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L'oblio della memoria: deficit nel ricordo

Capitolo 4. L'oblio dopo la tragedia: La memoria

4.1. Le macerie della tragedia 1.Legami con il passato

4.1.2. L'oblio della memoria: deficit nel ricordo

Non ho più ricordi, non voglio ricordare; la memoria risale dalla morte,

la vita è senza fine.193

La memoria di eventi traumatici, la dimensione di raggelante impotenza, il vivere costantemente accompagnati dalla paura, la percezione di rapporti umani strutturati su ruoli di persecutore sadico e vittima, hanno contribuito, negli anni, alla creazione non solo di specifici problemi psicopatologici, ma anche di comportamenti routinari devianti dai rapporti innestati durante la violenza. Alla dimensione maniacale ed ottimistica della ricostruzione si è lentamente

191

Bodei R., Libro della memoria e della speranza, cit., p.34

192

De Martino E., Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Boringhieri, Torino 1975,p.58

193

sovrapposta una inerzia paralizzante o, al contrario, una modalità binaria di esaltazione e depressione. Un'opera di rimozione collettiva, infatti, ha tentato di cancellare tutto l'orrore passato, nessun ricordo, però, può essere veramente dimenticato se non è stato prima elaborato. La memoria e l'oblio sono campi di battaglia, che definiscono l'identità personale, ma soprattutto quella collettiva.

La memoria e l'oblio non rappresentano infatti terreni neutrali, ma veri e propri campi di battaglia, in cui si decide, si sagoma e si legittima l'identità, specie quella collettiva.194

Per le vittime di stragi, violenze o stupri è necessario rivisitare il trauma, cercando di superarlo per poter andare avanti. Se questa operazione di elaborazione non viene eseguita vi possono essere effetti collaterali come quelli che Freud, in Ricordare, ripetere e rielaborare del 1914, riconosce nei deficit della memoria e di eccesso di oblio. Essi sono comportamenti che possono essere la risultante della fuga dalla realtà e del processo di rimozione. Vi è una normativizzazione del passato, secondo Freud, in cui, attraverso la coazione a ripetere, il paziente ripresenta il meccanismo dannoso senza esserne cosciente. Senza aver elaborato il trauma il paziente non può permettsi di riconciliarsi con il suo passato, continuando a mantenere la presenza di quelle torture, di quel trauma, come un eco che si ripete senza farsi vedere, celandosi nell'ombra.

Il paziente riproduce ciò che ha dimenticato non come ricordo, ma

194

come azione, lo ripete senza sapere, naturalmente, di ripeterlo [...]. Ciò non crea la premessa di riconciliazione del paziente con i contenuti del rimosso, ma consente di constatare la coazione a ripetere.195

Questo ripresentarsi di contenuti del passato danno luogo a rinascite o a ripetizioni degli avvenimenti. Tale eco viene confermato, nel pensiero di molti psicanalisti, che ritengono questi sintomi come ripetizione di ricordi, di avvenimenti traumatici, che riportano la vittima al trauma originario. Gli specialisti che aderiscono ai modelli di neuropsicologia, invece, ritengono che queste “ridondanze” siano un difettoso funzionamento o un “difettoso stoccaggio dei ricordi dell'esperienza vissuta”, la quale assimila anche la paura e il terrore della morte.

Per gli psicoanalisti, il sintomo sarà ripetizione che riconduce tutto a qualcosa che è già accaduto, al trauma originario. Per coloro che aderiscono ai modelli della neuropsicologia, la memoria traumatica diventa invece un problema più meccanico […]: quello di un difettoso stoccaggio dei ricordi dell'esperienza vissuta, della paura, della prossimità della morte.196

Nel pensiero di Ricoeur l'oblio non impedisce il richiamo dei ricordi, ma piuttosto elimina ciò che è incomodo, in modo da erodere l'inscrizione stessa del ricordo.

195

Freud S., (1914), Ricordare, ripetere, rielaborare, cit., vol.8, p.355

196

[…] l'oblio inesorabile, che non si limita ad impedire […] il richiamo

dei ricordi […] ma si adopera anche nel cancellare la traccia di ciò che si è imparato, vissuto: erode l'inscrizione stessa del ricordo

[…].197

Anche Remo Bodei ritiene che anche la memoria subisce trasformazioni, molte volte i ricordi sono soggetti allo svanimento ed alla eliminazione. Persino nessuna identità rimane immutata nell'evolversi degli eventi.

