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P Cox – Origene «holy man»

Nel documento Lexis paidike. L'infanzia in Origene (pagine 190-196)

I. Origene figlio: Leonida

I.3. P Cox – Origene «holy man»

Altro apparente cortocircuito logico, benché di segno opposto, sembra inficiare in parte la ricostruzione di P. Cox, che inserisce a pieno titolo il ritratto biografico eusebiano nella corrente e nel modello dei ritratti di sapienti e filosofi greci dai caratteri divini. Nella sua monografia414

la studiosa dedica un intero capitolo all’arcinoto ritratto della HE, ripercorrendo per sommi capi la critica precedente. Cox distingue così le posizioni storiografiche: da una parte la lettura di E. Schwartz, ripresa una sessantina di anni dopo dalla critica anglofona di Chadwick e Grant, la quale, nella prima metà del ventesimo secolo, bollava la ricostruzione della biografia redatta dal vescovo di Cesarea come “partigiana” e dunque inattendibile. Dall’altro versante, la critica di lingua francese, in maggioranza cattolica – i cui alfieri sarebbero soprattutto i grandi origenisti E. de Faye415

, R. Cadiou416

e J. Daniélou417

414 P.COX, Biography in Late Antiquity. A Quest for the Holy Man, London 1983. Si veda l’intero quarto capitolo,

Eusebius’ “Life of Origen”: Faces of History, 69-101.

415 Nel primo volume del suo Origène. Sa vie, son œuvre, sa pensée (Volume premier. Sa biographie et ses écrits, Paris 1923),

de Faye mette in guardia dal concedere un credito eccessivo alle parole di Eusebio: «Ses outrances de panégyriste sont bien connues. Ce n’est pas qu’il dénature systématiquement les faits, mais par ses jugements il finit par les déformer. Il s’écrie à propos d’Origène que ses actes sont mémorables « depuis les linges ». Voilà un excès d’admiration qui s’est probablement retrouvé dans sa façon de représenter la science précoce de son héros, son ardeur de foi, sa témérité à s’exposer aux persécutions, son fanatisme d’ascétisme. Il faut en tenir compte» (2). Singolare il riferimento alle fasce, che sembra turbare anche Daniélou (su cui si veda infra n. 417). Ma a proposito della ‘sete di martirio’ e dei vestiti nascosti : «Eusèbe insiste avec une évidente complaisance sur l’ardeur chrétienne de son jeune héros pendant la persécution. Il aurait été dévoré de la soif du martyre. Peu s’en fallut qu’il ne s’offrît. Sa mère dut cacher ses vêtements pour l’empêcher de sortir. […] Cette soif du martyre n’a rien d’invraisemblable. Son père Léonide, converti au christianisme quelques années auparavant, avait toute la chaleur d’un néophyte. Il l’a inculquée à son fils» (8 s.).

416 «Le père d’Origène, Léonidas, était un chrétien instruit. Il possédait une bibliothèque de livres anciens.

L’enfant, qui grandit dans le christianisme, manifesta bientôt une curiosité insatiable pour les choses de la religion. En lisant les Saintes Écritures, « il cherchait toujours plus loin », et il interrogeait son père dans les endroits difficiles. Souvent il n’obtenait pas de réponse. L’abondance du génie avait chez lui des impatiences qu’il fallait contenir et blâmer en public. Mais son père se rejouissait en secret de sentir les dons d’une âme ardente et pleine de promesses. […] Déjà, dans le cercle de cette famille chrétienne, ses questions provoquaient le mélange

mostrerebbe un’oscillazione tra un apparente scetticismo nei confronti dei particolari dell’infanzia origeniana ed una fede altrimenti cieca in alcuni dettagli più intimistici.

La schematizzazione di Cox è interessante perché illumina bene alcune osservazioni ai limiti dell’impressionistico contenute nella monografia di Nautin; lavoro, peraltro, solidamente ancorato agli elementi storici della ricostruzione biografica, come si è visto nel caso della distinzione delle fonti orali da quelle documentarie418

. Eppure, il fascino del personaggio di Origene induce a trattenere con una certa indulgenza gli elementi più criticabili. È lo stesso Nautin ad ammetterlo:

«D’Origène on peut bien dire avec Eusèbe que “même ce qui date de ses linges serait digne d’être rapporté”. Nous voudrions tout savoir d’un homme qui tient une si grande place dans l’histoire de la pensée chrétienne. Nous aimerions connaître son âme d’enfant, son éveil à l’intelligence et à la foi, ses premières questions, son comportement avec ses frères et sœurs, ses camarades, ses jeux préférés, ses défauts, même ses caprices. L’homme s’éclaire tellement par l’enfant. Mais nous devons nous résigner à n’avoir sur cette première période de sa vie que des renseignements très courts»419.

