiti richiesti dal presente lavoro, delle novità epistemologiche più importanti del pensiero ippocratico. Ci si riferirà principalmente al trattato Sull'arte e ad Antica medicina. Vista la problematicità che avvolge la figura di Ippocrate, si ritiene di poter giustificare la nostra scelta quantomeno sulla base del fatto che in esse sono rinvenibili le concettualizzazioni epistemologicamente “più avanzate” all'interno del Corpus. Si vuole assumere cioè come guida euristica una sorta di “principio di carità”, ipotizzando che proprio a simili teorizzazioni debba aver guardato Socrate nello scegliere la medicina come modello privilegiato per una techne avente per oggetto l'anima umana.

§ 3 Pratica medica e teorie mediche nel Corpus hippocraticum.

Ci dedicheremo nel presente paragrafo in primo luogo agli aspetti salienti delle teorie “anatomiche”, “fisiologiche” e “patologiche” che emergono dai trattati ippocratici. In secondo luogo ci soffermeremo brevemente sulla pratica medica, in particolare sui due fondamentali concetti di regime e di prognosi. La prima parte è necessaria per la comprensione della seconda, che più della prima è necessaria al nostro lavoro.

Le teorie anatomiche e le spiegazioni fisiologiche dei trattati ippocratici sono in molti casi tali che agli occhi di uno scienziato moderno non potrebbero non apparire risibili. L'ignoranza del mondo interno al corpo è dovuta nei medici greci di V e IV sec. evidentemente innanzitutto all'assenza della pratica della dissezione umana. Essi erano costretti a trarre informazioni da ciò che osservavano nella dissezione di animali e sopratutto da ciò che può essere osservato dall'esterno, ovvero in primo luogo i flussi di liquidi e solidi in entrata ed uscita. La conoscenza degli organi e dei sistemi era così scarsa che, come osserva Jouanna,220 219 Jouanna, La nascita... cit., pp. 15 e ss.

si rischia nella traduzione dei testi medici di commettere grossi anacronismi anche nell'uso di parole che a noi moderni potrebbe apparir scontato. Il concetto di “organo” ad esempio è aristotelico, e benché i medici conoscessero i principali organi, il ruolo che gli attribuiscono non ci consente di tradurre ingenuamente le loro descrizioni con una terminologia più tarda. Ancora, benché utilizzassero il termine neuron, non avevano per lo più idea delle funzioni del sistema nervoso, e confondevano anzi nervi e tendini. Altro termine che si rischia di tradurre erroneamente è phlebes, che stava ad indicare indistintamente arterie e vene. I vasi erano descritti inoltre come via di trasporto non solo del sangue ma anche di aria e altri umori. Si ignorava infatti la funzione e la struttura dell'apparato circolatorio, nonché per lo più la funzione del cuore.221

Non più vicine alla verità sono per lo più le descrizioni delle funzioni di respirazione e di digestione. La prima è spiegata in alcuni casi addirittura senza far intervenire affatto i polmoni, mentre la seconda è in genere concepita come una “cottura”, o piuttosto rappresentata come una lotta tra l'uomo e gli alimenti nella quale, in stato di salute, alla fine il primo risulta vincitore.