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L’art. 19, par. 1, della direttiva 2005/29/Ce aveva imposto agli Stati membri l’obbligo di ‹‹adottare e pubblicare›› entro il 12 giugno 2007 le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per l’adeguamento delle singole normative nazionali alla normativa comunitaria.

Le medesime disposizioni di adattamento dovevano, poi, essere applicate entro il 12 dicembre 200757.

In quella stessa data è entrata in vigore la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2006/114/Ce58 con cui è stata codificata la direttiva

un concorso per l’elezione del calciatore dell’anno. All’interno del giornale era contenuto un tagliando di voto che poteva portare alla vincita di una cena con il calciatore eletto. Per l’editore concorrente, la possibilità di vincita subordinata all’acquisto del giornale era un premio illecito, conseguenza di una pratica commerciale sleale. Simile posizione e la normativa austriaca non sono state condivise dalla Corte Ue che ha ritenuto che le pratiche consistenti nell’offerta ai consumatori dei premi associati all’acquisto di prodotti non sono incluse nella black list dell’allegato I della direttiva. Questo vuol dire che queste vendite possono essere vietate solo dopo un’analisi specifica «che ne consenta di stabilire il carattere sleale». Di conseguenza, le legislazioni nazionali più restrittive della direttiva, che vietano in modo automatico alcune vendite, sono in contrasto con il diritto Ue. Inoltre, la Corte di Lussemburgo ha precisato che in sede di valutazione della slealtà non basta accertare che la partecipazione a un concorso a premi sia stata per una parte del pubblico interessato «il motivo determinante dell’acquisto di un giornale», perché il giudice nazionale prima di classificare una pratica commerciale come sleale deve accertare che essa «sia contraria alle norme della diligenza professionale». Alla luce di ciò, la sentenza C-540/08 ha stabilito che la direttiva n. 2005/29/Ce ‹‹deve essere interpretata nel senso che osta ad una disposizione nazionale, come

quella oggetto della causa principale, che preveda un divieto generale di vendite accompagnate da premi e che non solo miri a tutelare i consumatori, ma persegua parimenti altri obiettivi››. Ed

inoltre, che ‹‹la possibilità di partecipare ad un gioco-concorso a premi, abbinata all’acquisto di un

giornale, non costituisce una pratica commerciale sleale ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva 2005/29, per il solo fatto che detta possibilità di partecipare ad un gioco rappresenti, almeno per una parte dei consumatori interessati, il motivo determinante che li ha spronati ad acquistare il giornale medesimo››.

57

Come rilevato dalla dottrina, sul punto G. DE CRISTOFARO, La difficile attuazione della

direttiva 2005/29/CE concernente le pratiche commerciali sleali nei rapporti fra imprese e consumatori: proposte e prospettive, in Contratto e impresa/Europa, n. 1/2007, 2, e S.

BASTIANON, La tutela del consumatore, cit., 1467, il legislatore comunitario ha optato per uno “sdoppiamento” del termine di recepimento della direttiva sulla base di due considerazioni fondamentali. La prima risiederebbe nella lungimiranza da parte della Commissione di assicurarsi la possibilità, ove necessario, di rendere note ai legislatori nazionali le proprie osservazioni su quanto previsto dai singoli provvedimenti di recepimento così che prima della data fissata per la loro entrata in vigore sia possibile colmarne le lacune o apportate le dovute correzioni. La seconda ragione mira, invece, a concedere ai professionisti un periodo di vacatio legis che permetta loro di modificare ed adeguare le proprie politiche imprenditoriali, le campagne pubblicitarie e le strategie di mercato alle nuove regole dettate in attuazione della direttiva. Come spesso accade, però, non tutti gli Stati membri hanno rispettato l’assegnazione dei termini stabiliti dal legislatore comunitario.

38 n. 84/450/Ce recante la disciplina generale della pubblicità ingannevole e comparativa.