Sicché, nonostante la prudente precisazione introduttiva allo schizzo biografico origeniano per cui non tutti i fatti annotati sono degni della medesima considerazione e dello stesso credito420

, pure Nautin non rinuncia agli elementi più favolistici nella sua ricostruzione. A proposito dell’incarcerazione del padre, osserva che

«Ardent comme on l’est à cet âge, il ne voit qu’une chose dans ce drame : son père va avoir l’honneur du martyre. Il le supplie de ne pas faillir : « Tiens bon, ne pense pas à nous », lui ecrit-il en substance dans un billet qu’il peut lui faire passer. Lui-même ne parle que d’accompagner le prisonnier devant le tribunal pour proclamer sa foi au Christ. La mère, qui connaît son fils, l’en sait capable. Craignant qu’à son premier malheur ne s’en ajoute un second, elle essaie de lui faire

d’inquiètude et d’admiration qui allait accompagner son œuvre à travers les âges. L’Église éprouva envers sa mémoire les sentiments qu’il avait inspirés aux siens dès l’éveil de son intelligence.»: R.CADIOU, La jeunesse d’Origène. Histoire de l’école d’Alexandrie au début du IIIe

siècle, Paris 1935, 8.

417 Si veda il capitolo primo del suo Origène, Paris 1948, 19-40, in particolare 19 ss. per quanto riguarda l’infanzia.

Strappa un sorriso l’incipit di queste pagine dedicate alla biografia origeniana: «Origène est un des personnages de l’antiquité chrétienne sur lesquels nous sommes le mieux renseignés. Nous possédons, en effet, sur lui des documents précieux. Le premier est le livre VI de l’Histoire ecclésiastique d’Eusèbe de Césarée. Eusèbe a vécu dans un milieu où les souvenirs d’Origène étaient très vivants. […] Eusèbe qui y vivait vers 300 a connu des hommes qui avaient vécu avec Origène» (19). Il primo assunto è contraddetto specularmente dall’affermazione di P. Cox riportata poco oltre; il secondo, da Nautin stesso, che annota con cura come la tanto decantata conoscenza di Origene ai tempi di Eusebio dovesse essere ben al di sotto delle dichiarazioni dello storico, essendo pochi o del tutto assenti per ragioni anagrafiche quanti potessero vantare di aver conosciuto personalmente l’Alessandrino; il discorso vale a maggior ragione per l’infanzia e l’adolescenza di Origene. Daniélou fa professione di scetticismo: a proposito delle “solite” fasce dell’Origene enfant prodige, osserva che «cette phrase nous inquiète un peu» (21): rimarca poi il carattere iperbolico della ricostruzione eusebiana, tipica dello stile agiografico di ogni tempo. Nondimeno, la sua lettura di Eusebio è all’insegna dell’elemento martiriale. Lo zelo di Origene, il suo desiderio di una consacrazione attraverso il martirio non è considerato dallo studioso francese come tratto puramente agiografico. Al contrario, l’espressione relativa allo zelo eccessivo (ἄγαν προθυµότατα) dispiegato nello studio «convient trop bien à Origène, avec son tempérament copte (sic), pour être exagérée» (21).

418 Vd. supra 180.

419 NAUTIN, Origène, cit. 413.

420 Si veda la nota preliminare di p. 413, in apertura del capitolo undecimo, Esquisse d’une biographie d’Origène, 413-

entendre raison, lui répresente sa douleur d’épouse, sa tendresse maternelle, mais tout est vain. Un jour où elle le voit particulièrement exalté, pour être sûre de le retenir à la maison, la pauvre femme n’a d’autre ressource que de lui cacher ses vêtements. »421.

Si vede in definitiva come certa parte della critica francese abbia teso, di contro al noto adagio, a “salvare l’acqua sporca con il bambino”: si sia, cioè, separata a malincuore da alcuni dei dettagli biografici forniti da Eusebio ed in certi casi non vi abbia affatto rinunciato, pur tentando di mantenere un occhio critico disincantato.

