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4. Reati in contratto e reati-contratto Cenni

4.4. Truffa, pubblicità e pratiche commerciali menzognere:

I messaggi pubblicitari sono indubbiamente uno dei settori prediletti per la realizzazione delle truffe contrattuali.

In particolare, si parla di truffa in incertam personam così definendo quegli artifici o raggiri, consistenti in offerte o inviti all’acquisto che precedono le vere e proprie trattative, indirizzati ad una generalità indeterminata, né determinabile, di destinatari (come avviene con i

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A questa tesi I. LEONCINI, obietta il suo non tener conto ‹‹dell’eventuale coincidenza tra taluni

dei requisiti della fattispecie incriminatrice di quella negoziale (…) e finisce, così, per reputare punibili fatti del tutto inidonei ad offendere il bene tutelato››. E così, secondo la tesi autonomista,

dovrebbe rispondere del reato di truffa colui che, mediante artifici o raggiri, abbia indotto la controparte a concludere un contratto potenzialmente dannoso per quest’ultima, nonostante però lo stesso sia sottoposto a una condizione sospensiva impossibile e quindi si tratti di un contratto fin dall’inizio inefficace.

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174 messaggi pubblicitari) idonei ad indurre in errore una o più persone determinate439.

Come accennato in precedenza, non integra il raggiro proprio del dolo vizio il cd. dolus bonus il quale definisce quell’insieme di comportamenti solitamente tenuti dalle parti nella fase delle trattative al fine di persuadere la controparte alla conclusione del contratto.

Il dolo, terreno insidioso segnato dal perenne rischio di sovrapposizione tra il vizio della volontà e l’illecito, è oggi più che mai attraversato da un confine di difficile definizione tra l’area del dolo malo (causa di annullamento del contratto) e il dolus bonus.

L’odierna realtà economica è fondata su un mercato libero dove l’abbattimento delle barriere e il ricorso a tecniche di contrattazione sempre più complesse, capaci di ridurre le distanze spazio temporali, ha accelerato i ritmi dell’incontro domanda-offerta in favore di un aumento esponenziale delle condotte menzognere e fuorvianti440.

In questo scenario, le generiche vanterie, le iperboliche esaltazioni delle prestazioni offerte da un professionista (potenziale contraente), ovvero il dolo “tollerato”, sono generalmente ritenute prive di rilevanza giuridica, come da ultimo previsto dall’art. 20, comma 3, cod. cons., ai sensi del quale non rilevano ai fini del giudizio di scorrettezza della pratica commerciale

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Al riguardo, Pret. Salerno 28 dicembre 1993 affermava che ‹‹Integra la fattispecie di reato di

concorso in truffa contrattuale perpetrata mediante pubblicità ingannevole il comportamento dell'agente - propagandista e del legale rappresentante di una società immobiliare i quali, mediante artifici e raggiri consistiti nel produrre ed esibire opuscoli e "depliants" pubblicitari atti a lasciar intendere l'esistenza di un villaggio turistico, inducono il "deceptus" in errore, convincendolo ad acquistare un'abitazione per le vacanze, procurandosi, così, un ingiusto profitto con l'altrui danno patrimoniale››. Sul fronte della normativa prevista in materia di pubblicità ingannevole dal d.lgs. n.

74/1992 (oggi confluita mediante il d.lgs. 146/2006 nel codice del consumo) l’art. 2 del decreto definiva pubblicità ingannevole “qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso in qualsiasi modo,

nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere o di servizi…. in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico”.

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Riflesso di questa realtà economica sempre più complessa in continuo divenire è stata la normativa dettata negli anni ’90 in materia di contratti stipulati fuori dai locali commerciali e per quelli conclusi mediante tecniche di comunicazione a distanza, nonché in materia di pubblicità ingannevole e ne è stata un’ulteriore conseguenza la disciplina delle pratiche commerciali scorrette. Nel libero e caotico mercato la pubblicità, le strategie di marketing brillanti sono un tassello irrinunciabile per il buon andamento degli affari.