In virtù di tale concomitanza di eventi, il 12 dicembre 2007 rappresenta una data cruciale che, da un lato, ha segnato la storia della tutela dei consumatori con l’ingresso a pieno regime del cd. sistema “binario” della regolamentazione e del controllo comunitario delle pratiche commerciali poste in essere da imprenditori e liberi professionisti e, dall’altro, ha posto gli Stati membri dinnanzi ad una scelta di fondo tra la creazione di un unico

corpus normativo in cui recepire unitariamente entrambe le direttive e il

ricorso a due discipline autonome e distinte anche sul piano operativo59. Come già anticipato, la direttiva sulle pratiche commerciali sleali mira ad un’opera di armonizzazione massima delle legislazioni nazionali lasciando, al contempo, agli Stati membri un non indifferente margine di manovra60.

58

Adottata il 12 dicembre 2006 e pubblicata in G.U.U.E., n. L 376 del 27 dicembre 2006, 25.

59

Ovviamente, i Paesi europei hanno adottato soluzioni diversificate. Ad esempio Danimarca (con il

Markedsföringslag danese del 21 dicembre 2005 aggiornato alla legge del 20 dicembre 2006

attuativa delle due direttive), Svezia (con il Markedsföringslag dal 1 luglio 2008) e Austria hanno intrapreso la via del testo unitario contenente una disciplina generale applicabile a tutte le pratiche commerciali realizzate dagli operatori economici pubblici e privati e posta a tutela degli imprenditori, dei consumatori e del corretto funzionamento del mercato. In particolare, l’Austria ha canalizzato le disposizioni attuative della direttiva n. 2005/29/Ce e della direttiva n. 2006/114/Ce all’interno della UWH del 1984 la quale contiene anche la normativa generale in materia di concorrenza sleale posta a presidio degli interessi degli imprenditori e dei consumatori. Nella stessa direzione si sono mosse la Germania e la Francia. Quest’ultima ha articolato le norme di recepimento delle direttive 2005/29/Ce e 2006/114/Ce all’interno del Titolo II (Pratiques

commerciales) del Libro I (Information des consommateurs et formation des contrats) del Code de la consommation dove un primo chapitre I (pratiques commerciales reglemetees) detta la disciplina

delle pratiche commerciali ingannevoli (Sous-section 1 – Pratiques commerciales trompeuses) e della pubblicità comparativa (Sous-section 2 – Publicité) applicabile anche alle pratiche commerciali poste in essere nei riguardi dei professionisti; mentre il chapitre II (Pratiques

commerciales illecites) prevede una disciplina più severa delle pratiche commerciali aggressive.

Diversamente, Stati come il Belgio (dove con la legge del 5 giugno 2007 è stato abrogato il Capitolo IV sulla pubblicità ingannevole e comparativa e riscritto il Capitolo VII De la publicité et des

pratiques commerciales deloyales della Loi sur les pratiques du commerce et sur l’information et la protection du consommateur del 1991), i Paesi Bassi (qui il legislatore con la legge del 25 settembre

2008 ha inserito l’attuazione della direttiva 2005/29/Ce in un’apposita Sezione del Titolo 3, del Libro 6 del codice civile, in cui si trova la normativa dell’illecito civile extracontrattuale e della pubblicità ingannevole e comparativa), la Grecia (con la legge generale sui consumatori n. 2251 del 1994 così come modificata dalla legge del 10 luglio 2007 dettata in recepimento della direttiva sulle pratiche commerciali sleali) hanno attuato con un unico provvedimento le discipline attuative delle direttive 2005/29/Ce e 2006/114/Ce mantenendole, però, autonome e separate. Infine, Paesi come l’Italia, il Portogallo, l’Irlanda, il Regno Unito, la Polonia, l’Ungheria, la Lituania e Cipro hanno recepito i due provvedimenti comunitari con due testi normativi distinti.

