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2. EVOLUZIONE E IMPATTO DELLA TECNOLOGIA

6.3 Il modello di business

Spotify, come si apprende dal sito Spotifyartists.com, nasce proprio con l’intento di sopperire alla crisi dell’industria discografica. In particolar modo nasce con la consapevolezza che la maggior parte dei servizi musicali online generano poca rendita per gli artisti. E Spotify lavora proprio in questa direzione, offrendo ai fan un servizio legale e a pagamento capace di generare valore sia per l’artista, che per lo stesso consumatore. Per questo quello in cui opera il servizio viene definito un two side market: le direzioni e attenzioni dovranno essere rivolte al consumatore tanto quanto alle label e agli artisti. Permettendo agli ascoltatori di usare il servizio gratuitamente, ma con inserzione pubblicitarie, cercando di indurli a lasciare i siti pirata e altre platform concorrenti. Una volta che il consumatore ha adottato il servizio free, viene indirizzato alla sottoscrizione Unlimited o Premium. Un potenziale utente Premium Spotify spenderà il doppio di quanto spenderebbe mensilmente per il consumo di musica (il consumatore medio americano spende 5$ al mese,IFPI2012) con 9,99 $ di sottoscrizione mensile. Nel 2013 Spotify ha dichiarato di aver versato più 1 bilione di dollari in royalty. Un risultato importante se si pensa all’inferiore numero di utenti detenuti dal servizio rispetto ad altre piattaforme di musica digitale come possono essere Itunes o Pandora. Ciò che sostiene Spotify, è che la crisi discografica, non è dovuta a un calo di consumi di musica ma piuttosto a un cambio nei comportamenti di ascolto musicale attraverso formati che non generano entrate significative per l’artista e non creano più valore per il consumatore. Il modello Spotify punta a rigenerare questo valore perso convertendo i fan, perciò allontanandoli da altre piattaforme per avvicinarli al proprio servizio streaming. Un servizio che crea maggiore valore anche per l’ascoltatore stesso, grazie ad una serie di feature che vedremo nel corso del capitolo. Il grafico sottostante mostra la spesa media in musica di un ascoltatore americano, rispetto ad un potenziale utente Spotify premium, perciò pagante l’abbonamento mensile.

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Figura 34. Valore generato da un utente Premium Spotify rispetto al consumatore di musica medio americano. (Fonte: spotifyartists.com 2013)

Un utente Spotify premium versa circa il doppio dei ricavi all’industria per anno. L’obiettivo dell’azienda è proprio quello di convincere milioni di persone nel modo a divenire utenti Premium e facendo questo far ricrescere l’industria discografica. Si può dire che dalla sua nascita la piattaforma di streaming ha dimostrato di andare nella giusta direzione cercando di riparare al valore disperso a causa della pirateria. A marzo 2013 Spotify contava 24 milioni di user in tutto il mondo. 18 milioni di questi erano free user, in ogni caso paganti, visto che guardano e ascoltano advertising. Sei milioni di utenti invece sono utenti premium e pagano una fee mensile di 9,99 $,£,€ mensile. Il grafico sottostante mostra la crescita esponenziale di utenti Spotify dal 2009 al 2013.

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Il fatto importante è che per ogni nuovo utente Spotify, oltre ad aumentare i ricavi aumentano anche le royalty pagate all’industria.

Figura 36. Pagamento delle royalty da parte di Spotify dal 2009 al 2013. (Fonte: spotifyartists.com 2013)

Tutto questo va ad inserirsi in una costante crescita che ha visto nel 2013 il lancio di Spotify in più di 20 nuovi mercati, raggiungendo un totale di 55 paesi. Nel 2014 è prevista un’ulteriore espansione in altri nuovi paesi con il conseguente aumento di milioni di utenti.

