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ROS Sistemi di difesa

2.6 La cupro-proteina ceruloplasmina.

La Ceruloplasmina (Cp) è un enzima a rame presente esclusivamente nei vertebrati che, come precedentemente ricordato, è soprattutto una proteina plasmatica alla quale è legato circa il 95% del rame circolante. La concentrazione fisiologica della Cp plasmatica è circa 300 µg/ml ma raddoppia o triplica durante la gravidanza o in presenza di un processo infiammatorio. La Cp umana (hCp) è un'α2-glicoproteina con un contenuto in carboidrati del 7-8%, composta da una singola catena polipeptidica di 1046 amminoacidi e ha un peso molecolare di circa 132 kDa (Hellman e Gitlin, 2002). È sintetizzata principalmente nel fegato, dal quale è secreta la

forma plasmatica, ma la sua sintesi è stata riscontrata anche in altri tessuti tra cui la placenta, il polmone, l'utero, e la ghiandola mammaria e in differenti tipi cellulari, quali le cellule del Sertoli, i macrofagi, gli astrociti e i linfociti. La Cp plasmatica non è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica ed i neuroni non la sintetizzano in nessuna condizione. I plessi corioidei, invece, la secerneno in quantità bassissime nel liquido cerebrospinale (LCS). Il cervello è inaccessibile alla proteina plasmatica ma in esso è presente un'isoforma non solubile, ancorata alla membrana plasmatica attraverso il glicosilfosfatidil inositolo (GPI); tale forma è generata per splicing alternativo ed è espressa dagli astrociti e dalle cellule del Sertoli (Patel e David, 1997). L’ATP7B rifornisce di rame la proteina nascente (Sato e Gitlin, 1991), che viene poi secreta nel plasma come olo-proteina. Disfunzioni nell'incorporazione del metallo, come accade, quindi, nella malattia di Wilson, portano alla secrezione di apo-proteina che viene rapidamente degradata nel plasma. L'incorporazione del rame è un evento tardivo che avviene immediatamente prima della secrezione o prima dell'ancoraggio alla membrana nel caso dell'isoforma legata alla membrana espressa nel cervello.

Inizialmente si pensava che la Cp fosse responsabile del trasporto del rame ai tessuti extraepatici e l'esistenza di suoi recettori specifici in diversi tipi cellulari sembrava confermare questa ipotesi, suggerendo inoltre che il rilascio del metallo fosse mediato da questi recettori senza essere scambiato con altre proteine plasmatiche (Bielli e Calabrese, 2002). Tuttavia, poiché in individui affetti da aceruloplasminemia, che presentano la completa assenza di Cp nel siero a causa di mutazioni a carico del gene che codifica per questa proteina, non sono osservabili significative disfunzioni a carico dell’omeostasi del rame, sembra da escludere che la Cp possa realmente giocare un ruolo cardine nel metabolismo di questo metallo. A supporto di ciò è stato effettuato uno studio su topi aceruloplasminemici; è stato stimato il contenuto totale di rame e la sua distribuzione sistemica sia in topi sani che in topi malati, ma i risultati delle analisi non hanno evidenziato differenze significative (Shim e Harris, 2003). È noto tuttavia che, per la sua attività ferrossidasica, la Cp ha un ruolo chiave nel metabolismo del ferro che solo nel suo stato ossidato può essere legato e distribuito dalla transferrina. Pazienti affetti da aceruloplasminemia infatti, mostrano un accumulo di ferro in vari distretti corporei dove invece è normalmente mobilizzato per il riciclo, ed un contemporaneo aumento anche a livello sierico. Per quanto riguarda le funzioni dell'isoforma cerebrale della Cp sembra svolga anch’essa un ruolo fondamentale nel metabolismo del ferro, ma

probabilmente svolge anche un ruolo importante nella difesa antiossidante del sistema nervoso centrale.

La Cp è probabilmente una delle cuproproteine più complesse dal momento che presenta sei siti di legame per il rame (figura 13).

Figura 13. Struttura della ceruloplasmina umana. La ceruloplasmina umana presenta 6 siti

di legame per il rame. Tre atomi di rame sono localizzati ognuno in un dominio, definiti sito di tipo I o sito blu; altri tre atomi si trovano invece in un cluster trinucleare all’interfaccia tra il dominio 1 e 6.

Tre siti di questi sono monoatomici, sono cioè in grado di legare un unico atomo di rame, sono localizzati ognuno in un dominio differente, definito sito di tipo I o sito blu, il quale è strutturato in modo tale da legare l'atomo in un ambiente unico; tale sito viene definito dalla prima sfera di coordinazione del metallo e dalla struttura propria della proteina intorno ad esso. Gli altri tre atomi di rame, invece, si trovano in un cluster trinucleare all’interfaccia tra il dominio 1 e 6. Gli atomi mononucleari presenti sui domini 4 e 6 sono coordinati da una cisteina e due residui di istidina. Il metallo è coordinato, in maniera meno forte, anche da un residuo di metionina. Nel caso del dominio 2 il residuo di metionina è sostituito da un residuo di leucina, ed il rame ad esso coordinato sembra sia in uno stato permanentemente ridotto e non partecipi nel legame del substrato. L’atomo di rame nel dominio 4 è, invece,

un potenziale accettare di elettroni; questi possono essere poi trasferiti al rame presente nel dominio 6 e da qui al centro trinucleare; infatti, la distanza tra i centri mononucleari del dominio 4 e il 6 è di 18 Å, distanza che sta nel range necessario perché avvenga un trasferimento di elettroni (Lindley, 2001). Le ossidasi come la Cp, hanno un massimo assorbimento caratteristico a 610 nm, che conferisce alla proteina il caratteristico colore blu. A questa lunghezza d’onda la Cp possiede un coefficiente di estinzione

