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Capitolo 2.L'utilizzazione della violenza

2.1. Stragi e violenza etnica 1.Pulizia etnica

2.2.1. Metodi di tortura

Con il passare del tempo e con l'aumentare dei mezzi di tortura è aumentato l'impatto distruttivo della violenza, essa, infatti, è stata amplificata largamente nella sua brutalità. Questo, secondo Adriana Cavarero, è evidenziato dal significato della parola tortura, che rimanda al latino torquere e che significa distorcere il corpo. Quest'ultimo viene massacrato, ridotto in pezzi dalla violenza, frantumato dal dolore fisico e alle ferite psichiche, che rimangono impresse nella persona. Orrorismo è la pratica di distruzione dell'altro, distruzione che investe ogni componente dell'individuo, agendo come annientazione mentale e fisica del soggetto massacrato. La barbarie, come viene illustrato dall'autrice, si estende oltre la morte stessa, investe il corpo e distrugge la psiche della vittima.

[...] l'orrorismo è caratterizzato da una forma particolare di violenza

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che eccede la morte stessa. Ciò è platealmente evidenziato dalla scena infinita della tortura, il cui etimo rimanda al latino torquere: torcere, distorcere il corpo, farne “un corpo ridotto in briciole dal tormentum”.87

Le tecniche della tortura si differenziano a seconda del caso da trattare. Per ogni corpo vengono determinati i metodi, i compiti del torturatore, e il modo nel quale i carnefici debbano cooperare. Nella tortura è noto che vi sia una collaborazione tra paesi, attraverso lo scambio del know-how, ma la cooperazione non si estende solo agli Stati, ma anche tra i colleghi. In esso non domina la gerarchia, ma la cooperazione tra torturatori per la distruzione della vittima, molto spesso vengono scambiati ruoli tra un torturatore ed un altro. Quello che prima teneva ferma la vittima, adesso è colui che la percuote.

Nella camera della tortura non domina lo spirito della gerarchia, ma quello della complicità. Degli aiutanti danno una mano al torturatore, tengono stretta la vittima, fino a quando è in grado di difendersi. Talvolta più persone si alternano nel pestaggio, picchiano a turno con randelli, pale e cinghie di gomma.[...] C'è divisione del lavoro, talvolta ci si scambiano i ruoli. […] I metodi cambiano e il genere di compito determina di volta in volta in che modo gli esecutori debbano lavorare insieme.88

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Cavarero A., Orrorismo, cit., p.44

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I metodi utilizzati nella tortura si riferiscono non solo a rapporti tra l'individuo e il mondo esterno, ma soprattutto definiscono il rapporto asimmetrico tra carnefice e vittima. I torturatori sono addestrati a procurare sofferenza ad un corpo inerme e a goderne. Essi sono addestrati a procurare dolore, istruiti all'azione distruttiva dell'altro, azione generalmente inconcepibile nei rapporti normali tra le persone, è resa però legittima quando gli uomini sono guidati da un'autorità oppure addestrati ad essa.

Le strategie adottate nella tortura non riescono solo alla relazione tra individuo e mondo, ma si preoccupano anche di controllare i rapporti tra torturatore e vittima […]. I torturatori sono persone addestrate a procurare sofferenze in modo deliberato. Se gli individui, generalmente, non sono disposti alla crudeltà nella vita quotidiana, possono farlo quando sono appositamente istruiti e guidati da un'autorità.89

Nei secoli le tecniche di tortura hanno subito un'enorme evoluzione, dalle più semplici metodologie siamo giunti fino a torture più complesse che implicavano l'utilizzo di strumenti sofisticati. Le tecniche di tortura storiche comprendevano un determinato arsenale di metodologie, tra di esse Sofsky ci descrive il bilico, chiamato “re dei supplizi” e lo “stenditore”. Nel primo alla vittima venivano praticati diversi tipi di violenza, attraverso l'utilizzo di alcuni macchinari: la

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vittima aveva le mani legate dietro alla schiena e veniva appesa a una fune, venivano utilizzate le ganasce per le gambe oppure la morsa per schiacciare gli arti, nel secondo, invece, venivano utilizzati come metodi di tortura acqua gelida, la privazione del sonno per 40 ore e l'ustione dei piedi.