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Abbiamo dunque visto che esistono due opzioni di utilizzo per l’utente Spotify. La versione free che si divide a sua volta in due versioni: una per desktop e tablet e un’altra per mobile. La versione desktop e tablet permette all’utente di ascoltare qualsiasi canzone desideri dal vasto catalogo: per riprodurre i brani dovrà ascoltare avvisi pubblicitari che periodicamente interromperanno l’ascolto di canzoni. Nella versione mobile l’utente potrà invece ascoltare le canzoni solo in modalità “shufflle”. Non sarà dunque possibile eseguire canzoni on demand, ed è previsto un limite di skip unitamente alla presenza di pubblicità tra le canzoni. Gli inserzionisti pubblicitari pagano Spotify affinché esponga le loro pubblicità agli utenti free, pagamento che a sua volta sarà utilizzato da Spotify per liquidare le royalty all’industria. Nella versione premium l’utente accede all’ascolto illimitato del catalogo tramite qualsiasi device e completamente on demand. L’utente può temporaneamente scaricare le canzoni sui propri lettori che potrà ascoltare offline ad alta qualità audio, e senza nessuna pubblicità. Tutto questo per un costo di 9,99$ al mese. I ricavi totali deriveranno quindi dall’advertising e dal pagamento degli abbonamenti.

Figura 38. Figura 38 Spotify, divisone dei ricavi. Il 70% dei ricavi è destinato al pagamento delle royalty (Fonte: spotifyartists.com 2013)

Spotify paga le royalty per tutti gli ascolti effettuati sul servizio distribuendo circa il 70% dei ricavi generati ai detentori di diritti. Con detentori di diritti Spotify fa riferimento ai proprietari della musica che è su Spotify: etichette, distributori e in base ai distributori anche agli stessi artisti. Il 70% è diviso tra i detentori di diritti in accordo con la popolarità della loro musica nel servizio. Le etichette o gli editori dividono poi queste royalty con i propri artisti in base ai loro contratti. Qui di seguito si riporta la formula adottata per calcolare il pagamento dell’artista derivante dall’esecuzione dei

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suoi brani Spotify. La formula è stata rivelata da Spotify stesso in risposta alle costanti critiche, che vedremo nei prossimi paragrafi, di adottare comportamenti poco equi nei confronti dei musicisti.

Figura 39.Spotify Formula (Fonte: spotifyartists.com)

Spotify Monthly Revenue: i ricavi totali di Spotify in un mese generati da abbonamenti e

pubblicità. Questa cifra varia da stato a stato e dipende da un range di fattori molto vasto. Tra questi vanno inclusi il numero di utenti di un paese, quanti di questi pagano per il servizio premium e quanto advertising viene venduto in questo determinato stato;

Artist Spotify stream/ Totale degli Stream Spotify: questo indice calcola la popolarità

dell’artista nel servizio, il market share. Dividendo gli stream di un’artista per il totale degli stream su Spotify si determina la percentuale del payout totali che dovrebbe essere pagata per i diritti dell’artista;

Royalty pagate ai proprietari editori: Spotify negozia con etichette ed editori in ogni

territorio in cui opera. I pagamenti attuali permettono di distribuire approssimativamente e mediamente il 70% delle rendite nette ai master recording e agli editori. La precisa divisione tra questi tipi di right holder varia da territorio a territorio in accordo a leggi locali e accordi negoziati.

Artist roaylty rate: Una volta che Spotify ha pagato i detentori di diritti il totale di

royalty in base agli stream accumulati, questa etichetta o editore pagherà ogni artista in base al roaylty rate contrattato. Questo probabilmente terrà da conto altri fattori includendo lo status acquisito, che peraltro è una delle principali ragioni per cui differenti artisti in differenti contratti potrebbero ricevere differenti ricompensazioni dalla loro rispettiva etichetta. Gli artisti indipendenti invece possono guadagnare fino al

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10% dai loro pagamenti di royalty da Spotify utilizzando i vari partner aggregatori con cui Spotify collabora (Tunecore);

Artist payotut: pagamento finale totale comprensivo pagato all’artista a cui viene

sottratta la parte spettante al right holder;

