4 FLUSSI INFORMATIVI IN AMBITO
4.8. La nuova normativa sul “whistleblowing”
Il sistema di protezione delle segnalazioni di violazione delle disposizioni di legge, del Codice Etico e Comportamentale e del Modello 231 è considerato strumento fondamentale per l’applicazione efficace del sistema di controllo preventivo per il rischio di commissione di reato. Pertanto, un soggetto coinvolto nell’attività aziendale che segnala una violazione del Modello 231, anche se non costituente reato, non deve trovarsi in alcun modo in posizione di svantaggio per questa azione indipendentemente dal fatto che la sua segnalazione sia poi risultata fondata o meno. Un soggetto coinvolto nell’attività aziendale che ritenga di essere stato discriminato nella sua attività a seguito della segnalazione di una violazione del Modello 231, dovrà segnalare l’abuso all’OdV. L’ente si impegna a offrire un ambiente di lavoro privo di discriminazioni e molestie e si aspetta che tutti i soggetti coinvolti (interni ed esterni) facciano tutto quanto possibile per mantenere questo tipo di ambiente di lavoro.
L’ente non potrà tollerare molestie nei confronti di nessuno (si vedano le prescrizioni dettate al riguardo dal Codice Etico e Comportamentale), saranno intraprese azioni disciplinari nei confronti di chiunque metta in atto azioni discriminatorie o rechi molestie a qualsiasi soggetto coinvolto nell’attività aziendale che segnali una violazione del Modello stesso. Un soggetto coinvolto nell’attività aziendale che segnali una violazione del Modello
231 o trasmetta un’accusa sia essa falsa, o presentata con mezzi diversi da quelli riconosciuti dal sistema di controllo preventivo, non avrà diritto alle tutele offerte da quest’ultimo. L’ente
incoraggia tutto il personale interno che desideri sollevare una questione inerente ad una violazione del MOGC, a discuterne con il diretto Responsabile/Referente prima di seguire la procedura di “whistleblowing”, salvo evidenti controindicazioni. Si prevede che nella maggioranza dei casi, il Responsabile/Referente coinvolto sia in grado di risolvere il problema in modo informale. A tal fine, i Responsabili/Referenti coinvolti devono considerare tutte le preoccupazioni sollevate in modo serio e completo e, ove necessario, chiedere pareri all’ OdV ed alle altre competenti figure e/o compiere indagini approfondite, nel rispetto delle proprie attribuzioni. Qualora la segnalazione non dia alcun esito oppure il segnalante si senta a disagio nel presentare la segnalazione al proprio Responsabile/Referente, dovrà direttamente rivolgersi all’OdV. I soggetti esterni coinvolti nelle attività aziendale dovranno obbligatoriamente segnalare all’OdV le eventuali violazioni del Modello 231 potenzialmente rilevate.
Per consentire un accertamento corretto e un’indagine completa di una segnalazione relativa a un comportamento sospetto, quando segnalano la presunta violazione, i collaboratori devono fornire le informazioni riportate qui di seguito, che confluiscono in apposito documento redatto dall’OdV:
• descrizione della questione con tutti i particolari di rilievo (ad esempio l'accaduto, il tipo di comportamento, la data e il luogo dell'accaduto e le parti coinvolte);
• indicazione che confermi se il fatto è avvenuto, sta avvenendo o è probabile che avvenga;
• indicazione del modo in cui il collaboratore è venuto a conoscenza del fatto/della situazione;
• esistenza di testimoni.
• ulteriori informazioni ritenute rilevanti da parte del collaboratore.
• se il collaboratore ha già sollevato il problema con qualcun altro e, in caso affermativo, a chi.
• la specifica funzione nell’ambito della quale si è verificato il comportamento sospetto. Ove possibile e non controindicato, il segnalante deve anche fornire il suo nome e le informazioni per eventuali contatti.
La procedura di segnalazione non anonima deve essere preferita, in virtù della maggior facilità di accertamento della violazione. I segnalatori anonimi sono invitati a fornire almeno le informazioni sufficienti relative a un fatto o a una situazione per consentire un'indagine adeguata.
