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Istituzione della Corte internazionale di giustizia

La Corte permanente di giustizia internazionale sospese definitivamente la sua attività il 26 febbraio del 1940 , a causa degli eventi bellici in corso i quali resero molto difficoltoso, se non addirittura impossibile il perseguimento dei lavori.

Appena due anni dopo, nel 1942 i paesi dell’ Occidente iniziarono a discutere circa i presupposti per la costituzione di un nuovo ordine internazionale; su un piano però ancora

molto astratto «si incominciò a ragionare della

continuazione della Corte dell’ ‘ Aia e della possibilità d coordinarla con l’istituzione di tribunali internazionali regionali»48.

48

Cfr. A. Polisi, La Corte internazionale di giustizia ( !946-2010) in L . Tedoldi, La giustizia internazionale. Un profilo storico-politico dell’arbitrato della Corte penale; con testi di Patrizio gonnella, Elisa Orrù, Alessandro Polsi e Pier Paolo Portinaro , Carocci, Roma, 2012, p. 143.

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Contemporaneamente, dagli Stati Uniti, Hans Keslen, intraprese una lunga battaglia per l’affermazione di un nuovo ordine internazionale, il quale doveva fondarsi in particola modo sull’istituzione di una corte, munita «di giurisdizione obbligatoria e affiancata da un corpo amministrativo incaricato di rendere esecutive le sue decisioni»49.

Kelsen disegna una compiuta strategia giuridico - istituzionale per il perseguimento di una pace stabile e universale fra le nazioni. Egli mutua da Kant sia l'ideale della pace perpetua, sia il modello federalistico, sia infine l'idea di un Weltbürgerrecht, di un 'diritto cosmopolitico' che comprenda come propri soggetti tutti i membri della specie umana. Secondo Kelsen la via maestra per realizzare l'obbiettivo della pace è l'unione di tutti gli Stati (o del maggior numero possibile di essi) in uno Stato federale mondiale. Si dovrebbero perciò concentrare gli strumenti di

49 H. Kelsen, Law and Peace in International Relation: The Oliver Wendell Holmes

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potere e le forze armate degli Stati nazionali e porli a disposizione di un governo mondiale sottoposto a leggi emanate da un parlamento mondiale. Ai singoli Stati verrebbe riservato il ruolo di membri di una federazione universale, secondo un'applicazione planetaria del modello federale degli Stati Uniti o della Svizzera. L'abbandono del paradigma stato centrico e la centralizzazione delle istituzioni internazionali potrebbero rappresentare il

rimedio definitivo sia al carattere primitivo

dell'ordinamento internazionale, sia alla conclamata ineffettività del diritto bellico.

Kelsen tuttavia riconosce che questo ideale è di difficile realizzazione se si intende arrivare allo Stato mondiale con metodi democratici, ispirati ai valori della libertà e dell'eguaglianza, e non si abbia invece di mira una pax romana basata sulla subordinazione degli Stati nazionali ad

una potenza imperiale. Le sue tesi infatti riprendevano in maniera radicale un approccio prettamente legalistico alla

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relazioni internazionali , il quale seppure affascinava una parte del mondo accademico, non mancarono di porsi spesso in contrasto con il senso di sconforto generato dal fallimento politico della Società delle Nazioni.

Nella primavera del 1943, la discussione circa l’istituzione di una nuova Corte internazionale entrò realmente nel vivo , soprattutto quando il Regno Unito propose ai paesi alleati di insediare un comitato di esperti, incaricato di discutere riguardo tale questione.

Il comitato londinese accoglieva esperti e rappresentanti «del Belgio , della Grecia, Nuova Zelanda , Lussemburgo , Canada , Cecoslovacchia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia»50; l’assenza di esperti americani era nota a tutti, dal momento che « il Dipartimento di Stato non era ancora pronto e probabilmente era ancora poco interessato a discutere della materia in quel momento»51.

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Ivi, p. 144.

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Ebbene, i lavori del comitato londinese furono svolti all’insegna del timore che gli Stati Uniti potessero non accogliere l’idea dell’istituzione di una nuova corte internazionale; nonostante questa forte preoccupazione, nel rapporto finale il comitato si limitò semplicemente a riconoscere la necessità di una corte internazionale anche nel futuro dopoguerra.

Intanto la posizione degli Stati Uniti era in corso di definizione : infatti il governo statunitense, palesò la necessita dell’esistenza di una corte internazionale, «anche se la sua posizione nel nuovo governo mondiale rimaneva marginale»52.Il tema della creazione di una corte internazionale fu portata avanti durante la conferenza di Dumbarton Oaks, svoltasi il 21 agosto del 1944 dove i rappresentanti di Stati Uniti , Unione Sovietica, Regno Unito e Cina stabilirono i punti fondamentali del futuro sistema delle Nazioni Unite.

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Nel documento finale della conferenza si evidenziarono i cinque principi di massima su cui era stato trovato un accordo , ovvero:

1. L’istituzione di una Corte internazionale, la quale

sarebbe stata il principale organo giudiziario

dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

2. L’elaborazione di uno statuto che avrebbe fatto parte della Carta della futura Organizzazione delle nazioni Unite.

3. La momentanea sospensione della decisione se mantenere lo statuto della corte permanente, oppure riscrivere un nuoco statuto.

