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L’Egitto spirituale: la prospettiva di Filone

Nel documento Lexis paidike. L'infanzia in Origene (pagine 122-129)

I. 2 «La misura minima delle passioni»

I.2.1. L’Egitto spirituale: la prospettiva di Filone

Il passo filoniano sulla categoria di intenzione è stato utile per leggere in prospettiva il passo di Commento a Matteo. Filone costituisce in generale un buon termine di paragone con l’opera origeniana nella misura in cui i rapporti intrattenuti dall’altro grande Alessandrino con la sua opera sono ricchi e assodati. L’esegesi filoniana del Pentateuco, in particolare, è un’autentica miniera di parallelismi: soluzioni e schemi sono ripresi fedelmente e sviluppati da Origene281

.

È dunque legittimo chiedersi se sussistano punti di contatto tra la presentazione “stoicheggiante” della dottrina origeniana delle passioni ed il contributo del predecessore; se,

278 Sul tema dell’amore nell’opera origeniana si veda il contributo di H.PIETRAS, L’amore in Origene, Roma 1988; in

particolare su CCtProl si vedano le pagine 71-78.

279 CCtProl (GCS XXXIII.72): Sed et hoc scire oportet quod impossibile est, ut non semper humana natura aliquid amet. Omnis

namque, qui ad id aetatis venerit, quam pubertatem vocant, amat aliquid seu minus recte, cum amat, quae non oportet, seu recte et utiliter, cum amat, quae oportet.

280Vd. supra 97.

281 I prestiti filoniani nell’opera di Origene sono stati ampiamente studiati. Si vedano i lavori di D. Runia e A. Van

den Hoek in questa direzione: D.T.RUNIA, Philo in Early Christian Literature. A Survey, Assen 1993, tr. it. Filone di Alessandria nella prima letteratura Cristiana. Uno studio d’ insieme (intr. e tr. a c. di R. RADICE), Milano 1999; ID., Philo and Origen : a Preliminary Survey, in Orig. V 333-339, A.VAN DEN HOEK, Philo and Origen: a Descriptive Catalogue of Their Relationship, StPhil 12 (2000) 44-121. Peraltro, com’è noto, Origene menziona raramente Filone per nome, preferendo riferirsi in molti casi a «Qualcuno prima di noi…». La scelta di non menzionare le proprie fonti si inscrive nella tendenza più ampia, da parte di Origene, a non “personalizzare” gli autori ripresi. Ad esempio, è noto come Origene non citi mai Clemente Alessandrino, la cui opera, pure, doveva plausibilmente conoscere.

cioè, Filone la proponga a sua volta, e se associ dunque l’infanzia a questa sorta di apatia sui generis282

.

Un primo punto di contatto consiste senz’altro nell’idea, espressa da Filone, che l’uomo comincia a sviluppare l’elemento razionale al termine dell’infanzia. Filone è forse più preciso e colloca l’evento in corrispondenza del settimo anno d’età:

«Dicono che l’uomo diventi razionale durante la prima ebdomade, quando è ormai in grado di interpretare i nomi comuni e le cose, una volta sviluppata l’attitudine razionale, mentre è con la seconda ebdomade che arriva al pieno sviluppo»283

Da rimarcare a proposito del passo è l’espressione λογικὴν ἕξιν, che indica propriamente l’abito, la condizione razionale, secondo la definizione del termine abbozzata nel paragrafo precedente. Ancora, è da rimarcare la costruzione della preposizione κατὰ con l’accusativo, che si è avuto modo di fotografare in alcuni frammenti stoici, il quale lascerebbe pensare ad un complemento di tempo continuato o ad un’espressione “distributiva”; sennonché di seguito Filone fa riferimento ad un preciso momento in cui il bambino è in grado di distinguere nomi e cose. È più che evidente che il riferimento non possa includere anche la prima infanzia.

Sembra dunque di poter affermare che Filone condivida la premessa origeniana della razionalità imperfetta dei piccoli. Questo, come si vedrà, non lo conduce alle stesse conclusioni.