L’Organismo di Vigilanza istituisce un canale di comunicazione interna che garantisca l’adeguata confidenzialità di quanto segnalato, in modo da evitare atteggiamenti ritorsivi nei confronti del segnalante.
Il whistleblowing (letteralmente “denuncia”), nel contesto del D.Lgs. 231/2001, può essere definito come l'attività di regolamentazione delle procedure volte a incentivare e proteggere chi, nello svolgimento delle proprie mansioni lavorative, venendo a conoscenza di un illecito e/o di un'irregolarità sul luogo di lavoro, rilevanti ai fini del D.Lgs. 231/2001, decide di segnalarlo ad una persona o a un'autorità. Lo scopo di tale segnalazione consiste nell'ottenimento di un intervento da parte del soggetto a cui l'illecito o l'irregolarità vengono segnalante.
Il whistleblowing, nella sua accezione aziendalistica, è un istituto originario del sistema giuridico statunitense. Negli USA sono in vigore diverse leggi, sia statali che federali, aventi la finalità di tutelare il c.d. whistleblower, ovvero il soggetto che denuncia pubblicamente o
riferisce alle autorità attività illecite o fraudolente avvenute all'interno di un'azienda, sia essa pubblica o privata.
Già nel 1863 fu emanato il False Claims Act (ad oggi ancora in vigore) provvedimento avente la finalità di proteggere i lavoratori che denunciavano ingiustizie e/o irregolarità, addirittura incentivandoli a denunciare tali irregolarità garantendo loro addirittura una percentuale dei soldi che venivano recuperati in casi di frodi smascherate.
Nel 1912 fu emanato il Lloyd-LaFollette Act, destinato agli impiegati federali, i quali ottennero uno strumento di tutela in caso di loro denunce al Congresso (l'organo legislativo del Governo federale degli Stati Uniti d'America).
L'evoluzione normativa della common law statunitense è culminata con il Sarbanes- Oxley Act (2002) e il Dodd-Frank Act (2011), che hanno introdotto l'obbligo per le società emittenti di dotarsi di strutture interne di controllo e di canali dedicati alla denuncia delle irregolarità, altresì tutelando il dipendente whistleblower da eventuali ritorsioni con una serie di garanzie e fornendo a quest'ultimo strumenti appositi per la denuncia delle violazioni.
La disciplina del whistleblowing nella common law britannica è da molti ritenuta la migliore, di fatti costituendo un modello di ispirazione anche per i Legislatori di altri paesi che l'hanno adottata a modello. Il Regno Unito disciplina l'istituto del whistleblowing principalmente con tre strumenti normativi:
• Employment Rights Act (1996); • Public Interest Disclosure Act (1998); • Financial Services and Markets Act (2000);
• Accountability and Whistleblowing Instrument (2015);
Quest'ultimo, introdotto dalla Financial Conduct Authority (FCA) ente indipendente regolatore di banche e broker online che operano sui mercati finanziari britannici, ha posto le basi affinché tali banche e investment firms prevedano specifici canali per permettere ai propri dipendenti di fare whistleblowing altresì obbligandoli a presentare annualmente un report.
Per quanto riguarda l'Unione europea ad oggi, nonostante tutte le maggiori organizzazioni internazionali di cui fanno parte i paesi UE riconoscano l'urgenza democratica di fornire un sostegno ai whistleblowers, manca una normativa complessiva a livello europeo. Un recente studio prodotto dall'European Centre for Press and Media Freedom ha evidenziato come il Parlamento europeo, negli ultimi anni, abbia riconosciuto la necessità di agire sul tema del whistleblowing, invitando a più riprese la Commissione europea a metterlo in agenda.
Il risultato di tale mancanza si sostanzia in una generale eterogeneità di trattamento della tematica del whistleblowing negli ordinamenti dei vari Stati membri dell'Unione europea, alcuni Stati tutelano i whistleblowers attraverso le leggi anticorruzione, altri all'interno delle leggi sul pubblico servizio o impiego e altri ancora attraverso le leggi sulla tutela del lavoro. A livello europeo, tale disallineamento normativo è stato parzialmente superato grazie al ruolo chiave svolto dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che, ad oggi, ha fornito strumenti per stabilire ed espandere gli standard di tutela dei whistleblowers, ancorando la loro tutela a quella del diritto alla libertà di espressione garantito dall'art. 10 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, in base al quale è tutelata la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche.
