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L’avveramento della condizione

Nel documento Il contratto modificativo (pagine 74-80)

L’esecuzione della seconda prestazione o, in caso di comparsa di vizi o del rischio di evizione, l’ottenimento della garanzia, comportano l’avveramento della condizione e, di conseguenza, l’estinzione dell’originaria obbligazione.

Abbiamo già visto che il primo comma dell’art. 1197 c.c. spiega come l’esecuzione di una diversa prestazione possa estinguere l’obbligazione originaria, mentre il secondo comma è dedicato al caso in cui la diversa prestazione sia viziata o suscettibile di evizione. In tale situazione, si offrono al creditore due possibilità alternative: o esigere l’adempimento dell’obbligazione originaria, oppure chiedere al debitore di essere tenuto indenne dai vizi e dall’evizione. In entrambi i casi, l’obbligazione originaria non si estingue immediatamente, ma, nella prima situazione, l’estinzione si avrà solo con l’adempimento da parte del debitore; nella seconda, con l’effettivo ottenimento della garanzia. Analizziamo ora la scelta di chiedere la garanzia per l’evizione e per i vizi, rivelandosi l’ipotesi che solleva più aspetti critici.

La richiesta di garanzia per l’evizione e per i vizi

L’impostazione che si è seguita finora considera l’ottenimento della garanzia come evento condizionale, al cui verificarsi è subordinata l’estinzione dell’obbligazione originaria.

Si osserva che, abbandonando il ricorso al meccanismo condizionale, risulta difficile spiegare come sia possibile che la garanzia per una diversa prestazione possa estinguere un’altra obbligazione, se non interpretando la scelta del debitore come una remissione del debito. Secondo tale interpretazione, il creditore, accettando la garanzia per la nuova prestazione, sarebbe costretto a ricorrere alla remissione, per estinguere l’originaria obbligazione, che altrimenti resterebbe in vita, anche a seguito dell’ottenimento della garanzia. Una simile interpretazione è da escludere, se si tiene in considerazione l’interesse del creditore, il quale non avrebbe nessun vantaggio ad estinguere immediatamente l’obbligazione, per rimanere soltanto con una garanzia. Al contrario, tale rischio non si presenta se, come crediamo, l’ottenimento della garanzia è dedotto in condizione, per

- 69 - cui l’obbligazione originaria si conserva fino a quando il creditore non

ottiene la garanzia.

Confermata la scelta del meccanismo condizionale, ci si domanda perché non basti la semplice richiesta della garanzia a far estinguere l’obbligazione, ma sia richiesto, invece, che il debitore sia effettivamente tenuto indenne dall’ipotesi di vizi e di evizione.

La risposta, anche in tal caso, è da cercare nel meccanismo che meglio tuteli la posizione del creditore. Se fosse sufficiente la richiesta della garanzia a considerare avverato l’evento e, conseguentemente, ad estinguere l’obbligazione, si costringerebbe il creditore ad assumersi il rischio che la garanzia non venga effettivamente prestata, avendo nel contempo perso la possibilità di ricorrere alla prestazione originaria, ormai già venuta meno.

La sopravvivenza dell’obbligazione originaria, finché il debitore non tenga indenne il creditore dai vizi e dall’evizione, potrebbe far emergere un problema già visto, quello della duplicazione dei vincoli obbligatori a carico del debitore: abbiamo in precedenza affrontato il tema con riguardo alla seconda prestazione; resta ora da capire se la garanzia costituisca per il debitore un ulteriore vincolo.

Si potrebbe infatti sostenere che la mancata estinzione dell’obbligazione originaria a seguito dell’esecuzione della prestazione viziata porterebbe ad un cumulo di vincoli obbligatori, dal momento che la garanzia si aggiungerebbe all’obbligazione originaria, senza sostituirla e senza estinguerla: in tal modo il creditore risulterebbe doppiamente avvantaggiato, a scapito del debitore.

A questa obiezione, si possono fornire due risposte. La prima è quella di negare che la garanzia costituisca un’obbligazione, rappresentando invece uno strumento diverso, rivolto ad altri fini: il garante non si obbliga, né assume alcun tipo di obbligazione.

La seconda risposta riguarda il fatto che la garanzia è configurata come evento condizionale, rispetto al quale, abbiamo già osservato, il debitore non può mai essere ritenuto inadempiente: ci si domanda, quindi, come sarebbe possibile definire “vincolo obbligatorio” quello che, già a priori, non è in grado di produrre conseguenze in termini di responsabilità del debitore.

- 70 - Il fatto che la garanzia costituisca un evento dedotto in condizione lascia

aperte ancora alcune questioni da chiarire, riguardanti, in particolare, la definizione del momento in cui la condizione possa considerarsi avverata, la possibilità stessa di attivare la garanzia e l’esito cui conduce il suo ottenimento.