Cox, al contrario, tende a dismettere in toto l’elemento storico del racconto; meglio, non pare prenderlo in alcuna seria considerazione. L’idea della pura letterarietà del ritratto eusebiano è talmente radicata nell’argomentazione della studiosa da indurla, pare, a dare per assodato quanto essa stessa tenta di dimostrare: ovvero, che il famoso estratto del sesto capitolo sia un prodotto letterario rispondente a determinate caratteristiche di genere. Per Cox, quindi, non è affatto oggetto di discussione che «Eusebius’ biography […] casts the Christian theologian Origen in the stereotypical guise of a Hellenistic holy man. It is ironic that it should have suited Eusebius to depict the life of his mentor within a framework whose literary and ideological conventions served in some respects to mute Origen’s identity as a Christian». Ma la scelta di questa precisa rappresentazione corrisponderebbe alla volontà di rivolgersi, nel contempo, ai detrattori di Origene in seno alla comunità cristiana ed ai cristiani perseguitati – fornendo loro «a rallying figure, a contemporary “saint”»422

– così come ai Greci esterni alla comunità stessa. Preminente, dunque, sarebbe stata la funzione propagandistica ed apologetica dell’impresa di Eusebio, il cui sguardo sarebbe rivolto agli oppositori cristiani, al paganesimo indebolito ed alle fasce vessate dalle persecuzioni e bisognose di un modello martiriale.

Altre affermazioni poco sfumate lasciano adito a qualche perplessità:

«Like his contemporary biographers, Eusebius composed his biography with a desire to personify certain revered philosophical and theological precepts. As we have seen, in the Graeco-Roman period the philosophic or religious sage was the enigmatic figure who embodied these precepts, and although his historical accoutrements changed according to the bias and historical circumstances of his various biographers, his idealistic demeanour persisted with few alterations. In Eusebius’ case, the ideal of the sage is imposed on Origen, and to some extent the facts of the churchman’s life form a kind of historical clothing for the model Eusebius develops. Thus a stereotype is given the flesh and blood of an historical figure, and as a result the life idealized is infused with a mythic quality that enhances its cross-cultural appeal. Origen, then, appears as a larger-than-life figure able to transcend the confines of his historical Christian identity by taking on the traits of the Hellenistic “divine” philosopher: ascetic, virtuous, and full of wisdom»423.

In realtà, come si è visto, alcuni elementi in questo ritratto di bambino paiono fortemente connotati in senso cristiano: oltre alla reazione del padre di fronte alla maturità

421 NAUTIN, Origène, cit. 414. 422 COX,Biography, cit. 69. 423 C

prodigiosa del figlio, che ricorda lo sbigottimento di Maria e Giuseppe di fronte al Gesù dodicenne nel tempio (Lc 2,41-50), il desiderio di una morte gloriosa attraverso il martirio, di cui si è già detto424

. Prima di immaginare che Eusebio abbia voluto riconnettersi direttamente al modello della vita dei filosofi e saggi che Cox, in certa misura a ragione, accosta al ritratto di Origene, è forse opportuno chiedersi in quale misura il modello biblico e cristiano, avvertito come tale, abbia ispirato lo storico.

Nel contesto così tratteggiato si inserisce la conclusione provvisoria di Cox, collocata all’inizio stesso del capitolo: «Unfortunately it is impossible today to write a true “life” of Origen. We have already seen that the historical façade of biographies of holy men was an intentional artifice; historical data were used to ground an ideal portrait in “real” life, and sources were cited to create the guise of history»425

.

Per Cox gli elementi più specifici della caratterizzazione eusebiana dell’Alessandrino si ordinano attorno a due temi maggiori: la rappresentazione dell’Origene asceta e quella dell’insegnante ‘ortodosso’. La veste letteraria attorno alla quale questi elementi si disporrebbero sarebbe ciò che la studiosa definisce «swaddlings-clothes tales», racconti in fasce, con un riferimento all’espressione τὰ ἐξ αὐτῶν ὡς εἰπεῖν σπαργάνων ἀξιοµνηµόνευτα, «imprese memorabili (compiute), se così si può dire, sin dalle fasce» (HE VI.2.2): «Both the thematic structure as well as the detailed information supporting it stem from the biographer’s creative license, wherein ideal portraits were developed out of “probable” historical data»426

. Tra le ‘storielle in fasce’ in questione, quella che maggiormente colpisce l’immaginario è certamente il particolare del bacio sul petto del giovane Origene, «quasi uno spirito divino