I ricordi sono naturalmente esposti alla dissoluzione e alla mutilazione e nessuna forma di identità si conserva indefinitamente nel tempo senza trasformarsi.198

Chi ha subito traumi derivati da violenze collettive, invece, rimuove il ricordo del trauma e, con la continua ripetizione del sintomo o del meccanismo di tortura, mette in atto un ricordo rimosso. La sua riattualizzazione, come ci fa notare Freud, non è ricordo, in quanto il paziente non ricorda l'avvenimento rimosso ma lo mette in atto, il trauma, infatti, viene riprodotto non come memoria, ma come ripetizione degli elementi traumatici.

[La vittima] non ricorda assolutamente nulla degli elementi che ha

analizzato e rimosso […] piuttosto li mette in atto. Egli riproduce quegli elementi non sotto forma di ricordi, ma sotto forma di azioni

197

Ricoeur P., Ricordare, dimenticare, perdonare, cit., p.99

198

[…] Il paziente ripete invece di ricordare e ripete in condizioni di

resistenza.199

Ritroviamo che la ripetizione del sintomo è il sostituto del ricordo anche nel pensiero di Connerton:

L'impulso del sintomo è il sostituto del ricordo.200

L'errore nello stoccaggio è, infatti, il problema dell'oblio, che tende alla eliminazione di tracce del passato. Secondo Ricoeur esso consiste in un difettoso adeguamento delle immagini, come se fossero state impresse “da un sigillo sulla cera”.

[…] il problema dell'oblio [è dato da una] cancellazione di tracce e

come difetto di adeguamento all'immagine presente, all'impronta lasciata come da un sigillo nella cera.201

La tendenza naturale della memoria collettiva, però, è quella di ricordare, di svelare segreti e traumi del passato, anche se a volte è costretta ad andare contro quelle memorie che erano state nascoste, che non volevano essere ricordate. I ricordi che vengono nascosti si ripresentano nel sintomo, nei flash della guerra e delle torture, talvolta si trasformano anche nella paura di non conoscere più la propria identità, anche se, queste memorie sono considerate “scomode” e

199

Freud S., Ricordare, ripetere, rielaborare, cit., pp.355-356

200

Connerton P., (1989), Come le società ricordano, armando, Roma 1999, p.33

201

“dolorose”, esse torneranno a ripresentarsi nell'individuo, nonostante lui voglia impedirglielo.

La memoria collettiva però in qualche caso si ribella, vuole ricordare, svelare l'enigma, ma deve scontrarsi con interessi che quella stessa memoria hanno deciso di piegare e anestetizzare, con forze che preferirebbero l'oblio o l'indifferenza del presente. Il risveglio sarà (in molti casi è già) nel sintomo, in un disturbo del comportamento o nel ritorno di “immagini intrusive” [...] immagini e ricordi che si vorrebbe da parte di molti espellere per sempre dal corpo sociale. In qualche caso il risveglio sarà anche l'incubo di non sapere più chi si è [...].202

Come Freud aveva notato fin dal 1914 è presente in molte forme diverse della nevrosi un distacco dei ricordi, dove “l'oblio” è necessario ad una soppressione delle connessioni tra memoria fino ad un disconoscimento delle connessioni causali e a un isolamento dei ricordi.

Nelle svariate forme della nevrosi […] l'oblio si limita per lo più a un annullamento di connessioni ad un disconoscimento di connessioni causali, ad un isolamento di ricordi.203

Infatti, i contenuti psichici legati ai vissuti traumatici della storia collettiva sono pensieri incistati nella memoria umana, che non si amalgamano con il pensiero

202

Beneduce R., Frontiere dell'identità e della memoria, cit., p.106

203

fluido e normale del soggetto, ma sono fossilizzati nel profondo della psiche, infatti, sono pensieri diversi dai quelli normali e permangono anche quando sarebbe molto più semplice eliminarli.