1) Il momento di verificazione dell’evento-garanzia

La deduzione in condizione della garanzia potrebbe rivelarsi poco efficiente, in termini di teoria economica del diritto, per il fatto di costringere il creditore ad aspettare molto tempo, prima di sapere se la condizione si sia avverata o meno. Infatti, i vizi potrebbero comparire anche mesi dopo l’esecuzione della seconda prestazione, così come un terzo potrebbe sopraggiungere dopo molto tempo a rivendicare il bene.

Per rispondere a questa difficoltà, si potrebbero osservare le norme che il codice fissa in materia di vendita, che prevedono un termine di prescrizione di un anno dalla consegna, in caso di vizi (art. 1495 c.c.), e la possibilità di far fissare un termine dal giudice, se la cosa risulti gravata da garanzie reali o da altri vincoli (art. 1482 c.c.).

Il richiamo alle norme del codice può risolvere solo in parte il problema, ma si osserva che, da un lato, l’incertezza è insita nella scelta dello stesso strumento condizionale; dall’altro lato, si deve circoscrivere l’incertezza ad un ambito limitato, proprio in ragione delle caratteristiche della condizione di cui all’art. 1197 c.c. Tale condizione, infatti, non subordina al suo verificarsi né l’efficacia del contratto, né l’efficacia traslativa della seconda prestazione, ma si limita a influire sull’estinzione dell’obbligazione originaria. Quest’ultima, infatti, resterà in vita, finché il creditore non sia tenuto indenne dai vizi e dall’evizione: è solo l’estinzione dell’obbligazione originaria che resta sospesa, non invece l’efficacia del trasferimento del bene che il debitore abbia consegnato al creditore in esecuzione della seconda prestazione.

2) L’attivazione della garanzia

Un argomento importante da chiarire riguarda la possibilità di attivare la garanzia, pur in assenza di un’obbligazione da garantire. La questione non

- 71 - concerne la natura giuridica della garanzia, ossia se essa costituisca o meno

una obbligazione: abbiamo infatti già brevemente affrontato questo tema e adottato l’impostazione che sostiene la diversità della garanzia rispetto all’obbligazione. Il problema che ci si presenta a questo punto della trattazione è diverso, ed è quello di capire come sia possibile per il creditore chiedere la garanzia per una prestazione, che è configurata come un evento condizionale, ossia come un fatto, e non invece come una nuova obbligazione. In altre parole, ci si chiede se l’attivazione della garanzia presupponga o meno l’esistenza di una obbligazione da garantire.

Analizzando la disciplina delle garanzie per vizi ed evizione, possiamo notare che non sempre un’obbligazione di dare si accompagna alla garanzia:

questo lo si deduce sia dalla possibilità, prevista dall’art. 1487 c.c., di escludere convenzionalmente la garanzia, sia dalle attenuazioni94 di responsabilità del donante nel caso di vizi della cosa donata o di evizione.

La disciplina delle donazioni, come è noto, riserva un diverso trattamento95 per le due garanzie. Da un lato, l’art. 798 c.c. è applicabile ad ogni donazione, anche se rimuneratoria o modale, ed ammette la responsabilità del donante per vizi della cosa, solo se assunta con patto speciale o in caso di dolo. Dall’altro lato, l’art. 797 c.c. limita la responsabilità del donante, per l’ipotesi di evizione, solo se espressamente pattuita oppure se ci sia stato dolo o se dipenda dal fatto personale del donante; se, invece, si tratta di donazione modale o rimuneratoria, la garanzia è dovuta fino alla concorrenza dell’ammontare degli oneri o dell’entità delle prestazioni ricevute dal donante. Quest’ultima particolare disciplina ha portato ad affermare che “anche rispetto alla donazione rimuneratoria, il fondamento della garanzia deve rinvenirsi al di fuori del congegno proprio del sinallagma”, e si è aggiunto che “del resto, che la garanzia per evizione non si ricolleghi necessariamente con l’esistenza di un rapporto sinallagmatico, è dimostrato dalla sua applicazione alla divisione (art. 759 c.c.)”96.

Merita attenzione anche la disciplina prevista per i legati, rispetto ai quali si ritiene che “l’onerato non sia normalmente tenuto alla garanzia per evizione,

94Sulle garanzie per vizi ed evizione nella vendita si vedano (Balbi, 1964) p. 45 ss.; (Biondi, 1961) p. 544 ss.; (Azzariti, 1982) p. 832 ss.; (Gardani Contursi-Lisi) p. 432 ss; (Torrente, 2006) p. 613 ss.

95 (Torrente, 2006) p. 628.

96 Le citazioni sono di (Torrente, 2006), rispettivamente, p. 626 e p. 618.

- 72 - né a quella per vizi, salvo diversa disposizione del testatore, se trattasi di

cosa di proprietà dell’onerato.[…]Più incerto, invece, è se un’analoga conclusione debba raggiungersi quando l’onerato abbia l’obbligo di acquistare la cosa per trasmetterla al legatario: benché la soluzione non appaia del tutto coerente né equa, è però opinione sostanzialmente concorde, a tal proposito, che la garanzia debba essere prestata”97.

