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DELLA RICERCA

2.3. La linguistica del testo

2.3.14. L’iconolinguistica, Bildlinguistik

La particolare dimensione espressiva a cui facciamo riferimento, per la sua stessa natura, può essere analizzata secondo prospettive teoriche diverse: una di queste è quella

proposta dall’“iconolinguistica”.95 Nata in ambito tedesco nell’ultimo ventennio la

Bildlinguistik o “iconolinguistica” è una disciplina giovane dell’ambito degli studi sul linguaggio che potremmo definire liminare, perché si colloca in prossimità di molte aree di ricerca al confine con il visuale e intende appunto ricucire la soglia fra studi di ambiti disparati – linguistico, letterario, visuale, musicale. È un campo di ricerca che si propone di descrivere come avvenga la produzione, ma soprattutto la lettura dei messaggi ibridi che si avvalgono di immagini come portatrici di parte del loro significato.96 Essa

rappresenta uno dei principali fili conduttori di questa ricerca dal momento che buona parte dei materiali che compongono il corpus di riferimento di questo lavoro è costituito da testi fatti di lingua e immagini fisse e in movimento.

Partendo dal presupposto che le combinazioni di testo e immagini rappresentino oggi la normalità della dimensione comunicativa,97 Ulrich Schmitz (2003, 257), uno dei

95 Per la traduzione del termine tedesco Bildlinguistik abbiamo scelto il termine italiano ‘ico -

nolinguistica’ con l’intenzione di rimanere nella traccia segnata dalla tradizione iconologica gia a partre dal 1593, con la pubblicazione del trattato Iconologia overo Descrittione Dell’imagini

Universali cavate dall’Antichità et da altri luoghi di Cesare Ripa (I.3.2.3.1). Le pubblicazioni di

Erwin Panofsky ad esso ispirate hanno infatti influenzato la terminologia successiva sia in tedesco – Ikonographie, Ikonologie, Bildakte; che in italiano – ‘iconografia’, ‘iconologia’, ‘atti iconici’ (I.3.2.3.3).

96 Numerose le pubblicazioni sull’argomento a partire dagli anni 2000: Stöckl 2016; Margrit Siever

2015; Ortner 2013; Diekmannschenke et al. 2011; Große 2011; Stöckl 2004; Schmitz 2003; Fix 2000, 2011; Antos 2001; Kress, van Leeuwen 2001. Per le risorse in rete cfr. Wetzchewald 2012a.

97 La difficoltà a individuare una categoria capace di descrivere adeguatamente il fenomeno di

significazione legato all’uso multimodale del linguaggio ha prodotto un proliferare di definizioni. Per un primo orientamento riportiamo l’accurata sinossi terminologica proposta da Siever (2015, 48) in relazione alle principali categorie definitorie elaborate a partire dalle matrici Text-Bild-,

Sprache-Bild- e multimodale fino a questo momento in area tedesca:

»Text-Bild-Kombinationen« (Ballstaedt 2005: 63; Bucher 2011b: 150; Demarmels 2007: 152; Große 2011: 75-77; Holzheid 2011: 16; Hoppe et al. 2004: 157; Luginbühl 2011: 258; Mucken - haupt 1986: 4; Nöth 2000a: 493; Schmitz 2001a: 429)

»Text-Bild-Konstellationen« (Bucher 2011b: 131; Hoffmann 2001: l32; Nöth 2000b: 484; Voßkamp, Weingart 2005: 16)

»Text-Bild-Konglomerate« (Runkehl 2005: 207; Schmitz 2003b: 250, Schmitz 2004d: 113-114) »Text-Bild-Gefüge« (Schmitz 2003b: 255, Schmitz 2004d: 114, Schmitz 2004c: 73, Schmitz 2005: 208, U. Schmitz 2006a: 193; Wetzchewald 2012: 83)

»Text-Bild-Komposition« (Ballstaedt 2005: 69; Schmitz 2004b: 161)

»Text-Bild-Gemenge« (Schmitz 2004c: 72, Schmitz 2005: 190, U. Schmitz 2006b: 93) »Text-Bild-Cluster« (Steinseifer 2011a: 179)

»Text-Bild-Koalition« (Schmitz 2004b: 163)

»Text-Bild-Zusammenstellung« (Steinseifer 2009: 430) »Text-Bild-Produkt« (Gnach, Perrin 2011: 221)