60

39 E’ stato dunque inevitabile dover in primo luogo affrontare le questioni necessarie a garantire un corretto ed efficiente bilanciamento tra la normativa comunitaria, dettagliata e vincolante, e la discrezionalità attribuita al legislatore interno. Al riguardo la legge 25 gennaio 2006, n. 2961, che aveva delegato il Governo ad adottare nel termine di diciotto mesi dalla sua entrata in vigore i provvedimenti di attuazione di una serie di direttive CE, non ha indicato i criteri o i principi direttivi cui attenersi per dare attuazione alla direttiva 2005/29/Ce.

Di conseguenza il Governo ha operato attenendosi alle linee guida generali di cui all’art. 3 della legge n. 29/200662 ed il 2 agosto 2007 ha adottato due decreti legislativi.

Con il d.lgs. n. 145, attuativo dell’art. 14 della direttiva 2005/29/Ce che ha modificato la direttiva 84/450/Ce, è stata dettata la disciplina in materia di pubblicità ingannevole e comparativa.

Il d.lgs. n. 146, invece, ha recepito gli artt. 1-13 e 15-17 della direttiva 2005/29/Ce introducendo nell’ordinamento italiano la figura delle pratiche commerciali sleali63.

Gli artt. 18-27 del codice del consumo (nei quali era stata precedentemente trasfusa, in modo inopportuno e “maldestro”64, la disciplina della pubblicità ingannevole e comparativa dettata dal d.lgs. n. 74/1992 attuativo della direttiva n. 84/450/Ce) sono stati espunti dal d.lgs. n. 206/2005 per lasciare il posto al contenuto del d.lgs. 146/2007 e,

61

Legge delega recante ‹‹Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2005›› pubblicata in G.U. n. 32 dell’8 febbraio 2006, s.o. n. 34.

62

G. DE CRISTOFARO, Le pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori, in Le

nuove leggi civili commentate, n.5/2008, 1062, e L’attuazione della direttiva 2005/29/Ce nell’ordinamento italiano: profili generali, in AA.VV., Pratiche commerciali, cit., 67, parla di

delega quasi ‹‹in bianco››.

63

Entrambi i decreti, pubblicati nella G.U. del 6 settembre 2007, sono entrati in vigore il 21 settembre 2007: il legislatore italiano non si è avvalso della possibilità (vedi retro) di differire al 12 dicembre 2007 l’entrata in vigore dei provvedimenti attuativi prevista dall’art. 19 par. 2 della direttiva 2005/29/Ce.

64

Così L. ROSSI CARLEO, Dalla comunicazione, cit., 21, G. DE CRISTOFARO, L’attuazione, cit., 73 e nello stesso senso R. CALVO, E. BARGELLI, A. CIATTI, L. DI NELLA, R. DI RAIMO, nel Progetto in appendice a AA. VV., Le ‹‹pratiche commerciali sleali›› tra imprese e consumatori, a cura di DE CRISTOFARO, Torino, 2007.

40 novellati in attuazione della direttiva 2006/114/Ce, sono confluiti nel d.lgs. n. 145/2007.

Il legislatore italiano ha preferito l’adozione di due distinti provvedimenti65 per mettere subito in chiaro l’esatta individuazione delle distinte platee dei destinatari delle due discipline.

Le disposizioni che concernono la pubblicità ingannevole e comparativa hanno abbandonato il testo del codice del consumo proprio in considerazione del fatto che ora tale normativa non è più applicabile ai consumatori bensì ai soli rapporti tra concorrenti.

Invece, i nuovi artt. 18-27-quater del d.lgs. n. 206/2005, introdotti con il d.lgs. 146/2007, attengono alla regolamentazione delle sole pratiche commerciali scorrette realizzate nell’ambito dei rapporti tra professionisti e consumatori.

Va precisato come l’attuazione della direttiva 2005/29/Ce non si sia arrestata qui.

