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L’abbandono della richiesta d’indipendenza

1. La ridefinizione del socialismo sovietico

1.2 L’abbandono della richiesta d’indipendenza

Il PKK, nel suo percorso di affermazione dell’esistenza del popolo curdo, rimase ancorato alle teorie della costruzione dello Stato-nazione ma il crollo dell’URSS e il radicale allontanamento dal socialismo reale portò il partito a mettere in discussione la necessità dello Stato per il proprio popolo. La conclusione principale che Öcalan trasse da questi eventi fu che il socialismo, così come descritto da Marx ed Engels, non poteva basarsi sullo stesso modello di organizzazione statale che ha reso possibile l’egemonia capitalista, pertanto l’ideologia socialista e la questione nazionale, per Öcalan, dovevano basarsi sullo sviluppo della nazione democratica30. Sebbene il Quinto

Congresso del 1995 abbia segnato la fine dell’obiettivo di uno Stato curdo indipendente

26 Ivi.

27R. Olson, The Kurdish Nationalist Movement in the 1990s: Its Impact on Turkey and the Middle

East, The University Press of Kentucky, Lexington, 1996, p. 117

28 O. Grojean, op.cit., p. 333. 29Ivi, p. 351.

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attraverso una rivoluzione di tipo sovietico, i primi segni di questo cambiamento radicale risalgono ai primi anni Novanta quando una possibile soluzione federale fu discussa durante il Quarto congresso svoltosi nel dicembre del 199031. Nell’anno

successivo Öcalan dichiarò ai giornali la propensione a una soluzione di tipo federale e dunque si dimostrò favorevole ad intraprendere un percorso che portasse alla fine delle ostilità e a un successivo negoziato politico con lo Stato turco32. Questo avvenne

all’inizio del 1993 quando, dopo le dichiarazioni degli anni precedenti, il PKK dichiarò ufficialmente un cessate il fuoco unilaterale, si disse pronto ad impegnarsi nei negoziati, rifiutò ogni istanza di separatismo e si disse favorevole ad agire nella legalità33. Tale

drastico cambiamento non può essere solo ricondotto al crollo dell’Unione Sovietica e del suo socialismo, il PKK in quegli anni non solo era forte militarmente ma riceveva un sostegno crescente tra la popolazione curda nella regione, in oltre per molti attori politici occidentali la politica aggressiva del partito fu inquadrata come una lotta per i diritti civili e politici della popolazione curda34, dunque perché abbandonare la richiesta

di uno Stato curdo indipendente in un momento così favorevole? Questa domanda ha attirato l’attenzione di molti esperti che studiano il nazionalismo curdo in Turchia e il loro contributo ha portato ad individuare quattro variabili esplicative: il successo della contro-insurrezione, la limitazione nell’essere un movimento di guerriglia, la sfida dell’espansione e le riforme democratiche in Turchia35. Secondo l’argomentazione del

successo della contro-insurrezione36, è stato riscontrato che all’inizio degli anni Novanta

le operazioni militari su larga scala da parte delle forze armate turche, sia all’interno dei confini turchi che nel nord dell’Iraq, provocarono importanti perdite militari al PKK. Mentre negli anni Ottanta la media di incidenti mortali era il 2,5% ad operazione, nel periodo 1992-1999 salirono al 6,2%37. Altre misure di contro-insurrezione come

l’evacuazione dei villaggi rurali, che rappresentavano per il partito importanti fonti di

31 K. Kirisci, G.M. Winrow, op.cit., p. 148.

32 P.J. White, Primitive Rebels or Revolutionary Modernizers? The Kurdish National Movement in

Turkey, Zed books, London, 2000, p.163.

33 Ibidem.

34A.Balci, op. cit., p. 170.

35 Ivi, p.175.

36 A.Aydin, C. Emrence, Zones of Rebellion Kurdish Insurgents and the Turkish State, Cornell

University Press, Ithaca and London, 2015, pp. 41 e 111; Güneş, op.cit., p. 130.

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reclutamento e supporto logistico, limitarono la stessa capacità di mobilitazione del PKK38. Lo Stato turco agì anche in ambito internazionale: all’indomani della Guerra del

Golfo esercitò pressioni sui gruppi politici curdi stanziati a Nord dell’Iraq; alla fine del 1992 ventimila soldati turchi entrarono nella zona autonoma curda-irachena alla ricerca di basi del PKK, così facendo privarono il partito dei propri rifugi sicuri e dei centri di comando operativo da cui partivano la maggior parte delle operazioni contro soldati e obiettivi militari turchi39. Negli stessi anni la limitazione data dall’essere un movimento

di guerriglia40 divenne molto chiara quando il partito iniziò a dichiarare alcune città

come aree controllate istituendo propri tribunali e amministrazioni locali. Il dispiegamento di numerose milizie volte al controllo di queste città resero il partito un obiettivo fin troppo visibile e provocò disastrose sconfitte, secondo McDowall: «[…] a

disastrous change in PKK strategy, away from guerilla operations that tied down the maximum number of troops for the minimum efforts, into direct conventional confrontation aimed at driving Turkish forces out of parts of Turkish Kurdistan41».