»Text-Bild-Ensemble« (Storrer 2008: 321)

principali esponenti di quest’area di ricerca, evidenzia che la comprensione del messaggio non è possibile se non in questa relazione e introduce il termine Konbild, ovvero il “contesto visuale”. In un suo saggio del 2008, provocatoriamente intitolato ‘Bildakte’ How to do things with pictures?, Ulrich Schmitz ipotizza una possibile estensione della teoria degli atti linguistici anche alle immagini (I.2.2.1.3, I.2.3.3, I.3.2.3.5), ridefinendoli Bildakte, ‘atti iconici’. Sulla traccia di Klaus Sachs-Hombach (2006, 189) introduce il concetto di «funzione illocutiva» delle immagini intesa come forza elementare legata alla loro proprietà indessicale di raffigurare qualcosa (I.3.2.3.4). L’elementare forza illocutiva dell’immagine consente al soggetto di raffigurarsi con l’immaginazione i singoli aspetti di oggetti reali o fittizi (Schmitz 2008, 421) e le relazioni concettuali che fra essi intercor - rono. A differenza di quanto accade con i segni linguistici, questo avviene però attraverso la visualizzazione dei tratti concettuali rilevanti in base al discorso e al contesto. I conglomerati di lingua e immagine non possono dunque che mantenere una forte dipen - denza dal ‘contesto visuale’, Konbild in cui vengono prodotti. I tratti tipici di questo tipo d’interazione non presentano infatti caratteristiche lingua specifiche, ma discorso speci - fiche, presentano tratti comuni che variano a seconda dell’argomento e del contesto comunicativo. A emergere è il concetto di comunità d’interessi, da cui dipende anche l’organiz zazione semantica dei materiali multimodali di vario genere.

Qualche anno dopo, nel 2004, Hartmut Stöckl dedica all’argomento una fondamentale monografia: Die Sprache im Bild - Das Bild in der Sprache. Zur Verknüpfung von Sprache und Bild im massenmedialen Text. Questo libro, in cui Stöckl declina in ogni possibile variante il rapporto fra lingua e immagine approfondendone le numerose diramazioni teoriche, costituisce una pietra miliare sull’argomento. Ad esso ha fatto seguito nel 2011 la raccolta di saggi Bildlinguistik. Theorien – Methoden – Fallbeispiele a cura di Hajo Dikmannsheke, Michael Klemm e Hartmut Stöckl in cui la dimensione teorica viene de -

»Sprache-Bild-Kombination« (Klemm, Stöckl 2011: 10-11; Luginbuhl 2011: 258; Stöckl 2004b: 230)

»Sprache-Bild-Verknüpfung« (Stöckl 2011: 56) »Sprache-Bild-Verbindung« (Stöckl 2004b: 250)

»Sprache-Bild-Komplex« (Große 2009: 154; Große 2011: 52) »Sprache-Bild-Koppelung« (Stöckl 2004b: 120)

»Sprache-Bild-Gefüge« (Große 2009: 150)

»bi- und multimodale Botschaft« (Schmitz 2011b: 25) »multimodales Gesamtprodukt« (Eckkrammer, Held 2006: 2) »multimodales Cluster« (Bucher 2011b: 126; Steinseifer 2011a: 181) »multikodales Artefakt« (Fix 2009: 120)

»multimodales Artefakt« (Schneider, Stöckl 2011b: 27) »multimodal artefact« (Jewitt 2009d: 300)

»multimodale Sehfläche« (U. Schmitz 2006a: 202) »multimodal ensemble« (Jewitt 2009d: 300).

clinata sul piano empirico analitico. Affrontare la relazione che si crea fra testo scritto e immagini secondo questa nuova prospettiva significa riflettere su forme di referenzialità diverse da quelle consuete, che, come abbiamo visto, si pongono nella dimensione del - l’“inter testualità” (Haßler 1997) e della “transmedialità” (Ryan 2004) (I.2.3.4). Nella comuni cazione digitale, infatti, il testo scritto non è autonomo, ma ha il ruolo di attivare possibili percorsi inferenziali secondo una logica che fa perno proprio sull’immagine. Il messaggio verbale in combinazione con l’immagine emerge dunque con un ruolo partico - lare, un ruolo ancora in corso di definizione sul piano teorico, ma che è possibile collocare nella tradizione delle didascalie negli indovinelli grafici o droodle analizzati da Umberto Eco già nel 1997 (I.3.2.1).

