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Capitolo 2.L'utilizzazione della violenza

2.3. Le donne e la guerra: lo stupro

2.3.2. Lo stupro etnico

Nella violenza fisica contro le donne bisogna distinguere lo stupro come atto singolo e lo stupro attuato in modo sistematico durante le atrocità collettive. Il primo è un'azione di gratuità crudeltà, ma attuata per il semplice sfogo delle pulsioni sessuali, si rivolge verso una vittima, la quale è scelta per il suo essere donna; il secondo invece vuole colpire un preciso obiettivo, una società, un'identità etnica e viene utilizzata, quindi, come strumento per attaccare la comunità e l'etnia di appartenenza della donna. Nella prima il violentatore attua tale violenza perché vuole possedere l'oggetto del suo desiderio, che viene maltrattato fisicamente, torturato, a volte fino a dar fuoco per uccidere la vittima, ma tali eventi sono molto differenti dalla violenza carnale di tipo etnico, infatti essi sono casi isolati e non utilizzati per scopi politici.

Gli stupri etnici, invece, sono atrocità collettive in quanto colpiscono il corpo per distruggere la collettività stessa, in essi, infatti, l'identità sociale e culturale della vittima è basilare per la sua scelta. Gli stupri utilizzati nelle atrocità collettive sono quindi molto diversi rispetto alle violazioni sessuali “pulsionali”, viene colpito il corpo della donna, ma il vero bersaglio della violenza è l'intera etnia.

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Entrando, infatti, nell'intimità dei corpi ed infrangendoli si vogliono distruggere i legami sociali alla base della comunità.

Infatti quest'uomo agisce in modo crudele perché desidera possedere e dominare a tutti i costi gli oggetti del suo desiderio. Gli stupri sistematici compiuti in Bosnia e in Ruanda sono atrocità collettive perché è l'identità sociale o etnica che interviene nella scelta della vittima.114

Sia nel caso della violenza etnica, che in quella della pura crudeltà, siamo di fronte ad uomini che compiono violenza sulle donne. Nell'ambito della violenza etnica però, tali perpetuatori sono spinti dall'odio organizzato, mentre nei casi degli stupri “pulsionali” gli uomini sono spinti da un desiderio di sopraffazione individuale. In questo differiscono le motivazioni delle due tipologie di violenza: nel caso della violenza etnica non si può parlare di “violenza pulsionale”, ma di “violenza politica”, l'obiettivo non è il soddisfacimento di una pulsione o di un desiderio personale, ma si tratta di una azione politica, attraverso la quale viene perpetuata la violenza.

[…] bisogna riconoscere che nel caso di [queste] atrocità collettive

non siamo in presenza di una violenza pulsionale, bensì di una violenza politica.115

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Zamperini A., Psicologia dell'inerzia e della solidarietà, cit., pp. 12-13

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Attraverso la violazione del corpo femminile viene compiuto un attacco alla società, il gruppo etnico viene preso di mira nel lato privato, quello dell'intimità fisica. La violenza in questo caso, sprigiona la sua distruttività grazie ad una specifica cornice di significati culturali, che vengono attaccati e distrutti.

Lo stupro etnico spesso è caratterizzato da mutilazioni di organi sessuali o di parti del corpo considerate i tratti tipici della comunità. Nella popolazione tutsi per esempio venivano martoriati i loro nasi e le lunghe dita, per i quali erano noti. Qui il tratto somatico è preso di mira e fatto diventare il bersaglio, colpendolo, infatti, si trasmette un messaggio chiaro ed evidente al gruppo etnico.

A volte, inoltre, gli atti sessuali vengono compiuti con coltelli o pistole per rendere l'azione ancora più brutale, in questi casi oltre alla profonda marcatura psichica il rischio di contagio da Aids è molto elevato.

L'attacco sociale sferrato contro un gruppo etnico attraverso la violazione della sessualità femminile non trova pertanto una manifestazione universale; pur servendosi di una dimensione corporea, in realtà è una forma di sopruso che irradia tutta la sua potenzialità distruttiva solo grazie a una specifica cornice di significati culturali […] Spesso lo stupro era accompagnato o seguito da mutilazioni degli organi sessuali o di altre parti del corpo considerate una caratteristica tipica del gruppo etnico dei tutsi, come

il naso sottile o le lunghe dita.116

Il carattere sistematico di questi stupri fa trasparire l'intenzione di colpire l'oggetto culturale: l'utero delle donne. Françoise Sironi identifica con il termine oggetto culturale un simbolo importante per l'intera comunità, tutta la società, infatti, riconosce il suo valore e colpendo esso, si colpisce l'intera etnia.

Nella violenza si vuole giungere ad occupare la parte materiale della comunità, ovvero il corpo. Per questo motivo la sessualità spesso viene utilizzata e manipolata nella violenza etnica, si penetra all'interno della società giungendo fino ad occupare lo spazio privato del nemico.