Per Filone, lo sviluppo solo parziale dell’elemento razionale, non garantisce ai bambini l’immunità dalle passioni. La generazione avviene nel piacere e ha per frutto esseri che per natura non si volgono a nulla con più caparbietà di quanto facciano con ciò che induce il piacere (ἡδονή) ed i quali, al contrario, respingono ciò che provoca la sofferenza (Opif 161). Ecco il motivo per cui il neonato, strappato all’utero materno, si affaccia al mondo piangendo. L’interpretazione del pianto al momento della nascita è un elemento topico della letteratura antica284

. L’idea che il bambino piccolo sia mosso primariamente dal piacere285

, che ad esso

282 J. Laporte ritiene di riconoscere una continuità tra la concezione filoniana delle età della vita e dell’infanzia

come età del vizio, e la posizione origeniana: J.LAPORTE, Les « âges de la vie » chez Philon d’Alexandrie, in ID., Théologie liturgique de Philon d’Alexandrie et d’Origène, Paris 1995, 167-192 ; Modèles philoniens dans la doctrine origénienne du péché originel, ibid. 193-231; questo fatto sarà oggetto di sondaggio nel capitolo. Bisogna nondimeno anticipare che alcuni dei preusupposti dello studioso non si ritengono condivisibili : ad esempio, la negazione della dottrina della preesistenza nell’opera dell’Alessandrino. Sulla questione e sulle sue ricadute sull’antropologia origeniana si tornerà a breve.

283LA I 10 (ed. RADICE 119): λογικόν τέ φασιν ἄνθρωπον κατὰ τὴν πρώτην ἑπταετίαν γίνεσθαι, ὅτε ἤδη ἱκανός

ἐστιν ἑρµηνεὺς εἶναι τῶν συνήθων ὀνοµάτων καὶ ῥηµάτων τὴν λογικὴν ἕξιν περιπεποιηµένος, κατὰ δὲ τὴν

δευτέραν ἑπταετίαν ἄκρως τελειοῦσθαι.

284 I riferimenti sarebbero numerosi. Basterà evocare un esempio di ambito latino, che tuttavia attinge al pensiero

filosofico greco: è nota la raffigurazione del vagito disperato del neonato, sbattuto come un naufrago sulla riva, nel De rerum natura lucreziano (V.222-228).

obbedisca e che sviluppi un istinto naturale a ricercarlo, rifuggendo, al contrario, ciò che il piacere allontana, contrasta almeno parzialmente con la descrizione di Origene in FrIo XXXV, che attribuisce alla condizione infantile una libertà incondizionata dai lacci delle necessità indotte dal piacere.

Secondo Filone, al contrario, l’irrazionalità dei bambini guadagna loro una vita dominata dalle passioni. In Congr 81 ss., trattando degli studi preliminari a proposito di Gn 16,3, Filone interpreta il fatto che Sara consegni ad Abramo la propria schiava Agar per procreare un figlio solo dieci anni dopo l’arrivo nella terra di Canaan applicando la medesima numerologia all’esistenza umana. Anche l’uomo non possiede una facoltà razionale capace di distinguere il bene dal male prima del decimo anno d’età. Si osservi dunque come Filone proponga qui una scansione alternativa rispetto a quella ebdomadica proposta in Opif286

. Più interessante è il fatto che l’impossibilità di distinguere correttamente il bene dal male – di formare giudizi corretti sulle sensazioni, quindi – assoggetti gli anni dell’infanzia alle passioni più diverse. L’infanzia è dunque l’Egitto spirituale: nell’interpretazione delle stazioni dell’Esodo, Filone identifica chiaramente la terra d’esilio d’Israele con le passioni, e queste con la prima età dell’esistenza (Congr 83-85)287

. Solo una volta uscito dalle terre d’Egitto e di Canaan uno potrà sposare Agar, che, nell’interpretazione allegorica di Filone, indica il ciclo degli studi preliminari, la ἐγκύκλιος παιδεία. La lunga trattazione di Congr illustra bene l’antropologia infantile filoniana, benché essa non sia immune da oscillamenti e apparenti contraddizioni, come si vedrà:

«Negli inizi della nostra nascita, l’anima ha come sole compagne le passioni, cioè i dolori, le sofferenze, i terrori, i desideri, i piaceri che giungono a lei attraverso le sensazioni; la facoltà razionale, infatti, non è ancora in grado di vedere il bene ed il male, né di considerare con minuzia in cosa si distinguano l’uno dall’altro, ma è come intorpidita, e chiude gli occhi come fosse in un sonno profondo. Con il passare del tempo, quando, abbandonata l’età dei bambini, diventiamo a poco a poco ragazzi (µειρακιοῦσθαι), ecco che da una sola radice nascono due rami gemelli, la virtù ed il vizio. Percepiamo entrambi, ma scegliamo uno solo dei due: coloro che sono buoni per natura288

scelgono la virtù, il vizio, invece, quelli che sono all’opposto. […] L’uomo, infatti, come ho detto, al momento stesso della nascita riceve come luogo di dimora la passione egiziana, radicato com’è nei piaceri e nella sofferenza; poi muove il proprio insediamento nella malvagità (κακία), quando ormai la facoltà razionale riceve e discerne entrambi, bene e male, nel modo più nitido, e tuttavia sceglie il male

285 Idea che si conserva e, riaffermata, si impone grazie al ritratto di Agostino, il quale ripercorre impietosamente

nelle Confessioni il proprio sé infantile: un concentrato di avidità e malizia.

286 Vd. supra 33 n. 79.

287 Da osservare è un dato singolare: in HGn XV.3, a proposito della notizia giunta a Giacobbe che il figlio

Giuseppe non solo è vivo, ma ha autorità nella terra d’Egitto, Origene propone l’esegesi filoniana che identifica l’Egitto stesso con le passioni del corpo, ma non aggiunge all’analogia l’elemento infantile.

– partecipa infatti in profondità della mortalità, cui è connaturato il male, giacché il contrario, cioè il bene, a Dio solo è connaturato »289.

Filone sembra dunque registrare uno sviluppo a tre fasi, analogamente a quanto si è constatato per Origene: l’esistenza umana contempla dapprima l’infanzia, dominata dalle passioni, alle quali l’individuo, in quanto sprovvisto dell’armamentario proprio della facoltà razionale, non è in condizione di opporre alcuna difesa. Al termine dell’infanzia subentra lo sviluppo pieno del logos, che pone il singolo in condizione di autodeterminare la propria condotta nel senso del bene o del male. Da questo momento, l’esistenza si indirizza verso la virtù o il vizio, a seconda della scelta operata. A proposito di questa terza fase, nondimeno, Filone rimarca come essa tenda a radicarsi nel vizio, giacché il male è consustanziale all’umanità: il bene è marchio ontologico della sola divinità.

Il passo citato mette in evidenza una differenza sostanziale rispetto alla prospettiva origeniana: per Filone la carenza di raziocinio che affetta l’infanzia è causa di un cattivo discernimento e di una valutazione sviata delle percezioni, tratti che si costituiscono causa dell’insorgere delle passioni. Solo con lo sviluppo completo del logos le affezioni dell’anima si stabilizzano nella malizia (κακία) cui anche Origene allude. È dunque un elemento costante delle due ricostruzioni il fatto che la razionalità compiuta della maturità porti con sé, almeno in una prima fase, una condizione di vizio che, a differenza di ciò che lo precede, ha un forte tratto di stabilità, proprio perché confermato e rinsaldato dall’attitudine razionale.

Anche altrove Filone argomenta apertamente a favore della tesi secondo cui, dal momento della nascita, i bambini sarebbero soggetti alle passioni più diverse:

«All’essere vivente che nasce capita, subito, sin da quando è ancora in fasce e fino a che l’età rivoluzionaria della maturità non abbia spento la fiamma viva delle passioni, di aver come compagni la stoltezza, l’intemperanza, l’ingiustizia, la paura, la codardia e tutte le altre disgrazie congenite. Ciascuna di queste è alimentata ed accresciuta da nutrici, pedagoghi, proposizioni e disposizioni di costumi e leggi che scacciano la pietà ed istituiscono la superstizione, sorella dell’empietà. Quando uno avanza d’età e si allenta la turbolenta infermità delle passioni, come all’arrivo della bonaccia, ecco che comincia a gustare la serenità, essendosi stabilito dopo molto tempo e con fatica in una

