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La Carbon tax

Nel documento La tassazione ambientale (pagine 97-101)

Capitolo 6. Le fattispecie di tributi ambientali in Italia

6.1. Tributi ambientali erariali

6.1.2 La Carbon tax

La Carbon tax in Italia, venne istituita con l’emanazione della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, successiva al Protocollo di Kyoto avvenuto nel dicembre 199761 ed in attuazione degli obiettivi previsti dal Protocollo.

61Il quale ha previsto precisi obblighi di riduzione delle emissioni di gas serra e di anidride carbonica per

gli stati firmatari del Protocollo. Questo gas è presente in natura, non particolarmente dannoso per la vita dell’uomo se presente entro determinati limiti, al di fuori di tali limiti determina gravi conseguenze sull’effetto serra e sui cambiamenti climatici. La produzione di anidride carbonica, infatti è divenuta insostenibile a partire dalla seconda met{ dell’ottocento dove le attivit{ dell’uomo hanno cagionato un eccessivo accumulo di questo gas nell’atmosfera, senza intraprendere iniziative per l’assorbimento

All’articolo 8 della legge n. 448 del 1998, si prevedeva l’istituzione di un tributo ambientale proprio, in quanto l’aliquota prevista era proporzionale al contenuto inquinante del combustibile impiegato. Dunque un’imposizione caratterizzata dalla relazione diretta tra l’unit{ fisica utilizzata che cagiona il danno ambientale ed il presupposto del tributo, legittimando questa imposta graduata al variare delle emissioni prodotte dalle fonti impiegate. Allo stesso tempo la finalità ambientale è evidente: cioè di disincentivare l’utilizzo di fonti inquinanti ed incentivare invece altre fonti rinnovabili. A partire dal 1° gennaio 1999, in Italia è entrato in vigore un tributo simile alla Carbon

tax, ma non uguale in quanto basato sui consumi di tonnellate di carbone, coke di

petrolio, bitume di origine naturale emulsionato con il 30% di acqua (denominato

orimulsion) utilizzati negli impianti di combustione.

Il presupposto era dato dal consumo di queste fonti energetiche limitatamente agli impianti di combustione e l’unit{ fisica impiegata per il calcolo dell’ammontare totale del tributo era data dalla quantità di carbone, bitume di petrolio o coke di petrolio consumati nell’anno precedente.

Il soggetto passivo era l’esercente dell’impianto di combustione, il quale aveva anche l’obbligo di presentare una dichiarazione all’Ufficio tecnico di finanza competente entro il 31 marzo di ogni anno, nella quale venivano indicate le quantità consumate ed i versamenti effettuati. Il versamento doveva avvenire a titolo di acconto in rate trimestrali sulla base di calcoli presuntivi, in considerazione ai consumi effettuati negli anni precedenti.

Inoltre erano previste precise sanzioni amministrative nel caso di ritardato o omesso versamento, oppure omessa, ritardata o infedele dichiarazione.

Le prospettive di questa imposizione erano particolarmente positive sia in termini ambientali, sia in termini di riforma fiscale e sia in termini di applicabilità in quanto i prodotti energetici erano gi{ tassati e bastava solamente modificare l’aliquota sulla base dell’emissione di CO2, come previsto espressamente dal testo della legge n. 448/9862.

dell’anidride carbonica. Come ad esempio aumentare la riserva forestale, la quale permette l’assorbimento di questi gas. Attualmente contribuisce al 55% dell’effetto serra attuale e sono molte le iniziative a livello internazionale per ridurla.

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All’articolo 8, comma 10 della legge n. 448/98 vengono elencate le destinazioni del gettito in caso di applicazione della carbon tax. In particolare queste finalità positive sono relative ad operare una riduzione degli oneri sociali sul costo del lavoro; compensare la riduzione dell'accisa applicata al gasolio per

Tuttavia a causa della difficoltà di applicazione è rimasto un prelievo privo di concreta applicazione.

La carbon tax non venne applicata neppure in Europa, nonostante le proposte avanzate dalla commissione nel 1992 ed in considerazione agli effetti positivi ottenibili. Le ragioni che stanno alla base di tale non applicazione a livello europeo, derivano dalla riluttanza dei paesi membri di veder introdotta una nuova tassa che potesse compromettere la competitività dei loro prodotti nei confronti di altri paesi dove i prodotti non sono onerati da una siffatta imposizione. Infatti di fronte alla proposta suffragata di introdurre una carbon tax, la commissione nel 2003 ha introdotto una Direttiva sulla tassazione dell’energia (ETD) la quale prevedeva la rimodulazione delle aliquote minime applicate ai carburanti per motori, sui combustibili utilizzati per il riscaldamento o per l’energia sulla base del quantitativo di prodotti energetici utilizzati. Direttiva rimasta tuttavia inapplicata.

