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L’indebolimento del regime di appropriabilità

2. EVOLUZIONE E IMPATTO DELLA TECNOLOGIA

4.3 Platform Leadership e Value Network nell’era della musica digitale

4.3.2 L’indebolimento del regime di appropriabilità

In base a queste considerazioni si può dunque affermare che l’industria ha visto dei sostanziali cambiamenti per quanto riguarda il “regime di appropriabilità”. In accordo con Teece e Pisano “ Il regime di appropriabilità si riferisce alla protezione ad opera degli stessi innovatori che si servono sia di meccanismi legali ( brevetti, segreto aziendale, copyright, e accordi taciti) sia di barriere naturali all’imitazione (grado di difficoltà di reverse engineering, e tacitness delle tecnologie rilevanti)”. E’ evidente che il regime di appropriabilità del vecchio modello dell’industria era molto forte. Tuttavia si trattava di un regime adattato ad un modello per lo più incentrato su musica mainstream, promossa e distribuita da contratti discografici con pochi artisti, distribuiti su larga scala al fine di creare grandi ritorni di scala. Pisano e Teece scrivono infatti “ gli innovatori a livello di componenti affrontarono i rischi derivanti dall’appropriabilità poiché chi possiede l’architettura ha poi il potere di settare i protocolli di interfaccia e decidere quale innovazione sarà adottata e quale no”. Nel vecchio modello, gli innovatori a livello di complementor possono essere ricondotti agli stessi musicisti o artisti ( ma anche piccole label), mentre chi possedeva l’architettura era la casa discografica. Dominando l’architettura del music system, le major sono state in grado di ricevere grandi ritorni dai loro investimenti. Questo grazie anche all’alto grado di controllo sui meccanismi di copyright, e il controllo sulla distribuzione della musica, rendendo di fatto il reverse engineering molto difficile. Si aggiunga poi un sistema regolamentativo a favore e si ottiene un framework che ha consentito un regime di appropriabilità elevato, che non lascia spazio ai nuovi entranti o alla competizione, dando vita ad uno scenario in cui quattro major label controllano la maggioranza del mercato.

La digital music coadiuvata dagli sviluppi delle potenzialità del web si è presentata come un grosso ostacolo per le major, innanzitutto perché non consentiva il controllo della distribuzione illegale e non autorizzata di musica. Si aggiunga poi che in alcuni stati il download o la condivisione di file protetti da copyright non è considerato illegale, con il risultato finale che per le major fronteggiare il fenomeno della pirateria diviene una grossa difficoltà, non gestibile con sole azioni legali. Inoltre, le barriere naturali all’imitazione si abbassano drasticamente, consentendo il reverse enegeneering dei music file. Quello della musica digitale illegale diviene il modello di distribuzione

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dominante. Il regime di appropriabilità dell’industria si indebolisce. Ma questo non significa come affermano Pisano e Teece (2007), che gli innovatori non possano raggiungere i benefici dell’innovazione. In questo caso la strategia però non dovrà concentrarsi al solo ottenimento di benefici derivanti dalla singola innovazione. E’ infatti fondamentale sviluppare degli asset complementari, che possano fornire i ritorni che l’innovazione da sola non può dare in un regime di appropriabilità basso. Si spiega in questo modo il perché le music label stanno gradualmente perdendo i propri profitti nel mercato attuale. Le grandi case discografiche non sono state in grado di adattare strategicamente i propri modelli di business nonostante fossero consapevoli dell’indebolimento del loro regime di appropriabilità. Al contempo nuovi player minori sono entrati in gioco sfruttando il basso regime di appropriabilità e facendo leva su asset complementari e quindi sulla complementarietà e mobilità degli asset, riuscendo a trarre beneficio dalla vendita di musica digitale. Sono così nate delle vere e proprie nuove product platform che hanno introdotto nuovi modelli di business dimostrando come è possibile monetizzare efficacemente ed efficientemente la musica digitale. Primo fra tutti Apple, che ora detiene quasi il 70% delle vendite di musica digitale, tramite la vendita di Iphone, IPad e musica digitale.

Nonostante oggi le label e gli analisti rivendichino il marketing know-how e la disponibilità di capitale come core competence, e quindi individuandolo come bottleneck dell’architettura, come peraltro riportato nel recente report IFPI 2012, le major discografiche hanno perso la posizione dominante che le caratterizzava un tempo. Tuttavia le stesse, tramite i vari rapporti IFPI rivendicano la loro importanza come player visto il loro know-how di rendere celebri gli artisti tramite la distribuzione su larga scala ( IFPI 2009).Una competenza core che però, dopo l’analisi finora condotta, sembra non essere d’aiuto per riaffermare la posizione di gatekeeper delle major. A catturare buona parte del valore derivante dalla tecnologia saranno le tecnologie complementari sviluppate dai complementor. Per trarre beneficio e sfruttare un regime di appropriabilità basso, le aziende devono possedere “strong downstream complementary asset position (Pisano Teece 2007)”. In caso contrario l’azienda subirebbe un contraccolpo. Guardando la situazione della major, si può dire che gli incumbent non sembrino possedere questi asset downstream, specialmente non nel nuovo value network dell’industria. Le principali fonti di ricavo sembrano infatti provenire ed essere garantiti dai copyright, licensing e sistemi di royalty, in quanto la

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distribuzione si è aperta ai nuovi entranti digitali e così anche la vendita. Non è così invece per le tecnologie complementari, per le etichette indipendenti, i musicisti e i retailer online. Tutti questi player non dispongono di asset upstream, ma mirano all’indebolimento dei regimi di appropriabilità delle major, al fine di beneficare dai propri downstream asset. I musicisti ad esempio possono beneficare dall’attività live, le indie label possono monetizzare anche tramite altre forme di ricavo oltre alla vendita (burocrazia degli eventi, booking bureas, ecc) e gli internet music retailer offrono pacchetti di servizi che vanno oltre alla mera vendita di musica che diviene un servizio complementare.

La spiegazione della perdita di posizione delle major risiede proprio in questo dunque, nuovi player stanno beneficiando del regime di appropriabilità debole, mentre al contempo le major stesse non hanno agito proattivamente a questo cambio di rotta. Sembrano uscirne vincenti i consumatori. Questi hanno visto aumentare il loro potere contrattuale al formarsi della nuova value network, e all’indebolirsi del potere monopolistico delle major, all’aumentare del numero di artisti introdotti dalle sempre più numerose indie label (in contrapposizione alla strategia delle major dove solo un ristretto numero di musicisti viene lanciato nel mercato). Si aggiunga poi che i prezzi della musica digitale si riducono sempre più andando a rispondere alle esigenze del consumatore, disposto a pagare sempre meno per la musica.