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4. Reati in contratto e reati-contratto Cenni

4.1. La truffa contrattuale: inquadramento della fattispecie

fattispecie

.

In via preliminare, si è in precedenza esaminata la fattispecie del delitto di truffa limitatamente agli aspetti strutturali e strettamente penalistici del reato disciplinato dall’art. 640 c.p..

Procedendo, però, verso lo studio dell’interazione che si viene a creare tra disciplina privatistica e normativa penale quando un medesimo fatto produce effetti che rilevano sul piano civilistico e su quello prettamente criminale, diviene doveroso soffermarsi sulla figura della truffa cd. “contrattuale”.

Essa altro non è che quel particolare tipo di truffa che ricorre nell’esercizio dell’autonomia negoziale qualora l’agente con artifici o raggiri, posti in essere nella fase di formazione del contratto, tragga in inganno il soggetto passivo inducendolo a rilasciare un consenso alla conclusione del negozio che altrimenti non avrebbe prestato.

La stessa può verificarsi anche al momento dell’esecuzione di un contratto, quando, ad esempio, il soggetto agente mediante artifici o raggiri attui il proprio intento fraudolento dando luogo all’inadempimento contrattuale.

Alla luce di ciò, si pone il risalente problema della distinzione fra truffa contrattuale e frode civile il quale, dapprima risolto dalla dottrina liberale di fine Ottocento mediante la distinzione qualitativa tra l’inganno, sufficiente per la realizzazione della frode civile, e la messa in scena, costituente il

quid pluris necessario per l’integrazione della truffa, è poi stato incentrato

sulla diverse forme e l’intensità che contraddistinguono la condotta del soggetto agente.

Infatti, ridimensionata l’eccessiva dilatazione interpretativa dei termini “artifici e raggiri” che, estendendo l’applicazione del delitto di truffa a qualunque scorrettezza negoziale, aveva reso tale reato una sorta di “tappabuchi” in pieno contrasto con i principi di legalità, tassatività,

158 frammentarietà e di extrema ratio del diritto penale, si è riaffermata una loro funzione di demarcazione del comportamento fraudolento rilevante ai fini penali.

Dunque, la dottrina ha ricondotto la distinzione tra frode civile e truffa, in particolare con riferimento alla truffa contrattuale, nell’ambito dei confini delimitativi intercorrenti tra gli artifici e i raggiri di cui all’art. 640 c.p., da un lato, e la mera menzogna, il silenzio o ogni altro comportamento fraudolento posto in essere dalle parti nel corso delle trattative, dall’altro393. Nonostante tale discrimen, si è già avuto modo di vedere394 come ad oggi sia la mera menzogna che il silenzio siano riconosciuti come ipotesi di condotte fraudolente rilevanti ai sensi dell’art. 640 c.p.395.

Nella truffa contrattuale, l’inganno viene solitamente perpetrato nella fase delle trattative396, le quali sono un terreno estremamente fertile per il sorgere e lo svilupparsi, nei modi più diversi a articolati, delle condotte fraudolente.

Infatti è durante questa fase che si susseguono atti, la possibilità di inerire ad un qualunque tipo di contratto, determinarne le modalità di conclusione ed esecuzione, modificare o sostituire le clausole inizialmente

393

In questo senso D. TERRACINA, La truffa contrattuale, nota a Pret. Salerno, 23 dicembre 1993, in Giur. Merito, 1996, II, 987 e ss., il quale sottolinea come si giunga a tale conclusione anche prendendo le mosse dal testo dell’art. 1439 c.c. ‹‹(…)dove viene menzionato, ai fini

dell’annullabilità del contratto per dolo, il solo requisito dei raggiri, a dimostrazione del fatto che, comunque, quando si è in presenza di artifici e raggiri si avrà sempre e solo truffa contrattuale. Anche i raggiri richiamati dal codice civile, però, in rispetto del principio di autonomia del diritto penale, avranno una portata diversa rispetto a quanto previsto dalla lettera dell’art. 640 c.p.››.

