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2. L’elemento oggettivo del reato di truffa: gli “artifici e raggiri”,

2.1. Artifici e raggiri: la nuda menzogna e il silenzio Rinvio

2.1.1. Segue L’idoneità a trarre in inganno e l’induzione in errore

l’induzione in errore

.

La condotta posta in essere dall’autore del reato di truffa deve provocare in capo al destinatario della stessa un “errore”.

Prima di affrontare il suo significato e il ruolo che esso riveste all’interno della struttura del reato, è opportuno affrontare la questione dell’idoneità degli artifici e raggiri a trarre in inganno uno o più soggetti.

La giurisprudenza è pressoché unanime nel prescindere dal giudizio di idoneità degli artifizi e raggiri che nel caso concreto hanno indotto in errore la vittima della condotta, in quanto una volta consumato il delitto di truffa, ‹‹ogni questione in ordine all’idoneità astratta, dell’artificio o del raggiro,

ad ingannare e sorprendere l’altrui buona fede non ha alcuna rilevanza, essendo l’idoneità dimostrata dall’effetto raggiunto››320.

318

Così Cass., sez. II, 25 gennaio 2000, n. 2706 e Cass., sez. II, 17 marzo 1993, n. 4011.

319

Circa il ruolo del silenzio nell’ambito del delitto di truffa si rinvia al paragrafo successivo concernente la truffa contrattuale.

320

130 E ancora, sempre la Cassazione ha affermato che, una volta accertato il nesso di causalità fra i raggiri e l’induzione in errore, ‹‹non occorra

stabilire l’idoneità in astratto dei mezzi usati quando in concreto essi si siano dimostrati idonei a trarre in errore››321.

In senso opposto si muoveva la giurisprudenza minoritaria e più risalente sostenendo che gli artifici e i raggiri dovessero essere idonei alla stregua di un giudizio ex ante (e non ex post) ad indurre in errore un soggetto di media intelligenza322.

Aderendo a quest’ultimo orientamento, autorevole dottrina critica l’applicazione estensiva del reato di truffa compiuta dai giudici mediante un “processo di svalutazione interpretativa delle specifiche caratteristiche

modali della truffa”323, sostenendo che il fare a meno dell’accertamento dell’effettiva idoneità ingannatoria degli artifici o raggiri finisca con il trasformare la fattispecie in esame da reato a forma vincolata a reato a schema libero.

Proprio su questo profilo si impone un immediato raffronto con la disciplina dettata dal codice del consumo in materia di pratiche commerciali scorrette.

Infatti, mentre i giudici ritengono che per l’applicazione in concreto dell’art. 640 c.p. non sia necessaria e non rilevi l’idoneità in astratto della condotta attiva o del silenzio integranti gli artifici e raggiri, per quanto riguarda la qualificazione come “scorretta” ai sensi dell’art. 20, comma 2, cod. cons., o come “ingannevole” ex art. 21, comma 1, cod. cons., di

un’azione, omissione, condotta, dichiarazione, comunicazione

commerciale, posta in essere da un professionista è sufficiente la mera idoneità in astratto, rispettivamente, a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio che essa raggiunge, o ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso.

321

Cass., sez. I, 11 luglio 1990.

322

Cass. sez. VI, 28 ottobre 1981 e nello stesso senso in dottrina V. MANZINI, 614 e ss..

323

131 Invero, l’orientamento giurisprudenziale attualmente maggioritario dovrebbe fare un passo indietro e ripensare il ruolo dell’idoneità della condotta ad indurre in errore il soggetto passivo.

Infatti, la truffa è un reato a forma vincolata in quanto il legislatore ha creato la norma dell’art. 640 c.p. selezionando solo alcune condotte come penalmente rilevanti e perseguibili ai sensi di un preciso schema tipico.

Invece, tendendo, come gran parte della giurisprudenza, a focalizzare l’attenzione solo sull’evento concreto dell’induzione in errore e sul consequenziale atto dispositivo (dal quale derivano sia il danno patrimoniale della vittima che l’ingiusto profitto del soggetto attivo o di terzi) si adotta un’interpretazione abrogante dell’art. 640 c.p. che, procedendo in questo senso, verrebbe sostanzialmente trasformato in un reato a schema libero in cui rileva “qualunque” condotta.

Dunque, sembra preferibile condividere quell’orientamento

giurisprudenziale minoritario poc’anzi ricordato e quella dottrina324 che ribadiscono la necessità del giudizio ex ante dell’idoneità della condotta ad indurre in errore, in quanto solo mediante una simile interpretazione e applicazione della norma più rigorosa e restrittiva viene rispettato il principio di legalità sancito dall’art. 1 c.p. e dall’art. 25 Cost. .

