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La medicina e il problema della limitazione delle risorse

Nel documento Aldo Pagni, (pagine 177-182)

Un pioniere della “medicina valorial-organizzativa”

6. La medicina e il problema della limitazione delle risorse

C’è come minimo un terzo contributo di Pagni alla medicina che merita di essere almeno ricordato. Dopo aver constatato che i grandi successi della medicina hanno in breve mutato il volto dell’assistenza sanitaria, Pagni si è chiesto spesso “come un Clinico possa oggi conciliare l’economia con l’etica della responsabilità e con la scien-za [medica], in un paradigma così rivoluzionato”73quale quello della attuale medi-cina. Infatti, il tradizionale e “classico triangolo ippocratico costituito da malattia, medico e malato è stato progressivamente sostituito da un paradigma molto più com-plesso. Questo corrisponde a una relazione “tra persone” [dotate anche di consenso informato] che coinvolge in successione più medici e molti altri “attori” (professio-ni sa(professio-nitarie, mass media, magistrati, associazio(professio-ni dei cittadi(professio-ni, industria farmaceuti-ca, economia e politiche sanitarie)”74. In questo nuovo quadro “la malattia, oggi, è divenuta un problema prevalentemente pubblico e comporta, per la cura e

l’assi-68 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 121. 69 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 121. 70 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 121. 71 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 121. 72 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 121. 73 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 170.

stenza, l’impiego di ingenti risorse finanziarie”75.

Per far fronte alla “limitatezza delle risorse economiche disponibili e alle aspettative illimitate di salute di pazienti impazienti […] i Sistemi sanitari occidentali […] so-no indotti a ricorrere a sistemi di revisione esterna della qualità delle aziende sanita-rie pubbliche e private per ottimizzare i costi”76. Così, a partire dagli anni ’90 del se-colo scorso, si è cercato di contenere la spesa considerando la questione come tema di “interesse quasi esclusivo per l’economia sanitaria”77. Si è sviluppata la “fiduciosa convinzione di poter trasferire con successo […] alle prestazioni sanitarie rivolte al-le persone sane”78le “capacità manageriali acquisite in settori diversi” da quelli sani-tari e si sono così applicati alla “sanità modelli di analisi, valutazione e controllo pro-pri di altri settori produttivi”79.

Gli effetti di questi interventi sono presto diventati visibili in una serie di proteste da parte dei cittadini, i quali si sentono ingiustamente espropriati del “diritto alla salu-te” posto a garanzia dell’assistenza sanitaria: “Il cittadino attribuisce al “diritto alla sa-lute” […] un valore così rilevante da “rendere spontaneo il rifiuto dei canoni propri della scienza economica, e di qualsiasi limitazione posta alle azioni necessaria per sal-vaguardarla o ripristinarla in caso di perdita” (A. Brenna). Per il cittadino non esi-stono infatti i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), decisi a livello centrale, ma ogni disturbo, per quanto lieve, ogni malessere, ogni malattia, per quanto di minore gra-vità, sono per lui “essenziali” e meritevoli del riconoscimento del diritto a essere cu-rati gratuitamente, indipendentemente dalle risorse disponibili”80. Queste esigenze rivendicate dai cittadini sembrano nascere dal fatto che il modo stesso con cui si cer-ca di contenere i costi sembra dimenticer-care “che la salute è un bene e non una mer-ce”81: c’è il concreto rischio “che il contenimento delle spese per la salute divenga più importante dei bisogni reali dei cittadini”82.

Ma i problemi della limitazione delle risorse si estendono anche alla professione me-dica, la quale si trova ad essere esautorata e a dover subire un profondo cambiamen-to strutturale della propria professionalità e del modo di intendere la professione. Questo cambiamento era del tutto imprevisto e si presenta quasi ineluttabile, au-mentando il disagio. Infatti, osserva Pagni, la subordinazione delle competenze me-diche alle esigenze del management aziendale è “in stridente contrasto con la tradi-zionale e secolare autonomia e indipendenza libero professionale dei medici (dura a mo-rire)”83. Di fatto, il medico “in questi ultimi anni ha visto declinare la propria

iden-75 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 183. 76 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 41.

77 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 183. 78 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 183. 79 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 183. 80 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 209.

