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L’articolo 48 nei lavori dell’Assemblea Costituente

Durante l’epoca statutaria nulla era specificato in materia di diritti elettorali; questioni quali l’estensione del suffragio, la limitazione del diritto di voto ai cittadini di sesso maschile o l’esclusione del voto per le donne, non trovavano un precipuo riferimento tra le trame dello Statuto Albertino. Vi furono dei

“Si tratta di una finalità che ritrova il suo fondamento nella democrazia, e

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segnatamente - come osserva: M. Luciani, Il voto e la democrazia. La questione delle riforme elettorali in Italia, Roma, 1948, p. 350- in un modello di democrazia immediata”. A tal proposito: M. Armanno, op. cit., p. 46.

Ivi, p. 47.

tentativi di allargamento del suffragio , ma solo a seguito della 54

prima guerra mondiale (con la legge n. 1985/1918) si iniziò a parlare definitivamente di suffragio universale maschile.

Nella formulazione dell’articolo 48 Cost., l’Assemblea costituente decise di non elevare ad oggetto del dibattito il legame tra diritto di voto e sistema elettorale; aderendo infatti all’orientamento espresso da Palmiro Togliatti (il quale si faceva promotore di una visione antitetica rispetto a quella contenuta nella relazione Mancini-Merlin ) si decise di rimettere (nel 55

merito) la questione inerente le modalità di esercizio del suffragio alla II Sottocommissione . Alla I Sottocommissione 56

spettava invece solo il compito di “affermare i diritti dei cittadini, ma non di entrare nel tema dell’esercizio di tali diritti (…)” . La Sottocommissione concluse i propri lavori il 20 57

novembre 1946 dando forma e contenuto all’articolo 45 che, nella sua stesura e numerazione definitiva (l’attuale articolo 48),

“La legge 593/1882 abbassò a 21 anni il requisito di età, ammettendo al

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voto tutti coloro che fornissero prova di aver sostenuto con buon esito l’esperimento prescritto dalla legge o dal regolamento sulle materie comprese nel corso elementare obbligatorio. Mentre il t.u. 666/1912 estese la capacità elettorale ai cittadini che avessero raggiunto i 30 anni di età, pur in assenza di altri requisiti”. A tal proposito: R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, Commentario alla Costituzione, Utet giuridica, Vol. I, 2006, p. 963.

Tale relazione prevedeva la necessaria adozione di un sistema elettorale di

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tipo proporzionale.

Quest’ultima, decidendo di non costituzionalizzare alcun sistema

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elettorale, sollevò innumerevoli dibattiti, che ritrovavano la propria ratio nella necessità di garantire l’inscindibilità tra scelte costituzionali e sistema elettorale. Così passando per l’ O.d.G. Cappi (seduta dell’8 novembre 1946) si arrivò all’O.d.G. Giolitti (Assemblea Plenaria del 23 settembre 1947) che stabilì l‘adozione di un sistema proporzionale.

Assemblea Costituente, Commissione per la Costituzione- Prima

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presentava alcune novità rispetto al Progetto iniziale. Tra queste si può menzionare: la sostituzione dell’espressione “ambo i sessi” con quella di “uomini e donne”; l’inserimento del carattere “civico” del voto in luogo del precedente carattere “morale”.

Gli umori in seno all’Assemblea Costituente erano inizialmente piuttosto pacifici: “l’articolo 45 del progetto preliminare della Costituzione non fu oggetto di particolare attenzione da parte del Comitato” , né troppo farraginoso 58

risultò l’iter di approvazione definitiva da parte dell’Assemblea. Considerato che il principio del suffragio universale e l’individuazione dei limiti alla capacità elettorale, erano già stati riconosciuti dai governi dell’ordinamento provvisorio dello Stato, altre erano le questioni di maggior rilevanza e discussione. Tra queste figuravano: la soglia minima di età per accedere all’elettorato, il carattere obbligatorio del voto, “la limitabilità del voto per coloro che non svolgono alcuna attività lavorativa, la garanzia del voto per i lavoratori italiani migranti”

.

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Con riferimento alla questione della soglia minima di età, a seguito di un quadro piuttosto variegato di orientamenti , la 60

R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, op. cit., p. 963.

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Ibidem.