Venendo ora al secondo segmento dell’elemento oggettivo della truffa, l’“errore” viene comunemente definito come ‹‹una falsa o distorta

rappresentazione di circostanze di fatto capaci di incidere sul processo di formazione della volontà››325.

Diversa dall’errore, invece, è l’ignoranza pura e semplice dove ricorre l’assenza di una qualunque, falsa o alterata, rappresentazione: in tale ipotesi colui che non è assolutamente a conoscenza di un fatto o di determinate circostanze non versa in uno stato di errore e quindi non ricorrono i

324

G. FIANDACA-E. MUSCO, ult. Op cit..

325

Così definisce l’errore G. FIANDACA-E. MUSCO, ult. Op., cit., 177. G. MARINI, invece, alla voce Truffa, cit., 376, lo definisce come ‹‹una qualsiasi falsa rappresentazione della realtà,

traducentesi in un comportamento dato del soggetto, comportamento produttivo di un danno per costui o per un terzo e di un ingiusto profitto per l’agente o per altri››.

132 presupposti perché possa cadere nel tranello truffaldino avente ad oggetto un fatto o determinate circostanze ignorati.

E’ necessario comprendere quali siano le modalità di manifestazione dell’errore che rilevano ai sensi dell’art. 640 c.p. .

In un parallelismo con l’ambito civilistico, la divergenza tra la realtà oggettiva e la rappresentazione soggettiva determinata dagli artifizi e raggiri integra l’errore richiesto nel reato di truffa laddove investa indifferentemente uno dei fattori di cui agli artt. 1428 e ss. c.c. che qualora oggetto di errore rilevano ai fini dell’annullamento del contratto.

Ma potrebbe trattarsi anche di un errore di diritto.

Non solo. Diversamente dalla disciplina dell’annullabilità del contratto, l’errore potrebbe avere ad oggetto anche i motivi che hanno persuaso la vittima ad obbligarsi326.

Un’altra questione sulla quale è opportuno soffermarsi, soprattutto nell’ottica del confronto fra la tutela penalistica dell’individuo vittima del raggiro fraudolento e la tutela approntata per il consumatore, riguarda il cd. “stato di dubbio” in cui versa un soggetto a causa della condotta altrui classificabile di volta in volta come artifizio e raggiro o come pratica commerciale.

Sul fronte penalistico, il problema concerne l’estensione della tutela accordata dall’art. 640 c.p. alle ipotesi in cui il soggetto passivo si sia rappresentato la possibilità di essere raggirato e ciò nonostante abbia posto in essere un atto di disposizione patrimoniale.

326

In questo senso G. MARINI. Sempre in materia di rilevanza dell’errore, in dottrina è stata affrontata la questione dell’eventuale rilevanza dell’errore ostativo ai fini dell’integrazione del reato di truffa, ossia di quell’errore che si sostanzia nella differenza tra la dichiarazione e la volontà effettiva correttamente formatasi del suo autore. Al riguardo, U. LUCARELLI, La truffa, cit., 28, ritiene che la truffa ricorra quando il soggetto passivo compie un atto di disposizione patrimoniale in modo “consapevole”, oltre che in conseguenza di una falsa rappresentazione della realtà frutto dell’opera del soggetto attivo. Ed allora, dato che l’errore ostativo escluderebbe ogni volontà del soggetto passivo questo si renderebbe autore di un atto di disposizione patrimoniale “inconsapevole” non integrando così uno dei requisiti del reato. Diversamente, G. MARINI ha affermato che la fattispecie del reato di truffa verrebbe realizzata a prescindere dalla circostanza che l’induzione concerna un errore vizio piuttosto che un errore ostativo e ciò alla luce dell’equiparazione dei due tipi di errore compiuta dal legislatore con l’art. 1433 c.c. che prevede l’applicabilità delle norme sull’annullabilità del contratto viziato dall’errore anche alle ipotesi di errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione.

133 La soluzione muta in funzione della rilevanza che viene riconosciuta al ruolo che in simili vicende assume la vittima.

Una prima tesi in nome di una maggiore tutela delle potenziali vittime dell’inganno si mostra favorevole ad un’applicazione quanto più estensiva dell’art. 640 c.p. e procede nella medesima direzione uno dei rari interventi giurisprudenziali sul punto della Corte di Cassazione la quale ha affermato che dimostrato, alla stregua di un giudizio ex post, che i raggiri e gli artifici hanno raggiunto lo scopo verso i quali erano diretti, la loro idoneità ad indurre in errore non viene meno qualora sia provato che il soggetto ingannato sospettasse il raggiro o l’artifizio327.