Essa, infatti, è stata perfezionata dal d.lgs. 23 ottobre 2007, n. 221, recante ‹‹Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 6 settembre 2006, n. 206, recante Codice del consumo››66: gli artt. 2, 4 e 8 del suddetto decreto hanno contribuito ad affinare quanto il d.lgs. 146/2007 aveva da poco introdotto nel Codice.

In particolare, l’art. 2 del d.lgs. 221/2007 ha cristallizzato tra i diritti fondamentali dei consumatori enucleati all’art. 2, comma 2, cod. cons., il

65 Si tratta di una scelta generalmente condivisa: P. BARTOLOMUCCI, L’attuazione della direttiva

sulle pratiche commerciali scorrette e le modifiche al codice del consumo, in Rass. dir. civ., n.

1/2008, 271, e G. DE CRISTOFARO, L’attuazione, cit., 70 e ss. e nota n. 61, 72, il quale sostiene come la soluzione italiana rifletta un’indiscussa originalità e, pur rimproverando al Governo di aver perso un’occasione importante per un più adeguato ed efficiente coordinamento fra la disciplina della concorrenza sleale contenuta nel codice civile e quella della pubblicità ingannevole e comparativa (si veda sul punto il lavoro dell’Autore Le pratiche commerciali scorrette nei rapporti

tra professionisti e consumatori: il d.legisl. n. 146 del 2 agosto 2007, attuativo della direttiva 2005/29/CE, in Studium Iuris, n. 11/2007, 1183), ritiene che l’inserimento della normativa sulle

pratiche commerciali sleali in un testo ad hoc separato ed autonomo dal codice del consumo sarebbe stato non solo una scelta irrazionale ma addirittura contrastante con i dettami dell’art. 3, lett b) e e) della legge delega e con l’art. 144 cod. cons., secondo il quale ‹‹ogni intervento normativo incidente

sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute››.

66

Pubblicato nella G.U. n. 278 del 29 novembre 2007, il decreto è stato adottato in ossequio alla delega prevista dall’art. 20-bis della legge n. 229/2003 la quale concedeva al Governo il potere di “adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni normative e correttive” dei decreti legislativi che lo stesso Governo era stato delegato ad emanare dalla medesima l. 229/2003.

41 diritto “all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà”, attualmente enunciato dalla lett. c-bis) dello stesso comma 267.

67

In merito all’inserimento della lettera c-bis) al comma 2 dell’art. 2 del Codice del consumo ed alla relativa enunciazione di un ulteriore diritto G. DE CRISTOFARO, L’attuazione, cit., 70, critica come il legislatore abbia agito ‹‹omettendo peraltro inspiegabilmente di eliminare, dalla lett. c) del

medesimo comma 2° dell’art. 2, la previsione esplicita del “diritto ad una corretta pubblicità”, previsione divenuta del tutto superflua in seguito all’introduzione della lett. c-bis), dal momento che la pubblicità non è altro che una delle pratiche commerciali cui quest’ultima statuizione fa riferimento››. Nello stesso senso, ammonisce la mancata considerazione di come l’espressione

“pratica commerciale” inglobi al suo interno quella di “corretta pubblicità” L. ROSSI CARLEO, sub

art. 2, comma 2, lettera c-bis, in Le modifiche al codice del consumo, Giappichelli, 2009, 6, la quale

vede riflettersi nella suddetta omissione l’abbandono di un elenco rigido a numero chiuso dei diritti fondamentali dei consumatori e degli utenti in favore di una loro elencazione aperta alle continue mutazioni derivanti dal susseguirsi delle norme ed improntata ad una maggiore tutela.

42

CAPITOLO II

L

E DIFFERENTI FORME DI MANIFESTAZIONE DELLE PRATICHE

COMMERCIALI INGANNEVOLI DAL DATO NORMATIVO AGLI

ORIENTAMENTI DELL

’AGCM

1. Le pratiche commerciali scorrette

.

La direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, inseritasi nell’ambito del piano di revisione dell’aquis comunitario del diritto dei consumi68, ha puntato all’armonizzazione massima delle legislazioni nazionali in materia di pratiche commerciali sleali al fine di limitarne le divergenze di recepimento, ridurre gli ostacoli alla commercializzazione transfrontaliera di beni e servizi e rafforzare, così, la fiducia dei consumatori e delle imprese nel mercato interno.

Tra i due decreti di recepimento, il d.lgs. 146/2007 introduce la normativa delle pratiche commerciali scorrette all’interno del codice del consumo, modificandone gli artt. da 18 a 27 ed inserendovi i nuovi artt. 27-

bis, 27-ter e 27-quater, e con vigore fissa quale fonte di una maggiore tutela

degli interessi economici dei consumatori69, il loro, oggi più che mai ribadito e consolidato, diritto alla corretta informazione.

68

Per un completo quadro delle tappe che hanno scandito l’evoluzione dell’acquis comunitario in materia di politica dei consumatori cfr. G. ALPA, Introduzione al diritto dei consumatori, Edizioni Laterza, Bari, 2006, 45 ss., e sub art. 1, in Codice del Consumo. Commentario, a cura di G. Alpa e L. Rossi Carleo, Esi, Napoli, 2005, 19; e ROSSICARLEO, La revisione dell’acquis comunitario sui

consumatori, in Consumatori diritti e mercato, n.3/2007, 111 ss. .

69

Ed anche il rafforzamento del mercato interno e, quindi, la tutela indiretta delle imprese concorrenti. Così DONA, Pubblicità, pratiche commerciali e contratti nel Codice del Consumo, Utet, Torino, 2008, p. 15-16. In virtù del carattere di armonizzazione massima della direttiva 2005/29/CE, le modifiche apportate in sede di recepimento si sono concentrate soprattutto su aspetti quali la salute e la sicurezza dei consumatori che erano al di fuori della clausola di armonizzazione massima della direttiva stessa. Invece, tutto ciò che vi ricadeva è stato oggetto di attenzione del legislatore italiano esclusivamente per aggiustamenti terminologici, come la sostituzione da pratiche commerciali “sleali” a pratiche commerciali “scorrette”.

43 Solo un’informazione accessibile, comprensibile, trasparente e veritiera è in grado di garantire un mercato concorrenziale animato da consumatori che adottano decisioni libere e consapevoli.

E la rilevanza che assume una corretta comunicazione informativa nell’ambito delle diverse forme di manifestazione dei rapporti tra consumatori e professionisti si riflette nella definizione di pratica commerciale scorretta70 e nell’individuazione degli elementi rispetto ai quali valutarne il carattere ingannevole o aggressivo71.

L’esperienza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato relativa all’applicazione della nuova disciplina, ha fin da subito lasciato intravedere il risvolto positivo di una tutela più incisiva contro condotte d’impresa atipiche che, seppure collegate alla vendita di beni o alla prestazione di servizi da parte di un soggetto imprenditoriale, non risultavano immediatamente riconducibili all’alveo della pubblicità commerciale.

Il merito risiede nella particolare elasticità della nozione di pratica commerciale accolta dal d.lgs. 146/2007, la quale oggi permette all’Autorità di procedere a una valutazione unitaria di strategie imprenditoriali complesse, che «nella vigenza delle precedente disciplina

70

Ovvero «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi

compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori», così il nuovo art.

18, comma 1, lett. d), cod. cons. E’ evidente il ruolo chiave che l’informazione gioca nelle varie sfumature in cui si articola la pratica commerciale che si rivolge al consumatore.

