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3. La nascita del KCK

3.3 Il Rojava

Il quadro teorico che ho cercato di riassumere nei paragrafi precedenti non avrebbe così tanta valenza se non fosse per quello che da alcuni anni a questa parte sta avvenendo nel Kurdistan Occidentale, il Rojava. Nel caos provocato dalla guerra civile siriana, scoppiata nel 2011 in seguito alle insurrezioni popolari contro il presidente Basher al-Asad, le forze governative si ritirano dalla regione, lasciandone il controllo alle milizie locali. Esse fanno riferimento al PYD, il Partito dell’Unione Democratica, il gemello siriano del PKK. Il PYD condivide e fa proprio il confederalismo democratico, elevandolo a propria ideologia caratterizzante. Il PYD dispone di due ali armate: una è il YPJ, ovvero l’Unità di protezione delle donne, una milizia esclusivamente femminile che conta migliaia di soldatesse, e l’altra, il YPG, l’Unità di protezione popolare. Queste due milizie hanno avuto un ruolo fondamentale, insieme ai Peshmerga del Kurdistan iracheno, nella lotta contro lo Stato Islamico, in particolare nella battaglia di Kobane,

169 P. Rosenvallon, Controdemocrazia: La politica nell’era della sfiducia, Lit Edizioni, Roma, 2017,

p.143.

170 B. Constant, Discorso sulla libertà dei moderni paragonata a quella degli antichi, Einaudi, Roma,

2005, p. 26.

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nella liberazione degli Yazidi e negli scontri che ne hanno segnato il definitivo tracollo. Il PYD aveva cominciato ad agire nel 2007, quando abbracciando i principi del leader Öcalan, aveva costituito delle commissioni di pace, primi nuclei di assemblee popolari che agivano nella clandestinità. In seguito al vuoto di potere lasciato dal governo siriano esce allo scoperto e si allea con le altre forze democratiche e progressiste arabe cominciando una lunga guerra contro l’ISIS, durante la quale riesce a ritagliarsi un territorio libero che passa sotto il suo controllo. Viene così istituita l’Assemblea del Popolo del Kurdistan Occidentale (MGRK), un sistema di governo che si fonda su quattro livelli, al primo vi è la comune, che corrisponde indicativamente alla dimensione del villaggio o a trecento nuclei familiari; al secondo livello c’è il quartiere, che comprende un consiglio formato da delegati delle varie comuni con mandato revocabile. Al terzo livello c’è il distretto, che corrisponde alla città con i villaggi circostanti e che per quanto riguarda la forma istituzionale è in tutto e per tutto simile al quartiere, con un consiglio dai delegati revocabili. Infine vi è l’ultimo livello, quello cantonale, che corrisponde al MGRK stesso. A causa dell’embargo imposto dalla Turchia sulla regione e degli inevitabili problemi causati dalla guerra civile siriana, il PYD con le altre forze democratiche che lo sostengono decide di darsi una forma maggiormente istituzionalizzata, al fine di potersi più agevolmente relazionare con l’esterno e trovare degli alleati: nei primi mesi del 2014 viene così promulgata la Carta del Contratto Sociale del Rojava, che ha dato vita il 21 marzo dello stesso anno all’ Amministrazione Autonoma del Nord ed Est della Siria (NES), formata dai tre cantoni di Afrîn, Cîzire e Kobane. Essi diventano così la prima regione al mondo ad essere governata dai principi del confederalismo democratico di Öcalan, ispirati dal municipalismo libertario e dal comunalismo di Murray Bookchin.

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Conclusioni

I primi anni del Ventunesimo secolo possono essere considerati il periodo più critico per il PKK. La cattura di Öcalan, le sue successive dichiarazioni, il fallimento della guerriglia, la precaria struttura politica e la comparsa di controversie di potere all’interno dell’organizzazione, portarono il partito a dichiarare il cessate il fuoco unilaterale e alla ritirata. Dall’incarcerazione del leader il movimento ha attraversato un periodo di completa ristrutturazione che si è concluso con la nascita, nel 2005, di un nuovo paradigma organizzativo ed ideologico.

