• Non ci sono risultati.

Necessità dei rapporti di violenza

1.2. La costruzione del nemico

1.2.1. Necessità dei rapporti di violenza

I massacri e le violenze collettive sono attuate attraverso strategie che mirano a ricostituire e cambiare le relazioni sociali. In queste vengono riorganizzati i legami del cittadino: ciò che è lecito nella società e ciò che invece deve essere escluso. I rapporti interpersonali con persone di diverse etnie e di diversa estrazione sociale vengono recisi fino a trasformare il vicino nel nemico numero uno di tutta la società. Questi meccanismi instaurano una sfiducia generalizzata di tutti contro tutti. Viene ridefinito la categorizzazione del cittadino ed il senso di cittadinanza, ovvero la fiducia reciproca tra individui della stessa comunità.

Le atrocità collettive sono quindi preparate e assistite da strategie che mirano a rigenerare il vocabolario delle relazioni sociali. […] I legami che sanciscono il senso di cittadinanza, intesa come fiducia, rispetto ai propri diritti, sono recisi trasformando il vicino di casa nel proprio potenziale carnefice.45

Vengono iscritte le vite apparteneti alla società e quelle che verranno escluse, nelle quali viene convogliata la violenza della popolazione. Giorgio Agamben definisce

44

Chang I., (1997), Lo stupro di Nanchino. L'olocausto dimenticato della II Guerra Mondiale, Corbaccio, Milano 2000, p.231

45

la vita esclusa Homo sacer (vita sacra, ovvero l'outsider da sacrificare) che è ritenuta indegna di essere vissuta e quindi può essere eliminata.

La vita sacra dell' Homo Sacer può essere eliminata, ogni società, infatti, segna la categoria di persone da inserire nella vita sociale e quelle che vengono estromesse da essa. Le vite indegne di essere vissute sono politicamente irrilevanti, quindi possono essere eliminate. In ogni comunità, anche in quelle contemporanee, afferma Agamben, vengono delimitate le vite sacre da espellere.

La nuova categoria giuridica di “vita senza valore” (o“indegna di essere vissuta”) corrisponde puntualmente […] alla nuda vita dell' “Homo sacer” […] È come se ogni valorizzazione e ogni politicizzazione della vita […] implicasse necessariamente una nuova decisione sulla soglia al di là della quale la vita cessa di essere politicamente irrilevante, è ormai solo “vita sacra” e, come tale, può essere impunemente eliminata. Ogni società fissa questo limite, ogni società- anche la più moderna- decide quali siano i suoi “uomini sacri”.46

La delimitazione della vita degna di essere vissuta è data dalle società scarsamente educate,essa è una naturale tendenza che cerca di eliminare alcuni soggetti della comunità che non si sono completamente amalgamati con essa.

[…] naturale tendenza di ogni collettività scarsamente educata ed

46

evoluta, a sviluppare una ostilità verso quegli elementi che vivono nella collettività stessa, ma che per particolari caratteristiche etniche

[…] si differenziano da essa non lasciandosi completamente

assimilare.47

Le società hanno un estremo bisogno di generare un capro espiatorio, un nemico sul quale proiettare tutta la propria aggressività e dall'angoscia persecutoria generata dal pericolo del mondo esterno. I rapporti di violenza sono estremamente necessari nelle nostre società perché attraverso esse si mantiene in equilibrio tutto il resto.

In episodi di violenza all'interno della società prima di tutto si inseriscono nuove dinamiche nella popolazione, vengono riassettati i rapporti sociali e individuate quelle fasce di cittadini da estirpare dalla nazione.

Nelle violenze collettive, come afferma Adriano Zamperini, sono inseriti meccanismi costituiti da una “politica della sparizione”, in cui il prossimo è presentato come invisibile o come soggetto da eliminare: all'altro non è permesso entrare nei normali rapporti della vita quotidiana.