289 Congr 81-84 (ed. RADICE 1368): ἐν ἀρχῇ µὲν τῆς γενέσεως ἡµῶν ἡ ψυχὴ συντρόφοις τοῖς πάθεσι µόνοις

χρῆται, λύπαις, ἀλγηδόσι, πτόαις, ἐπιθυµίαις, ἡδοναῖς, ἃ διὰ τῶν αἰσθήσεων ἐπ᾽ αὐτὴν ἔρχεται, µήπω τοῦ λογισµοῦ βλέπειν δυναµένου τά τε ἀγαθὰ καὶ κακὰ καὶ ᾗ διαφέρει ταῦτα ἀλλήλων ἀκριβοῦν, ἀλλ᾽ ἔτι νυστάζοντος καὶ ὡς ἐν ὕπνῳ βαθεῖ καταµεµυκότος. χρόνου δὲ προϊόντος ὅταν ἐκβαίνοντες τῆς παιδικῆς ἡλικίας µειρακιοῦσθαι µέλλωµεν, τὸ δίδυµον στέλεχος εὐθὺς ἐκ µιᾶς, ἀρετὴ καὶ κακία, φύεται ῥίζης· καὶ ποιούµεθα µὲν τὴν κατάληψιν ἀµφοῖν, αἱρούµεθα δὲ πάντως τὴν ἑτέραν, οἱ µὲν εὐφυεῖς ἀρετήν, κακίαν δ᾽ οἱ ἐναντίοι … ἄνθρωπος γάρ, ὡς ἔφην, ἅµα µὲν τῇ γενέσει τὸ Αἰγύπτιον πάθος ἔλαχεν οἰκεῖν ἡδοναῖς καὶ ἀλγηδόσι προσερριζωµένος, αὖθις δ᾽ ἀποικίαν στέλλεται τὴν πρὸς κακίαν, ἤδη τοῦ λογισµοῦ πρὸς τὸ ὀξυωπέστερον ἐπιδεδωκότος καὶ καταλαµβάνοντος µὲν ἀµφότερα, ἀγαθόν τε αὖ καὶ κακόν, τὸ δὲ χεῖρον αἱρουµένου διὰ τὸ πολὺ µετέχειν τοῦ θνητοῦ, ᾧ τὸ κακὸν οἰκεῖον, ἐπεὶ καὶ τοὐναντίον τῷ θείῳ, τὸ ἀγαθόν.

salda condotta virtuosa che ha calmato l’agitazione continua e ininterrotta, il male peggiore per l’anima»290.

Il testo si riferisce in modo chiaro al momento in cui il logos si affaccia nell’individuo, giacché vi si parla espressamente di prima infanzia. Filone stigmatizza poi l’intervento di bàlie, pedagoghi ed educatori: nella maggior parte dei casi, lungi dal raddrizzare l’indole dei bambini, essi ne assecondano la perversità, rendendola incline al male. L’argomentazione, come è noto, è già platonica291

. Mentre Origene ipotizza che, sulla soglia della razionalità, una corretta educazione possa arginare l’ondata di affezioni che si riversa sui più piccoli, il suo predecessore immagina che le autorità preposte ad essa ne siano, nei primi anni di vita, la causa prima. D’altra parte, si è visto, Filone stesso auspica, nella figura di Agar simbolo della

ἐγκύκλιος παιδεία, che i piccoli ricevano una corretta educazione.

Tutt’altra interpretazione dell’evoluzione dell’anima e delle sue facoltà dai primi anni di vita all’adolescenza, per giungere poi alla vecchiaia, è quella di Her 294-299. Nel descrivere le quattro stagioni dell’anima – una nuova partizione, che segue solo parzialmente quella per ebdomadi – Filone osserva come

«Il neonato appena partorito, fino al compimento dei primi sette anni di vita – nell’età infantile, dunque – partecipa di un’anima pura, che rassomiglia in tutto a cera liscia, giacché non ha ancora ricevuto l’impronta dei caratteri di bene e male: ciò che sembra sia scritto (su di lei), si confonde, spalmato nella fluidità della sua consistenza. Questa, dunque, è in qualche modo la prima generazione dell’anima: la seconda, invece, è quella che inizia a convivere dopo l’età infantile con la malvagità: sia la malvagità che l’anima ha generato da sé, sia quella che riceve dagli altri, compiacendosene. […] Il primo numero, dunque, è quello in base al quale non si ha conoscenza né del bene, né del male, quando l’anima è ancora priva di impronta»292.