Va precisato che ogni qualvolta si ascolta una canzone su Spotify si genera un pagamento, ma Spotify non calcola le royalty basandosi su un “per play rate” fisso. Tuttavia nonostante la maggior parte delle discussioni pubbliche su Spotify abbia speculato su questo rate, è possibile ricavare approssimativamente un rate per play medio, dividendo le royalty di un artista per il numero di play che le hanno generate, anche se non è questa la misura in cui vengono ricompensati gli artisti su Spotify. Le royalty pagate dipenderanno da differenti fattori, tra cui i principali:

- il paese in cui l’utente sta ascoltando la musica di un determinato artista

- il numero di user paganti come percentuale del totale di user; più alta sarà la percentuale, più alto il “per stream rate”

- il prezzo dell’abbonamento premium relativo e il valore della valuta nei differenti stati -la royalty rate di un artista accordata con la propria casa discografica.

Recentemente queste variabili hanno condotto a un payout medio per stream ai detentori dei diritti che va da 0,006 $ a 0,0084$ per un utente free.

Figura 40. Pagamento delle royalty attuali vs pagamento al raggiungimento di 40 milioni di utenti (Fonte: spotifyartists.com 2013)

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Il grafico soprastante mostra il pagamento delle royalty del mese di Luglio 2013 per una serie di album, il cui nome è stato sostituito con un genere. Il secondo grafico illustra le prospettive di crescita al raggiungimento di 40 milioni di utenti, cifra che Spotify punta e sostiene di poter raggiungere entro il 2015.

Figura 41. Incremento del pagamento delle roaylty per un'artista rientrante nella top 10 dei più ascoltati (Fonte:spotifyaritsts.com 2013)

Spotify è uno dei più efficaci modi di monetizzare l’accesso alla musica. In aggiunta per incoraggiare il consumatore a pagare, i ratei sembrano essere maggiori rispetto agli altri servizi. Il grafico sottostante mostra le royalty pagate da Spotify ai right holder generate da un milione di ascolti per canzone.

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Spotify è stato progettato dal basso per combattere la pirateria. Fondato in Svezia, peraltro paese di origine di The Pirate Bay, il famoso network pirata di cui si è discusso nei precedenti capitoli, nasce in netta opposizione a servizi di questo genere, cercando di convincere gli ascoltatori di musica a fermare il filesharing illegale e continuare a consumare musica legalmente. Offrendo ascolti gratuiti Spotify combatte efficacemente la pirateria e compete con essa, portando i consumatori a utilizzare servizi legali. Spotify sembra essere riuscito in questo intento e ciò è provato in quanto si è registrata una forte diminuzione dell’uso dei siti pirata nei territori in cui Spotify si è stabilito. Si pensi che secondo uno studio Music Metric41, in Olanda, dove Spotify è attivo dal 2010, la pirateria si è drasticamente contratta passando dagli 8 milioni di pirati del 2008 agli 1,8 milioni del 2012. Altro caso interessante è stato portato in luce da uno studio norvegese42 dove si calcola che grazie ai servizi streaming la pirateria musicale è stata abbattuta dell’80%.

Figura 43. Il grafico mostra la percentuale di ogni gruppo di utenti che ha rifiutato di accedere a contenti pirata quando gli veniva proposta una valida alternativa gratuita e legale. Sondaggio condotto presso Columbia University

USA. ( Fonte: spotifyarists.com)

Il grafico sopra illustrato mostra una chiave di cambiamento nella moderna industria discografica: gli ascoltatori più giovani e i teenager sono i gruppi più portati ad accedere a siti pirata e i meno propensi a pagare per un servizio musicale. Spotify è riuscito in questa operazione convincendo parte delle generazioni più giovani a lasciare la pirateria e utilizzare servizi legali. Infatti più del 50% degli abbonati a Spotify hanno meno di 29 anni. 41 http://musicmetric.com/ 42http://www.telegraph.co.uk/technology/news/10187400/Spotify-and-Netflix-curb-music-and-film- piracy.html

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