I sistemi sociali nei quali si perpetrano atrocità collettive tendono a riorganizzare i rapporti relazionali e sociali, viene annientata la relazione normale e naturale tra esseri umani, nella quale l'altro è parte integrante della società in cui viviamo. In questo processo si manifesta una forma di indifferenza, progressivamente la differenza tra “noi e loro” viene sempre più marcata e, attraverso una estirpazione, questi soggetti vengono estromessi dalla vita quotidiana.

47

Davidson A. I., (a cura di), La questione ebraica, in La vacanza morale del fascismo. Intorno a Primo Levi, ETS, Pisa 2009 , p.36

Le atrocità collettive sono inoltre sorrette da una politica della sparizione: al posto dei legami di parentela e di vicinato, [...] deve succedere una relazione in cui la percezione del prossimo è trasformata in cecità selettiva. Progressivamente viene consumato un divorzio sociale: il pensiero “noi-loro” colonizza le menti e sancisce la separazione chirurgica del “corpo malato”. […] Ogni sistema sociale in cui si perpetrano delle atrocità collettive è un sistema che aspira a rifondare le relazioni sociali, formali e informali.48

In Colombia, per esempio, si sono verificati durante questo secolo episodi di violenza, uno dei quali è noto con il nome di “Violencia”, che ha avuto inizio nel 1946 come guerra civile. Daniel Pécaut sostiene che il ricordo lasciato da questo episodio è stato quello di un'estirpazione di una parte della comunità attraverso l'uso dei corpi; era stato installato un sistema dove si uccideva, si uccideva di nuovo ed infine si controuccideva. Matar, rematar, contramatar è la formula ripresa da Pécaut dal lavoro dell'antropologo Uribe, il quale ha descritto le pratiche di massacro eseguite durante la “Violencia”. In questa strage collettiva l'individuo veniva ucciso tre volte: inizialmente, gli veniva strappata la vita, successivamente gli venivano impressi marchi codificati e infine i corpi venivano smontati e rimontati in modo paradossale.

Il ricordo lasciato dalla “Violencia” è proprio quello dell'uso di corpi

48

per esprimere l'annullamento dell'inserimento in una comunità comune. “Matar, rematar, contramatar”, uccidere, uccidere di nuovo, controuccidere, tre tappe della distruzione dei corpi: prima togliergli la vita, poi imprimervi dei marchi codificati, infine costruire delle parodie di corpi […].49

Ogni cosa ha un prezzo e sembra che ne abbia uno anche la pace nella comunità, che viene pagato dal diverso, dal nemico, tenuto a distanza dalla “società dei normali”. Questo concetto è stato ipotizzato dalla ricerca psicosociale della discriminazione, che afferma che l'equilibrio del noi è costruito sulla discriminazione dell'altro. Per mantenere l'equilibrio nella società vi è bisogno di generare disuguaglianze, marchiare bene le categorie di persone che stanno all'interno della comunità e coloro che sono esclusi.

Il nostro normale e comune rapporto sociale è costruito sull'espulsione dell'outsider dalla nostra realtà. Infatti, tra le conseguenze della solidarietà vi sono i suoi opposti: distanza, espulsione, differenze e confini. Nella solidarietà si alimenta una cecità selettiva: questo meccanismo contrappone la nostra vita comune con l'indifferenza e l'insensibilità verso l'altro. È come se ci fosse un prezzo da pagare per il nostro comune vivere insieme, come se non esistesse un modo per convivere tutti in armonia ed una parte della popolazione debba essere per forza espulsa.

[...] la solidarietà [ma] un prezzo. Un prezzo che di solito è pagato da

49

qualcun altro: il gruppo esterno, il deviante o l'outsider. In questo modo la solidarietà può generare delle ineguaglianze tra quelli che stanno nel cerchio ristretto del “noi” e quelli che sono al di fuori dei legami di appartenenza. Socialità significa sempre anche distanza ed esclusione. Essa crea differenze, traccia confini e rafforza divisioni.50