Filone aggiunge nella sezione di testo omessa una severa critica rivolta a pedagoghi, bàlie e genitori, simile a quella già rilevata: a questi personaggi è da attribuire una parte della malizia che insorge nei bambini; il resto, generato dall’interiorità stessa del fanciullo, si

290 Sac 15-16 (ed. RADICE 392): γενοµένῳ γὰρ τῷ ζῴῳ συµβέβηκεν εὐθὺς ἔτ᾽ ἐκ σπαργάνων, ἄχρις ἂν ἡ

νεωτεροποιὸς ἀκµῆς ἡλικία τὸν ζέοντα φλογµὸν τῶν παθῶν σβέσῃ, συντρόφους ἔχειν ἀφροσύνην ἀκολασίαν ἀδικίαν φόβον δειλίαν, τὰς ἄλλας συγγενεῖς κῆρας, ὧν ἑκάστην ἀνατρέφουσι καὶ συναύξουσι τιτθαὶ καὶ παιδαγωγοὶ καὶ ἐθῶν καὶ νοµίµων εὐσέβειαν µὲν ἐλαυνόντων δεισιδαιµονίαν δὲ πρᾶγµα ἀδελφὸν ἀσεβείᾳ κατασκευαζόντων εἰσηγήσεις καὶ θέσεις. ὅταν δὲ ἤδη παρηβήσῃ καὶ ἡ τῶν παθῶν παλµώδης νόσος χαλάσῃ, καθάπερ νηνεµίας ἐπιγενοµένης, ἄρχεταί τις γαλήνην ἄγειν ὀψὲ καὶ µόλις βεβαιότητι ἀρετῆς ἱδρυθείς, ἣ τὸν ἐπάλληλον καὶ συνεχῆ σεισµόν, βαρύτατον κακὸν ψυχῆς, ἐπράυνεν.

291 Si veda la trattazione del tema dell’educazione nel VII libro delle Leggi di Platone: qui e altrove nell’opera

platonica si ritrova l’accusa della nefasta influenza di balie e nutrici.

292 Her 294-295.299 (ed. RADICE 1310-1312):ἀποκυηθὲν τὸ βρέφος ἄχρι τῆς πρώτης ἑπταετίας ἐν ἡλικίᾳ τῇ

παιδικῇ ψυχῆς ἀκραιφνοῦς µεµοίραται, λείῳ µάλιστα ἐµφεροῦς κηρῷ, τοῖς ἀγαθῶν καὶ κακῶν χαρακτῆρσι µήπω τετυπωµένης· καὶ γὰρ ὅσα γράφεσθαι δοκεῖ, ὑγρότητι ἐπαλειφόµενα συγχεῖται. πρώτη µὲν ἥδε ὡσανεὶ γενεὰ

ψυχῆς·δευτέρα δέ, ἥτις µετὰ τὴν παιδικὴν ἡλικίαν κακοῖς ἄρχεται συζῆν, ἅ τε ἐξ ἑαυτῆς εἴωθε γεννᾶν ψυχὴ

καὶ ὅσα παρὰ τῶν ἄλλων ἀσµένη δέχεται. … πρῶτος µὲν γὰρ ἀριθµός, καθ᾽ ὃν οὔτε ἀγαθῶν οὔτε κακῶν λαβεῖν

mantiene quiescente sino al momento in cui la razionalità acquisita non gli attribuisce forza e valore.

La parte conclusiva del passo riportato è inclusa tra i frammenti stoici, benché, come abbia osservato Radice, le altre testimonianze raccolte da von Arnim sul medesimo soggetto non mostrino corrispondenze puntuali293

.

Di nuovo, l’insorgere e lo stabilirsi della malizia non è messo in discussione: ma si vede quanto la prospettiva sui primi sette anni di vita si distingua dalla precedente e, per contro, si appaî a quella origeniana: ad esempio, nella valutazione della provvisorietà dei turbamenti infantili, che potrebbero sembrare autentiche passioni e nondimeno “scivolano” via e si dissolvono come acqua sulla cera – immagine che ricorda, peraltro, il Teeteto platonico (191c).

***

Può essere di qualche arricchimento per la prospettiva generale considerare l’esegesi delle figure dei primi uomini, Adamo ed Eva. In un’occasione Filone osserva come sia la corretta percezione delle sensazioni, non viziata, a consentire ad Adamo, uomo primordiale, l’imposizione dei giusti nomi alle cose. La denominazione è principio di conoscenza; una corretta associazione dei significanti ai significati è sintomatica di un sano principio razionale. Quest’ultimo, a sua volta, appartiene ad un individuo non ancora appesantito dalle malattie dell’anima, le passioni.

