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Eventi della storia recente hanno riproposto all’attenzione dei media e del dibattito pubblico mondiale la questione della giustizia penale internazionale, intendendo con questo termine l’insieme di norme e di istituzioni che regolano e organizzano la punizione degli individui responsabili di gravi violazioni del diritto internazionale..

E’ opinione condivisa dalla maggior parte della dottrina che contrastare determinate tipologie di crimini riassunti nella categoria dei crimini internazionali, mediante l’istituzione di tribunali internazionali , in contrapposizione con quelli interni arrechi alla comunità umana enormi vantaggi.

Lo studioso Antonio Cassese, ad esempio, enumera tra questi vantaggi l’assenza di quei «condizionamenti interni

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che portano le corti nazionali a privilegiare obiettivi di medio termine, ed il fatto che i tribunali siano la sede naturale per esercitare la giurisdizione penale sui crimini di natura internazionale, e ancora il fatto che i giudici internazionali offrano maggiori garanzie di imparzialità e

possano garantire un minimo di uniformità

nell’applicazione del diritto internazionale»36.

In vero, diritto penale e diritto internazionale , erano stati fin dagli inizi del XX secolo domini reciprocamente escludentisti o comunque scarsamente comunicanti, fatta eccezione però per le norme contro la pirateria e traffico degli schiavi, le quali erano venute definendosi già nell’età dello jus publicum europaeum , restando però rimesse alla giurisdizione dei singoli Stati.

La criminalità degli Stati non aveva mai trovato efficaci deterrenti all’interno, se non laddove essa configurava reati d’insubordinazione o minaccia attuale per l’ordine esistente.

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In Novecento invece avrebbe conosciuto

l’istituzionalizzazione della giurisdizione penale

internazionale, sia «pure come processo legato a circostanze eccezionali, conclusione di guerre e di guerre civili con implicazioni genocidarie»37.

L’innovazione non si è nel tempo limitata all’edificazione di un’infrastruttura della giustizia penale internazionale.

L’espansione del potere e delle funzioni giudiziarie , che ha caratterizzato l’evoluzione delle democrazie costituzionali degli ultimi decenni, ha portato anche ad un allargamento della competenza dei tribunali interni e «all’affermazione del principio di competenza universale come corollario dell’universalità dei diritti dell’uomo»38.

Se originariamente gli Stati esercitavano la propria potestà punitiva nei confronti di presunti autori di crimini

37

L . Tedoldi, La giustizia internazionale. Un profilo storico-politico dell’arbitrato della Corte penale; con testi di Patrizio gonnella, Elisa Orrù, Alessandro Polsi e Pier Paolo Portinaro , Carocci, Roma, 2012, p. 100.

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internazionali alla luce dei principi di

territorialità,nazionalità attiva e di nazionalità passiva , in anni recenti è diventato sempre più frequente il ricorso al principio di universalità , con il quale uno Stato afferma la propria giurisdizione penale a prescindere dal luogo di commissione del crimine , e della nazionalità del presunto rea o della vittima.

A imporre l’istituzione di tribunali penali internazionali

come un passaggio ineludibile del processo di

globalizzazione è stata l’emergenza a partire dagli anni novanta di una vera e propria pandemia di crimini contro l’umanità , politiche genocidarie e ricorrenti violazioni del diritto internazionale nel corso di conflitti armati di varia natura ( spesso guerre civili) e la sempre più diffusa consapevolezza che anche nella fase storica precedente , dominata dalle politiche di stabilizzazione del sistema internazionale ad opera dell’equilibrio bipolare , non erano mancati i genocidi e i «democidi” ( il più assurdamente

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tragico quello cambogiano)»39 e le violazioni su grande scala dei diritti umani.

Il nuovo clima internazionale , conseguente alla svolta del 1989-90 aveva senza dubbio posto le premesse per l’attuazione di idee e progetti che erano parsi maturi alla comunità degli Stati già alla fine della seconda guerra mondiale, trovando una prima, per quanto problematica, attuazione nell‘ International Military Tribunal (IMT) , oppure con il Tribunale militari internazionale di Norimberga , e poi avevano condotto per decenni una vita stentata nel labirinto delle commissioni ONU.

A conferire particolare visibilità a questa inedita stagione di dinamismo penale internazionale è poi intervenuto il fatto che ad essere incappati nelle maglie della giustizia sono stati non soltanto più o meno oscuri burocrati del crimine politici, militari sicuri dell’ impunità o signori della guerra di aree marginali dell’arena internazionale ma capi di Stato

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che avevano a lungo tenuto la scena della politica e goduto

del riconoscimento internazionale, quali Slobodan

Milosevic, e Saddam Hussein.

