- 93 - Le conclusioni raggiunte si rivelano utili per affrontare il rapporto tra la
prestazione in luogo dell’adempimento e l’obbligazione con facoltà alternativa128.
Chi ammette la possibilità di modificare l’oggetto del contratto senza dar luogo a novazione, si trova a dover instaurare un rapporto di identità tra la prestazione in luogo dell’adempimento e l’obbligazione con facoltà alternativa. E’ facile, invece, individuare la distanza tra le due figure, che non si prestano ad essere ricondotte ad una fattispecie comune.
L’argomento che si propone non dipende dal diverso momento temporale129 in cui è realizzata la prestazione in luogo dell’adempimento, per cui, se è stabilita fin dall’origine, assumerebbe la forma di obbligazione con facoltà alternativa, mentre, se pattuita successivamente, quella di prestazione in luogo dell’adempimento.
La prospettiva che si intende adottare muove dall’osservazione per cui “non sempre infatti si ha dazione in pagamento per ciò che il debitore dia una cosa in confronto di un’altra; vuolsi piuttosto stabilire la seguente regola, che cioè si ha dazione in pagamento, se la cosa data differisce da quella che si doveva prestare, non se differisce da altra, che solo si poteva prestare.” 130
128 Secondo l’impostazione qui adottata, l’obbligazione con facoltà alternativa non costituisce un esempio di contratto modificativo dell’oggetto, ma una fattispecie nella quale l’oggetto dell’obbligazione viene individuato solo attraverso la scelta del debitore di adempiere l’una o l’altra prestazione, in base a quanto previsto dal regolamento contrattuale. Quest’ultimo, infatti, non subisce modifiche a seguito dell’esecuzione di una delle due obbligazioni, per il fatto che è proprio il regolamento a consentire che il debitore possa eseguire una obbligazione diversa da quella pattuita.
129 Si fa propria l’osservazione di (Candian), che, a tal proposito afferma, a p. 266 “E’
chiaro che in tal modo si eleva a criterio demarcativo un elemento estraneo alla struttura di entrambe le figure, così riducendo, del tutto illegittimamente, l’area dell’autonomia privata”. Per la distinzione tra le due figure si rinvia anche a (Rodotà), p. 737; (Marchio), p.
8; (Sicchiero, 3/2002) p. 1412.
Per l’opposta prospettiva si veda (Rubino, 1961), p. 36 “L’obbligazione con facoltà alternativa è assai vicina alla datio in solutum. Se ne distingue solo perché in quest’ultima l’accordo per la sostituzione della seconda prestazione alla prima avviene dopo la conclusione dell’originario contratto, o comunque dopo la nascita dell’obbligazione […]
mentre invece nell’obbligazione con facoltà alternativa la sostituzione è prevista già nell’originario titolo dell’obbligazione”.
130 Si veda (Polacco, 1888) p. 26, che prosegue affermando “Epperò resta escluso che si parli di dazione in pagamento nelle obbligazioni alternative per ciò solo, che il debitore dà l’uno piuttosto che l’altro degli oggetti ch’erano in obligatione. E per uguale ragione non diremo che effettui una dazione in pagamento il debitore di un genere che dà una piuttosto che altra delle cose comprese nel genere stesso, potendo anche simile obbligazione raffigurarsi come alternativa fra tutti gli individui di quel genere, esclusi soltanto quelli della peggiore qualità”.
- 94 - L’esecuzione di una prestazione, diversa rispetto a quella prevista,
costituisce un comportamento che può assumere diverse fisionomie, non riconducibili ad una matrice comune.
Il tentativo di riconoscere nella <<categoria di obbligazione con facoltà alternativa>> un’espressione utile “per indicare tutte le fattispecie nelle quali al debitore è data la possibilità, la <<facoltà>>, di liberarsi dall’obbligazione tramite l’esecuzione di una prestazione diversa da quella dovuta in via principale, ovvero al creditore è attribuita la facoltà di pretendere una diversa prestazione” 131 rivela la sua debolezza non appena si considera la disciplina applicabile alle due figure.
Il secondo comma dell’art. 1197 c.c., non è estensibile all’obbligazione con facoltà alternativa132: il profilo rilevante, però, non riguarda soltanto la difformità di disciplina, ma piuttosto la diversa funzione assunta dalle due figure.
Non sarebbe corretto ricondurre ad un unico genus figure accomunate soltanto dal fatto di consentire la liberazione del debitore attraverso l’esecuzione di una prestazione diversa da quella inizialmente prevista, senza aver riguardo al loro diverso ruolo. Quella prospettata sarebbe infatti una categoria troppo generica, atta a ricomprendere figure completamente distinte tra loro, e che finirebbe per riunire sotto la stessa etichetta non solo la prestazione in luogo dell’adempimento e l’obbligazione con facoltà alternativa, ma finanche la riparazione di un bene non conforme nell’ambito delle vendite dei beni di consumo: se ci si concentra solo sul profilo della sostituzione di una prestazione originaria con una diversa, nulla impedisce di interpretare il comportamento di riparazione del bene difettoso come se fosse una prestazione diversa rispetto a quella originaria, che prevedeva invece la consegna del bene conforme. Così ragionando, però, si perde la
131 (Zaccaria, 1987) p. 123.