71

R. PARTISANI, sub art. 21, in Codice Ipertestuale del Consumo, a cura di M. Franzoni, Utet, Torino, 2008, 88, evidenzia come la direttiva 2005/29/CE sia stata recepita dal d.lgs. 146/2007 in modo tale da imporre ai professionisti quattro obblighi di informazione, la cui violazione potrà determinare o un’azione ingannevole o un’omissione ingannevole. Gli obblighi informativi rinvenuti dall’Autore sono: «1) l’obbligo di indicare l’intento commerciale della pratica quando

non risulti già evidente dal contesto (art. 22, 2° co., c. cons.); 2) l’obbligo di dare notizia dell’attitudine di determinati prodotti a porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori (art. 21, 3° co., c. cons.); 3) gli obblighi di informazione previsti dal diritto comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o il marketing (…)»; «4) l’obbligo di fornire, nell’invito all’acquisto, le cinque informazioni “chiave” previste dall’art. 22, 4° co., cod. cons., quando l’omissione risulti idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso».

44

avrebbero dovuto essere artificialmente scomposte per concentrare l’azione sui segmenti qualificabili come pubblicità ingannevole»72.

Ma non solo. La maggiore incisività e l’ottimismo dei risvolti delle prime esperienze concrete della lotta contro le pratiche commerciali scorrette risiede anche nell’adozione da parte dell’Autorità Antitrust del «Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrete»73, con il quale ha definito il suo ruolo, mai prima d’ora così decisivo, nella tutela amministrativa dei consumatori74.

Si pensi ad esempio alla possibilità che ora ha di procedere d’ufficio, ai maggiori poteri istruttori, al potere di chiedere e ottenere dal professionista gli impegni a porre fine all’infrazione75.

Il nuovo art. 20 cod. cons. è la clausola generale del divieto di pratiche commerciali scorrette e il suo comma 2 dispone che l’accertamento della scorrettezza verte su due presupposti, ovvero la contrarietà della pratica alla diligenza professionale, da un lato, ed il fatto che la stessa falsi o «sia

idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta ad un determinato gruppo di consumatori»,

dall’altro.

Nella prima ipotesi si valuta la competenza e l’attenzione che nello specifico caso ogni consumatore si aspetta dal professionista in relazione ai principi di correttezza e buona fede nel settore di attività proprio della sfera professionale di quest’ultimo.

72

Così nella Relazione annuale sull’attività svolta nel 2007 dall’Autorità Antitrust, presentata il 24 giugno 2008, 231-232. La pubblicità è una species, rilevante, del più ampio genus delle pratiche commerciali.

73

E del “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e

comparativa”, adottati il 15 novembre 2007 dall’Autorità e pubblicati sulla G.U. 5 dicembre 2007,

n. 283.

74 Sarà oggetto di una trattazione specifica all’interno del Cap. IV l’aspetto della tutela

amministrativa prestata dall’Autorità Antitrust.

75 Per un’analisi attenta dei nuovi poteri dell’Antitrust in materia di pratiche commerciali scorrette e

nei rapporti business to business, cfr. E. FRENI, Pratiche commerciali scorrette e pubblicità

ingannevole: il ruolo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in Giornale di dir. amm., 2008, 3, 271 ss., e V. FALCE, Emanati i regolamenti su pratiche commerciali scorrette pubblicità ingannevole, in Dir. ind., 2008, 47 ss..

45 Il secondo parametro è finalizzato all’esame della potenzialità del comportamento del professionista di alterare in misura rilevante la libertà e la capacità del consumatore medio di adottare scelte economiche.

Laddove si accerti il ricorrere di entrambi i criteri, la pratica commerciale è senza dubbio sleale76.

In merito alla prova della presunta scorrettezza della pratica commerciale, sia essa ingannevole o aggressiva, è opportuno distinguere. In linea generale, con l’eccezione delle fattispecie che rientrano nell’ambito delle pratiche considerate in ogni caso scorrette77, grava sempre sul consumatore, o su un altro soggetto o organizzazione interessata, la prova del duplice presupposto della clausola generale dell’art. 20, comma 2, cod.