2. PRINCIPI APPLICATIVI PER L’ORGANISMO DI VIGILANZA: MANSIONI, DOVERI, INCOMBENZE E SUO REGOLAMENTO
2.3. La composizione ottimale e l’inquadramento organizzativo
Quanto alla composizione si rileva come la giurisprudenza abbia auspicato che l’OdV sia composto da soggetti privi di compiti di amministrazione attiva (che pregiudicherebbero la richiesta autonomia) da individuare, eventualmente in collaboratori esterni, dotati della necessaria professionalità e competenza in materia ispettiva e di consulenza nello specifico settore. La giurisprudenza ha ribadito l’esigenza di scegliere il tipo di composizione, mono o plurisoggettiva, anche in relazione alle dimensioni aziendali.
Nelle realtà di piccole dimensioni che non si avvalgano della facoltà di cui al comma 4 dell’art. 6, (tale previsione normativa consente che i compiti di cui alla lett. B) dell’art. 6, comma 2, siano assolti dall’organo dirigente, il quale tenuto conto delle molteplici responsabilità ed attività su cui quotidianamente deve applicarsi, potrà avvalersi di professionisti esterni a cui affidare l’incarico di svolgere verifiche sul rispetto e sull’efficacia del modello. La composizione monocratica ben potrebbe garantire le funzioni demandate all’OdV. Una simile opzione, in ogni caso, è da percorrere con estrema cautela, attesa la possibilità di sovrapposizioni e conflitto di interessi tra lo stesso soggetto che diventerebbe controllore e controllato, nonché la necessità di garantire, in ogni caso, gli “autonomi poteri di iniziativa e di controllo” richiesti dalla norma. In base al comma 4-bis dell’art. 6, inoltre, nelle società di capitali, la funzione di OdV può essere attribuita dal Collegio sindacale, dal consiglio di sorveglianza e dal comitato per il controllo della gestione. Tale previsione necessita di un approfondimento in merito a diversi elementi che possono influenzare la decisione in oggetto. Infatti, se da un lato dalla coincidenza dei due organi può trarsi, soprattutto nelle PMI, una maggior efficienza del sistema dei controlli ed una migliore diffusione e maggiore tempestività dei flussi informativi, dall’altro l’assegnazione del duplice ruolo ad un unico organo deve essere oggetto di attenta valutazione, per evitare in concreto l’insorgere di possibili conflitti d’interesse o di carenze del sistema di controlli. A tale proposito, un’ulteriore soluzione praticabile potrebbe prevedere la partecipazione all’Organismo di un componente effettivo del Collegio sindacale, al fine di attuare in modo sistematico il raccordo tra l’organo di controllo e lo stesso OdV nel caso in cui si scelga di non far coincidere i due organi. In base alle considerazioni fin qui svolte, appare opportuno che la composizione debba essere valutata caso per caso.
In astratto, quella collegiale, in cui oltre a professionisti esterni possono combinarsi soggetti interni all’Ente – anche al fine di agevolare i flussi informativi – potrebbe soddisfare al meglio i requisiti di continuità di azione e, soprattutto quello relativo alle competenze che l’Organismo deve possedere: attraverso una configurazione plurisoggettiva, infatti, sarà possibile combinare skills relative a materie aziendalistiche, profili penali, aspetti tecnici concernenti il core business dell’impresa (si pensi ai rischi connessi alla sicurezza) e così via. D’altro canto, la composizione monocratica talvolta può risultare più opportuna nelle realtà più piccole o laddove esistano già strutture composite di internal auditing e/o di compliance.
In quelle di dimensioni medio - grandi sarebbe preferibile una composizione di tipo collegiale che risulta quello privilegiato, con ricorso a professionisti esterni di un certo “spessore”, affiancati a personale interno qualificato, non operativo, in modo tale da garantire autonomia e professionalità.
Oltre all’ottimale composizione dal punto di vista soggettivo, come in precedenza sottolineato, uno dei requisiti fondamentali per garantire l’efficacia dell’azione dell’OdV riguarda la sua indipendenza: affinché tale condizione sia effettivamente rispettata è necessario anche che la sua collocazione, nell’ambito dell’organigramma dell’ente, non comporti vincoli di subordinazione/soggezione rispetto all’organo amministrativo. Di conseguenza, si reputa opportuno inquadrare l’OdV in un’area non sottoposta a nessun altro organo/ufficio, ipotizzando una collocazione in posizione di staff rispetto ai vertici aziendali: una simile impostazione è stata condivisa anche dalla giurisprudenza, che l’ha valutata positivamente ai fini del giudizio relativo all’efficace attuazione del modello. Tale orientamento è stato confermato anche nel caso di un OdV composto dal preposto al controllo interno nonché responsabile internal auditing, in quanto la figura in questione risultava non vincolata o assoggettata alla Direzione Amministrazione Finanza e Controllo.