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Tra le varie proposte si può ricordare la posizione di Giolitti, il quale voleva

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rinviare la questione dell’età minima per votare alla legge elettorale; Tosato, Merlin, Terracini, Bozzi, Lussu, i quali erano concordi sulla necessità di specificare il limite dei 21 anni per l’elettorato attivo alla Camera dei deputati al fine di garantire una maturità politica; infine il PCI non voleva che il requisito dei 21 anni venisse costituzionalizzato in quanto voleva estendere il suffragio ai diciottenni.

svolta si verificò con una proposta avanzata da Togliatti e formulata da Perassi. Essi optarono per una soluzione di compromesso, inserendo nel testo costituzionale il requisito generico della maggiore età ed addossando al legislatore ordinario l’onere di procedere ad una sua specificazione.

Complesso ed accesso fu, invece, il dibattito relativo all’obbligatorietà del voto, sospesa tra la necessità o meno di un sistema sanzionatorio per tutti i cittadini che si astenevano dal votare. In particolare la DC, i liberali, i demo-liberali ed i monarchici erano favorevoli al voto obbligatorio; mentre il PCI, i socialisti, i repubblicani e gli azionisti sostenevano un orientamento antitetico. Dopo che la II Sottocommisione (Mortati e Tosato) dispose di indicare espressamente l’obbligatorietà del voto nel testo costituzionale , e dopo la 61

dura opposizione avanzata da Amendola e Lussu, finalmente si raggiunse un accordo. Segnatamente la I Sottocommissione propose di ascrivere il diritto di voto ad un dovere civico e morale; tuttavia questa formula non mancò di scatenare nuovamente un aspro contrasto politico. La risultanza di tale divergenza si tradusse: da un lato nella soppressione delle parole “e morale”, dall’altro nel rinvio della questione circa l’obbligatorietà del voto al legislatore ordinario. Anche la questione inerente le eventuali limitazioni all’esercizio dell’elettorato attivo (fatta eccezione per i casi di indegnità morale) non mancò di scatenare un'intensa disputa. Per sanare

In particolare proposero di addossare al legislatore ordinario il compito di

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regolare un sistema sanzionatorio, in caso in cui l’elettore si fosse astenuto dall’esercizio del suffragio.

tale conflittualità si ricorse nuovamente al rimedio della legge ordinaria, cui venne demandata l’individuazione di ipotesi specifiche di esclusione del suffragio. Dulcis in fundo, il dibattito venne rivolto alla questione inerente il voto degli italiani all’estero. Tale tematica fu presa in considerazione dai socialdemocratici, i quali volevano garantire una certo grado di solidarietà nei confronti degli italiani emigranti, stigmatizzando “l’appartenenza al popolo italiano ed il pieno esercizio della sovranità nazionale” . Tuttavia, già all’epoca, emersero le dure 62

problematiche connesse al voto in loco, agli accordi con gli Stati esteri, alla distinzione tra emigrazione temporanea e permanente, etc. Questa tematica ed il conseguente dibattito hanno costellato l’intera storia repubblicana, portando alla revisione costituzionale dell’articolo 48 ed alla conseguente introduzione di un comma aggiuntivo. Ma, nonostante l’evoluzione tecnologica e la granitica consapevolezza di essere tutti cosmopoliti nel mero senso del termine , la questione 63

relativa all’effettivo esercizio e riconoscimento del diritto di voto per gli italiani all’estero risulta ancora oggi una parentesi aperta. Molte infatti sono le questioni, anche di rilevanza costituzionale, che ne derivano: una fra tutte la fondamentalità del diritto di

R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, op. cit., p.964.

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L’etimologia del termine è greca: dal gr. κοσμοπολίτης, comp. di κόσμος

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“mondo” e πολίτης “cittadino”. Per cui cosmopolita è chi riconosce o afferma di riconoscere quale sua patria il mondo intero; chi non restringe i proprî affetti e i proprî interessi alla nazione dov’è nato, ma li estende alle altre nazioni e agli altri popoli. Chi non pone la sua dimora stabile in un paese, ma vive o ha vissuto in paesi diversi, interessandosi alla varietà degli aspetti e dei costumi, e acquistando conoscenza delle varie forme di vita e di cultura. In www.treccani.it.

voto. Con precipuo riferimento alla tematica oggetto di questa tesi -il voto elettronico- si nota che l’intento del Governo e del Legislatore sia quello di garantire l’effettivo esercizio di un diritto, quale sintomo di appartenenza e di partecipazione all’assunzione di decisioni politiche interne alla comunità (di cui l’elettore stesso fa ed è parte).

1.4 Commento all’articolo 48 della Costituzione: tra