175 del professionista quelle pratiche pubblicitarie consistenti in “dichiarazioni

esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate ad essere prese alla lettera”441.

La non decettività del dolus bonus risiederebbe nella sua inidoneità ad indurre in errore la persona del consumatore mediamente informato e ragionevolmente attento ed avveduto442.

Ma va da se che gli artifici e i raggiri integranti il delitto di truffa ben potrebbero esser stati articolati ricorrendo anche ad immagini o affermazioni esagerate, inverosimili in grado di stupire ed esercitare una vis

persuadendi sul destinatario accorto.

Diviene così ancor più intricato il rapporto tra fattispecie penale, pratica commerciale ingannevole e contratto: mentre il dolo cd. innocuo potrebbe completare, senza essere da solo sufficiente ad integrarlo, il dolo generico richiesto dall’art. 640 c.p. (innestandosi così la responsabilità penale del soggetto agente), lo stesso, secondo l’orientamento generalmente diffuso, non sarebbe di per sé rilevante sul piano civilistico e non vi sarebbe alcuna tutela per il contraente che ne è stato vittima.

Eppure, la pubblicità (indubbiamente una delle principali forme con cui ognuno di noi è quotidianamente il destinatario di pratiche commerciali nonché di condotte fraudolente) caratterizzata da simulazioni del vero lampanti, esagerate, continua a mietere un numero consistente di vittime e dunque non può condividersi l’automatico disinteresse giuridico verso l’insidiosità e gli effetti del dolo buono443.

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Ma anche il Codice di autodisciplina pubblicitaria all’art. 2 esclude la violazione del divieto della pubblicità decettiva dello spot mediante il quale il produttore enfatizza le qualità di un determinato prodotto ricorrendo a figure retoriche di natura palesemente iperbolica e la figura del dolo innocuo era già riconosciuta anche in materia di concorrenza sleale.

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In senso contrario, si pone V. ROPPO, Contratto di diritto comune, contratto del consumatore,

contratto con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in Riv. dir. priv., 2001, 783, il quale ritiene che considerare irrilevante il dolus bonus contrasti con la ratio

della regola che non contempla fra i requisiti di rilevanza dell’errore la scusabilità. L’Autore intravede nel sistema un’incongruenza tra la tutela accordata a chi cade in errore a causa della sua sprovvedutezza e la tutela negata a chi per la medesima ragione è vittima dell’inganno altrui, seppure grossolano.

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Favorevole a negare l’automatica irrilevanza giuridica del dolus bonus, con riferimento all’art. 20, comma 3, cod. cons., R. CALVO, Le pratiche commerciali, cit., 205 e ss., il quale proprio dinnanzi al “malcostume imperante nella prassi” dei contraenti disonesti reclama la giusta attenzione verso il dolo cd. tollerato. Questo non può essere ritenuto innocuo sulla base del

176 Sulla base di questa presa di coscienza, l’irrilevanza del dolus bonus in materia di pratiche commerciali ingannevoli, prevista dal comma 3 dell’art. 20, cod. cons., dovrebbe essere accertata per ogni singolo caso concreto durante la valutazione dell’idoneità dell’inganno, in quanto proprio le affermazioni esagerate, le iperboli sono particolarmente idonee ad indurre i consumatori più vulnerabili e sensibili a un minore stato di allerta rendendoli meno attenti e scrupolosi nell’adempimento degli oneri informativi e nella ponderazione di scelte razionali444.

Ed infatti, stando alle decisioni con cui l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha riconosciuto l’ingannevolezza e sanzionato determinate pratiche commerciali, lo spazio riservato al dolo tollerato pare essere sempre minore e sembra lasciare il posto ad una maggiore discrezionalità dell’interprete affinché sia valutata l’idoneità della pratica ad indurre in errore il consumatore medio (o il membro medio del gruppo di consumatori cui la pratica è diretta) alla luce delle peculiarità del singolo caso concreto.