A differenza della linguistica pura, l’iconolinguistica tematizza le relazioni esistenti fra lingua e immagine come se fossero un “testo unico”, Gesamttext (Doelker 1997, 29; Krämer 2001, 11). L’intento di questo ambito di ricerca, secondo Stöckl (2011, 55) do - vrebbe dunque essere quello di mettere a fuoco la testualità delle immagini e spiegare in che modo esse integrino il potenziale semantico del messaggio. Le immagini materiali e visuali, le immagini verbali (espressioni figurate, metafore) e le immagini mentali (fanta - sie, idee, immaginazione) sono infatti nell’uso digitale indissolubilmente legate e devono essere comprese nel rispetto di questo legame (Diek manns henke, Klemm, Stöckl 2011, 9).

Alla luce di tutto questo sembra dunque legittimo prevedere, come suggerisce Hart - mut Stöckl (2004, 5-6), che sia sul piano ricettivo che su quello produttivo il nostro rap porto con la lingua, e in particolare con la lingua scritta, sia destinato a modificarsi e che di conseguenza il concetto prototipico di testo in ambiente digitale in un futuro ormai non molto lontano passerà dall’essere, come sosteneva János Petőfi (1990), prevalente - mente verbale98 ad essere prevalentemente multimodale. Il focus di questa ricerca si

colloca nella relazione sinergica fra lingua e immagini, i testi multimodali digitali hanno infatti potenziato e amplificato gli effetti semantici derivati dalla sovrapposizione di queste due modalità essi tuttavia – come vedremo nella sezione I.3, dedicata alle immagini – erano già presenti nei media tradizionali.

98 «Un testo è un oggetto semiotico relazionale prevalentemente verbale con una manifestazione

È innegabile che da fenomeno accessorio quale erano un tempo le immagini siano arrivate a rivestire oggi un ruolo di primo piano nell’esistenza di ognuno di noi a tutti i livelli, sia nel quotidiano, favorite dalla semplicità di accesso legata all’uso dei media digitali, sia nella sfera professionale. A partire da quella che è stata definita la “svolta ico - nica” anche nell’ambito della ricerca scientifica le immagini sono diventate l’elemento catalizzatore di interessi teorici disparati, artistici, filosofici, semiologici, psicologici. Non solo, il mondo nel quale viviamo è concentrato al tal punto sulle immagini da arrivare talvolta a confonderle con la realtà: si potrebbe a buona regione affermare che il fenomeno stia assumendo a tutti gli effetti un carattere epocale. È questo il motivo per cui vale la pena di chiedersi quale influenza esse abbiano sulla lingua, il sistema comunicativo pe - culiare dell’essere umano.

Come osserva Horst Bredekamp l’attenzione nei confronti delle immagini emerge in molti campi di ricerca, il che conferma l’ipotesi che il mondo non possa essere compreso appieno finché non sarà chiarito il loro ruolo attuale.

I media, la politica, la guerra, le scienze, il diritto: in tutti questi ambiti, negli ultimi decenni, si è imposta un’evoluzione secondo la quale le immagini, finora apprezzate e propagate come fenomeni secondari, ma anche criticate, ogni tanto vietate, adesso vengono percepite e trattate come elementi principali della vita esteriore. In tal modo si aggrava però un conflitto da tempo latente circa lo status delle immagini. Esso sca - turisce dalla contraddizione fra l’ipotesi che la conoscenza sia fondata solo al di fuori del campo sensoriale e visivo, e la convinzione che le immagini non diano solo forma al pensiero, bensì creino anche sensibilità e comportamenti. (Bredekamp 2015, 7)

I motivi che dovrebbero indurci ad approfondire le ragioni dell’attuale dilagante sensibilità nei confronti delle immagini ben si coniugano con i desiderata di questa ricerca che prende le mosse appunto da alcune dalle motivazioni indicate da Horst Bredekamp in apertura del suo saggio (2015, 6). La prima riguarda la presenza di un vero e proprio “bozzolo iconico” in cui si trova letteralmente immersa la nostra cultura. Una metafora normalmente usata per descrivere questa dimensione è quella del “diluvio di immagini”, una metafora biblica di portata molto ampia per l’enciclopedia dei lettori, normalmente connotata in modo negativo, a cui è legata una sensazione di impotenza e l’istinto a mettere in atto strategie difensive. La seconda, l’uso sempre più diffuso delle immagini nell’ambito della comunicazione politica che proprio della mediocrazia fa il suo dominio. In questa sezione introdurremo gli approcci di lettura delle immagini che risultano funzionali all’analisi di alcuni esempi di testi ibridi tratti dal panorama artistico e pubblicitario, oltre che dal discorso politico. In quella successiva invece introdurremo i testi multimediali che costituiscono il materiale di riferimento dell’analisi empirica.