4. L’inclusione dei paesi non membri secondo le condizioni determinate in ogni singolo caso dall’Assemblea generale su raccomandazione del Consiglio di sicurezza.

La conferenza dunque si chiuse con il rafforzamento istituzionale della corte, la quale veniva ora considerata parte integrante del sistema delle Nazioni Unite, una

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posizione questa del tutto nuova visto che in precedenza era stato possibile per gli Stati , anche per i membri della Società delle Nazioni , scegliere se farvi parte o meno.

«L’ incorporazione dello statuto della Corte nella Carta delle Nazioni Unite sembrava soprattutto una garanzia presa dal governo americano nei confronti del proprio Senato , per evitare spiacevoli sorprese al momento della ratifica del trattato»53.

Il 21 maggio fu definitivamente presa la decisione di creare una nuova Corte internazionale, che vada a sostituire in questo modo la precedente Corte permanente. «Il problema era semplice : una continuazione della Corte permanente avrebbe richiesto una modifica agli statuti per armonizzarli con la discontinuità istituzionale fra Società delle Nazioni e Nazioni Unite.»54 53 Ivi, p. 146 54 Ivi, p. 148.

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Purtroppo però la prevista inclusione di tutti i membri delle Nazioni Unite nello statuto della Corte avrebbe di certo comportato svariati problemi, «considerando il fatto che alcuni paesi non facevano parte della Corte permanente e altri, al contrario, come le potenze sconfitte, di cui era necessario l’assenso per approvare un nuovo statuto, erano membri della Corte ma non delle Nazioni Unite»55.

Alla luce di ciò , infatti si ritenne più utile e più semplice, nonché politicamente più opportuno, andare avanti con la creazione di una nuova Corte, la quale si sarebbe posta in continuità con la precedente Corte permanente.

Qualche mese più tardi, il 26 agosto del 1946 veniva depositata alle Nazioni Unite dal presidente Truman una dichiarazione, con cui gli Stati Uniti accettavano la giurisdizione obbligatoria della Corte internazionale di giustizia, sulla base dell’art. 36 dello statuto. Questo rappresentava un grande successo per la leadership

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statunitense, la quale riusciva finalmente a legare il paese ad una giurisdizione internazionale.Un alto numero di adesioni poteva costituire la base per la creazione di un ampio spazio giuridico internazionale, ma le cose non si mossero precisamente in questa direzione.

Dopo la non adesione dell’ Unione Sovietica, la quale non appariva molto scontata, e la non adesione dei paesi socialisti, molti pesi dell’Occidente, preferirono non sottoscrivere la clausola, preoccupati per le possibili ed ovvie interferenze che si sarebbero verificate nella propria politica interna ed esterna.

A questo punto, i paesi che accettarono la giurisdizione obbligatoria della Corte internazionale di giustizia erano in un numero nettamente inferiore rispetto a quelli che

avevano accettato quella della precedente Corte

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«Per alcuni di questi Stati l’adesione poteva persino non essere stata consapevole, dal momento che la Corte internazionale, in conformità al principio di continuità, decise di considerare valide le dichiarazioni depositate fra le due guerre , anche in assenza di una conferma dopo il 1945»56.

Non pochi Stati , infatti, e fra essi possiamo citare anche l’Italia, i quali non erano riusciti ad ottenere un immediato ingresso nelle Nazioni Unite, si mostravano scarsamente incentivati a sottomettersi ad una giurisdizione obbligatoria della Corte internazionale.Nel 1929 alcuni Stati chiesero il riconoscimento di una clausola di salvaguardia domestica, secondo la quale la Corte doveva arrestarsi quando un affare sembrava essere di competenza di una corte nazionale, e questa dichiarazione venne depositata da alcuni paesi come ad esempio Regno Unito, Australia, Canada e India.

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Nel tempo si verificarono ritiri di eccellenza da parte di vari paesi , ad esempio «la Cina nel 1972, quando il governo di Pechino, finalmente riconosciuto come legittimo occupante del seggio all’ONU, ha comunicato il ritiro dell’adesione alla clausola opzionale; la Francia nel 1974, dopo essere stata citata dalla Nuova Zelanda per gli esperimenti nucleari condotti nel pacifico, e gli Stati Uniti nel 1984, per cercare di evitare di essere portati in giudizio dal Nicaragua»57.

Il timore diffuso era che la Corte finisse per essere usata in maniera strumentale da vari governi per raggiungere le loro finalità, ovvero per citare, ad esempio , in giudizio grandi paesi a soli fini di propaganda politica, oppure , «per ottenere provvedimenti cautelari che potessero interferire con la politica delle grandi potenze»58.

Solo la caduta dei regimi socialisti e« il desiderio di molti nuovi stati a regime parlamentare di essere accettati e

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Ivi, p. 154. 58 Ibidem.

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riconosciuti pienamente dalla comunità internazionale hanno portato a un incremento dei paesi aderenti alla clausola in anni a noi vicini»59.

Secondo le testimonianze dei protagonisti , la Corte all’inizio della sua attività funzionò come un club di grandi giuristi almeno fino al 1952, infatti nella sua prima composizione essa era ancora composta dalla maggior parte dei giudici appartenenti ai paesi occidentali , l’Europa e due Americhe e dai rappresentanti delle aree socialiste.

Ma è alla fine degli anni sessanta che la Corte ha dovuto adeguarsi al medesimo schema distributivo.