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Il tribunale, istituito dall’accordo di Londra dell’8 agosto 1945, vene inaugurato il 18 ottobre nella città di Berlino. La prima udienza ebbe invece luogo il 20 novembre 1945 nell’aula 600 del palazzo di giustizia di Norimberga, presenti 21 degli originariamente previsti 24 imputati.

Il processo si protrasse per un totale di 10 mesi complessivi , impegnando un’impressionante macchina organizzativa. Si trattò infatti di un processo costruito su un’ingente documentazione e solo marginalmente, supportato dalle deposizioni dei testimoni, il che finì per conferire all’insieme un andamento piuttosto burocratico.

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Nondimeno, per l’atrocità dei crimini portati alla luce, esso risulto carico di una fortissima valenza simbolica in un modo che sarebbe diventato paradigmatico per i processi penali internazionali degli ultimi decenni.

A conferire questo carattere paradigmatico, infatti esso assunse il carattere di una grande impresa pedagogica: si trattava di dimostrare la verità delle accuse ricostruendo una vicenda storica che aveva sconvolto la vita di un gran numero di nazioni e di dimostrare al tempo stesso la legittimità delle procedure mediante le quali quell’obiettivo veniva perseguito.

Sulla base dei criteri stabiliti nello statuto di Londra l’accusa aveva definito quattro capi d’accusa, includendo anche il piano o la congiuntura , ma interpretando quest’ultima solo in riferimento all’aggressione.

Così l’aggressione sarebbe diventata il crimine supremo internazionale, anche se, come osservato da più autori , a

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Norimberga i giudici avrebbero mantenuto una certa prudenza nel fare ricorso a questo capo d’accusa.

Nessuno che fosse stato riconosciuto colpevole solo di questo crimine e non contemporaneamente degli altri due sarebbe stato condannato a morte.

Il primo ottobre del 1946 , il presidente del tribunale , Lord Lawrence, diede lettura della sentenza.

Dodici furono le condanne a morte, tre le condanne all’ergastolo, quattro le condanne a pene detentive tra i 10 e i 20 anni, e tre le assoluzioni , tra cui Fritsche, von Papen, Schacht.

Per molte ragioni le sentenze e il decorso complessivo del processo non tardarono a lasciare un strascico d’ insoddisfazione.

A essere delusa fu in primo luogo la superstite comunità ebraica internazionale, che aveva dovuto assistere durante il processo alla marginalizzazione dei crimini commessi contro il popolo ebraico.

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A essere delusi furono in secondo luogo i sovietici, che vi avevano partecipato con due protagonisti dei processi-farsa degli anni trenta, Nikitschenko e Wyschinski, il quale aveva istituito l’accusa nei processi di Mosca.

I sovietici lamentarono inoltre la mancanza di una forte e unanime condanna degli imputati: Il processo non servì in particolare alla loro propaganda, perché il sacrificio dell’ URSS durante il conflitto, come pure la presenza sovietica nel processo, non risultarono adeguatamente valorizzati. E’ da ricondurre anche a questa delusione il fatto che in seguito i sovietici non avrebbero mostrato alcun interesse all’istituzione di una corte penale internazionale competente per genocidio.

Sulla portata delle innovazioni introdotte dal primo esperimento di giurisdizione penale internazionale e sulla precarietà delle sue basi giuridiche anche la critica non ha lesinato le critiche.

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In particolare , vi è chi, in polemica contro la tesi che fa di Norimberga, il “ precursore della giustizia universale” ha sostenuto che quella giurisdizione aveva violato il principio di irretroattività che concerneva, oltre al crimine contro la pace, anche i crimini contro l’umanità, principio d’imparzialità, essendo gli imputati scelti esclusivamente tra i vinti e i giudici esclusivamente tra i vincitori e anche altre garanzie processuali .

Agli occhi dei critici tutto questo legittima il giudizio , che già a ridosso era stato formulato da Hans Kelsen e da altri autorevoli giuristi e filosofi, che si fosse trattato di un tipico caso di “ giustizia dei vincitori”.

Fenomenologicamente è indubbio che si sia trattato di giustizia dei vincitori.

A giustificare la diversità di trattamento riservata ai vinti e ai vincitori valevano però due argomenti, che hanno continuato , sia pure con diverso peso, ad essere evocati in

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riferimento alle guerre del Golfo e agli interventi armati nella penisola balcanica.

Il primo riguardava il fatto dell’aggressione , al di là della circostanza che esistesse o meno un consenso universale sulla natura di crimine internazionale: nel caso della seconda guerra mondiale, a Ovest come ad est, era chiaro chi si dovesse essere considerato aggressore.

Il secondo aveva a che vedere con l’illegittimità dei regimi che avevano scatenato la guerra e anche in questo caso l’evidenza dei fatti rendeva inevitabile che si discriminasse tra regimi democratici e regimi totalitari. Quanto all’ampliamento della sfera dei penalmente responsabili , va precisato che, se anche lo statuto dell’IMT (art. 10)

consentiva di dichiarare criminali determinate

organizzazioni naziste, come ad esempio Gestapo, e SS, rendendo quindi imputabili individui davanti qualsiasi tribunale nazionale o internazionale, civile o militare, in virtù della loro mera appartenenza a tali organizzazioni, la

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Corte operò «applicando in modo restrittivo tale criterio qualificativo , nel senso che ai fini di una condanna doveva essere dimostrata anche la conoscenza della finalità criminale e l’internazionalità dell’azione»44.

Anche se il crimine del genocidio non si collocò al centro del dibattito di Norimberga e anche se in molti processi celebrati negli anni successivi in Germania dalle potenze occupanti ai crimini di guerra continuò ad essere rivolta l’attenzione preminente a scapito della considerazione dei crimini contro l’umanità, allo sterminio degli ebrei europei il processo riservò inevitabilmente molta attenzione.

Furono soprattutto i rappresentanti americani e sovietici dell’accusa a dare il maggiore contributo alla sua elaborazione giudiziaria: i primi concentrandosi , in base alla divisione dei compiti convenuta nella fase delle indagini, sull’ideazione , sulla pianificazione e sull’organizzazione esecutiva dei crimini, i secondi avendo a disposizione la

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maggiore quantità di materiale probatorio ed essendo stati gli unici impuniti a far comparire davanti alla corte tre sopravvissuti ai ghetti e ai campi di sterminio.

I processi di Norimberga e i contemporanei processi di Dachau celebrati dall’amministrazione militare americana dettarono sostanzialmente le regole sulla giustizia penale intorno ai crimini internazionali.

Ma negli anni seguenti gran parte dei processi legati ai crimini commessi dalla Germania nazista e culminati nella Shoah ebbe luogo in dimensione nazionale.