424 L’insistenza sull’elemento martiriale in tutta la biografia eusebiana di Origene è stata osservata da molti

studiosi ed esaminata recentemente da C.MAZZUCCO in Il modello martiriale nella ‘Vita di Origene’ di Eusebio, in A. MONACI CASTAGNO (a c. di), La biografia, cit. 207-255. La questione se Origene abbia conosciuto il martirio durante la persecuzione di Decio o sia sopravvissuto a quest’ultima ha per lungo tempo occupato la critica, anche sulla base della testimonianza di Fozio cui si è accennato in precedenza : nella nota dedicata all’Apologia di Panfilo da cui si è estratta la parte relativa all’infanzia origeniana, il patriarca testimoniava di due tradizioni riferite alla morte di Origene: una, divulgata dallo stesso Panfilo e da molti altri che avevano avuto modo di conoscere con precisione i fatti per averne visto di persona il protagonista, secondo cui il maestro alessandrino sarebbe morto martire a Cesarea sotto Decio; una seconda, che lo vorrebbe deceduto di vecchiaia a Tiro durante il regno di Gallo e Volusiano. Nautin ipotizza che, ai tempi della stesura dei primi cinque libri dell’Apologia e della HE, Eusebio avrebbe creduto alla morte dell’Alessandrino per martirio; solo in seguito avrebbe trovato lettere scritte da Origene successivamente alla fine della persecuzione di Decio. La posizione di Nautin, peraltro maggioritaria, ha però trovato diverse obiezioni. C. Mazzucco rende conto di queste diverse posizioni con una felice sintesi. Lasciando da parte il dibattito relativo ai diversi interventi redazionali di Eusebio sulla HE, la studiosa osserva un elemento di estremo interesse ai nostri fini: ovvero, l’importanza attribuita dallo storico ai tratti martiriali di un eroe sopravvissuto alle persecuzioni e, in quanto tale, bisognoso, in qualche misura, di una “giustificazione” agli occhi dei lettori. Di più : nel descrivere il trasporto di Origene nei confronti del martirio, peraltro frustrato, l’incoraggiamento al padre Leonida e la sua assidua assistenza ai carcerati cristiani durante le persecuzioni, Mazzucco mette bene in evidenza il modello martiriale proposto da Eusebio. Origene è un enfant prodige perché si mostra pronto all’estremo sacrificio, ma risulta ancor più grande perché, sottratto al martirio dalla provvidenza stessa, ha modo di costruire le fondamenta della chiesa gloriosa cantata da Eusebio.

425 COX,Biography, cit. 72. 426 C

fosse stato consacrato in esso» (ὥσπερ δὲ θείου πνεύµατος ἔνδον ἐν αὐτοῖς ἀφιερωµένου). A questo elemento la studiosa dona particolare importanza, richiamando testi più o meno prossimi quanto all’idea dell’inabitazione e della presenza di uno spirito divino in uomini sapienti e profeti: chiama in causa, quindi, il libro della Sapienza (7,27.28), l’epistolario paolino (1Cor 3,16; 6,19), le sentenze di Sesto. Il fatto che Eusebio non ancori il particolare al contesto cristiano, esplicitando l’identificazione dello spirito che albergava nel petto del piccolo Origene con lo Spirito Santo – la mancanza dell’articolo nell’espressione greca sembra alludere ad un qualche spirito divino –, sarebbe per Cox segno di come l’autore volesse in qualche modo rendere il ritratto dell’eroe “appetibile” ad un palato tanto cristiano quanto pagano. Eusebio avrebbe insomma mantenuto una volontaria ambiguità allo scopo di “sdoganare” il ritratto da una sensibilità esclusivamente cristiana. L’idea di Cox potrebbe forse avere qualche ragione d’essere; ma, prima di ipotizzare che Eusebio ammicchi agli “esterni”, è forse opportuno osservare come l’idea di uno spirito divino che alberga nel cuore dell’uomo non sia estranea neppure allo stesso Origene; anzi. A ciò si dedicherà qualche riga in appendice al capitolo. Senza anticiparne gli elementi, si può avanzare cautamente la seguente osservazione: l’autore della HE poteva ben pensare, con il riferimento allo spirito risiedente nel petto del bambino, di ricordare Origene al suo pubblico attraverso il riferimento ad un’immagine cara all’Alessandrino.