L’accesso alle masse rappresentò, per il PKK, un problema cruciale per la sua espansione. Secondo Aydin ed Emrence quello che mancò al partito nei primi anni Novanta fu l’assenza di una classe dirigente in grado di saper coordinare la popolazione e le milizie stanziate nelle città. Tale deficit derivava dal culto della leadership di Abdullah Öcalan in quanto la sua onnipresenza impedì a uno strato intermedio di classe manageriale di formarsi, svilupparsi e spostarsi all'interno dell’organizzazione42. Questa

carenza fu cruciale, le dimensioni crescenti del movimento non furono sapute gestire in maniera funzionale e questo provocò un limite per l’obiettivo dell’indipendenza43.

Alcuni studiosi sostengono che il periodo riformista del Presidente Turgut Özal abbia avuto un ruolo significativo nel drammatico cambiamento di obiettivo del PKK. La legalizzazione della lingua così come e l’accettazione della realtà curda da parte dei principali partiti politici turchi e perfino la nascita di una formazione partitica nel

38 Ibidem.

39 G. Corm, Le Proche-Orient éclaté, Gallimard, Paris, 2003, p.173. 40 Güneş, op.cit., p. 108; Aydin and Emrence, op.cit., pp. 7 e155. 41 MacDowall, op.cit., p. 236.

42 Aydin and Emrence, op.cit., p. 28 43Ivi.

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199144, innescarono in Öcalan un approccio accomodante verso il potere statale, rivelando così il lato debole del PKK e sollevando la possibilità distinta del suo partito di lavorare con mezzi legali45. In altre parole mentre l’establishment turco si stava

muovendo verso una politica più aperta nei confronti dei curdi anche il PKK iniziò a mostrare flessibilità46. Questa cedevolezza fu chiarita dallo stesso Öcalan in una sua

intervista a Hürriyet, uno dei principali quotidiani turchi, dove per la prima volta il

leader crudo dichiarò alla stampa, e dunque alla Nazione, il drammatico cambiamento

nell’obiettivo finale del PKK affermando che i combattenti curdi, così come il partito, al momento non potevano secedere dalla Turchia ma che anzi erano disposti a cessare i combattimenti nella Turchia Sud-orientale se il governo avesse accettato di negoziare47.

Sebbene queste spiegazioni possano essere considerate valide quando si considera la domanda sul perché il PKK abbia cambiato il suo obiettivo finale, tuttavia non riescono a spiegare la continua resistenza contro-egemonica del partito durante il resto degli anni Novanta e nei decenni successivi. A tal proposito risulta convincente lo studio condotto da Balci, l’autore sottolinea quanto «geniale48» fu la capacità del PKK di iscrivere tutti

questi sviluppi materiali in un nuovo linguaggio discorsivo post Guerra Fredda. La nuova dottrina del partito svolse un ruolo significativo nell’inquadrare i fallimenti militari sul campo di battaglia, così come le violazioni dei diritti umani perpetuati dallo Stato turco. Allo stesso modo, la nuova politica del PKK collocò le riforme democratiche dello Stato riguardo ai diritti dei curdi come il successo della lotta del partito per i diritti umani e la democrazia49.

44 Dopo le elezioni parlamentari del 1991 alcuni parlamentari curdi formarono il partito HEP (Halkyn

Emek Partisi) con l’esplicito fine di sostenere l’iter legislativo favorevole alla minoranza curda.

Nell’Aprile del 1993 la Corte Costituzionale lo dichiarò illegale. Nacque così il partito DEP (Demokrasi

Partisi) dichiarato illegale nel 1994; di conseguenza fu formato il partito HADEP (Halkin Demokrasi Partisi) anch’esso sciolto nel 1995. V.F. Piacentini, Turchia e Mediterraneo Allargato, FrancoAngeli,

Milano,2015, p. 97.

45 White, op.cit., pp. 162–163; H. J. Barkey, G. E. Fuller, Turkey’s Kurdish Question: Critical

Turning Points and Missed Opportunities, in “The Middle East Journal”, N.51, 1997, pp. 59–79.

46 All’interno dei confini turchi lo Stato e il partito cercavano dialogo, all’esterno, nel contesto

internazionale segnato dalla Guerra del Golfo, si trovavano a combattere una sanguinosa battaglia a pochi km dai confini del proprio Stato. N.Pope , H. Pope, Turkey Unveiled: Atatürk and After, London, John Murray, 1997, pp.264-266.

47 A Helsinki Watch Report, Destroying Ethnic Identity: The Kurds of Turkey, Human Rights Whatc,

New York, 1990, p. 7.

48A.Balci, op.cit., p.183. 49 Ivi.

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Poiché gli obiettivi e l’identità del PKK furono notevolmente influenzati dalle condizioni della Guerra Fredda e dall’atteggiamento marxista-leninista nei confronti della questione nazionale, il crollo dell’Unione Sovietica rese imperativo per il movimento costruire una nuova prospettiva politica, ideologica e una nuova struttura organizzativa50. Questa imperatività fu il principale impulso dietro il cambiamento del

partito nel corso degli anni Novanta. Mentre il vuoto di significato derivante dal crollo del socialismo sovietico costrinse il PKK a rinunciare al suo obiettivo di indipendenza, lo stesso vuoto di significato creò simultaneamente spazio ai diritti umani e alla democrazia. Fu questo processo di ricostruzione e stabilizzazione che permise al partito di riemergere come entità sovrana rendendosi adattabile alle sfide della contemporaneità.