132 Si richiamano le parole di (Rubino, 1961), che nega la possibilità di applicare per analogia il secondo comma dell’art. 1197 c.c. alle obbligazioni con facoltà alternativa, affermando, a p. 31 “Invero, siccome per le obbligazioni facoltative manca una norma in tal senso, il creditore non può pretendere, in luogo della garanzia, e a sua scelta, la prestazione originariamente dovuta (e il risarcimento del danno). Per tale effetto occorrerebbe che fosse nulla la clausola recante la facultas alternativa, mentre invece non vi si potrebbe giungere attraverso una risoluzione (per inadempimento) di quella pura e semplice clausola; e del resto, la risoluzione è tecnicamente possibile solo per l’intero contratto, e non per una singola clausola. D’altra parte, sempre in base ai principi generali non si vede in base a quale mezzo tecnico si potrebbe ritornare alla prestazione originariamente dovuta, una volta che il debitore le abbia sostituito la prestazione facoltativa”.
- 95 - funzione di garanzia, che invece giustifica la prestazione di riparare il bene,
e che nulla ha a che fare con la finalità di adempiere all’obbligazione. E’
necessario, invece, recuperare la finalità propria della prestazione in luogo dell’adempimento per distinguerla da altre figure che potrebbero sembrare affini, se si ha riguardo soltanto all’aspetto relativo alla sostituzione della prestazione inizialmente pattuita con un’altra diversa.
La prestazione in luogo dell’adempimento resta legata alla dimensione dell’inadempimento, non a quella degli elementi strutturali del contratto133, costituendo una modalità di estinzione dell’obbligazione. Come tale, l’esecuzione della prestazione pattuita ex art. 1197 c.c. non comporta adempimento dell’obbligazione, ma la sua estinzione, a differenza di quanto avviene nel caso di esecuzione della prestazione posta nella facoltà alternativa. In quest’ultima, infatti, l’esecuzione della nuova prestazione costituisce adempimento, ossia esecuzione del comportamento dovuto134. L’appartenenza alla dimensione dell’inadempimento implica conseguenze con riguardo anche alla funzione di dilazione che la prestazione in luogo dell’adempimento produce135, e che non è riferibile all’obbligazione con facoltà alternativa.
Un’ultima differenza riguarda il modo in cui si sviluppa l’interesse delle parti e, in particolare, del creditore.
Nell’obbligazione con facoltà alternativa, l’interesse del creditore è direttamente rivolto alla ricezione dell’una o dell’altra prestazione, in via alternativa, sì, ma paritaria: l’interesse del creditore è, in un certo senso, duplice, perché indirizzato all’ottenimento dell’una o dell’altra prestazione.
Nella prestazione in luogo dell’adempimento, invece, il creditore non ha un interesse diretto all’ottenimento della seconda prestazione, ma l’interesse verso questa seconda prestazione nasce in maniera mediata, indiretta, dal
133 (Rodotà) p. 737 esprime così il concetto “In definitiva, mentre la concessione della facultas solutionis al debitore attiene sempre al momento della formazione del rapporto obbligatorio (o alla sua trasformazione), la dazione in pagamento si riferisce sempre ed unicamente alla fase esecutiva.”
134 In tal senso si veda (Marchio) p. 4 “L’adempimento è un atto dovuto, caratterizzato dalla conformità oggettiva al contenuto dell’obbligo, ed è, altresì, l’unico mezzo idoneo a realizzare integralmente il complesso degli interessi interni all’obbligazione. La prestazione offerta in luogo del pagamento non è prevista nel titolo; ciò comporta che essa non possa considerarsi atto dovuto, richiedendo necessariamente l’accettazione dal creditore e l’imputazione ad estinzione dell’originaria obbligazione”. La distinzione tra dazione in pagamento e adempimento è rilevata anche da (Rodotà) p. 737.
135 Si rinvia al paragrafo 14 di questo capitolo.
- 96 - momento che il creditore deve ricorre ad un giudizio di equivalenza per
poterlo apprezzare.
A questa considerazione si potrebbe obbiettare che nel caso di obbligazione con facoltà alternativa il giudizio di equivalenza è posto a monte, nel senso che il creditore considera già equivalenti le due prestazioni.
Si risponde osservando che non si può minimizzare la differenza che intercorre tra la situazione in cui al debitore, per non risultare inadempiente, è offerta la possibilità di eseguire un’altra prestazione, rispetto alla situazione in cui le parti predispongano, fin dall’inizio o anche successivamente, un assetto di interessi in base al quale la prestazione da adempiere possa essere x, con facoltà però di eseguire y. In quest’ultimo caso, infatti, l’interesse delle parti si esaurisce nella definizione dell’oggetto del rapporto; nell’altro caso, invece, l’interesse di entrambe le parti è quello di trovare un modo per estinguere il vincolo.