Si pensi ai provvedimenti adottati in materia di prodotti destinati alle persone affette da determinate patologie. Qui, nonostante le dichiarazioni del professionista potessero essere inquadrate fra quelle palesemente esagerate, o riconosciute come non veritiere o grossolane da parte del consumatore ragionevolmente attento e informato, l’AGCM ha optato per un esame delle circostanze specifiche di ogni condotta professionale senza applicare automaticamente l’art. 20, comma 3, cod. cons..

parametro dell’uomo di ordinaria accortezza poiché i claims, le immagini e le dichiarazioni grossolane non necessariamente incidono sulla volontà delle sole persone insensate, ma possono “adescare” anche l’uomo avveduto che per le particolari circostanze del caso concreto si trovava in una situazione di debolezza psicologica che non gli ha permesso di individuare l’evidenza dell’inganno lampante.

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Così G. DE CRISTOFARO, La nozione generale, cit., 173, il quale critica la previsione dell’art. 20, comma 3, cod. cons., anche dal punto di vista dell’ambiguità della sua formulazione in relazione all’incertezza dei presupposti che permetterebbero di riconoscere quando si è in presenza di una dichiarazione che non deve essere presa alla lettera, o in presenza dei quali possa riconoscersi il carattere evidentemente esagerato o non serio. M. RABITTI, sub art. 20, in Le modifiche al codice

del consumo, cit., 157, ritiene che il suddetto comma 3 sia superfluo, sia in virtù della tolleranza

verso il dolus bonus già diffusa in materia di concorrenza sleale e nella disciplina della pubblicità ingannevole, sia considerando che la non punibilità del mendacio grossolano era già ricompresa nel giudizio di idoneità all’inganno (su quest’ultimo punto nello senso V. MELI, Le pratiche sleali

177 E così l’Autorità, adottando una strategia cosciente della maggiore insidiosità delle condotte iperboliche per i soggetti più vulnerabili che non integrano le qualità del modello del consumatore medio, afferma che ‹‹le

comunicazioni promozionali relative al prodotto (…) si rivolgono ad una particolare categoria di consumatori costituiti da persone affette dal problema della calvizie, ovvero da persone che versano in una condizione di mancanza, totale o parziale, dei capelli oppure che registrano, in una determinata fase della loro vita, fenomeni più o meno frequenti di caduta dei capelli›› e che pertanto (nonostante la previsione del dolo tollerato di

cui all’art. 20, comma 3, cod. cons.) ‹‹tali circostanze appaiono in grado di

rendere i destinatari dei messaggi promozionali, particolarmente sensibili a simili sollecitazioni, rendendo pertanto necessaria una valutazione rigorosa circa la veridicità, trasparenza e correttezza dei messaggi pubblicitari veicolati dagli operatori del settore››445.

Lo stesso ragionamento è adottato per alcune condotte professionali che nella realtà di oggi, caratterizzata da un’informazione diffusa e capillare, sembrerebbero ormai inidonee a richiamare l’attenzione del consumatore medio vigile e scrupoloso.

Si tratta dei casi aventi come protagonisti sedicenti maghi capaci di curare gravi patologie mediche che secondo la Corte di Cassazione integrano il reato di truffa446 e in relazione ai quali l’Autorità Antitrust ha riconosciuto l’ingannevolezza della pratica, tenuto conto di tutti fattori del caso concreto e della particolare categoria di consumatori (composta da

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Così in PS469, provv. n. 20553 del 10 dicembre 2009, in Boll. 51/2009 (Ricapil-Unico rimedio

per calvizie). E’ il caso di evidenziare come proprio fattispecie di pubblicità aventi ad oggetto

prodotti e lozioni per capelli dove venivano vantati gli effetti di infoltimento e allungamento accompagnate da lettere di clienti entusiasti, secondo la precedente disciplina della pubblicità ingannevole dettata dal d.lgs. n. 74/1992, erano ritenute dalla giurisprudenza delle vanterie esagerate, delle grossolane magnificazioni che seppur non veritiere erano innocue per i consumatori e non venivano sanzionate come ipotesi di pubblicità ingannevole (si veda Trib. Milano 21 febbraio 1993). Oggi, invece, differentemente da allora le stesse pratiche pubblicitarie sono riconosciute ingannevoli e represse, poiché la condotta del professionista idonea ad indurre in errore mediante strategie fraudolente, e dunque sovrapponibili agli artifici o raggiri della truffa, e il relativo dolus

bonus sono valutate caso per caso in concreto e in un’ottica di maggior tutela del consumatore.

