• Non ci sono risultati.

Il principale contributo di Pagni alla medicina: il Codice deontologico 1998

Nel documento Aldo Pagni, (pagine 169-172)

Un pioniere della “medicina valorial-organizzativa”

4. Il principale contributo di Pagni alla medicina: il Codice deontologico 1998

Avendo Pagni riconosciuto che un aspetto fondamentale della pratica clinica sta nel “giudizio di valore”, la prima applicazione di questo risultato teorico riguarda l’isti-tuto del consenso informato che ha rivoluzionato il rapporto medico-paziente. L’aver

30 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 135. 31 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 63.

vissuto la grande trasformazione della medicina intervenuta negli ultimi decenni gli ha consentito di avere grande consapevolezza del cambiamento e di vederne pregi e limiti. Agli inizi della professione, infatti, quando ancora non c’erano gli strumenti e la medicina si basava su osservazione e ragionamento, Pagni sapeva bene che “i cit-tadini, fiduciosi ed un po’ in soggezione nei confronti dei medici, non rivendicava-no alcuna partecipazione diretta alle loro decisioni”32. In quel contesto il medico ope-rava a volte senza anestesia e riceveva anche la gratitudine dell’eroica vittima33, che era pronta a sopportare stoicamente qualsiasi intervento medico.

Negli ultimi decenni, però, la situazione è rapidamente mutata col rapido mutare dei tempi. Il paternalismo medico, osserva Pagni, poteva funzionare in una società agricola e in gran parte analfabeta, ma viene oggi stigmatizzato come frutto di un autoritarismo precettivo perché non si può continuare ad ammettere che i medici trattino “il malato come un genitore con un bambino” avendo “una totale discre-zionalità decisionale per il “bene” del paziente negando a quest’ultimo ogni diritto partecipativo”34. Oggi, si rifiuta il ruolo paternalista del medico “perché, si dice, il paziente è ormai adulto, non è più un analfabeta, ha un grado di cultura e di cono-scenze elevato e quindi può decidere liberamente la sua sorte”35. In questo senso va riconosciuto “il diritto dei malati ad essere informati e a decidere autonomamente del proprio destino”36cosicché “il medico ha l’obbligo di trattare le persone come esseri adulti e autonomi, capaci di prendere le loro decisioni dopo essere stati infor-mati sulle alternative possibili”37. Lo si deve fare non solo per stare al passo coi tem-pi, ma anche perché il principio di autonomia col connesso consenso informato “è stato imposto ai medici dai tribunali prima che comparisse nelle corsi degli ospeda-li. Il medico […] deve armonizzare il suo operato con le esigenze del malato che ha in cura, specialmente nelle decisioni che riguardano “la fine della vita””38.

Pur essendo un convinto sostenitore del consenso informato, Pagni sa anche bene che “l’esperienza di ogni giorno ci ha insegnato che la realtà è meno radicale delle teorie, e che neanche oggi mancano richieste di un rapporto genitoriale protettivo da parte di pazienti più fragili”39. Ciò significa che il riconoscimento del principio di autonomia non comporta affatto l’abbandono o il rifiuto del principio di benefi-cenza che “ha rappresentato, fino dai tempi di Ippocrate, la parola d’ordine dell’eti-ca medidell’eti-ca”40. Al contrario si tratta di aggiornare l’antica prospettiva: “non si chiede

32 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 98.

33 Cfr. al riguardo l’episodio dell’estrazione di un dente narrato in A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 90.

34 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 159. 35 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 26.

36 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 167. 37 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 159. 38 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 167. 39 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 26.

[…] al medico di rinunciare ad operare per il bene del malato, ma di reinterpretare quel principio [di beneficenza] alla luce del consenso informato del destinatario del-le cure”41. Conosce anche bene che a volte le decisioni prese in autonomia sono dram-matiche e tragiche , come quelle circa il “caso di un bambino estremamente preter-mine, per il quale sono scarsissime le probabilità di sopravvivenza ed è quasi certo un destino di gravissime malformazioni incompatibili con una vita accettabile”42. Sa benissimo che “in realtà se l’autonomia del malato è portata all’estremo, e diviene un principio assoluto e senza eccezioni, può produrre aberrazioni non minori di quel-le del paternalismo autoritario”43. Riconosce, infine, che l’autonomia può com-portare il rischio di una deformazione del rapporto medico-paziente, ossia quel-la che porta al doctor shopping “per il quale il cittadino si recherebbe dal medico come se si rivolgesse ad una “caffetteria” per servirsi come vuole”44, manifestan-do così un atteggiamento che “corrisponde alla cultura di un cliente che si reca a fare la spesa e poco ha a che fare con un rapporto positivo tra un medico e un cit-tadino che soffre”45.