I contenuti psichici legati alla storia collettiva hanno sempre uno status di oggetto fossilizzato, incistato. Sono frammenti di pensiero che non possono mischiarsi, articolarsi con un pensiero funzionale, fluido.204

La memoria traumatica rimasta impressa nelle menti viene descritta da Michela Ponzani attraverso le memorie dei superstiti, in questo modo:

Una notte vennero nella nostra borgata dove erano sfollate altre dieci famiglie formate solo da madri e figli piccoli perché i mariti erano in guerra; ebbene i tedeschi violentarono le madri davanti ai loro figli le cui urla unite a quelle delle madri, mi fecero terrore”. […] È certo però che la dimensione privata della memoria pare ancora sconvolta dalla loro presenza […] .205

La memoria e l'oblio uniti, funzionano, secondo Remo Bodei, attraverso lo schema del “né con te, né senza di te”, ma la sua convivenza può essere solo conflittuale. Secondo il pensiero del filosofo, l'oblio non può essere pensato come vuoto, ma esso alla sua maniera è pieno, ha qualcosa all'interno. Il paradosso

204

Sironi F., Violenze collettive, cit., p 28

205

Ponzani M., Guerra alle donne, partigiane, vittime di stupro, “amanti del nemico” 1940-45, Einaudi, Torino 2012., p.202

consiste proprio in questo: il vuoto che si vuole raggiungere con l'oblio è invece “un pieno” di ciò che si vuole negare.

[L'oblio e la memoria] insieme funzionano secondo lo schema “nè con

te, né senza di te”. […] l'oblio è altrettanto indispensabile alla memoria, quanto la memoria all'oblio. Quest'ultimo non corrisponde infatti al semplice vuoto […] a suo modo anche l'oblio ha sostanza e solidità, è pieno.206

Caterina Di Pasquale trova nell'oblio una funzione non negativa, ma positiva. Ella lo interpreta come un “oblio terapeutico”, che rappresenta la volontà di andare oltre il passato, necessaria per il sopravvissuto per continuare a vivere. L'antropologa lo rappresenta come la volontà di nascondere il passato per poter ricostituire il futuro.

Ci fu la volontà di dimenticare, la volontà di cancellare. Io dico che questa voglia di cancellare era un po' l'esigenza di vivere, possiamo chiamarlo oblio terapeutico questa volontà di ricostruire e cancellare i segni.207

Nel trauma il sopravvissuto non riesce a liberarsi dalla memoria di quelle azioni. Il ricordo, il dolore condizionano dall'interno l'individuo. La persona può dimenticare solo perdendo la memoria di quegli avvenimenti tragici.

206

Bodei R., Libro della memoria e della speranza, cit., p.45

207

Il sopravvissuto non può dimenticare, se non tramite la perdita della memoria. La violenza tiene in pugno le sensazioni e le idee.208

Anche secondo il pensiero di Remo Bodei è possibile riscontrare una funzione positiva dell'oblio. Il filosofo sostiene, infatti, che esso non ha solo la funzione di eliminare tracce sgradevoli del passato, in quanto non elimina totalmente il ricordo. Ma anzi, il filosofo lo interpreta come un venire meno alle energie che promuovono, sostengono e conservano la memoria.

[…] l'oblio non [è] attribuibile unicamente in negativo, all'ipocrisia,

all'opportunismo camaleontico e alla volontà di rimuovere esperienze sommamente sgradevoli[…] Non consiste in una “rasura” effettiva o simbolica dei nomi, delle date o delle circostanze […] Dipende anche, in positivo, dal venire meno di quelle energie che (attivamente) promuovono e (passivamente) sostengono e conservano la memoria storica.209

Il passato si ripercuote inevitabilmente fino al presente, fino a noi, mutandoci, lasciandoci ferite irrisolte al nostro interno, continuando a perseguitare i ricordi e le vite dei sopravvissuti. Gli avvenimenti trascorsi, le morti dei cari lottano contro i vivi in un conflitto interminabile, in un “morso” o meglio un “ri-morso” che si ripete fino a noi. È questo “ri-morso” che continua a perseguitare i superstiti

208

Sofsky W., Saggio sulla violenza , cit.,, p.66

209

scampati alla tragedia, ma non liberi dal ricordo.

[...] il passato (“i morti”) continua a perseguitare il presente (“i vivi”),

con “un morso segreto e ripetuto” […]. È questo 'morso' che riporta nel presente, nella memoria dei vivi, conflitti irrisolti e ferite dimenticate. La memoria diventa così il teatro di una lotta senza tregua, di un ri-morso […].210