A caratterizzare ed isolare ad un tempo, rispetto alle analoghe attestazioni nella letteratura greca, il particolare descritto da Eusebio, sarebbe invece per Cox il fatto che Leonida onori lo spirito divino nel figlio già durante la sua l’infanzia. Gerolamo stesso, aggiunge Cox, avrebbe annotato il particolare di un Origene magnus vir ab infantia427

. L’elemento da rilevare sarebbe per la studiosa «the tenacity of Origen’s reputation for greatness». Non sembra invece trovare spazio nella sua ricostruzione un paradigma di grande diffusione nella letteratura antica: quello del puer senex. C. Gnilka428

, cui si è già avuto modo di far riferimento in precedenza, ha ben mostrato come la caratterizzazione di personalità eccellenti si sviluppi di frequente in seno alla letteratura cristiana attorno ad un modello antropologico che comprende elementi propri della vecchiaia e della giovinezza. Si può dunque considerare come ipotesi che Gerolamo non sia impegnato in una ripresa più o meno letterale di Eusebio, ma aderisca piuttosto ad un modello diffuso ed assai rilevante nella letteratura cristiana. Dove

427 Hier. Ep. 84,8: Vult aliquis laudare Origenem? laudet, ut laudo: magnus uir ab infantia et uere martyris filius alexandriae

ecclesiasticam scholam tenuit succedens eruditissimo uiro, Clementi presbitero. Mi pare più che «intriguing», per usare le parole di Cox (Biography, cit. 82), l’idea che Gerolamo qui si riferisca al resoconto di Eusebio, tenuto conto del riferimento al padre morto martire; anche se, per la verità, è lo stesso Origene ad alludervi. L’espressione ab infantia, che per Cox è rivelatrice, è attestata in tutta l’opera geronimiana diciotto volte ed in due occasioni a proposito dell’Alessandrino – in questa e nella Apologia adversus libros Rufini II, 22.

428 G

termini il paradigma del sapiente-uomo divino, di matrice culturale greca, ed inizi invece il profilo del vegliardo-bambino tratteggiato da Gnilka è in effetti piuttosto difficile da stabilire.

Un’ultima osservazione prima di abbandonare il punto di vista Cox: è doveroso rimarcare come la presunta “topicità” del bacio sul petto non appaia dimostrata dalla ricostruzione della studiosa, la quale, sì, richiama altri esempi relativi all’inabitazione di uno spirito divino nel petto di un uomo eccezionale, ma oblitera l’elemento principale dell’episodio: ovvero, il bacio stesso. Se è d’obbligo l’obiezione di buon senso per cui, evidentemente, un episodio del genere difficilmente poteva avere avuto testimoni oculari, è altrettanto vero che il gesto del bacio deposto sul petto del bambino non è testimoniato, a nostra conoscenza, presso altri autori, né cristiani, né pagani. Con ciò non è forse necessario ricorrere ad un’ipotetica testimonianza di Origene, e neppure alla presunta lettera ad Alessandro; né il quadretto dipinto risulta più fededegno alla lettera. L’osservazione dovrebbe nondimeno mettere in guardia dal catalogare l’intero passo come una creazione letteraria rispondente ad ipotetici canoni di genere, peraltro non ravvisabili altrove, e consigliare cautela nel trattare la categoria stessa di topos429

.

Oltre ai modelli ‘agiografici’ cristiani offerti dal Nuovo e dall’Antico Testamento, che tanta fortuna avrebbero avuto nei secoli successivi nella definizione della biografia cristiana, si possono poi immaginare altre fonti. Norelli ne propone cautamente un’altra: lo studioso si chiede quanta parte abbiano avuto i testi origeniani stessi nella composizione del materiale storico di Eusebio. Alcuni elementi del dettato eusebiano paiono ricordare espressioni

429 Su questo punto si concorda pienamente con la posizione di A. Monaci Castagno a proposito

dell’inquadramento della Vita Origenis, in particolare per quanto riguarda l’infanzia, nella categoria delle biografie di uomini ‘godlike’ stilata da Cox. A proposito dell’associazione della biografia porfiriana di Plotino a quella eusebiana di Origene, la studiosa osserva: «Il racconto eusebiano, per un verso, mi pare meno dipendente dal ricorso al simbolismo tradizionale, per l’altro, i punti che in positivo, secondo la Cox, indicherebbero la rielaborazione nel senso dello theios anher (sic) ‘simile a Dio’, sono piuttosto esili: la studiosa può citare soltanto due elementi: l’episodio narrato in H.E. VI,2,11 (“dicono che spesso il padre si avvicinava al bambino mentre dormiva, gli scopriva il petto e lo abbracciava con rispetto come se uno spirito divino abitasse all’interno e si considerava beato per la bella prole”) e la speciale e ripetuta protezione della Provvidenza nei momenti difficili».

Nel documento Lexis paidike. L'infanzia in Origene (pagine 190-196)