Al contrario della tradizione leninista, portavoce della centralità del partito che sovraintende direttamente tutte le sue attività, il PKK rinasce come un complesso sistema di organizzazioni e movimenti, si pone come avanguardia verso una struttura organizzativa più complessa che va oltre al partito puramente politico, verso una molteplicità di istituzioni interagenti. La nuova struttura voluta fortemente da Öcalan ha permesso di riunire le richieste di identità curda in un progetto di democrazia radicale, che è stato raggiunto attraverso l’elaborazione di nuovi approcci ideologici e politici i quali hanno creato per il partito l’opportunità di allargare il suo ambito di interesse e attività, creando così maggiore spazio alla sfera pubblica curda rendendola unitaria e vicina ai cittadini. Nel tentativo di trasformare la società in tutti i suoi aspetti piuttosto che acquisire il potere statale attraverso la lotta armata, gli sforzi del PKK hanno portato lo stesso ad operare in un campo più ampio. La lotta politico-militare si è spostata sempre più nella direzione di una competizione nell’arena politica tradizionale: il Congresso della Società Democratica (DTK) non è semplicemente una delle tante organizzazioni curde presenti in Turchia, ma fa parte del tentativo di forgiare un nuovo paradigma politico, definito dall’esercizio diretto e continuo del potere popolare attraverso consigli di villaggio, città e regione.

Sebbene sia un dato di fatto che il PKK abbia abbandonato la sua posizione originale, la realizzazione di un Kurdistan indipendente, possiamo sostenere che il partito ha invertito creativamente la tesi leninista dell’autodeterminazione sulla quale ha basato per più di vent’anni le sue rivendicazioni. Se per Lenin il diritto di un popolo prostrato ad avere uno Stato era condizione imprescindibile affinché l’imperialismo e il

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capitalismo potessero essere abbattuti, per Öcalan è proprio il concetto di Stato-nazione a rappresentare l’emblema del sistema capitalistico, la trappola dei popoli oppressi. Il progetto del PKK di democrazia radicale e in particolare l’idea del confederalismo democratico hanno come fine quello di sviluppare un sistema che renda i confini geografici e legislativi flessibili e, a lungo termine, irrilevanti. È un dato di fatto che, attraverso i suoi progetti politici di Repubblica democratica, autonomia democratica e confederalismo democratico, il PKK stia disegnando una nuova agenda per l’autodeterminazione, andando contemporaneamente oltre il concetto di Stato-nazione. Alla luce di questa evoluzione possiamo affermare che il movimento curdo incarnato nella figura del PKK è pronto a negoziare una soluzione con lo Stato turco sulla base del riconoscimento e dei diritti di auto-amministrazione ma questo percorso risulta tutt’ora impossibile da intraprendere considerando sia le dinamiche politiche turche e la storica, profonda e radicata paura di Ankara di un Kurdistan autonomo.

Un’ulteriore variabile significativa nel percorso politico di autonomia intrapreso dal PKK è rappresentata dal suo leader Öcalan. Egli è considerato dai suoi militanti un eroe e l’ammirazione popolare nei suoi confronti ha avuto il merito di unire i curdi e favorire la nascita di un senso di appartenenza comunitario. L’idealizzazione della sua figura, del grande capo che ha lottato, e che continua a farlo nonostante la prigionia, contro gli oppressori per la liberazione del suo popolo può essere un fattore controproducente. Öcalan è un pensatore irrinunciabile e inscindibile dalla società curda, rappresenta la forza motrice della rivoluzione e la sua ideologia è considerata verità. Risulta difficile immaginare il PKK nel “dopo Apo”, la sua stessa forza, sia militare che contrattuale, sta nella figura del leader supremo; senza di lui il partito sembra non avere un futuro certo.

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