394

Vedi supra.

395

Così Corte Appello di Lecce 4 giugno 2007; Cass., sez. II, n. 210575 del 1997; Cass., sez. VI, n. 216711 del 2000.

396

Gli “artifici e raggiri”, così come devono articolarsi secondo quanto messo a fuoco nei paragrafi precedenti sulla truffa in generale, difficilmente possono realizzarsi nel mero scambio di proposta e accettazione. Ovviamente, però, laddove la prima sia presentata “rivestita” di speciali accorgimenti che la rendano idonea a ricadere nella condotta rilevante ex art. 640 c.p. e che al contempo inducano in errore il soggetto passivo al momento dell’accettazione dell’assetto di interessi predisposto e proposto dall’agente gli artifici e raggiri saranno perfettamente integrati pur in assenza di trattative negoziali. Come ribadito da U. LUCARELLI, La truffa, cit., 285, il mezzo fraudolento non ricorre nell’ipotesi della mera proposta mendace, poiché affinché ricorra il delitto di truffa è necessario quel

quid pluris che permetta l’insediamento ed il rafforzamento dell’erroneo messaggio in capo al

contraente ingannato. Ciò non esclude che altre attività, quali ad esempio i contratti preliminari, i sondaggi, la pubblicazione dei listini di servizi che un’impresa, o un professionista, sarebbero disposti a fornire a condizioni e/o modalità da definire, possano divenire un mezzo di diffusione della condotta ingannatoria qualora le stesse predispongano le basi per istaurare una discussione tra le parti e facciano intravedere alla potenziale vittima la possibilità che si addivenga alla conclusione di un contratto.

159 predisposte, ovvero un insieme di attività idonee ad influire sul processo formativo della volontà della controparte fino al sorgere di eventuali vizi397. Ma la condotta fraudolenta descritta dall’art. 640 c.p. può sorgere anche nella fase esecutiva del negozio.

E’ quanto accade quando, stipulato un contratto lecito, una delle parti mediante artifici o raggiri induce l’altra in errore conseguendo un ingiusto profitto con altrui danno ma a condizione che il raggiro si estrinsechi in una condotta attiva dell’agente che induca in errore la vittima e la determini, mediante una falsa rappresentazione della realtà, a compiere un atto di disposizione patrimoniale che potrà consistere in una rinuncia a crediti o diritti derivanti dal contratto, oppure nell’assunzione di prestazioni d’opera o nell’accettazione di particolari obblighi (di consegna, pagamento, custodia) o di modalità esecutive398.

In tal caso, secondo la giurisprudenza la truffa contrattuale è integrata da quell’azione ‹‹che apparentemente lecita in sé e per sé può contribuire a

porre in essere il raggiro e l’artifizio richiesto per il delitto di truffa, se compiuta al fine di cominciare un’azione illecita o per raggiungere un determinato fine delittuoso››399.

Quanto al requisito del “danno”, questo in relazione alla truffa contrattuale ha suscitato non poca incertezza tra la concezione economico- obiettiva e quella soggettiva (precedentemente analizzate) in virtù della cd. doppia anima dell’offesa che qui viene perpetrata: quella al patrimonio della vittima e l’offesa alla sua libertà di disporre.

Ed ecco che, nonostante la pronuncia delle Sezioni Unite del 1998 avesse enunciato la primazia della concezione economica del danno inteso

come deminutio patrimonii, ha continuato ad avere seguito,

397

G. SAMMARCO, La truffa contrattuale, Giuffrè, 1988, 88, precisa come nella fase iniziale delle trattative un ruolo spesso determinante per l’attuazione della condotta truffaldina sia svolto dagli accordi preliminari affermando come ‹‹l’inganno potrà manifestarsi relativamente ad un contratto

cd. preliminare, provocando anzitutto l’obbligo di concludere il futuro contratto e determinando quantomeno la predisposizione degli elementi essenziali di esso. (…) Oppure (…) determinandosi la predisposizione di norme che influiscano sul procedimento di formazione del contratto. Oppure, ancora, operando attraverso la predisposizione di clausole relative al contenuto del futuro contratto››.