Accanto ad un altro orientamento decisamente restrittivo che sulla base del principio di autoresponsabilità esclude dall’ambito applicativo del reato di truffa ogni rilevanza allo stato di dubbio, si pone una tesi intermedia che pone l’accento sull’oggetto del dubbio.

Infatti, premesso che colui che versa nello stato di incertezza circa la buona fede o la sincerità della controparte è di per sé stesso un individuo meno vulnerabile rispetto a colui che nutre la massima fiducia nel soggetto truffaldino, si distingue tra dubbi “rilevanti” e dubbi “irrilevanti” o, ancora, tra dubbi “concreti/definiti” e dubbi “indeterminati”328.

E dunque, mentre esulerebbe dallo stato di errore richiesto dall’art. 640 c.p. il dubbio concreto, ovvero tutte quelle ipotesi in cui le perplessità circa la veridicità della condotta altrui poggiano su dati tangibili, specifici sui quali il soggetto passivo potrebbe indagare al fine di evitare la sua caduta in errore, gli stati di dubbio indefinito ai quali l’individuo responsabile e attento non può sottrarsi integrerebbero l’induzione in errore prescritta nella struttura della truffa venendo così ad integrarla329.

327 Così Cass., sez. V, 17 gennaio 1978. 328

In questo senso G. FIANDACA-E. MUSCO, ult. Op., 178.

329

Ancora, U. LUCARELLI, ult. Op., cit., sostiene che non vi sia incompatibilità assoluta tra errore e dubbio, in quanto se il soggetto agente mediante artifizi e raggiri insinua un dubbio nella potenziale vittima, proprio da tale stato di ambiguità e incertezza potrebbe sorgere un errore in grado di orientarne, condizionarne il comportamento nella direzione voluta dall’autore della condotta fraudolenta.

134 Per quanto attiene alle pratiche commerciali e allo stato di dubbio, si deve fin da subito ricordare come il consumatore non solo ha diritto a ricevere informazioni adeguate, chiare e trasparenti dal professionista, ma ha anche il dovere di provvedere in prima persona alla formazione di una propria cultura consumeristica adeguata.

Infatti sia la direttiva n. 2005/29/Ce che il codice del consumo dettano in materia di pratiche commerciali scorrette una tutela che non va indistintamente a beneficio di qualunque consumatore bensì mira a difendere il consumatore “medio” dalle condotte ingannevoli e aggressive.

Quindi, mentre in ambito penale la previsione del reato di truffa tutela chi non è in possesso di elementi o indizi che possano suggerirgli di verificare taluni aspetti dell’attività del soggetto agente che gli consentano di scongiurare l’inganno, perché solo in tal caso non si può muovere al soggetto passivo della condotta truffaldina un giudizio di colpa per aver agito con superficialità o negligenza, il legislatore comunitario e quello italiano adottano un atteggiamento inverso in materia di pratiche commerciali.

Essi hanno predisposto una tutela ristretta al solo consumatore medio, ossia a quello ragionevolmente informato, attento, scrupoloso il quale nel “gergo” della dottrina penalista, proprio in virtù della sua diligente avvedutezza, potrebbe trovarsi ad avere dei dubbi sulla genuinità della condotta del professionista “concreti e tangibili” in virtù dei quali dovrebbe essere meno propenso a cedere alla pratica commerciale scampando così l’inganno.

Allo stesso tempo, la tutela delle pratiche commerciali scorrette è stata negata al consumatore sprovveduto, disinformato, pigro che con molta probabilità, sempre richiamando la teoria penalistica, potrebbe essere sfiorato da qualche perplessità di carattere “indefinito” e non avere appigli grazie ai quali agire con maggior attenzione ed essere meno vulnerabile.

Un ulteriore aspetto relativo all’induzione in errore verte sulla configurabilità come condotta rilevante ai sensi dell’art. 640 c.p. del cd.

135 approfittamento da parte del soggetto agente dell’errore in cui, precedentemente al suo intervento, già versava la vittima.

Al riguardo si deve propendere per una soluzione negativa330, infatti in tale fattispecie lo stato di errore è causalmente riconducibile alla condotta di soggetti terzi estranei al rapporto tra l’autore della condotta di sfruttamento e il soggetto passivo.

Il legislatore ha strutturato il reato di truffa richiedendo una vera e propria induzione in errore escludendo così dall’area del penalmente rilevante i comportamenti che si limitano a sfruttare, senza dare alcun contributo attivo alla genesi dell’errore o al suo rafforzamento331, una situazione di ignoranza sorta autonomamente per cause esterne.