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2.LA LAICITÀ COME CONCETTO INTERPRETATIVO.

2.2. L'uso interpretativo del concetto di laicità

Se dunque da un punto di vista criteriale si concorda sulla configurazione della laicità quale principio giuridico-costituzionale e su di una sua attinenza prima facie ai principi di libertà ed eguaglianza, l’ambito in cui gioca un ruolo centrale tale concetto è quello del Diritto e, più specificamente, quello del Diritto dello Stato costituzionale. Questa è una base comune (se si vuole, appunto, “criteriale” o “convenzionale”) a partire dalla quale può avviarsi una discussione intorno a quale sia l’uso interpretativo “corretto” del concetto di laicità. Mi soffermerò, dunque, sulle caratteristiche di un concetto interpretativo e, segnatamente, sulle qualità che assume il concetto di laicità quando si generano dispute “genuine” intorno al suo contenuto181.

Innanzitutto, i concetti interpretativi sono quei “concetti centrali della morale, politica e personale” come la giustizia, la libertà, l’eguaglianza, che sono condivisi nonostante un disaccordo evidente sui loro criteri di identificazione. Parafrasando Dworkin e adattando le sue parole al concetto che mi interessa, si potrebbe dire che “le persone condividono il concetto di laicità nonostante disaccordi evidenti sia sui criteri per identificare la non-laicità sia su quali istituzioni sono non-laiche”182. Si è visto come un

accordo minimo di partenza oltre ad essere necessario è anche riscontrabile rispetto al concetto di laicità. Superata però questa fase di accordo minimo, è evidente come sia piuttosto l’elemento del disaccordo a meritare un’attenzione particolare quando si discutono i concetti interpretativi. Sebbene la tematica del disaccordo sia molto ampia, mi limiterò in questa sede all’analisi di alcuni profili del cd. disaccordo concettuale, cioè quel disaccordo

181È lo stesso Dworkin a definire “genuine” tali dispute differenziandole dalle dispute meramente “verbali” (o

“criteriali”, appunto) che coinvolgono i sostenitori di visioni posivistiche del diritto.

182Le parole originali di R. Dworkin, Introduzione. Diritto e morale, cit., p. 13 sono: “Le persone condividono il concetto

di giustizia nonostante disaccordi evidenti sia sui criteri per identificare l’ingiustizia sia su quali istituzioni sono ingiuste”.

96 che verte sul significato di determinati concetti183. Ancor più specificamente, analizzerò

quei disaccordi che interessano i concetti giuridici come la laicità184.

Quando si discute intorno al significato di un concetto che appartiene al Diritto il disaccordo non si genera tanto a livello empirico, cioè relativamente al fatto storico o sociale dell’esistenza o meno di una determinata regola o di un dato principio, quanto piuttosto a livello teorico185. Forse, sarebbe ancor più corretto affermare che un accordo

empirico sui concetti del Diritto non si mostra capace di risolvere completamente il disaccordo sugli stessi; mutuando il linguaggio caro a Betti, si potrebbe dire che l'accordo empirico lascia spazio ad una eccedenza di disaccordo che può essere risolta solo in via interpretativa. Se, infatti, tale disaccordo potesse risolversi sul piano meramente empirico basterebbe l'adozione di criteri comuni, cosa che si è vista essere solo parzialmente possibile. È a livello teorico, invece,che coloro i quali dibattono, quelli che fanno parte della pratica in cui il concetto è utilizzato, sviluppano un atteggiamento interpretativo tentando di conferire alla stessa pratica un significato “e di riconsiderarla alla luce di quel significato”186. Gli oggetti della pratica del Diritto, i concetti giuridici, sono sì creazioni

ma, come avviene per le creazioni artistiche, esse non appartengono esclusivamente a chi

183Cfr. sulpunto V. Nitrato Izzo, Beyond Consensus: Law, Disagreement and Democracy, in «International Journal for the

Semiotics of Law», vol. 25, No. 4, 2012, pp. 563 – 575. Sul tema del disaccordo nel diritto è d’obbligo il rimando ai classici di J. Waldron, Law and Disagreement, Oxford University Press, 1999e S. Besson, The Morality of Conflict.

ReasonableDisagreement and the Law, Oxford and Portland, Oregon, 2005.Una ricostruzione molto precisa del tema del

disaccordo nell’opera di Dworkin è, invece, contenuta in L. Ramirez Ludeña, Los desacuerdos en elderecho, in «Doxa. Cuadernos de filosofía del derecho», 35(2012), pp. 126 – 155.

184Il riferimento è a quelli che V. Villa, Disaccordi interpretativi profondi, Mucchi Editore, Modena, 2016, pp. 22 – 23,

definisce "disaccordi giuridici" ovvero quei "tipi di divergenze, non necessariamente in forme di contraddizioni [...], che possono verificarsi nei discorsi sviluppati da teorici del diritto, giuristi e giudici nel corso delle loro attività volte a rendere conto del – e a interpretare e applicare il - "diritto positivo" (il linguaggio-oggetto) espressione di una o più organizzazioni giuridiche e contemporanee."