Il pene nella violenza sessuale è uno strumento per l'umiliazione e per la purificazione del corpo altrui, esso viene utilizzato come forma violenta di penetrazione all'interno del tessuto sociale e costituisce una forma di controllo e di ispezione del corpo del nemico.

[…] il pene nello stupro etnico è alla stesso tempo uno strumento di umiliazione, di purificazione e di grottesca intimità con l'altro etnico. […] La violenza sessuale è anche la forma più violenta di penetrazione, investigazione ed esplorazione del corpo del nemico. Questo punto può aiutarci a spiegare come mai lo stupro abbia nuovamente assunto una dimensione centrale della violenza etnica.117

Il violentatore, attraverso lo stupro, vuole disonorare le donne davanti alla

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Zamperini A., Psicologia dell'inerzia e della solidarietà, cit., pp.128-130

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comunità che le circondano, mettendole incinte ed essendo costrette a portare in grembo il figlio del nemico prodotto dalla violenza.

[…] donne violentate e messe incinte al solo scopo di venire

disonorate di fronte alla cloro comunità e di essere costrette ad odiare il figlio del nemico che sarebbe cresciuto dentro di loro. […].118

In ex Jugoslavia le donne venivano stuprate e costrette a dare alla luce “bambini di un'altra religione”. Questo concetto è derivato dall'idea del predominio maschile durante il concepimento, il seme è ritenuto il portatore dell'identità biologica, etnica e religiosa e segna la totale supremazia di un sesso sull'altro.

[…] catturate e violentate sistematicamente, esse vengono messe

incinte e costrette a portare a termine la gravidanza senza poter abortire perché diano al mondo […] bambini “di un'altra religione”. Questa immagine porta con sé l'idea dell'essenziale predominio dello sperma nella creazione del bambino: il seme porta con sé l'identità intera del futuro bambino, un'identità biologica, etnica e persino religiosa.119

Questi atteggiamenti vengono generati da un'asimmetria di ruolo della donna e dell'uomo, in quanto quest'ultimo ha totale egemonia nella filiazione. Infatti, nel

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Milianti E., Sotto i cieli di Toscana, cit., p.81

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concepimento la donna ha solamente un ruolo minore, marginale e funzionale, è colei che fa da incubatore al figlio, mentre l'uomo è il responsabile della trasmissione dei caratteri e tramanda perfino l'identità sociale. In questo modo gli stupratori ritengono di poter generare una infiltrazione nella comunità colpita, generando prole della loro etnia.

[…] la donna è uno spazio neutro, un mero contenitore biologico,

mentre l'uomo trasmette il sangue, l'identità sociale. Solo in questa cornice tradizionale che relega la donna in un ruolo marginale, sancendo il dominio di un genere sull'altro, […]. La politica dello stupro è stata possibile perché esisteva un terreno relazionale caratterizzato da una asimmetria di potere.120

Anche Sironi ritiene che così facendo i carnefici vogliono colpire la “purezza culturale” della società attraverso una operazione sistematica di stupro.

La posta in gioco è la purezza “culturale”. In questo caso lo stupro volontario rivela la volontà deliberata di meticciare, di “insudiciare”, di rendere “impura” la filiazione, e di farlo in maniera metodica e non consentita.121

Nel pensiero di Zamperini lo stupro è ritenuto una sorta di “cannibalismo identitario”, nel quale si tende all'estinzione dell'eterogeneità e all'appiattimento

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Zamperini A., Psicologia dell'inerzia e della solidarietà, cit.,p.131

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delle differenze culturali attraverso un “omicidio simbolico”. Il bersaglio della violenza è il ventre materno, poiché in esso si crea l'identità collettiva.

Queste azioni erano accompagnate perfino dall'evirazione degli uomini per bloccare la procreazione.

Lo stupro è una sorta di cannibalismo identitario che assimila l'altro a sé, estinguendo la sua eterogeneità a livello generazionale. Il ventre materno è il luogo dove si consuma questo omicidio simbolico perché è l'ambito dove si crea l'identità collettiva per via paterna. In un simile progetto di rigenerazione allo stupro si è affiancata l'evirazione degli uomini: bisognava rendere il nemico incapace di riprodursi.122

Un altro obiettivo dello stupro etnico è la sgretolazione della coniugalità matrimoniale. Attraverso la violazione del corpo della donna, si vogliono recidere i legami della coppia familiare. Infatti, l'associazione SFVS ha riscontrato a seguito degli stupri un elevata frequenza di divorzi e separazioni.

Gli stupri sistematizzati sono iniziative di deculturazione perché colpiscono e disgregano la coniugalità. L'associazione SFVS evidenzia l'elevata frequenza delle separazioni in seguito allo stupro subito dalle donne, senza però collocare le ragioni di queste decisioni in un contesto culturale locale. […] Quello che si vuole ottenere con

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questo atto individuale mirato è proprio il disgregarsi del tessuto familiare sociale.123

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