Prima dell'entrata in vigore della Legge n. 179/2017, lo strumento normativo di diritto italiano a tutela dei whistleblowers, seppur circoscritto al settore del pubblico impiego, era la Legge 6 novembre 2012, n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” (c.d. Legge Severino).
Tale intervento è rimasto tuttavia e per lungo tempo l'unico riferimento normativo fino alla pubblicazione del D.Lgs. 8 maggio 2015, primo provvedimento sul whistleblowing nel
settore privato, che ha introdotto alcune modifiche al D.Lgs. 385/1993 (Testo Unico
Bancario) prevedendo l'obbligo per le banche di dotarsi di sistemi idonei a consentire al personale la segnalazione interna di eventuali violazioni dell'attività bancaria (art. 52-bis – Sistemi interni di segnalazione delle violazioni). L’art. 1, comma 51, della citata Legge, ha introdotto all'interno del D.Lgs. 165/2001 (TU Pubblico Impiego) una nuova disposizione, l'articolo 54-bis, rubricato “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”, che delinea i profili di tutela del dipendente pubblico “whistleblower” che, in caso di denuncia di condotte illecite conosciute in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. L’identità del segnalante non può essere rivelata nell’ambito del procedimento disciplinare senza il suo consenso, fatte salve due rilevanti eccezioni:
1) la contestazione dell’addebito disciplinare contro la persona oggetto della segnalazione sia fondata esclusivamente sul contenuto della segnalazione stessa;
2) la conoscenza dell’identità del segnalante sia assolutamente indispensabile per ragioni di difesa del segnalato.
L'art. 54-bis del D.Lgs. 165/2001, inoltre, indica i rischi penali cui va incontro il whistleblower in mala fede e cioè:
• responsabilità penale per il reato di calunnia (art.368, c.p.) e/o il reato di diffamazione (art. 595,c.p.);
• responsabilità civile, extracontrattuale, ai sensi dell'art. 2043,c.c. (risarcimento per fatto illecito);
• ipotesi in cui l'anonimato non è opponibile per legge (es.indagini penali, tributarie o amministrative, ispezioni dell'organo di controllo).
Al di fuori dei sopra citati casi, l'identità del whistleblower viene protetta in ogni contesto successivo alla segnalazione e non può essere rivelata senza suo espresso consenso.
Con l'entrata in vigore della Legge n. 179/2017 (Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato) viene finalmente tutelato, anche nel settore privato, il soggetto che segnala le condotte illecite di cui è venuto a conoscenza per ragioni di ufficio. Il sistema di segnalazione può essere attivato dai seguenti soggetti:
• lavoratori dipendenti (qualunque tipologia contrattuale) che comunque operano sulla base di rapporti che ne determinano l’inserimento nell’organizzazione aziendale, anche in forma diversa dal rapporto di lavoro subordinato;
• membri di organi sociali;
• soggetti terzi aventi rapporti e relazioni d’affari con la società, in maniera stabile (ad es. collaboratori continuativi; fornitori strategici).
A ben vedere, già nella sua formulazione originaria, l'art. 6 del D.Lgs. 231/2001, nel delineare il contenuto essenziale dei Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo, stabiliva che questi avrebbero dovuto prevedere specifici obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli (c.d. Organismo di Vigilanza). Questa norma rappresenta per molti una sorta di implicita “istituzionalizzazione del whistleblowing”. Con l'entrata in vigore della citata Legge, l'istituto del whistleblowing ha trovato apposita collocazione tra le nuove esigenze alle quali i Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo dovranno rispondere.
Per gli enti che non abbiano adottato un modello organizzativo, nessuna conseguenza deriva dalla mancata adozione di un sistema di whistleblowing. Per gli enti che, invece, abbiano adottato un modello organizzativo, la mancata adozione si riflette sull’idoneità del modello a prevenire i reati; un modello che non preveda un sistema
di whistleblowing potrebbe ritenersi inidoneo a prevenire la commissione di reati e quindi ad escludere la responsabilità dell’ente.