Dal quadro così brevemente tratteggiato, emerge che non sempre la prestazione di trasferire la proprietà di una cosa è accompagnata dalla garanzia per i vizi e per l’evizione del bene stesso. Non sempre, infatti, il dante causa si assume la responsabilità per la regolarità e la completezza del trasferimento e, d’altra parte, l’assenza della garanzia non inficia in alcun modo la validità dell’attribuzione patrimoniale98.

Qualora, però, la garanzia sia prevista, allora possiamo affermare, in un certo senso, che la prestazione di dare risulti qualificata, proprio per il fatto di essere garantita. Non a caso, la disciplina della vendita prevede la garanzia come un naturale negotii, ossia un effetto che trova luogo in mancanza di patti che la limitino od escludano; mentre la posizione che alla garanzia spetta nella donazione è invertita rispetto a quella che essa assume nella vendita, esigendo un’apposita pattuizione99.

Si capisce così il motivo per cui l’art. 1197 c.c. preveda espressamente la garanzia: la nuova prestazione è garantita, perché costituisce un trasferimento qualificato in un certo modo, trattandosi di una prestazione di dare che è prestata “in luogo dell’adempimento”, e quindi resa il più vicino possibile ad un’obbligazione, pur non essendo tale100. Con tale previsione, è possibile neutralizzare il rischio che la nuova prestazione resti priva di qualsiasi garanzia, dal momento che essa è configurata come un evento e non come un’obbligazione nascente dal contratto. La nuova prestazione è,

97 (Sesta, 2011) p. 1457.

98 (Mengoni, 1953) p. 12 “La vendita è valida malgrado i vizi della cosa […]”.

99 Così letteralmente (Torrente, 2006) p. 618.

100 Si rimanda a quanto affermato da (Gorla, 1934) “Resta a vedere se caratteristica delle obbligazioni di dare sia la prestazione della garanzia di evizione. La risposta non può essere che negativa. Tale prestazione non c’è nelle obbligazioni di dare che non nascono ex negotio; e fra quelle negoziali, a parte l’esempio storico della vendita romana, non è necessaria: può essere esclusa, oltre che dalla volontà delle parti, dalla natura del negozio, così per la donazione (art. 1077c.c.). Sicché la garanzia è un elemento proprio del rapporto contrattuale di scambio, piuttosto che dell’obbligazione di dare.” (corsivo nel testo, pp. 53-54).

- 73 - sì, un evento, ma il creditore acconsente a riceverla in sostituzione

dell’adempimento della prestazione originaria, per cui, per evitare di trovarsi senza tutele nell’eventualità che il bene sia difettoso o un terzo venga a rivendicarlo, ne richiede la garanzia.

La possibilità di prevedere la garanzia per una prestazione di dare, che risulti configurata come evento e non come obbligazione, è giustificata se riteniamo che la garanzia rappresenti un rimedio che l’ordinamento appresta per la mancata realizzazione di un risultato101. Possiamo così affermare che, nella prestazione in luogo dell’adempimento, la garanzia funge quasi da assicurazione per il caso di vizi e di evizione della prestazione, di cui il debitore si assume la responsabilità.

3) L’ottenimento delle garanzie: in particolare la risoluzione

Abbiamo visto che l’ottenimento delle garanzie funge da evento che consente l’estinzione dell’originaria obbligazione attraverso il meccanismo condizionale.

Si potrebbe quindi osservare una sovrapposizione tra strumenti che portano ad un medesimo risultato, se pensiamo che anche l’esercizio delle garanzie può ugualmente portare alla risoluzione del contratto.

A tale considerazione, si obietta che le garanzie per i vizi e per l’evizione non offrono al creditore solo rimedi di tipo estintivo, ma gli consentono di ottenere il diritto al risarcimento del danno (artt. 1479, 1482, 1483, 1494 c.c.) e, se la cosa risulti viziata o gravata da oneri o diritti di godimento di terzi, la riduzione del prezzo (artt. 1489, 1492 c.c.).

Si evidenzia inoltre la differenza che intercorre tra i due strumenti, risolutorio ed estintivo: l’avveramento della condizione, infatti, estingue l’obbligazione originaria, lasciando il creditore soddisfatto, proprio in virtù di quel patto di prestazione in luogo dell’adempimento, con il quale ha acconsentito a ricevere un quid, diverso rispetto alla prestazione originaria, ma che sia ugualmente in grado di rispondere suoi interessi. Diversamente, la risoluzione non costituisce uno strumento che possa estinguere l’obbligazione in maniera satisfattiva: al contrario, il creditore ricorre alla

101 Si veda (Tucci) p. 581 ss.

- 74 - risoluzione proprio per tutelarsi a fronte dell’inadempimento della

controparte.

11. Il risarcimento del danno previsto dal secondo comma

Nel documento Il contratto modificativo (pagine 74-80)

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