La tortura storica si accontentava di un limitato arsenale di pratiche: il bilico, questo “re dei supplizi”, per mezzo del quale la vittima, con le mani legate dietro la schiena, veniva appesa alla fune; poi ganasce per le gambe o la morsa per schiacciare gli arti; lo stenditore, l'acqua gelata, l'ustione delle piante dei piedi o la privazione del sonno, di norma per oltre quaranta ore. […].90

Nel ventesimo secolo sono state concepite nuove tecniche di tormento, vengono introdotti nelle metodologie nuove torture, tra le quali: elettroshock su parti del corpo sensibili come possono essere i genitali, l'ano, i capezzoli, nel condotto uditivo, nei denti e sulla lingua; far ingoiare ingoiare piccoli elettrodi affinché ustionino lo stomaco e l'esofago ed altri ancora. A volte invece vengono comunque utilizzati metodi semplici, ma altrettanto efficaci come versare il sale nella faringe, o mettere un gatto sotto la camicia della vittima, affinché laceri la carne.

Françoise Sironi distingue 6 categorie di tortura: le privazioni di cibo, acqua, sonno; il terrore attraverso la persecuzione della vittima, il dolore, le violazioni di tabù sessuali, le umiliazioni culturali, attraverso l'attacco all'oggetto culturale e la

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sofisticazione della messa in scena.

Le privazioni: isolamento per più di 24 ore/ privazioni di cibo, bevande e di cure/ ingestione forzata di liquidi salatissimi/ soffocamento/amputazione della lingua […]. Il terrore. Simulazioni di esecuzioni/ getti d'acqua ghiacciata […]. minacce di morte/ tentativi di assassinio/ obbligo per il prigioniero di assistere alla tortura di membri della sua famiglia[…].91

Una possibile forma di tortura può essere perfino la costrizione ad avere rapporti sessuali con persone dello stesso sesso, come è avvenuto durante il nazionalismo serbo, nel quale la mascolinità veniva utilizzata come affermazione di potere e oltraggio alla cultura. Attraverso questa pratica si paragonano i prigionieri a femmine, sottolineando quindi la loro posizione di inferiorità. In una società come quella serba, dove l'omosessualità è un tabù, costringere i prigionieri a praticarla costituisce un un grande affronto, soprattutto prima della morte. Attraverso la “femminilizzazione dell'uomo”, infatti, i serbi volevano ottenere l'umiliazione del prigioniero.

[…] i prigionieri maschi mussulmani e croati sono stati

sistematicamente costretti a rapporti sessuali, affinché fosse chiara e visibile la loro condizione di “femmine”. In una cultura tradizionale l'omosessualità è un tabù e costringere i prigionieri a praticarla,

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spesso prima di essere uccisi, costituisce un atto di grande oltraggio simbolico. Detto in altri termini, l'umiliazione era un processo di femminilizzazione dell'uomo.92

Sironi descrive gli episodi di torture omosessuali avvenute ad Abu Ghraib e Guantanamo Bay. L'autrice sottolinea come in essi venisse colpito un preciso oggetto culturale, il corpo dell'uomo, i suoi significati culturali, la religione e il Corano.

Nei centri di detenzione di Abu Ghraib e Guantanamo Bay […] gli uomini sono stati sottoposti a torture di tipo sessuale. L'obiettivo era l'attacco alla religione e agli oggetti culturali che la rappresentano (il corpo maschile, a messa in scena dei tabù sessuali, la trasgressione di divieti alimentari, l'oltraggio al Corano calpestandolo...).93