«Ed infatti, giacché la natura razionale era ancora pura nell’anima, e non si erano ancora intruse malattie, infermità, passioni (ἀρρωστήµατος ἢ νοσήµατος ἢ πάθους), cogliendo le impressioni dei corpi e delle azioni nel modo più immediato e puro, (Adamo) impose i nomi giusti, afferrando con assoluta esattezza il significato delle cose che gli si mostravano, tanto che le loro nature potevano essere insieme enunciate e pensate»294

Si vede come la terminologia del passo si mantenga coerente a quella origeniana già incontrata. Filone sembrerebbe dunque presentare Adamo come prototipo del savio stoico in virtù del suo discernimento e del corretto utilizzo del logos. In altri passi, invece, l’esegeta chiarifica meglio come siano da interpretare i tipi di Adamo ed Eva. Essi non sono immagine del sapiente; al contrario, rappresentano la medietà di chi, non avendo ancora sviluppato appieno la facoltà raziocinante, non discerne il bene dal male. In questo, essi sono simili

293 Filone di Alessandria. Tutti i trattati del commentario allegorico alla Bibbia, a c. di R.R

ADICE, Milano 2005, 1331 n.145 294 Opif 150 (ed. R ADICE 75): ἀκράτου γὰρ ἔτι τῆς λογικῆς φύσεως ὑπαρχούσης ἐν ψυχῇ καὶ µηδενὸς ἀρρωστήµατος ἢ νοσήµατος ἢ πάθους παρεισεληλυθότος, τὰς φαντασίας τῶν σωµάτων καὶ πραγµάτων ἀκραιφνεστά τας λαµβάνων εὐθυβόλους ἐποιεῖτο τὰς κλήσεις, εὖ µάλα στοχαζόµενος τῶν δηλουµένων, ὡς ἅµα λεχθῆναί τε καὶ νοηθῆναι τὰς φύσεις αὐτῶν.

all’anima dei bambini. Filone si dilunga sulla nozione di nudità e vergogna cui si riferisce il racconto di Genesi:

«Nuda è la mente che non partecipa né del vizio, né della virtù, ma è spogliata di entrambi, come l’anima di un bambino piccolo che non conosce né l’uno né l’altro, né il bene né il male, è spoglia di veli e nuda»295; «La terza forma di nudità è quella intermedia, quando la mente è ancora irrazionale e

non può dunque ancora aver parte alla virtù e al vizio. Ed a questa forma di nudità dell’anima, di cui anche l’infante partecipa, è riferito il detto: Erano i due nudi, Adamo e la sua donna (Gn 2,25); ed infatti, né l’intelletto era intelligente, né la percezione percepiva, ma l’uno era vuoto e spoglio di intelletto, l’altra, di percezione»296.

La nudità di Adamo ed Eva in Gn 2,25 non è dunque lo smarrimento della ragione che colpisce l’intelletto e lo svia (LA II) – quella che, secondo la schematizzazione di Filone, costituisce la seconda forma di nudità. Non si tratta poi neppure della prima, quella dell’uomo sapiente, consistente in un deporre tutte le passioni: esempio di questo forma è Mosè.

Analogo discorso è sviluppato di seguito a proposito dell’assenza di vergogna attribuita dal versetto biblico ai protoplasti. Essa può essere identificata con l’impudicizia, il pudore o l’assenza dell’uno dell’altro: mentre l’impudicizia è propria dello stolto ed il pudore del saggio, la terza condizione attiene a colui che ancora vive nell’incapacità di produrre comprensione e assenso (LA II 65, τοῦ ἀκαταλήπτως ἔχοντος καὶ ἀσυγκαταθέτως). Di questo riferirebbe il racconto biblico. Benché Filone non richiami il parallelo con l’anima infantile, il fatto che il ragionamento sviluppi e completi quello precedente induce a pensare che l’equazione tra il paradigma della medietà, i protoplasti e gli infanti possa essere mantenuta. I due avverbi riportati sono rivelatori. Il primo è attestato in tutta la letteratura greca due sole volte, qui e in un passo del De Stoicorum repugnantiis plutarcheo, confluito poi negli SVF297

. In questo secondo testo Plutarco riporta gli ipsissima verba di Crisippo a proposito della necessità che l’intelletto conceda il proprio assenso perché possa verificarsi azione o impulso nell’individuo. È dunque una prova certa, se mai ce ne fosse bisogno, che il termine afferisce al lessico stoico. Il secondo avverbio è attestato per la prima volta in Filone, poi ripreso da Origene e Porfirio nel III sec. ed impiegato in seguito da alcuni altri autori, tra cui Atanasio, Gregorio di Nissa ed Epifanio.