Anche se nel caso di quest’ ultimo l’operazione di una corte penale istituzionale era stata scartata, per prudenza politica, ma con effetti d’immagine dannosi e probabilmente con altre conseguenze negative che si manifestarono in futuro. In questo caso quindi si preferì la soluzione del processo davanti a una corte irachena, ed entrambi questi eventi giudiziari hanno contribuito a riaprire e a intensificare un dibattito sulla legittimità , sulla legalità e sull’efficacia d3ella giustizia penale internazionale. Si è così tornati a parlare con insistenza di giustizia politica e di giustizia dei vincitori , evocando , con una buona regione di fondo , ma non senza forzature , il precedente del tribunale di Norimberga.

Fra i memorabili eventi storici del XX secolo il processo davanti questo tribunale è fra quelli che maggiormente

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consentono di tematizzare l’ambivalenza, e «diciamo pure la fondamentale doppiezza del nostro tempo».40

Esso segna la nascita di una nuova realtà istituzionale, ovvero la giustizia penale internazionale, che nel suo sviluppo, culminato poi nell’istituzione della Corte penale internazionale ( International Criminal Court, ICC ) , si è in effetti costantemente richiamata, come a un precedente positivo ,” ai principi di Norimberga “41 e alla definizione

40

Ivi, p. 102.

41

Testo adottato dalla Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite e inserito nel Rapporto della Commissione all’Assemblea Generale sui lavori della seconda Sessione (1950) (Yearbook of the International Law Commission, 1950, vol. II).Testo in

lingua originale http://www.icrc.org/ihl.nsf/FULL/390?OpenDocument.

Principio I

Chiunque commetta un atto che costituisce crimine secondo il diritto internazionale ne è responsabile ed è passibile di condanna.

Principio II

La circostanza che una norma interna non preveda una sanzione penale per un atto che costituisce un crimine secondo il diritto internazionale non esime la persona che abbia commesso tale atto dalla responsabilità secondo il diritto internazionale.

Principio III

Il fatto che la persona che ha commesso un atto costituente crimine secondo il diritto internazionale abbia agito in qualità di Capo di Stato o di funzionario con responsabilità di governo non la solleva dalla responsabilità secondo il diritto internazionale.

Principio IV

Il fatto che una persona abbia agito obbedendo ad un ordine del suo governo o di un suo superiore non esclude la responsabilità della persona secondo il diritto internazionale, purché la sua scelta morale fosse di fatto possibile.

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dei crimini internazionali contenuta nello statuto di Londra dell’8 agosto 1945 e poi perfezionata durante il processo e in varie sedi internazionali negli anni seguenti.

Nell’art. 6 dello statuti dell’ IMT veniva infatti affermato u principio rivoluzionario per il diritto internazionale,

Principio V

Ciascuna persona accusata di un crimine secondo il diritto internazionale ha il diritto ad un processo equo in fatto e in diritto.

Principio VI

I seguenti crimini sono perseguibili come crimini secondo il diritto internazionale: a) Crimini contro la pace:

i) Pianificazione, preparazione, scatenamento o conduzione di una guerra di aggressione o di una guerra in violazione di trattati, accordi o garanzie internazionali;

ii) Partecipazione ad un piano concertato o ad un complotto diretto a commettere uno degli atti menzionati al punto precedente.

b) Crimini di guerra:

Violazioni delle leggi e degli usi di guerra, i quali comprendono, senza limitarsi ad essi: omicidio volontario, maltrattamento o deportazione per essere costretti a lavoro schiavistico o per ogni altro fine di popolazione civile dei o nei territori occupati; omicidio volontario o maltrattamento di prigionieri di guerra, di persone in mare, uccisione di ostaggi, saccheggio di proprietà pubbliche o private, distruzione deliberata di centri urbani, città e villaggi, o devastazioni non giustificate da necessità militari. c) Crimini contro l'umanità:

L'omicidio volontario, lo sterminio, la riduzione in schiavitù, la deportazione e altri atti inumani posti in essere contro una popolazione civile, o le persecuzioni per ragioni politiche, razziali o religiose, quando tali atti sono perpetrati o tali persecuzioni sono condotte in esecuzione di o in connessione con un crimine contro la pace o di un crimine di guerra.

