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2.LA LAICITÀ COME CONCETTO INTERPRETATIVO.

3. VALORI DELLA LAICITÀ

3.1. La libertà di coscienza e religione.

3.1.1. Libertà negativa e libertà positiva

Per offrire una base giustificativa della libertà religiosa adatta al mutato contesto dello Stato costituzionale di diritto deve guardarsi, innanzitutto, al più generale diritto di libertà. Lo si può fare prendendo le mosse dalla distinzione resa famosa da Isaiah Berlin tra la libertà negativa e la libertà positiva. Per libertà negativa s’intende un’immunità dall’interferenza esterna, mentre la libertà positiva consiste nella capacità del soggetto di autogovernarsi nelle scelte che caratterizzano la propria esistenza214. Mentre la libertà

negativa è tale in virtù dell’assenza di qualche cosa, un impedimento o una costrizione esterna, la libertà positiva indica, al contrario, la presenza di qualche cosa “cioè di un attributo specifico del […] volere, che è appunto la capacità di muoversi verso uno scopo senza essere mosso”215. Se si guarda poi alla teoria politica, queste due forme di libertà

possono essere distinte in base al soggetto che ne è portatore: la libertà negativa è la libertà dell’individuo mentre la libertà positiva è solitamente riferita ad un ente collettivo216 e corrisponde alla capacità di autogoverno di quest’ultimo. Ciononostante,

213Ivi, p. 93.

214I. Berlin, Two Concepts of Liberty (1958), in ID., Liberty, Oxford University Press, 2002, pp. 166 – 217, p. 169. La

distinzione era già presente in N. Bobbio, Della libertà dei moderni comparata a quella dei posteri (1954), ora in ID., Teoria

generale della politica, Einaudi, Torino, 2009, pp. 217 – 247. Cfr. anche N. Bobbio, Libertà (1979), ora in ID., Eguaglianza e libertà, Torino, Einaudi, 1995, pp. 45 – 50. In quest’ultimo scritto Bobbio definisce la libertà negativa

come “libertà come assenza d’impedimento o di costrizione” e la libertà positiva come “la situazione in cui un soggetto ha la possibilità di orientare il proprio volere verso uno scopo, di prendere delle decisioni, senza essere determinato dal volere altrui. Questa forma di libertà di chiama anche ‘autodeterminazione’ o ‘autonomia’ ”. Lo stesso Bobbio ricorda come la concettualizzazione della libertà positiva si deve, in realtà, a Rousseau e Kant ed, in particolare, alla loro insistenza sulla capacità di autogoverno dell’uomo che accetta di sottoporsi solamente a quelle leggi che egli stesso si è dato.

215 N. Bobbio, Libertà, cit., p. 48. 216 Ivi, pp. 54 – 55.

107 come la libertà negativa può in alcuni casi attribuirsi agli enti collettivi (si pensi all’esempio di Bobbio delle guerre di liberazione nazionale), anche la libertà positiva può essere attribuita all’individuo: tale attribuzione, anzi, solleva problemi morali e giuridici molto rilevanti217, relazionati all’autonomia. L’individuo “autonomo” nel senso di “titolare di una

libertà positiva” è, infatti, quell’individuo che ha un potere di produzione o partecipazione alla produzione normativa che disciplina anche (e soprattutto) il suo comportamento218.

Come segnalato giustamente da Liborio Hierro, però, il valore dell’autonomia che soggiace alla libertà positiva è il medesimo su cui si fonda anche la libertà negativa. Pur essendo la libertà negativa e la libertà positiva due posizioni normative distinte, infatti, riposano entrambe sull’esercizio dell’autonomia individuale; ciò che cambia è il contesto all’interno del quale tale posizione normativa dispiega i propri effetti. La libertà positiva, a differenza di quella negativa, si esercita in “condizioni di interdipendenza”219. La

dimensione relazionale è più marcata in riferimento a tale posizione normativa e, forse, non è sbagliato affermare che tale libertà è una libertà maggiormente vincolata rispetto a quella negativa. Se attraverso l’esercizio della libertà positiva si può incidere sulla libertà negativa o positiva degli altri è chiaro che tale esercizio richieda un controllo maggiore e debba limitarsi solamente alle decisioni interdipendenti, tra le quali non rientrano evidentemente quelle relative alle credenze religiose degli individui220.

217 Ivi, p. 56.

218 E. Diciotti, Limiti ragionevoli delle libertà: un quadro concettuale, in «Ragion pratica», 1/2003, pp. 111 – 148, p. 120. 219 L. Hierro, Los derechos humanos, cit., pp. 163 - 164.

220Ivi, p. 164. Più precisamente Hierro afferma che “Si distinguimos entre las prefercias internas y las preferencias

externas – siendo las primeras las que cada uno tiene sobre sus propios deseos, intereses y valores, y las segundas, las externas, las que tiene sobre los deseos, intereses y valores de los demás – hemos de asumir que, bajo el punto de vista de la libertad, las preferencias externas de una persona o de un grupo de personas, por cuantitativamente grande que sea, no son una razón suficiente para restringir la libertad de algunos o de todos los demás.” e su queste basi che “No es posible justificar en las preferencias de una mayoría la limitación de la libertad de creencias religiosas de una minoría”.

108 La libertà, che venga analizzata nella sua dimensione negativa o positiva, permette ad ogni individuo di raggiungere i fini morali che egli si propone, i quali sono a loro volta espressione della dignità che caratterizza ogni essere umano come fine in sé221. La libertà

ha una genesi morale nel concetto di dignità e si realizza attraverso i diritti fondamentali dell’ordinamento giuridico. La distinzione delle due posizioni normative della libertà negativa e della libertà positiva, è bene ripeterlo, va nella direzione di differenziare i contesti in cui esse vengono esercitate, al fine di comprendere quali siano le limitazioni che possono subire. Appartenendo ad una pratica sociale, le libertà, in quanto diritti fondamentali, e dunque morali, entrano in quello che più sopra si è definito come gioco del dare e chiedere ragioni. Le libertà positive sono maggiormente coinvolte in questo gioco poiché, come detto, loro principale caratteristica è quella di esercitarsi in condizioni di interdipendenza. È soprattutto con riferimento a queste, dunque, che si genera quell’esigenza di presentare agli altri partecipanti alla pratica ragioni generalizzabili, ossia dotate dei caratteri della ragionevolezza e della desiderabilità collettiva222.

3.1.2. La libertà di coscienza e religione come species della libertà