Franco Del Zotti
Medico di medicina generale,Verona
H
o conosciuto Aldo Pagni qualche anno dopo la mia laurea, nel 1983. Era relatore a Roma in un importante convegno in cui si discuteva di Cartelle cliniche orientate per problemi e di protocolli diagno-stici terapeutici. Mi ero mosso verso Roma da un paese del sud ove lavoravo per la passione che mi accomunava allora ad Aldo. L’obiettivo era quello di pie-gare e “illuminare” la carta delle cartelle con le “ragioni” di un gruppo di irre-quieti medici di frontiera.Poco dopo arrivò il computer e l’informatica e bruscamente molto cambiò: si trattava di inserire nei grossi PC da pochi “neuroni” di allora il massimo di lo-gica; la passione sarebbe stata ricuperata in un secondo tempo.
Nei mesi successivi incontrai Pagni e i primi pionieri della società da lui fon-data, la SIMG, in un convegno a Sirmione. Si analizzavano le prime cartelle computerizzate, nate da una collaborazione tra mmg e CNR. Aldo, pur se cin-quantenne, condivideva con noi trentenni l’entusiasmo del neofita. In quegli anni i mmg che si lanciavano nel nuovo mondo delle cartelle computerizzate sopportavano software imperfetti e dalle funzioni primordiali e spese tipiche delle primizie: si spendevano anche 10 milioni di lire per un PC infinitamen-te meno poinfinitamen-teninfinitamen-te dei PC attuali. Cosa infinitamen-teneva accesa la fiamma della nostra at-tenzione culturale? La debolezza tecnologica di quelle prime soluzioni era com-pensata dalla vivacità del dibattito metodologico: stimolati da Pagni e dalla sua vasta cultura professionale e umanistica, in maniera parallela sviluppavamo ri-flessioni e strumenti concettuali legati ad algoritmi, protocolli, procedure cli-niche e relazionali; e dall’altra parte tentavamo di capire come sistematizzare tutto ciò nelle cartelle.
Negli anni ‘80 esplodevano in campo medico sia nuovi dati clinici e strumen-tali sia nuove metodologie, e tra queste soprattutto l’epidemiologia e l’EBM. La SIMG dei primi anni svolgeva il ruolo di incubatrice e melting point per la cultura interdisciplinare del mmg.
La grande speranza era di unificare, analizzare e sintetizzare il tutto attraverso il Pc. Per fare due soli esempi: in collaborazione con informatici e ingegneri universitari provavo ad adattare all’Italia e alla MG studi di avanguardia che mostravano che, con calcolatori che usavano linguaggi di intelligenza artificia-le (Lisp), era possibiartificia-le matematizzare in un’unica pagina tutti gli eventi che in-tervenivano in un ricovero: con un sistema di compressione logico-grafica si raccoglievano anche dieci giorni di valori dei test, posologie, andamenti delle variabili cliniche venivano raccolte in unico diagramma di una sola videata.
Nello stesso periodo, stimolato da Aldo e dalla SIMG, collaboravo con studenti di informatica; creavamo prototipi di software, in linguaggio “micro-pascal”, in grado di fornire aiuto consulenziale ed educativo ai pazienti per sintomi mi-nori, il che fungeva da alternativa alle rigide enciclopedie cartacee. Uno di que-sti sistemi, ad esempio, insegnava in maniera interattiva ai pazienti con inson-nia ad utilizzare una serie di step: modificare lo stile di vita (ad es: meno caffè serali), tornare dal software, compilare altri spezzoni di questionario interatti-vo; solo dopo tutto ciò il software, in assenza di soluzione del problema, con-sigliava di andare dal mmg. In effetti, solo alla fine di un percorso i pazienti an-davano dal mmg con il “dischetto” ove restava traccia dell’interazione tra soft-ware e paziente.
Sono passati 30 anni e devo testimoniarvi che la passione disinteressata, le ori-ginalità di questa prima informatica medica non sono state mai più eguaglia-te. Certe idee, nate in quei laboratori interdisciplinari della prima Simg, non sono state ancora realizzate.