Principio VII

La complicità nella commissione di un crimine contro la pace, di un crimine di guerra o di un crimine contro l'umanità come indicati nel Principio VI, costituisce un crimine secondo il diritto internazionale.

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proprio perché la definizione di quei crimini metteva radicalmente in discussione il principio di sovranità.

Il diritto internazionale precedente , codificato dalla convenzioni dell’ Aia, contemplava semplicemente i crimini di guerra come crimini dello Stato e conteneva norme dirette agli Stati , ma no prevedeva il principio della responsabilità penale individuale degli autori di tali crimini42.

42

Questa è invece la novità del diritto di Norimberga, come è esplicitato nell’ art. 6 dello statuto di Londra . Cit in P. Fois, Sul rapporto tra crimini internazionali dello Stato e i crimini internazionali dell’individuo, in “ Rivista di diritto internazionale”, 87, 2004, p. 929-54. Nello specifico l’art. 6 dichiara che :

Il Tribunale istituito in base all'Accordo menzionato nel precedente articolo 1 per il giudizio e la punizione dei grandi criminali di guerra dei paesi europei dell'Asse sarà competente a giudicare e punire tutti coloro che, agendo per conto dei Paesi Europei dell'Asse, avranno commesso sia individualmente, sia quali membri di una organizzazione, uno dei delitti seguenti.

Gli atti sotto menzionati, o uno qualunque di essi, costituiscono crimini sottoposti alla giurisdizione del Tribunale e comportano una responsabilità individuale:

a) Crimini contro la pace: vale a dire la progettazione, la preparazione, lo scatenamento e la continuazione di una guerra d'aggressione, o d'una guerra in violazione di trattati, assicurazioni o accordi internazionali, ovvero la partecipazione a un piano concertato o a un complotto per commettere una delle precedenti azioni;

b) Crimini di guerra: vale a dire la violazione delle leggi e degli usi di guerra. Queste violazioni includono, senza esserne limitate, l'assassinio; il maltrattamento o la deportazione per lavori forzati, o per qualsiasi altro scopo, delle popolazioni civili dei territori occupati o che vi si trovano; l'assassinio o il maltrattamento di prigionieri di guerra o di naufraghi; l'esecuzione di ostaggi; il saccheggio di beni pubblici o privati; la distruzione ingiustificata di città e di villaggi, ovvero le devastazioni non giustificate da esigenze d'ordine militare;

c) Crimini contro l'umanità: vale a dire l'assassino, lo sterminio, la riduzione in schiavitù, la deportazione e qualsiasi altro atto inumano commesso ai danni di una qualsiasi popolazione civile, prima e durante la guerra, ovvero le persecuzioni per motivi politici, razziali o religiosi, quando tali atti o persecuzioni - abbiano costituito o meno una

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In positivo non si dovrebbe nemmeno sottovalutare il fatto che, sotto il profilo simbolico, nonostante l’atmosfera piuttosto burocratica in cui si svolsero i dibattimenti, il processo ebbe un notevole impatto sull’ opinione pubblica internazionale : per la prima volta infatti, la storia della verità processuale ed effetto mediatico avevano trovato una sintesi efficace.

Al tempo stesso però , quel precedente apparve irreparabilmente connotato da un grave vizio d’origine, per cui si parlò , e in realtà si continua a parlare , di giustizia dei vincitori : gli Alleati avevano dato vita ad un tribunale militare internazionale in cui non trovavano posto i giudici di paesi neutrali e che non era chiamato ad indagare su

violazione del diritto interno del Paese dove sono state perpetrate - siano state commesse nell'esecuzione di uno dei crimini rientranti nella competenza del Tribunale, o in connessione con uno di siffatti crimini.

I dirigenti, gli organizzatori, gli istigatori o i complici che abbiano preso parte alla elaborazione o all'esecuzione di un piano concertato o di un'intesa criminosa per commettere uno qualunque dei crimini sopra definiti, sono responsabili di tutti gli atti compiuti da parte di qualsiasi persona in esecuzione di tale piano.

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crimini commessi dai paesi che avevano sconfitto le potenze dell’ Asse.

L’intento era punitivo : «la funzione che in altre transizioni di regime a conclusione di una guerra perduta era stata assolta dalla brutale resa dei conti veniva ora delegata , a prezzo, sostenevano i critici, di una perversione del diritto, a delle procedure giudiziarie»43.

2.2. Dalla preparazione dei Tribunali internazionali