185R. Dworkin, L’impero del diritto, il Saggiatore, Milano, 1989, p. 49. Sulla differenza tra disaccordo empirico e

disaccordo teorico nell'opera di Dworkin si vedano: B. Leiter, Explaining Theoretical Disagreement, in «The University of Chicago Law Review», 76/2009, pp. 1215 – 1250; P. Luque Sánchez – G.B. Ratti (eds.), Acordes y desacuerdos. Cómo y

por qué los juristas discrepan, Marcial Pons, Madrid, 2012; D. Patterson, Disaccordo teorico e interpretazione, in «Ars

Interpretandi», 1/2009, pp. 65 – 78.

97 le ha create poiché a svilupparne il senso contribuiscono coloro che dell’opera fruiscono, tenendo conto dei valori che caratterizzano la pratica stessa187. Il "disaccordo genuino",

così come definito da Dworkin, si genera, allora, non tanto sul concetto in sé quanto piuttosto su come interpretare i valori della pratica che serviranno poi ad illuminare tale concetto, ovvero a "porlo nella sua luce migliore".

La medicina contro il disaccordo è sempre la stessa, quella dell'accordo, tesi che sembrerà banale ma che in realtà non lo è. L'elemento dell'accordo nei concetti interpretativi è stato spesso trascurato ma è lo stesso Dworkin a confermare come la condivisione di un concetto interpretativo dipenda, non diversamente da quanto avviene per i concetti criteriali e di genere naturale, dall'accordo188. A cambiare, è solamente (si fa

per dire) il tipo di accordo richiesto: mentre nel caso dei concetti criteriali esso è il frutto di procedure atte a produrre una condivisione pressoché totale (altrimenti la stessa criterialità perderebbe di significato), con riguardo ai concetti interpretativi la particolarità dell'accordo è che esso non è mai totale, lasciando sempre spazio a differenti opinioni rispetto a quali siano le migliori esemplificazioni del concetto189. Mentre l'eccedenza di

disaccordo dei concetti criteriali è delegata alla pratica interpretativa, l'eccedenza di disaccordo dei concetti interpretativi è costituiva degli stessi e non può essere eliminata del tutto. Bisogna chiedersi, allora, quale dimensione assume e su cosa insiste l'accordo quando si fa riferimento all’uso interpretativo dei concetti.

L’eccedenza di disaccordo delegata all’interpretazione è la ricerca continua dell’accordo che è anche e continuamente rivedibile. Proprio in quanto continua tale

187Ivi, pp. 52 e ss. Cfr. sul punto I.S. Papadopulos, Interpretazione artistica ed ermeneutica giuridica. Variazioni su un tema di

Ronald Dworkin, in «Rivista di diritto civile», parte I, 1998, pp. 221 e ss.

188R. Dworkin, Justice for Hedgehogs, p. 161.

189Ibidem. È questo il cd. “atteggiamento protestante” di cui parla Dworkin, discusso ampiamente da S. Pajno,

Giudizi morali e pluralismo nell’interpretazione costituzionale. Un percorso tra Hart e Dworkin, Giappichelli, Torino, 2013, pp.

98 ricerca non arriva mai ad una stabilizzazione totale: l’accordo è rivedibile in qualsiasi momento e un nuovo (e migliore) accordo può sostituire quello precedente. Si potrebbe dire che mentre l’uso criteriale si fonda sull’accordo totale intorno ai criteri identificativi del concetto, l’uso interpretativo (che ha come caratteristica intrinseca il disaccordo) si basa su accordi parziali intorno alla miglior giustificazione normativa di un concetto. L’accordo interpretativo è continuamente in tensione, si costruisce cioè attraverso i persistenti apporti di coloro che condividono la pratica in cui il concetto è utilizzato, e il contenuto del concetto si scopre in maniera progressiva all’interno di una pratica applicativa che si fonda sul dare e chiedere ragioni. La strategia che emerge dallo studio dell’uso dei concetti interpretativi è una strategia che partendo dalla “pratica applicativa dei concetti”, giunge, o meglio si propone di giungere, alla “spiegazione del contenuto concettuale”190. L’interpretazione che verte sui concetti della pratica è in questo senso

“costruttiva”, volta cioè ad “attribuire una determinata intenzione ad un oggetto o ad un’usanza, in modo da renderli i migliori esempi possibili della categoria o del genere a cui appartengono”191. Se gli oggetti sono i concetti giuridici e il genere cui appartengono è la

pratica del Diritto, allora l’accordo tra i partecipanti alla pratica può essere trovato solo e unicamente scoprendo il senso di quella pratica.

Nel caso specifico della laicità, quest’ultima costituisce un concetto di cui può farsi sia un uso criteriale che un uso interpretativo ma, data la scarsa rilevanza pratica di un suo uso meramente criteriale, è opportuno guardare all’uso interpretativo che di tale concetto può farsi. In quanto concetto giuridico, la laicità svolge un ruolo di ragione all’interno della pratica applicativa del Diritto; è dunque a tale pratica che deve volgersi lo sguardo se

190R. Brandom, Articolare le ragioni, il Saggiatore, Milano, 2002, p. 13. Brandom definisce tale teoria del concettuale

“pragmatista” opponendola a una teoria del concettuale “platonista”, che invece tenta di spiegare l’uso concettuale a partire da una precedente spiegazione del contenuto concettuale.

99 si vuole comprendere il contenuto concettuale della laicità o, meglio detto, se si vogliono comprendere quelle ragioni idonee a fungere da fondamento ad un concetto normativo di laicità.

2.3. Due presupposti necessari: il Diritto come pratica sociale e