Il lessico di questi passi filoniani ed il sistema concettuale di riferimento si inseriscono dunque a buon diritto nell’orizzonte stoico. Benché non ci siano riscontri puntuali con l’opera

295 LA II 53 (ed. R ADICE 174): γυµνός ἐστιν ὁ νοῦς ὁ µήτε κακίᾳ µήτε ἀρετῇ ἀµπεχόµενος, ἀλλ᾽ ἑκατέρου γεγυµνωµένος ὄντως, οἷον ἡ τοῦ νηπίου παιδὸς ψυχὴ ἀµέτοχος οὖσα ἑκατέρου, ἀγαθοῦ τε καὶ κακοῦ, ἀπηµφίασται τὰ καλύµµατα καὶ γεγύµνωται. 296 LA II 64 (ed. RADICE 176): τρίτη γύµνωσίς ἐστιν ἡ µέση, καθ᾽ ἣν ὁ νοῦς ἄλογός ἐστι µήτε ἀρετῆς πω µήτε κακίας µετέχων. περὶ ταύτης ἐστὶν ὁ λόγος, ἧς καὶ ὁ νήπιος κοινωνεῖ, ὥστε τὸ λεγόµενον "ἦσαν οἱ δύο γυµνοί, ὅ τε Ἀδὰµ καὶ ἡ γυνὴ αὐ τοῦ" τοιοῦτον εἶναι· οὔτε ὁ νοῦς ἐνόει οὔτε ἡ αἴσθησις ᾐσθάνετο, ἀλλ᾽ ἦν ὁ µὲν τοῦ νοεῖν ἔρηµός τε καὶ γυµνός, ἡ δὲ τοῦ αἰσθάνεσθαι. 297 Chrysipp. SVF III 177.

origeniana, come è evidente dai passi considerati, è certamente in comune l’idea che il comportamento dei bambini sia zona franca, ossia costituisca un “terzo polo” alternativo al binomio costituito da virtù e vizio. L’agire dei bambini viene pertanto valutato secondo criteri che esulano da quelli validi nelle due altre categorie. Vi è un certo grado di parentela tra la descrizione dell’apatia dimezzata di CMt XIII.16 e la virtù operata non virtuosamente, ovvero senza intenzione e consapevolezza, dei bambini filoniani.

È poi indiscutibile che la prospettiva di Filone sembri biforcarsi, lasciando adito al sospetto che l’Alessandrino si contraddica. Di fronte alla dissonanza tra i passi filoniani Radice ritiene che «Non è necessario, con questo, vedere in tale differenza una contraddizione (l’anima del fanciullo sarebbe incontaminata non per virtù propria, ma per lo stato di incoscienza in cui versa), ma non è neppur lecito trarre da questi passi conclusioni ottimistiche sulla natura dell’uomo»298

. In altri termini, il ribadire che l’anima del bambino sia contraddistinta dalla mancanza di consapevolezza non deve indurre a considerarne virtuosa la condizione; anzi, quest’ultima si rivela spesso incline al vizio. Sono i diversi contesti argomentativi a suggerire a Filone le differenti soluzioni.

È poi certo che in nessun caso all’anima del fanciullo sia associato un autentico vizio, stabile e duraturo, il quale sembra essere riservato per la fase successiva. Ma, una volta di più, Filone non sembra aderire in maniera coerente alla dottrina delle passioni come giudizi, dal momento che in alcuni passi ne attribuisce ai bambini, pur definiti individui irrazionali.

Più spinosa la questione del rapporto con Clemente, a proposito del quale, si è detto, il silenzio di Origene è assoluto.

Nel documento Lexis paidike. L'infanzia in Origene (pagine 122-129)