Così di recente, il 13 aprile 2011, la commissione ha presentato la proposta di una direttiva in modifica della precedente direttiva 2003/96/CE, al fine di introdurre una nuova tassa che si basi sul contenuto di anidride carbonica oltre che al contenuto energetico. Sulla base del testo della proposta, si prevede che la nuova tassa al fine di internalizzare i costi delle emissioni di anidride carbonica sia costituita da una componente che riguarda le emissioni di anidride carbonica rilasciata con aliquota pari a 20€ per tonnellata di anidride carbonica, escludendo dall’applicazione i biocarburanti quali fonti rinnovabili. L’altra componente invece è costituita dalla componente energia con aliquota pari a 9,6€ per gigajoule per tutte le tipologie di carburanti per motori, mentre pari a 0,15 € per gigajoule per tutte le tipologie di combustibili per riscaldamento.

Ovviamente essendo una proposta che riguarda il settore fiscale europeo, nel rispetto dell’articolo 95 del trattato della Comunit{ europea, affinchè divenga direttiva necessita di un voto unanime del consiglio dei ministri europeo.

autotrazione; finanziare investimenti per la riduzione delle emissioni ed aumento dell'efficienza energetica degli impianti di combustione per la produzione di energia elettrica; compensare le agevolazioni sull’accisa sul gasolio per autotrazione concesse agli esercenti le attività di trasporto merci per conto terzi; compensare gli incentivi erogati per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili.

Nell’ottica di applicare una Carbon tax o una simile imposizione, recentemente nella legge n. 23 del 2014, all’articolo 15 viene delegato al governo di “rivedere la disciplina delle accise sui prodotti energetici e sull’energia elettrica, anche in funzione del contenuto di carbonio e delle emissioni di ossido di azoto e di zolfo” a seguito della direttiva del Consiglio europeo sulla tassazione dei prodotti energetici. Direttiva non ancora emanata, anzi l’emanazione è stata rinviata. Infatti oltre alle difficoltà oggettive di applicazione nel caso concreto, le difficoltà derivano a livello giuridico, politico ed economico di introdurre nuovi costi aggiuntivi non voluti soprattutto in questo periodo di crisi. Rimangono molte le agevolazioni alle accise di prodotti energetici previste per il settore dei trasporti, particolarmente criticate dagli ambientalisti.

La carbon tax63 basata sulle quantità di emissioni prodotte, rappresenta una vera e propria tassa pigouviana per antonomasia, in quanto coerente con il principio “chi

63In Europa il primo paese a prevedere una carbon tax fu la Finlandia con l’istituzione di un prelievo sul

carbone poi esteso a tutte le emissioni di anidride carbonica (cioè esteso a quasi tutti i combustibili che producono anidride carbonica), prevedendo pochi casi di esclusione dalla tassazione. A differenza degli altri paesi che introdussero successivamente questa forme di carbon tax, ma prevedevano molti casi di esenzione. Per la Finlandia, rappresentò uno strumento fiscale particolarmente efficace soprattutto per gli introiti che fu in grado di ottenere. Nel 2008 permise di raccogliere 3,2 miliardi di euro.

Successivamente questo strumento fu applicato anche dalla Svezia a partire dal 1991, ottenendo non solo un elevato gettito, ma soprattutto una modificazione dei comportamenti verso un impiego più efficiente dei combustibili raggiungendo maggiori obiettivi ambientali. Infatti in quell’anno la Svezia istituì due tasse sull’energia: una tassa sulle emissioni di carbonio chiamata anche carbon tax ed un’altra tassa invece sulle emissioni di anidride solforosa chiamata anche sulphur tax, ottenendo congiuntamente una riduzione delle emissioni. Le emissioni di anidride solforosa vennero dimezzate, i comportamenti si modificarono verso l’efficienza energetica come l’impiego di biocombustibili per il riscaldamento. Inoltre la raccolta di un gettito pari a 2,4 miliardi di dollari, permise di effettuare investimenti al fine di ridurre le imposizioni sui redditi, attuando una sorta di riforma fiscale ecologica. Questi risultati furono elevati nonostante, la tassazione introdotta dalla Svezia esulava l’applicazione alle centrali termoelettriche, cioè le principali fonti di emissione di anidride carbonica. Nello specifico, questa imposta era pari a 25 SEK/kg (pari a 100 dollari per tonnellata) sull'uso di combustibili fossili, quali il petrolio, il carbone, il gas naturale ed altri combustibili. Successivamente, nel 1997 vi fu un aumento del tasso passando 365 SEK/kg, cioè 150 dollari per tonnellata di anidride carbonica emessa. Grazie a questa tassa si realizzo un decremento delle emissioni del 9% dal 1990 al 2006.

Pure in Danimarca furono raggiunti importanti obiettivi ambientali a seguito dell’introduzione avvenuta nel 1992. In particolare mediante la traslazione del carico fiscale sulle emissioni, è riuscita a determinare comportamenti virtuosi ottenendo una riduzione del 15% delle emissioni pro capite dal 1990 al 2005. Il

inquina paga”, tassa un male e viene corrisposta sulla base delle emissioni prodotte al fine di incentivare i produttori a limitare tali emissioni, le quali rappresentano un grave danno ambientale per la società ed un grave costo economico per il produttore a seguito dell’introduzione della tassa.

Nel documento La tassazione ambientale (pagine 97-101)