Con particolare riguardo all'art. 6 del D.Lgs. 231/2001, nel tentativo di armonizzare le disposizioni previste per il settore pubblico e per quello privato, la Legge n. 179/2017 ha introdotto specifiche previsioni per gli enti destinatari del D.Lgs. 231/2001.
In particolare, all’interno dell’art. 6, sono stati inseriti tre nuovi commi: comma2-bis, 2tere, 2-quater.
Il nuovo comma 2-bis dispone che i Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo che gli enti adottano devono prevedere:
a) uno o più canali che consentano ai soggetti indicati nell’art. 5, comma 1, lettere a) e b), di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del Decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, ovvero di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;
b) almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante;
c) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione; d) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti
di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.
La nuova formulazione della norma introduce un ulteriore requisito da rispettare ai fini di un giudizio positivo sull’idoneità dei modelli organizzativi, consentendo di sviluppare alcune considerazioni soprattutto in relazione ai profili oggettivi delle eventuali segnalazioni. In primo luogo, va sottolineato come il concetto di condotta illecita si presti a una varietà di interpretazioni piuttosto ampia, atteso che, verosimilmente, è difficilmente ipotizzabile che il segnalante stesso debba effettuare una valutazione in merito alla tipologia di fattispecie integrata dai fatti segnalati. Da tale circostanza è partito probabilmente il Legislatore nella scelta di non definire l’ambito oggettivo della segnalazione all’interno di schemi giuridici eccessivamente rigidi o che presuppongano specifiche nozioni di diritto penale. Inoltre, poiché anche il concetto di illiceità può essere molto ampio, la L. 179/2017 ha specificato che
oltre a dover essere supportate da solidi elementi probatori (gli elementi di fatto precisi e
concordanti citati dal Decreto).
In base a quanto considerato in precedenza, è possibile ad ogni modo rilevare come, anche prima della sua formale introduzione dal punto di vista normativo, era possibile includere lo strumento del whistleblowing nell’ambito dei flussi informativi previsti nei confronti dell’Organismo di Vigilanza.
Da questo punto di vista, ancorché il nuovo comma 2-bis, invece, non menzioni esplicitamente il destinatario delle segnalazioni è lecito ipotizzare che debba essere coinvolto ancorché non necessariamente in via esclusiva l’OdV. Il coinvolgimento di tale organo, infatti, sembra poter realizzare con efficacia le finalità della nuova disciplina, di salvaguardare l’integrità dell’ente e tutelare il segnalante; finalità che difficilmente potrebbero essere perseguite se, invece, le segnalazioni venissero recapitate a soggetti nei cui confronti il segnalante abbia una posizione di dipendenza funzionale o gerarchica ovvero al presunto responsabile della violazione ovvero ancora a soggetti che abbiano un potenziale interesse correlato alla segnalazione.
Per quanto riguarda gli aspetti operativi, dal tenore letterale della norma si evince che i canali possono essere anche più di uno, ai quali si affianca “almeno un canale alternativo” che possa garantire la possibilità di effettuare segnalazioni attraverso l’adozione di opportune misure tecniche, organizzative e informatiche che garantiscano la riservatezza del segnalante. Da quanto fin qui analizzato, si può affermare quanto meno che gli enti debbano dotarsi di strumenti più avanzati della semplice casella di posta elettronica dedicata all’Organismo di Vigilanza, soprattutto ai fini della riservatezza sull’identità del segnalante, nonché definire meccanismi di verifica della fondatezza della segnalazione. Tali modalità possono essere realizzate anche attraverso l’utilizzo di piattaforme informatiche gestite da terze parti indipendenti e specializzate, quest’ultima indicazione favorisce e incoraggia la possibilità che le imprese facciano ricorso ad aiuti esterni allo scopo di affidare in outsourcing determinati processi specifici per la gestione di sistemi di whistleblowing. Questi potrebbero infatti risultare eccessivamente onerosi, soprattutto per realtà di grandi dimensioni, le quali avrebbero maggiori difficoltà a gestire una grande platea di potenziali “whistlbelowers”.