Resta, comunque, che il consenso informato come diritto esclusivo del paziente è stato introdotto in Italia proprio nell’edizione del Codice Deontologico 1998 ap-provato durante la Presidenza Pagni alla Fnomceo. Come ricorda Pagni stesso, “un evento significativo fu, nel 1998 […] l’approvazione del nuovo Codice Deontolo-gico […] dopo due intere giornate di lavori e di dibattiti all’interno della professio-ne. Per la prima volta si prendeva atto che il secolare paternalismo medico, genito-riale e autoritario, era tramontato, che il “paziente” era diventato una “persona” con il diritto di autodeterminarsi, e che le scelte cliniche non potevano prescindere da criteri di appropriatezza, in un SSN dalle risorse limitate”46.

Le poche e scarne parole unite al tono dimesso sembrano far pensare che quello sia stato solo uno dei tanti eventi che hanno costellato quattro anni di Presidenza della Federazione dei medici. Può darsi che Pagni non sia intervenuto in prima persona nell’elaborazione del Codice, ma è noto che una Presidenza è caratterizzata anche (e, forse, soprattutto) dalla capacità di dare impulso ai collaboratori, i quali sanno cam-minare da soli una volta ricevuto l’avvio. Di fatto, al di là del tono sommesso e sot-to determinasot-to, l’approvazione del Codice ha comportasot-to un cambiamensot-to epoca-le: una vera e propria rivoluzione nella pratica clinica, che ha portato al tramonto il “secolare o millenario paternalismo medico” e fatto nascere il “cittadino-paziente”. Questo punto è stato subito sottolineato da Mariella Immacolato la quale in un

im-41 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 167. 42 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 167. 43 A. Pagni, Un medico di famiglia nel teatro della vita, op. cit., p. 168. 44 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 27.

45 A. Pagni, Il Sileno di Alcibiade, op. cit., p. 27: “la salute non è una merce da acquistare al mercato ma un valore e un “bene” che non si scambiano”.

portante saggio ha osservato che “il codice del 1995, e soprattutto quello del 1998, mostrano come, almeno sulla carta, i medici abbiano fatto propria la visione della medicina basata sul modello dell’autonomia”47. Ancora, ha sottolineato che “il Co-dice del 1998 segna la chiusura definitiva del modello ippocratico paternalistico del rapporto medico paziente nel momento in cui, all’art. 30, elimina il così detto “pri-vilegio terapeutico” del medico di non dire la verità al malato […]. Per la prima vol-ta si parla di autonomia del citvol-tadino dedicando l’intero art. 34 nel quale si prescri-ve al medico di tenere in conto le volontà espresse in precedenza dal soggetto, diprescri-ve- dive-nuto incapace, e laddove è possibile la volontà del minore e dell’incapace”48. Se si considera che, come osserva sempre Pagni, la “resistenza al cambiamento […] di fronte alle novità”49è una caratteristica degli umani e che a volte essa è tanto ro-busta da assumere “i toni di una vera ribellione”50, viene da chiedersi se quel passo così importante avrebbe potuto avere luogo con tanta tempestività senza quel soli-do retroterra di riflessione filosofica che ha caratterizzato l’opera di Pagni e senza la grande attenzione da lui prestata alle esigenze di aggiornamento della medicina. L’ap-provazione del Codice 1998 non ha risolto tutti i problemi del rapporto medico-paziente, ma ha superato lo spartiacque tra il paradigma tradizionale e il nuovo: il grosso del nuovo discorso è stato accolto, per cui si può dire che su questo punto l’idea centrale della teoria della medicina di Pagni è diventata patrimonio comune della cultura italiana e parte integrante della pratica clinica di questo paese. Ma non solo questo: grazie al quel Codice i medici italiani hanno mostrato di saper stare “sul-la pal“sul-la” e di rispondere efficacemente e tempestivamente alle esigenze dei tempi. L’effetto finale è stato una boccata d’ossigeno per tutti i cittadini e anche per la pro-fessione medica, che ha dato prova di essere in grado di dare un significativo impul-so alla crescita civile del paese. Forse per questo la “presidenza Pagni” ancora oggi vie-ne avvertita vie-nella memoria collettiva come qualcosa di particolare: anche da parte di chi non ha conoscenza specifica dei fatti particolari che l’hanno caratterizzata è ri-cordata come qualcosa di livello alto e meritevole di nota.

Nel documento Aldo Pagni, (pagine 169-172)