• Non ci sono risultati.

4 IL RUOLO DEL DIRITTO DINANZI AL ‘FATTO DEL PLURALISMO’

Un aspetto che è stato finora (volontariamente) trascurato è che il fatto del pluralismo ha trovato un terreno molto fertile sul quale piantare le proprie radici: lo Stato costituzionale di diritto. Il rilievo empirico della situazione pluralistica non può, infatti, prescindere dal contesto nel quale essa si sviluppa. Il riconoscimento, avvenuto perlopiù attraverso le Carte costituzionali, di diritti fondamentali, tra i quali assumono particolare valore i principi della libertà e dell’eguaglianza, ha indubbiamente favorito la possibilità che hanno gli individui di scegliere quali soluzioni offrire ai problemi che prima abbiamo definito, sulla scorta di Luckmann, di ‘significanza ultima’.

Il nodo problematico, se così si vuol definirlo, del pluralismo è, però, il seguente: se l’individuo è libero si scegliere se credere o meno e, più in generale, di scegliere quello in cui credere, non può affermarsi di conseguenza che nella cornice degli Stati costituzionali tutte le scelte individuali in materia religiosa debbano essere accettate. Questo problema è tanto più pressante se si pensa a quanto sopra affermato, cioè che la religione e, in particolare, gli effetti pratici che il credo religioso continua ad imporre ai credenti non hanno perso la propria rilevanza pubblica. Se fino a questo punto ci si è

78 Ivi, p. 98. 79 Ivi, p. 115.

46 posti la domanda di quale sia lo stato dell’arte del fenomeno religioso nelle società contemporanee, bisogna ora comprendere come, rispetto a questo stato dell’arte, debba comportarsi il Diritto. Il problema sarà affrontato nei prossimi capitoli ma è bene chiarire sin da subito alcuni assunti.

La tesi della de-istituzionalizzazione della religione, come visto condivisa, seppur con sfumature diverse, sia da Taylor che da Berger, ha fatto emergere un problema molto serio all’interno degli Stati costituzionali di diritto. Quello spazio istituzionale, lasciato (come visto, almeno formalmente) libero dalle istituzioni religiose è stato via via occupato dall’istituzione giuridica che si è proposta il perseguimento di determinati fini e propositi80, oggi perlopiù costituzionalmente stabiliti. Non è raro rilevare una collisione

tra i valori proposti dalla pratica religiosa e quelli protetti dall’ordinamento giuridico. Si pensi ai casi emblematici della macellazione rituale, del porto del velo o, ancora, del divieto di proselitismo, sui quali si tornerà in seguito. Sono tutti casi, questi, nei quali si genera un conflitto tra l’obbligo imposto dal credo religioso e quello imposto dal Diritto, e il fatto che la società non si presenti più omogenea da un punto di vista etico, morale e religioso accresce la conflittualità insita in queste situazioni. Tale conflittualità assume in misura sempre maggiore la veste del “conflitto dichiarato”, ovvero un conflitto che si traduce “in pretese comportamentali rivolte all’antagonista”81.

Su questo conflitto dichiarato è chiamato ad intervenire il Diritto; esso deve stabilire dei limiti, ovvero indicare chiaramente quali sono i fini che intende perseguire,

80 Questa visione ‘funzionalista’ del Diritto è stata di recente accolta da M. Atienza, Filosofía del derecho y transformación

social, Editorial Trotta, Madrid, 2017. Secondo Atienza, quando si parla di Diritto in senso oggettivo (che egli

distingue dal diritto in senso soggettivo) “el acento se pone en la inetncionalidad, en la idea de propósito o de fin, y de ahí que el Derecho no pueda entenderse, en cuanto artefacto, desde una perspectiva puramente estructural, sino también (sobre todo) funcional. Con el Derecho en su conjunto, pero también con cada institución o con cada norma, se trata de lograr algún propósito y, por eso, las cuestiones jurídicas son esencialmente prácticas, tienen que ver con medios y con fines o, mejor, con la interrelación entre medios y fines”.

47 rigettando le condotte che con essi si pongono in contrasto. L’influenza che ha esercitato il processo di secolarizzazione nella scelta di questi fini e valori all’interno del sistema giuridico è innegabile. La modernità ci ha consegnato un Diritto geneticamente libero dall’influenza delle religioni82, che ha beneficiato della già descritta separazione tra sacro e

profano in ambito politico. La giustificazione alla base delle norme che regolano la vita sociale non si basa più su ragioni di tipo religioso, anzi “la modernità è anche e soprattutto un’impresa normativa” perché “in essa il diritto, almeno in larga misura, decide sul rapporto tra politica e religione”83. Quindi se, come abbiamo visto, persiste una

forte presenza della religione in ambito pubblico, declinata in quel senso pluralistico che si è qui cercato di analizzare, questa deve comunque agire nei limiti dettati da un Diritto secolarizzato dal punto di vista della giustificazione normativa84.

Armonizzare l’avvenuta secolarizzazione della giustificazione normativa e la nuova situazione pluralistica degli Stati costituzionali è, a mio avviso, il compito cui è chiamato oggi il Diritto. In quanto istituzione chiamata ad arginare o, quantomeno, a ridurre il conflitto, essa deve ribadire con forza la sua differenza rispetto ad altri sistemi normativi ma non può disinteressarsi di un ‘fatto’ che ne mette a dura prova la stabilità. La celebre formula elaborata da Böckenförde ci dice che “lo Stato liberale, secolarizzato, vive di presupposti che esso di per sé non può garantire”85. Storicamente esso si è formato

proprio a partire dai conflitti religiosi ed è stato capace di elaborare strumenti normativi atti a disinnescarli, primo fra tutti il principio di laicità. Il prossimo capitolo tratterà proprio di capire come, da un punto di vista storico il Diritto abbia reagito alla

82 Cfr. T. Gutmann, Secolarizzazione del diritto e giustificazione normativa, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2016, p. 7. 83 Ibidem.

84 Ivi, p. 10.

48 conflittualità di tipo religioso al fine di comprendere se le strategie finora adottate siano capaci di resistere alla nuova situazione pluralistica che i nostri giorni propongono.

50

2. PROFILI GERMINALI DELLA LAICITÀ. UN EXCURSUS STORICO

1. DA LUTERO ALLA PACE DI WESTFALIA. TRA POTESTAS INDIRECTA E TOLLERANZA

1.1. Il cammino verso il modello laico illuminista. Hobbes, Locke e Spinoza.

2. I FONDAMENTI ILLUMINISTICI DELLA LAICITÀ

2.1. Il contributo di Voltaire e Rousseau alla costruzione della laicità francese

2.2. La libertà religiosa come nuova componente della laicità. Immanuel Kant

3. I PROFILI GERMINALI DELLA LAICITÀ. CHIARIFICAZIONI 3.1. Rapporto Stato/chiese

3.2. Rapporto Stato/credenze religiose

1.4 ALCUNE CONSIDERAZIONI INTERMEDIE

***

1. DA LUTERO ALLA PACE DI WESTFALIA. TRA POTESTAS INDIRECTA