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Si veda Cass. Pen., sez. II, n. 1910/2004 dove è stato condannato per truffa aggravata il soggetto che, sfruttando la notorietà di mago e guaritore, generava nelle persone offese il pericolo immaginario della non guarigione da determinate malattie che sosteneva di poter curare prescrivendo la somministrazione di sostanze al fine di procurarsi un ingiusto profitto.

178 soggetti deboli) cui si rivolge il professionista, affermando che la stessa, “basata su affermazioni specifiche (…) con cui si accreditano in maniera

così palese i presunti “poteri” della professionista, è idonea ad alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto, considerata anche la particolare categoria di persone alle quali è rivolta e l’indimostrabilità dei risultati promessi”447.

Emerge come ciò che a livello normativo integrerebbe una condotta lecita non classificabile come pratica commerciale ingannevole poiché costruita su mere fantasticherie grossolane, non è ritenuto irrilevante dalla prassi di chi, Antitrust prima e autorità giudiziaria in un secondo momento448, applica le norme nell’ottica di una tutela priva di zone d’ombra che lascino impregiudicate le condotte caratterizzate dal dolus

bonus le quali, invero, possono nuocere alla collettività dei cives e di quelli

più vulnerabili.

Forse a monte l’art. 6 della direttiva n. 2005/29/Ce e il successivo art. 20, comma 3, cod. cons., avrebbero dovuto evitare di dare per scontata

l’“impermeabilità” alle suggestioni grossolane del consumatore

mediamente accorto o quantomeno calibrare la portata decettiva del dolus

bonus sulla figura del consumatore (potenziale contraente) “debole”,

intendendosi tale non l’uomo sprovveduto o negligente ma colui che versa in situazioni fisiche, psichiche, sociali che ne accentuano la sensibilità e la

447 E’ quanto affermato dall’AGCM in occasione del PS2681, provv. n. 19791 del 23 aprile 2008, in

Boll. 16/2009 (Sensitiva Adelia Felice), in cui si afferma che ‹‹i destinatari della pratica in esame,

inerenti la sfera del paranormale, non si identifica con la generalità dei consumatori ma, piuttosto, con quelle persone che sono in ogni caso portate a credere ed accettare l’esistenza di fenomeni caratterizzati da una intrinseca indimostrabilità. L’analisi (…) si ricollega ai profili meno irrazionali presenti nella suddetta pratica, nella quale la professionista in esame non si limita ad una generica esaltazione dei propri poteri di “Astrologa – Telepatica e Carismatica” come Lei stessa si definisce, ma appare particolarmente suscettibile di attrarre quelle categorie di consumatori propense ad un approccio fideistico ed irrazionale verso l’attività di sensitive e astrologiche, facendo leva sulla debolezza, fragilità psicologica e disperazione di alcune persone che possano trovarsi in gravi difficoltà per problemi di salute, lavoro, denaro››.

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Fermo restando un eventuale giudizio penale laddove la condotta del professionista integri gli estremi del comportamento rilevante ai sensi del codice penale, tanto che l’autorità Antitrust nel citato provvedimento PS2681 afferma in via preliminare come esulino dalle sue competenze i profili di eventuale rilevanza penale individuati nella pratica in relazione ad ipotesi di truffa ed abuso della credulità popolare.

179 vulnerabilità verso richiami particolarmente attrattivi proprio perché esagerati, rimettendola ad un giudizio di idoneità in concreto449.