L’informatica della prima SIMG caldeggiata da Pagni era inoltre una delle mo-dalità per permettere ad un gruppo di professionisti sia un proprio concreta identificazione professionale sia un salto culturale. Prima di Pagni e della SIMG i medici di medicina generale erano “medici della mutua” che si vivevano co-me individui autonomi economicaco-mente ma nello stresso tempo coco-me “di-pendenti” dalla attenzione clientelare verso il volere dei pazienti, delle mutue o verso i “comandi” dalle decisioni degli specialisti. Con le discussioni sulle car-telle cartacee prima e computerizzate poi, Pagni spingeva un gruppo coeso di mmg verso la fondazione di una disciplina autonoma con un suo rigore meto-dologico e una sua definizione di regole relazionali finalmente orizzontali ri-spetto ai gruppi specialistici e universitari.
Una delle tappe, sulla via dell’orgoglio era il farsi carico di processi di cura in-giustamente sottratti dai centri Specialistici. Allora sviluppammo con la “job description” tutta una serie di protocolli con cui il mmg colto e volenteroso si poteva cimentare. Allora emerse un’idea: i mmg, armati da questi protocolli, potevano addirittura ambire a premi contrattuali supplementari.
Un altro segno di indipendenza del gruppo dei mmg emerse quando, grazie a corsi di formazione SIMG, scoprimmo che qualche volta potevamo invertire le parti: potevano essere i mmg a “insegnare” agli universitari una metodologia di lavoro. La prima SIMG, grazie a buone relazioni con i migliori pedagogisti francesi e britannici, non poche volte stimolava il docente universitario di con-tenuto ad abbandonare le lezioni “frontali” e ad aderire alla metodologia di la-voro basato sull’apprendimento nei “piccoli gruppi” e sull’audit.
Lo spirito di gruppo veniva poi ulteriormente alimentato dai Congressi e in-contri nazionali, organizzati da Pagni con rigore metodologico, ma anche con un gusto ed uno stile “toscani”. Le bellezze dei luoghi (Firenze, Artimino in pri-mis), la raffinatezza degli eventi congressuali e la prepotente e affascinante ora-toria di Aldo restavano impressi nei cuori e nelle menti dei soci, che cosi velo-cemente si compenetravano in un’unica atmosfera culturale e spirituale.
Era difficile per noi mmg “scalzi” e isolati nelle varie periferie italiane resistere al fascino unificante della personalità di Aldo Pagni, un uomo dal netto profi-lo culturale; un uomo, maturo ma non anziano (di almeno 15 anni più avan-ti negli anni dei tanavan-ti trentenni di allora), che persino nel profilo fisico emana-va il richiamo di una leadership sicura e tranquillizzante. Aldo era un po’ più anziano e molto più autorevole di noi ed in più non era un barone universita-rio. Combinazione più unica che rara.
D’altra parte, Aldo aveva una forte propensione a coinvolgere anche il singolo mmg più periferico, purché egli individuasse nel giovane buona volontà o qual-che spunto di passione o originalità. Io stesso posso esserne testimone: venni dopo pochi mesi dall’iscrizione invitato a partecipare alle riunioni della giunta esecutiva e alle segreterie dei Congressi nazionali a cui mi recavo con entusia-smo da un paese della provincia di Bari (allora lavoravo li; poi nel 1993 mi so-no trasferito poi a Verona). Senza questo coinvolgimento e stimolo di Aldo, non avrei avuto né l’opportunità di entrare in contatto con i massimi rappre-sentanti europei della MG, né la forza di continuare per decenni ad interessar-mi di metodologia della MG.