81 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 183. 82 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 41.

tità professionale e la “dominanza” del modello biomedico e organico delle malat-tie, reso critico dalla pluralità delle competenze nella “transizione epidemiologica” dalle malattie acute a quelle croniche, da una accentuata e diversa attenzione del-l’opinione pubblica ai problemi psico-sociali della salute”84. I vari fattori, tra cui pri-meggiano le nuove misure di controllo delle prestazioni mediche erogate, fornite hanno “provocato nei sanitari italiani, non sempre preparati a riconoscere e valuta-re l’importanza del rapporto tra costi ed utilità delle loro decisioni, demotivazioni, disorientamento, reazioni di rigetto o di rassegnata passività”85: insomma, anche qui un profondo scontento. Resta che “in un sistema complesso come quello sanitario, le decisioni cliniche non possono ormai prescindere da valutazioni del rapporto tra costi e utilità”86e degli altri vincoli pratici e normativi. La pratica della medicina, quindi, è di fronte a un bivio, perché “se il medico in omaggio ad una malintesa li-bertà assoluta, non farà propri quegli strumenti lasciandoli interamente nelle mani degli amministratori, dei burocrati e degli economisti, il ruolo sociale della profes-sione non potrà che andare incontro ad un inevitabile declino”87.

Ancora una volta, l’attenzione di Pagni al problema del contenimento dei costi è una conseguenza del riconoscimento della presenza dei “valori” nella pratica clinica: al-l’inizio questi “valori” si presentano nel rapporto individuale medico-paziente (con-senso informato); poi essi si ripresentano nel rapporto professionale interno all’assi-stenza sanitaria (il ruolo della medicina generale); e ora affiorano a un livello ancora più alto e generale nel rapporto tra l’istituzione medica e le altre istituzioni sociali. A questo livello i “valori medici” entrano in conflitto con altri “valori sociali” (i “valo-ri economici”) e si tratta di decidere l’ordine di p“valo-rio“valo-rità da assegnare agli uni e agli altri. Un tempo il problema non si poneva perché, quando sulla scorta del paradig-ma naturalistico-biologico si pensava che la medicina “facesse parte delle scienze bio-logiche e biochimiche e che i processi morbosi dovessero essere spiegati [solo] in ter-mini anatomo-clinici e fisiopatologici”88, era scontato dire che i giudizi medici era-no meri “giudizi di fatto”. Ciò creava un immediato e automatico preciso ordine di priorità, perché rispetto ai “giudizi di valore” i “giudizi di fatto” sono come il celebre vaso di ferro tra vasi di coccio o come l’uomo col fucile che incontra un uomo con la pistola: il fatto prevale sempre, ahimè!, su qualunque valutazione, positiva o nega-tiva che sia. Oggi, invece, il problema della priorità si presenta con forza perché il nuovo paradigma ci porta a riconoscere che la medicina è intrisa di “valori”, cosic-ché i “valori medici” appaiono confrontabili coi “valori economici” o con altri “va-lori”. In questa situazione non è più scontato che i “valori medici” abbiano la prece-denza sugli altri, può affiorare l’idea che anche la salute sia una “merce” e si diffon-de il consumerismo e il salutismo (come salute-mania).

84 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 1.

85 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 182. 86 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 30.

87 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 30 – 31. 88 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 134.