pari a 8000 M-1 cm-1. Enzimaticamente parlando, la Cp è un'ossidasi in grado

di ridurre completamente l'ossigeno ad acqua senza rilascio di specie reattive dell’ossigeno, in modo assolutamente analogo alla cytox. Durante la catalisi gli atomi di rame si allineano a formare un'unità funzionale in cui gli atomi dei siti blu hanno il ruolo di trasportare singoli elettroni dal substrato al centro trinucleare che utilizza gli elettroni ricevuti per ridurre l'O2 ad H2O. La presenza di diversi siti di legame del metallo con diverse proprietà rende questa proteina in grado di reagire con diversi substrati (figura 14). Lo ione ferroso, tuttavia, è il substrato con la più alta Vmax e la più bassa Km e viene ossidato a ione ferrico.

4 Fe2+ + O

2 + 4 H+ + Tf Fe3+-Tf + 2 H2O

Accanto al sito di legame per il ferro, la Cp presenta un sito di legame per la serotonina (Bielli e Calabrese, 2002). Questo ha portato a considerare l'ipotesi che questa proteina potesse avere un'attività amminossidasica e quindi svolgere un ruolo nel metabolismo delle ammine tra cui la serotonina e le catecolammine, DOPA e dopamina. Questa sua attività catalitica è sfruttata nei saggi enzimatici; ammine aromatiche, come la p- fenilendiammina e la o-dianisidina, infatti, se ossidate generano prodotti colorati (Schosinsky et al., 1974) le cui variazioni di assorbanza sono misurabili spettrofotometricamente.

C'è un ulteriore sito catalitico nella struttura della Cp che coinvolge la Cys699 e che possiede un'attività rame-indipendente di glutatione perossidasi sia su perossido d'idrogeno che su perossidi organici (figura 14) (Cha e Kim, 1999; Park et al., 1999). Questo sito permette alla proteina di eliminare intermedi di riduzione dell’ossigeno che, nel caso del perossido d'idrogeno, permeabile alle membrane, potrebbero causare uno sbilanciamento dello stato redox con conseguente danno alle cellule vascolari.

Modificata da Bielli e Calabrese, 2002

Figura 14. Multifunzionalità della ceruloplasmina. La ceruloplasmina è in grado di reagire

con diversi substrati. Probabilmente la sua funzione primaria è quella ferrossidasica, fondamentale per il metabolismo del ferro, tuttavia, è anche in possesso di attività amminoossidasica, il che lascia supporre un suo coinvolgimento nel metabolismo delle ammine (serotonina e catecolamine). Inoltre, presenta un’attività rame-indipendente di glutatione perossidasi sia su perossido d’idrogeno che su perossidi organici, ed è stata proposta anche una attività pro-ossidante.

Alla Cp è stata imputata anche un'attività pro-ossidante, questa dipenderebbe dalla presenza di uno ione di rame in eccesso legato sulla superficie proteica attraverso un singolo residuo di istidina presente nel secondo dominio (figura 14) (Mukhopadhyay et al., 1997). Tale attività pro- ossidante sembrerebbe correlata ad un'attività battericida di questa proteina; si

è visto, infatti, che il Fe2+, in presenza di Cp e/o di fosfato, possiede

un’attività antimicrobica contro E. coli ma solo in determinate condizioni, ad esempio in seguito ad un breve periodo di incubazione, o nei casi in cui il

Fe2+ coordinato alla Cp e/o al fosfato è solo parzialmente ossidato (Klebanoff,

1992).

Studi recenti, inoltre, sembrano attribuire a questa proteina anche un ruolo

molto importante per la trasduzione del segnale nelle cellule e per la corretta funzionalità vascolare (Shiva et al., 2006), fornendo così un ulteriore e importantissimo legame tra il rame ed l’omeostasi dell’NO, implicata in nemurose patologie e nella risposta infiammatoria (Samuel e Gitlin, 2006).

La Cp è utilizzata nella maggior parte delle malattie caratterizzate da disfunzioni nell’omeostasi del rame come indicatore dello stato del metallo a livello sistemico; infatti, è considerata il principale parametro di riferimento nelle sperimentazioni cliniche che prevedono l’uso di chelanti del rame, ad esempio nella terapia della malattia di Wilson e nella terapia contro il cancro.

Nell’AD la presenza della Cp è stata riscontrata a livello delle placche senili caratteristiche della malattia (Loeffler et al., 1996; Castellani et al., 1999) e il suo aumento come proteina è statisticamente significativo negli LCS e nella regione A1 dell’ippocampo di cervelli AD (Loffler et al., 1994; Loeffler et al., 1996; Loffler et al., 2001).

Dal momento che in studi recenti (Squitti et al., 2006) l’ammontare della proteina presente nel siero di pazienti affetti da AD non sembra correlare con i livelli di rame riscontrati in questo distretto, ed inoltre, una ridotta attività enzimatica di questa proteina è riscontrabile in differenti patologie caratterizzate da neurodegenerazione (Miyajima et al. 2002; Hoechstrasser et

al., 2005), potrebbe rivelarsi un elemento fondamentale un’analisi volta a

stimarne la funzionalità, e non solo la quantità come avviene attualmente, per comprendere il reale stato sistemico del rame in un’ampia gamma di patologie ad esso correlate e, magari, rappresentare un indicatore ideale e tempestivo dell’insorgenza di patologie neurodegenerative, la cui diagnosi purtroppo troppo spesso avviene solo tardivamente.