398

In questo senso, Cass. Pen., sez. II, 20 gennaio 1988, e Cass. Pen., sez. II, 8 febbraio 1982.

399

160 giurisprudenziale e non, soprattutto per la truffa contrattuale la cd. depatrimonializzazione del danno.

Alla luce di tale concezione, il danno ricorrerebbe nel fatto stesso della stipulazione del contratto indipendentemente dal riscontro di un’effettiva perdita economica, rilevando la mera manifestazione di una volontà negoziale viziata.

Dunque, la lesione del patrimonio e quella della libertà di disporre si equivalgono e divengono indistintamente il campanello d’allarme del disvalore penale della condotta fraudolenta: il danno patrimoniale sussiste anche in assenza di uno squilibrio tra le controprestazioni poiché le parti hanno concluso un contratto che in assenza degli artifici e raggiri non sarebbe stato stipulato e ciò indipendentemente da un concreto pregiudizio di natura prettamente economica400.

E, ancora, si ritiene integrata la truffa contrattuale anche qualora le parti concludano un contratto a prestazioni sinallagmatiche equilibrate, poiché in tal caso ‹‹gli elementi del danno altrui e dell’ingiusto profitto sono da

ravvisarsi nel vantaggio e rispettivamente nel pregiudizio derivante alle parti dalla conclusione del contratto di vendita che, senza gli artifici o i raggiri, non sarebbe mai stato concluso››401.

Concludendo, come accade in materia di pratiche commerciali ingannevoli, anche per la truffa contrattuale si trascende la dimensione economico-oggettiva del danno e, rilevando il mero pregiudizio potenziale della condotta illecita, si privilegia una tutela attenta ai bisogni individuali dove il danno viene ravvisato nel nocumento arrecato dalla condotta ingannatoria alla libertà di contrarre402.

400

Così si è espressa la Suprema Corte di Cassazione, sez. II, 23 settembre 1997, la quale ha sostenuto il ricorrere della truffa contrattuale anche ove il deceptus abbia pagato il giusto corrispettivo della controprestazione effettivamente fornitagli dal soggetto agente.

401

Così Cass. Pen., sez. V, 9 dicembre 1977 e Cass. Pen., sez. II, 7 novembre 1980.

402

Diversamente, tale prospettiva, abbracciata e diffusa soprattutto sul piano giurisprudenziale, è invece criticata da quella dottrina, facente capo a G. FIANDACA- E. MUSCO, G. MARINI e F. MANTOVANI, secondo la quale la tutela di beni cd. “spiritualizzati”, dematerializzati quali la libertà di contrarre e la buona fede costituisce solo ed esclusivamente lo scopo della tutela civilistica del dolo inteso come vizio del consenso, e che quindi ritiene che l’illecito penale della truffa sarebbe contraddistinto da un quid pluris, ovvero da un danno patrimoniale derivante dallo squilibrio economico oggettivo proprio delle controprestazioni delle parti del negozio.

161 Circa l’elemento soggettivo che deve sorreggere la condotta fraudolenta integrante la truffa contrattuale, è opinione pressoché unanime quella che riconosce come necessario il dolo generico iniziale: la finalità ingannatoria che influisce e condiziona la volontà negoziale del soggetto passivo deve sussistere al momento della condotta.

E, per quanto concerne la truffa contrattuale realizzata dopo la stipula di un contratto l’inadempimento degli obblighi contrattuali integra la conclusione dell’attività criminosa laddove sia l’effetto di un precostituito proposito fraudolento manifestatosi attraverso artifici o raggiri, ossia un’attività mossa fin dall’inizio da un intento doloso di sorprendere l’altrui buona fede ed indurre in errore la controparte per conseguire un ingiusto profitto.