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La comunicazione politica multimodale nei nuovi media digital

DELLA RICERCA

3.4. Lingua e immagini nei nuovi media digital

3.4.1. La comunicazione politica multimodale nei nuovi media digital

Il procedimento di esposizione e di conoscenza dell’altro attraverso il quale la legit - timità del potere politico viene creata, conservata e discussa nel dibattito quotidiano si av vale ormai da tempo di strategie che fanno largo uso di tutti i mezzi messi a disposizione dalle tecnologie e non a caso vengono definite multimodali (I.2.3.13). La dimensione digitale ha infatti favorito la proliferazione di modalità comunicative ibride, la cui dimen - sione liquida e in costante mutamento sembra fare della metamorfosi la strategia primaria per attirare l’attenzione del ricevente e coinvolgerlo nella politica partecipata. Già vent’anni fa Werner Holly evidenziava l’enorme potenziale emozionale legato all’uso sinergico di media diversi, particolarmente efficace nel caso della comunicazione politica (1991, 272). Nel discorso politico contemporaneo, dominato dalla componente eventiva, gli enunciati devono infatti essere letti come azioni vere e proprie, finalizzate al raggiun -

gimento di scopi politici, sociali e culturali che non possono essere intesi se non nel contesto in cui vengono formulati (Dell’Anna 2010) (I.3.3.1.2, I. 2.3.10).

Superata la fase dell’intrattenimento politico e dei talkshow ci troviamo ora nella stagione della comunicazione politica partecipata dei social network. A partire dalla metà degli anni Novanta la politica ha infatti scoperto le potenzialità insite nell’uso di internet come piattaforma di informazione e mobilitazione. Se inizialmente i siti web dei partiti si presentavano più che altro come un serbatoio di testi di varia natura, autonomi dall’identità della rete e destinati ad altri contesti diamesici, in tempi recenti è emerso in tutto il suo potenziale l’aspetto interattivo di questo mezzo: i social network sono oggi sempre più relati agli altri media, in uno scambio aperto che, oltre a favorire l’interazione con gli elettori attraverso i blog, li mette in condizione di comunicare anche con i programmi televisivi o con la stampa.76 Come suggerisce Gianluca Giansante (2014, 15): «la rete

costituisce uno strumento privilegiato, proprio perché consente ai politici di rivolgersi direttamente ai cittadini, superando la mediazione dei mezzi di informazione di massa (Bentivegna 2012) e permette loro di costruire nel tempo, una relazione di fiducia». Il web non è dunque uno strumento di comunicazione come gli altri: instaurando una relazione di fiducia induce i cittadini a partecipare in prima persona, diffondendo i contenuti al di fuori della rete e dando così un contributo all’organizzazione attiva della campagna politica. Pensare che con il web si possano solo spostare i voti è, secondo l’autore, una lettura riduttiva delle potenzialità insite nel mezzo, con il web oltre ai voti si riescono infatti anche a spostare le persone (Giansante 2014, 16-17).

Seondo Hartmut Stöckl (2004, 103), la sovrapposizione di codici di diversa natura genera spesso uno scambio semantico fra parola e immagine che lascia spazio all’inter - preta zione dello spettatore: in questi casi egli è coinvolto attivamente, assume cioè un ruolo attivo nella comunicazione politica. Un caso emblematico nell’uso di conglomerati semici diversi è la pubblicità (I.3.3), dove brevi testi, spesso ellittici, vengono accostati all’interno di un progetto estetico a elementi iconici di varia natura. È questa la ragione per cui Ulrich Schmitz (2011, 37) suggerisce di individuare accanto agli “atti linguistici”, Sprechakte (I.2.1), e agli “atti testuali”, Textakte, anche delle unità minime formate da parole e immagini e le definisce ‘atti visuali’, Bildakte (I.3.2.3.5). La dimensione scritta, sia essa calligrafica, paleografica, tipografica o di altra natura, così come quelle visuale, acustica, aptica, ha sempre accompagnato la dimensione semantica della ricezione dei messaggi, portando alla formulazione di categorie aperte, come quelle di “conglomerato di testo, suono e immagine” o “comunicati multimodali” (I.2.3.13, I.2.3.14 nota 97). Una parte molto impor tante nella lettura del messaggio la gioca in questo senso innanzitutto la memoria visiva, cioè la presenza di “immagini chiave”, Schlagbilder (Diekmannshenke 2011, 161; cfr. anche I.3.4.2) che rimangono nella memoria collettiva a rappresentare un preciso evento storico e hanno una valenza semantica diversa a seconda degli ambiti nazionali. Esse costituiscono un patrimonio culturale di riferimento molto importante e

consentono di trasmettere in modo puntuale e sintetico un riferimento storico, carico anche della dimensione emotiva che l’evento ha determinato nel pubblico. Come evidenzia Thomas Niehr (2014, 54), il riferimento visuale è infatti destinato ad accompagnare per decenni un evento storico: di generazione in generazione il valore metaforico delle immagini chiave può però essere ricodificato o rimanere ad uno stato latente per poi essere riattivato.77

Le immagini chiave sono tuttavia meno trasparenti delle parole chiave, per questo in alcuni casi possono essere accompagnate da brevi testi o didascalie, che ne consentono la contestualizzazione e interpretazione. Si tratta di elementi che facilitano la comprensione immediata del messaggio che si vuole trasmettere, e quindi l’ancoraggio (I.3.2.1) a un elemento visuale sedimentato nella memoria collettiva (Schmitz 2011, 11; Zebrowska 2013, 183). Un esempio coerente con questo discorso è la foto del barcone di migranti di Massimo Sestini pubblicata sui principali quotidiani italiani e in seguito diffusasi grazie alla rete.78 Nel 2015 questa foto vinse il secondo premio World Press Photo, diventando

il simbolo iconico del dramma dei migranti. Un secondo caso è l’immagine del piccolo Aylan, apparsa su tutte le principali testate giornalistiche dopo il naufragio di profughi siriani presso le coste della Turchia nell’estate del 2015. Il cambiamento di paradigma che ha integrato la dimensione visuale ha modificato anche l’atteggiamento dello spettatore; egli, confrontato con i comunicati multimodali, passa da un ruolo contemplativo a un ruolo interattivo, sviluppando una sorta di “dipendenza dalle immagini” (Zebrowska 2013, 184).