Dopo questi resoconti, potete dedurre che per me e per tanti altri mmg, Aldo Pagni incarna la figura dell’eroe mitologico della MG italiana. E come per tut-ti gli eroi, anche per Aldo sono ad un certo punto intervenutut-ti seri ostacoli lun-go il cammino. Tra gli ostacoli esterni posso annoverare un certo modo italico di chi guida le istituzioni, gli ospedali e l’università: resistenza se non opposi-zione sia ai giovani sia alle giovani discipline; e tra queste ad una MG che vo-leva emergere, lungo il solco del riscatto della primary care nel nord Europa. Tra gli ostacoli interni posso citare la tendenza di un gruppo non piccolo di lea-der culturali e sindacali ad opporsi nei fatti i allo spirito di Aldo: una mente culturale indipendente da rigide griglie manageriali, dal realismo delle esigen-ze delle “public relation” che contano.
Pagni è stato un grande organizzatore, ma prima di tutto un leader riconosci-bile come “persona”. La stessa informatica della prima SIMG poggiava su rela-zioni personali e fiduciarie: il programma computerizzato della MG non sa-rebbe nato se non ci fosse stata la generosità personale e famigliare di un mmg, il dottor Osvaldo Sanesi, che non a caso era mmg e lavorava nello stesso paese di Pagni (Empoli).
Aldo orgogliosamente ha detto no anche alla stessa Società che ha fondato: non poteva e non può accettare che le società professionali tendano a basarsi su cri-teri simil-manageriali.
Egli inoltre dissente da una tendenza: le strutture delle società culturali mag-giori della MG tendono a basarsi su quadri principali che hanno un ruolo for-male e pratico di mmg con “special interest”, che possono sì sviluppare più ar-moniose relazioni con i gruppi specialistici che “contano”, ma che nello stesso tempo rischiano di perdere per strada l’orgoglio della diversità dei metodi cul-turali della MG.
della MG non dovrebbero limitarsi a focalizzare le loro attività sul perfeziona-mento di oggetti concreti: un software, un certo tipo di corso di formazione, ecc. Esse non dovrebbero avere come obiettivo principale quello di convince-re un maggioconvince-re numero di mmg ad utilizzaconvince-re le suddette produzioni. Spero in-vece che esse, nel solco dell’insegnamento di Pagni, mettano in discussione con-tinua l’informatica o la telematica così come è o la formazione così come è. In merito alle cartelle computerizzate, bisognerà andare oltre un attuale rischio: l’uso della cartella per registrare dati e accumularli, in una logica a metà strada tra la statistica e l’economia.
L’informatica delle attuali cartelle computerizzate e la logica della telematica dei server istituzionali dell’INPS, dei ministeri e delle regioni non poche volte sembra spingere i mmg a valorizzare la stringatezza dei codici e la presunta po-tenza dei numeri con virgola, da introdurre poi nella logica rigida delle caselle predeterminate, magari allo scopo di uno scambio (sharing) dei dati: il che è insieme un’opportunità, ma anche uno rischio di snaturamento della profes-sione del mmg.
A questo proposito, preme ricordare che, all’epoca della dirigenza di Pagni, co-me suoi discepoli abbiamo sottolineato che il cuore della MG non è tanto in quei codici e in quei valori numerici, ma nelle qualità più difficilmente quan-tizzabili: nel disegno e immagini delle relazioni e “danze” famigliari e biopsi-cosociali. Tutto ciò non è “visione nostalgica” di Aldo e di un gruppo di “dis-sidenti”; si tratta invece di istanze che erano e restano profondamente innova-tive, e, ahinoi, irrealizzate. È necessario riprendere e approfondire, con nuovi strumenti e metodologie, le antiche riflessioni sul processo diagnostico deci-sionale, sui contesti comportamentali, famigliari e biopsicosociali.
Bisogna riprendere la fiaccola pagniana iniziale: la tensione verso l’evoluzione dei metodi, del linguaggio e della stessa “passione” e “orgoglio” dei nuclei for-ti della disciplina.
Aldo è uscito dallo stesso schema che aveva creato. Con la presidenza FNOM e con il distacco dalla stessa sua creatura (la SIMG) è diventato leader di tutti i medici. Dall’alto dei suoi 80 anni e dalle vette che ha raggiunto è più che mai in grado di indicarci la strada da percorrere.