Tralasciando gli altri problemi che discendono da questo quadro teorico, esso ha an-che un’altra conseguenza pratica an-che merita di essere ricordata. Quando il paradig-ma naturalistico era scontato, era norparadig-male pensare che quella medica fosse “una pro-fessione liberale, autonoma ed indipendente, che operando per la salute del paziente […] non dovesse risentire dei mutamenti della epistemologia, della società e della storia”89: in altre parole fosse immutabile. Inoltre, “si riteneva indiscussa e indiscuti-bile”90la “dominanza medica” ossia quel peculiare posizione sociale in cui la profes-sione medica detiene un grado elevato di autonomia funzionale col pressoché com-pleto controllo sul contenuto del lavoro svolto entro la professione e il superiore po-sizionamento della professione mediche rispetto ad altri ruoli medici e forse anche sociali. Sulla scorta di questa preminenza diventa anche quasi naturale o comunque facile esercitare un forte “potere” sui fruitori della prestazione sanitaria, ossia sui pa-zienti91. Se, invece, il paradigma naturalistico si dissolve e anche i “giudizi medici” sono “giudizi di valore” come quelli dati da altre professioni, allora non è più scon-tata né l’immutabilità della professione né tantomeno la “dominanza medica”. Questo l’impianto generale dell’analisi di Pagni al problema del contenimento del-le risorse sanitarie. La prospettiva ha come sfondo la situazione storica della medici-na, che sembra essere analoga a quella di un fiume che, dopo secoli di tranquillo per-corso in pianura, si trova ora ad attraversare tumultuose rapide o addirittura nette cascate. Il medico prima di tutto deve essere consapevole della nuova situazione crea-tasi, e poi non può chiudersi di fronte alla realtà o continuare a vagheggiare il passa-to, o ancora illudersi di pensare di trovare una qualche scappatoia personale, né può arroccarsi nel fortino della clinica lasciando agli economisti e ai burocrati il compi-to di decidere circa le risorse. Consapevole di non poter continuare a ragionare in base ai vecchi paradigmi, il medico deve accettare la sfida dei tempi nuovi e rispon-dere con prontezza e tempestività alle nuove esigenze. In un mondo in cui tutto cam-bia rapidamente, i medici devono essere capaci di stare “sulla palla”, perché ogni ri-tardo è un danno per la professione e per i cittadini. Pagni entra anche nel merito di molte questioni particolari e avanza proposte specifiche di soluzione. Ragioni di spa-zio unite a consideraspa-zioni di prudenza nell’affrontare temi tanto difficili e delicati mi impediscono di approfondire in questa sede le varie questioni. Mi limito pertanto a rilevare che l’attenzione rivolta da Pagni alla tematica è in linea sia con la sua impo-stazione filosofica sia con la tesi di Bertrand Russell da lui citata secondo cui “la scien-za comporta pericoli per la società, ma la fonte di questi pericoli non è il sapere, […]

89 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 41. 90 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 201.

91 La nozione di “dominanza medica” non è rigorosamente definita, ma il termine stesso indica con suf-ficiente precisione l’idea trasmessa. Essa è dovuta al sociologo americano E. Freidson, di cui si può ve-dere il volume a cura di Giovanna Vicarelli, la dominanza medica. Le basi sociali della malattia e del-le istituzioni sanitarie, Franco Angeli, Milano, 2002.

ma una crescita non equilibrata tra sapienza e saggezza”92. In questo caso la “saggez-za” riguarda il bilanciamento dei “valori” in conflitto e l’equilibrio tra sapienza [co-noscenza scientifica] e saggezza è ciò che ci porta a essere al passo coi tempi, ossia a non ritardare o ostacolare la crescita civile. L’attenzione al problema delle risorse sa-nitarie è un altro importante contributo dato da Pagni alla medicina valorial-orga-nizzativa.

Conclusione breve

Entrato nel mondo medico nei primi anni ’50 del secolo scorso, Pagni ha avuto espe-rienza diretta della tradizionale concezione della medicina per la quale la decisione medica era compito esclusivo “del medico che ‘sapeva’ come funzionava il corpo umano e perché si ammalava, e che cosa fare per il ‘suo bene’”93, cosicché i giudizi medici erano “giudizi esclusivamente ‘di fatto’”94. Ha elaborato una teoria della me-dicina che mette in luce come la pratica medica per sua natura comporti scelte di va-lore e quindi i suoi giudizi non possono essere solo “di fatto”. Sulla scorta di questa ha profuso impegno pratico per il riconoscimento dei valori nella pratica clinica a vari livelli. Nel Codice Deontologico 1998 è riuscito a far riconoscere i “valori” del paziente individuale grazie al consenso informato. Fondando la Simge ha cercato di far riconoscere i “valori” di una professionalità medica, quelli della medicina gene-rale. Infine, richiamando l’attenzione sui temi della limitazione delle risorse ha ten-tato di far riconoscere i valori a livello sociale, osservando che il valore “salute” è un “bene umano” e non una “merce”. Per questo è un pioniere e alfiere della medicina valorial-organizzativa e va annoverato tra i grandi medici italiani.

92 Citato da A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 163 93 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 171. 94 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 171.

Nel documento Aldo Pagni, (pagine 177-182)