Anche in considerazione di tutto quanto sin qui evidenziato, la dottrina, la giurisprudenza e le Linee Guida delle principali Associazioni di categoria prediligono l'istituzione di un OdV ad hoc, a composizione mista, la quale preveda la presenza di soggetti interni in misura minoritaria rispetto ai soggetti esterni all’ente. Sulla presenza di soggetti esterni all’interno dell’OdV non vi sono questioni poiché, come è facilmente intuibile, la loro presenza quali componenti dell’organismo coincide con la ratio del decreto e garantisce in linea generale la presenza dei requisiti di autonomia e indipendenza necessari per il corretto espletamento dei compiti di vigilanza. Il riferimento è, ovviamente, a consulenti esperti dei diversi settori coinvolti dalle statuizioni del decreto e, dunque, ad avvocati penalisti, aziendalisti, commercialisti, etc., ma anche, volendo, a tutti quei soggetti tecnici con competenze
specialistiche negli ulteriori ambiti imposti dall’entrata in vigore di nuovi reati-presupposto quali quelli in materia di sicurezza sul lavoro, crimini informatici, riciclaggio, etc.
In merito alla nomina quali membri dell'OdV, accanto a componenti esterni (esperti, consulenti, etc.), di figure interne all’organigramma aziendale, preme evidenziarsi che la giurisprudenza, sul punto, ha correttamente evidenziato che poiché l'organismo di controllo per essere funzionale alle aspettative deve necessariamente essere dotato di indispensabili poteri di iniziativa, autonomia e controllo appare auspicabile che si tratti di un organismo di vigilanza formato da soggetti non appartenenti agli organi sociali, soggetti da individuare eventualmente ma non necessariamente, anche in collaboratori esterni, forniti della necessaria professionalità, che vengano a realizzare effettivamente «quell'organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo» (Trib. Roma, Ordinanza GIP, 04/04/2003). Pertanto, se da un lato si riconosce tendenzialmente la possibilità di nominare componenti dell’OdV costituito ad hoc i singoli componenti del Collegio sindacale, dall'altro, con riferimento agli organi dell'amministrazione, si ritiene generalmente compatibile per la nomina quale componente dell'OdV solo l'amministratore non esecutivo o indipendente, al quale non dovranno però essere attribuite deleghe o particolari cariche, né affidate funzioni attinenti alla gestione dell’impresa sociale o di enti che la controllano o ne siano controllate. Ovviamente, impone minori problematiche la possibilità di nominare quale componente dell'OdV un prestatore di lavoro dipendente dall'azienda, che potrebbe assicurare in suo concreto apporto, secondo quanto evidenziato, ad esempio, dalla Linee Guida ABI, soprattutto se la sua attività lavorativa all'interno dell'ente è riconducibile alle differenti aree legale, contabile, di gestione del personale o di controllo interno. Qualora si ritenesse, invece, di voler nominare quale componente dell'OdV un consulente esterno all'ente, si dovrà necessariamente valutare il possesso della condizione di indipendenza, anche attraverso l’analisi della professionalità dello stesso e la verifica della sussistenza di requisiti analoghi a quelli previsti dall'art. 2399 c.c. per i membri del Collegio sindacale. La dottrina ha escluso, infine, l'eventuale nomina quale componente dell'OdV del soggetto responsabile della sicurezza e del sistema ISO 9002 e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione in materia di sicurezza e salute sul lavoro poiché vi è un'indubbia commistione tra il ruolo di vigilanza imposto a tali soggetti dalla partecipazione all'organo di controllo e il ruolo di amministrazione attiva quale deriva dalla concorrente situazione di responsabile della sicurezza. L'Organismo di Vigilanza, infatti, pur essendo un organo istituito all’interno dell’ente, dovrà avere una posizione tale da poter svolgere la propria attività in modo libero da qualsiasi condizionamento od interferenza da parte di soggetti interni all'ente stesso, ed in particolar modo da coloro che rivestono posizioni
di vertice. Ebbene, concludendo, poiché nel silenzio della legge non esiste un’indicazione specifica sulla struttura e/o la composizione dell’OdV, né vi è una struttura e/o una composizione ideali astrattamente applicabili a qualsivoglia realtà imprenditoriale, la scelta relativa a tali aspetti dovrà essere di volta in volta valutata guardando alle caratteristiche dimensionali e alla struttura organizzativa del singolo ente: si tratta, in altre parole, di uno strumento che può e dovrebbe essere “cucito” come un vestito su misura rispetto allo scopo che si vuole realizzare e alle persone che si intende coinvolgere garantendo sempre il rispetto dei requisiti soggettivi ed oggettivi delineati compiutamente dalla dottrina, dalla giurisprudenza e dalle Linee Guida delle principali associazioni di categoria in modo da garantire compiutamente l’effettività del controllo sottesa alla ratio del decreto.