In particolare, le indicazioni di Confindustria riguardano:
• da un lato la fornitura di strumenti informatici idonei ad una corretta gestione delle segnalazioni,
• dall’altro all’opportunità di esternalizzare le fasi preliminari di ricezione, esame e valutazione delle segnalazioni, in modo da far pervenire ai Responsabili interni del
sistema solo ed esclusivamente flussi informativi pertinenti e conformi al perimetro normativo di riferimento.
L’individuazione di una procedura ad hoc è necessaria anche in relazione alle attività da intraprendere nel caso di risposta alla segnalazione, definendo una specifica metodologia e individuando i soggetti coinvolti, nonché i tempi e gli strumenti di verifica da utilizzare.
Il nuovo comma 2-ter prevede, invece, che l’adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma 2-bis può essere denunciata all’Ispettorato del Lavoro per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall’organizzazione sindacale indicata dal medesimo.
Infine, con il nuovo comma 2-quater, si disciplina il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante che viene espressamente qualificato come nullo. Sono altresì indicati come nulli il mutamento di mansioni ai sensi dell’art. 2103 c.c., nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. In caso di controversie legate all’erogazione di sanzioni disciplinari, demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti ovvero sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa aventi effetti negativi sulle condizioni di lavoro, spetta al datore di lavoro provare che tali misure siano state adottate sulla base di ragioni estranee alla segnalazione.
Fino ad ora uno degli ostacoli principali all'introduzione dell'istituto del whistleblowing nel settore privato riguardava la sua conciliabilità con l'obbligo di fedeltà che lega il dipendente al datore di lavoro (art. 2105, c.c.).
L'articolo 3 della legge 179/2017 con riguardo alle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nel settore pubblico o privato, introduce come giusta causa di rivelazione del segreto d'ufficio, professionale (art. 622 c.p.), scientifico e industriale, nonché di violazione dell'obbligo di fedeltà all'imprenditore, il perseguimento, da parte del dipendente pubblico o privato che segnali illeciti, dell'interesse all'integrità delle amministrazioni (sia pubbliche che private) nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni. La giusta causa opera dunque come discriminante, nel presupposto che vi sia un interesse preminente (in tal caso l'interesse all'integrità delle amministrazioni) che impone o consente tale rivelazione.
Costituisce invece violazione dell'obbligo di segreto la rivelazione con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell'eliminazione dell'illecito. In questi casi non trova dunque più applicazione la giusta causa e sussiste la fattispecie di reato a tutela del segreto.
Tuttavia, la giurisprudenza e la dottrina maggioritaria hanno sempre sostenuto che l'obbligo di rispettare il vincolo fiduciario non possa estendersi fino ad ammettere il dovere del dipendente di non denunciare comportamenti illeciti, a meno che non risulti provato un intento diffamatori o calunnioso.
Alla luce di quanto esposto in precedenza, i MOG dovranno essere adeguatamente implementati ed integrati con l’introduzione di un impianto regolamentare idoneo a disciplinare internamente un sistema di segnalazione delle violazioni conforme alle intervenute novità legislative.
I nuovi MOG dovranno tra l’altro riportare una descrizione specifica con riguardo:
• ai soggetti abilitati ad effettuare le segnalazioni,
• ai contenuti oggetto di tali segnalazioni,
• alle funzioni aziendali preposte alla gestione del sistema di whistleblowing,
• alle forme di tutela riservate alla protezione dell’identità dei soggetti segnalanti e alle relative sanzioni previste nei confronti di chi viola tali misure.
Per ciò che attiene, invece, alle caratteristiche che la segnalazione deve rispettare, la previsione normativa sancisce che essa deve:
• essere circostanziata;
• riguardare condotte illecite rilevanti ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti;
• riguardare violazioni del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo, di cui il dipendente sia venuto a conoscenza in ragione delle funzioni svolte.
Nessuna parola è spesa invece per le segnalazioni carenti: la scelta se procedere con l’archiviazione o svolgere approfondimenti volti a renderle conformi alle richieste normative è rimessa alla politica aziendale.
Il segnalante deve fornire ogni elemento utile a consentire le verifiche a riscontro della fondatezza dei fatti segnalati. A tal fine, la segnalazione, salve le descritte modalità di sua